VENERDI’ XXXII^ SETTIMANA TO 12.11.2021 SAN GIOSAFAT – Luca 17,26-37 «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

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Dal Vangelo secondo Luca 17,26-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli «Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot. Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva. Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata». Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

LA VITA E IL PENSIERO DEL SANTO

SAN GIOSAFAT KUNCEWYCZ, Vescovo e martire, nato a Wolodymyr in Volynia (Ucraina) nel 1580 c. da genitori ortodossi, aderì alla Chiesa Rutena (russa) uniata a Roma. Accolto nell’Ordine monastico Basiliano (1604), fu poi arcivescovo di Polozk (1617).

Dette tutta la sua vita, fino alla morte, spargendo il suo sangue, per questa unica intenzione: ricondurre all’ovile di Cristo tutte le anime, riconciliare con la Sede Romana del Vicario di Cristo, principio dell’unità della Chiesa, le chiese scismatiche.

Fu inviato giovanissimo a Vilna per impratichirsi nel commercio, assisté alle lotte fra Ruteni uniti e dissidenti, orientandosi ben presto verso la Chiesa unita, allora poco numerosa e perseguitata. Ritiratosi nell’antico monastero basiliano della SS. Trinità, mutò il nome da Giovanni in quello di Giosafat e visse per alcuni anni da eremita.

Scrisse anche alcune opere per dimostrare l’origine cattolica della Chiesa rutena e la sua dipendenza primitiva dalla Santa Sede e per propugnare la riforma dei monasteri di rito bizantino e il celibato del clero. Il suo esempio ripopolò di monaci “uniati” il monastero e Giosafat dovette fondarne altri a Byten e a Zyrowice (1613).

Creato vescovo titolare di Vitebsk e poi di Polock, ristabilì l’ordine nella diocesi, restaurò chiese, riformò il clero.

Ma ben presto sorsero violente opposizioni da parte dei dissidenti: nell’autunno del 1623, mentre usciva dalla chiesa dove aveva celebrato le sacre funzioni, Giosafat fu ucciso e buttato nella Dvina.

Vent’anni dopo la sua morte fu beatificato (1643). Fu canonizzato nel 1867.

ESAME DEL TESTO EVANGELICO

Siamo giunti alle ultime battute dell’anno liturgico e la Parola ci invita a riflettere sulle REALTA’ ULTIME DELLA NOSTRA ESISTENZA.

In altri tempi -quando eravamo un po’ più cristiani e sapevamo qualcosina in più, perché almeno il Catechismo di San Pio X’ ci obbligava a sapere A MEMORIA LE “PREGHIERE E LE FORMOLE DELLA FEDE”, questa riflessione veniva definita “dei novissimi” e serviva a guardare un po’ al di là della punta del nostro naso.

Perché “I NOVISSIMI”, sapevamo bene, riguardavano le cose ultime a cui l’uomo va incontro al termine della sua vita terrena:

  • La MORTE
  • Il GIUDIZIO PARTICOLARE
  • L’INFERNO
  • Il PARADISO.

Durante la vita su questa terra l’uomo ha la possibilità, grazie alla ragione e alla volontà, di compiere il bene o volgersi al male, ed è sempre in tempo a scegliere, fino all’ultimo istante, tra il Regno di Dio e quello di Satana.

Al momento della morte, però – come insegna la Costituzione Apostolica Benedictus Deus nel 1336 – l’anima abbandona il corpo e non può più decidersi pro o contro Dio, ma viene giudicata in base alle scelte fatte fino ad allora.

È il momento della verità, nel quale non si può ingannare il Giudice divino, né se stessi.

Dallo stato in cui si viene trovati al momento della morte si decide la nostra sorte eterna:

  • il Paradiso, l’eterna beatitudine di stare al cospetto del nostro Padre, Creatore e Salvatore in comunione con i fratelli,
  • oppure l’infinita sofferenza dell’Inferno, in compagnia di Satana, dei demoni e dei dannati.

Un istante dopo la morte avviene il giudizio e la sentenza: o salvati o perduti, senza possibilità di un secondo grado di giudizio.

Il Purgatorio non è una via intermedia, perché – come vedremo – è già la dimensione della salvezza.

L’idea della reincarnazione, con la quale si toglie la responsabilità e il valore delle scelte morali nella vita, è rigettata come falsa dall’insegnamento cristiano (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1013 e lettera agli Ebrei al capitolo 9,27).

Dovremo rendere conto davanti a Dio, davanti ai fratelli, cui abbiamo fatto del bene o del male, e davanti a noi stessi.

Il nostro Giudice sarà Gesù (Gv 5,26-27), che proprio perché ha fatto esperienza della vita umana, conosce la nostra fragilità e meschinità: non lo si potrà ingannare, ma sarà un giudice benevolo, perché è il nostro Salvatore.

Prima del Giudizio Universale i destini sono tre:

  1. Inferno,
  2. Purgatorio

Dopo il Giudizio universale, il Purgatorio sparirà.

Fratelli e Sorelle, il Catechismo di San Pio X’ ha ormai oltre 100 anni, ma non li dimostra.

Io lo tengo caro sulla mia scrivania e lo leggo con nostalgia dei miei tempi.

Esso ha formato generazioni di cattolici con un geniale sistema di domande e risposte da memorizzare.

Dal giorno in cui venne messo da parte (negli anni successivi al Concilio Vaticano II) è iniziato il cosiddetto “inverno dottrinale” delle nuove generazioni. Esse non sanno più nulla.

E non lo dico perché sono un inguaribile nostalgico.

Infatti, nel 2003, in un’intervista rilasciata al settimanale “30 giorni” l’allora CARDINALE JOSEPH RATZINGER dichiarò: “La fede come tale è sempre identica. Quindi anche il Catechismo di san Pio X conserva sempre il suo valore. (…) questo non esclude che ci possano essere persone o gruppi di persone che si sentano più a loro agio col Catechismo di san Pio X. (…) Il Catechismo di san Pio X potrà avere anche in futuro degli amici”.

Urge pertanto -a mio modesto avviso- un recupero di questo Catechismo che sancì un linguaggio ed una formulazione unitaria della dottrina cattolica con la geniale idea, avuta da Papa SAN PIO X’, di formulare domande brevi con relative risposte incisive ed essenziali in un linguaggio appropriato ma facilmente comprensibile DA CHIUNQUE.

Ma torniamo al nostro testo evangelico.

Mi impressiona molto il diluvio al tempo di Noè e la pioggia di zolfo e fuoco al tempo della moglie di Lot.

Sono davvero terrificanti le scene descritte. Ma hanno grande valenza pedagogica, che noi dovremmo cogliere immediatamente per “entrare in sintonia” con Dio.

Ma noi “…stolti e tardi di cuore nel credere alla PAROLA”, non ce ne curiamo affatto, credendo che non ci riguardi.

E di conseguenza non diamo valore a nulla, né alla vita, né all’uomo, né a Dio.

E il vivere stesso diventa una catastrofe quando, avendo tolto Dio e la SUA PAROLA dalla nostra vita, ci sentiamo vuoti, aridi e non sappiamo, di conseguenza, dare nulla né a noi stessi, né agli altri.

Il monaco Padre Anselm Grün in un’intervista ci ricorda una frase contenuta nel bel libro “Il Piccolo Principe“…tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato”.

Qui viene ripreso in forma poetica il messaggio centrale del cristianesimo: l’amore è un impegno decisivo di consacrazione agli altri che ci apre a una vita piena.

Quello stesso messaggio che, in forma letteraria diversa, ascoltiamo nella Liturgia della Parola durante la Messa.

Allora, Fratelli e Sorelle, io credo che possiamo imparare dal “Piccolo Principe” che credere nell’amore e in quella nostalgia di infinito presente nel nostro cuore non sia vano.

Mi ha colpito il momento in cui lui torna alla sua stella e il poeta nel buio della notte, guardando in alto, sente un legame profondo con lui, quasi una nostalgia.

LO STESSO DEVE VALERE PER NOI CRISTIANI CON GESÙ.

Egli ci ha annunciato una Buona Notizia e ci ha mostrato il suo amore prima di salire al Padre.

Anche noi, di conseguenza, se ammiriamo le stelle, possiamo sentire un legame con Lui.

Infatti, come dice Paolo nella Lettera ai Filippesi, “…nel cielo è la nostra patria”.

Lo scopo del cammino cristiano è DI DIVENTARE VERAMENTE SE STESSI ENTRANDO SEMPRE PIÙ IN NOI STESSI.

Questo cammino viene da un rapporto profondo con Cristo, che cresce nella meditazione della PAROLA DI DIO, NELLA PREGHIERA, NELL’EUCARISTIA, NEL VIVERE CON COSCIENZA I SIMBOLI DELLA LITURGIA.

Ma vorrei parlare anche con voi di quest’ultima frase assolutamente enigmatica e incomprensibile con al quale si chiude oggi il brano del vangelo:

«…dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi»

Innanzitutto dobbiamo tener presente che se ne parla in due evangeli: Matteo e Luca, seppur con piccole differenze.

Al capitolo 24,28 del Vangelo di Matteo, dopo aver descritto il suo ritorno, Gesù afferma che “dovunque sarà il cadavere, lì si raduneranno le aquile“.

Mentre al capitolo 17,37 del Vangelo di Luca, l’affermazione è nello stesso contesto generale del ritorno di Gesù ma in risposta ad una domanda dei discepoli, “Dove sarà?“.

Sembra di essere un proverbio comune, simile a quello indicato nel Libro di Giobbe, al capitolo 39,27-30 (27 È forse al tuo comando che l’aquila si alza in alto e fa il suo nido nei luoghi elevati? 28 Abita nelle rocce e vi pernotta; sta sulla punta delle rupi, sulle vette scoscese; 29 di là spia la preda e i suoi occhi mirano lontano. 30 I suoi piccini si abbeverano di sangue, e dove sono i corpi morti, là essa si trova»), che Gesù usa per descrivere la condizione del suo ritorno.

Il senso esatto del proverbio non è però chiaro, ma potrebbe essere che il giudizio sarà sicuro quando ci sono quelli da giudicare (come le aquile sicuramente vengono quando ci sono i cadaveri), oppure il luogo sarà visibile come gli uccelli sono visibili sopra un cadavere.

L’altra difficoltà è con la parola “aquila“.

In realtà le aquile non si radunano sopra i cadaveri, ma mangiano animali vivi. Sono gli avvoltoi che mangiano i cadaveri. Ci sono ovviamente alcune possibili interpretazioni.

Prima di tutto, la parola aetòs di solito ha il significato “aquila“, ma forse poteva essere usata con il senso “avvoltoio” (per esempio è usata nella traduzione greca nel Libro del Profeta Michea, al capitolo 1,16 per descrivere un avvoltoio “Tàgliati i capelli, raditi il capo, a causa dei figli, tue delizie! Fatti calva come l’avvoltoio, perché essi vanno in esilio, lontani da te!”), e forse questa è la giusta traduzione della parola in questo contesto.

Infatti, la C.E.I. traduce “avvoltoi” in questi due versetti nei Vangeli.

Alternativamente, anche se nel proverbio originale c’era una parola per “avvoltoio”, forse Gesù cambiò la parola in “aquila” per fare un collegamento con il simbolo dell’esercito romano, che avrebbe eseguito il giudizio su Gerusalemme, distruggendola.

Dice Gesù “…Dovunque sarà il cadavere, ivi si raduneranno gli avvoltoi”. (Matteo 24,28).

I discepoli allora, rispondendo, gli dissero “Dove Signore?” Ed egli disse loro “Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi”. (Luca 17,37).

Entrambi gli evangelisti usano la parola “cadavere” e i due termini si riferiscono al corpo morto, il quale è cadavere. La domanda dei discepoli “Dove Signore?” è riferita a quello che Gesù descrive in Luca 17,34-36:

34 Io Vi dico: In quella notte due saranno in un letto; l’uno sarà preso e l’altro lasciato. 35 Due donne macineranno insieme; l’una sarà presa e l’altra lasciata. 36 Due uomini saranno nei campi; l’uno sarà preso e l’altro lasciato”.

In Luca 17,34-36 è descritto il rapimento sulle nuvole delle persone che saranno in vita alla seconda venuta di Cristo e che erediteranno la vita eterna (1 Tessalonicesi 4,16-17).

Quelle che saranno rapite sono descritte come “prese” in Luca 17,34-36.

Il passaggio parla anche delle persone che saranno in vita alla seconda venuta di Cristo e che non erediteranno la vita eterna, che sono quelle descritte come “lasciate”.

Tutte le persone che saranno “lasciate” moriranno, e quindi saranno cadaveri.

26 Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire nelle nuvole, con grande potenza e gloria. 27 Egli allora manderà i suoi angeli e raccoglierà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo”. (Marco 13,26-27).

40 Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41 Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, ed essi raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e gli operatori d’iniquità, 42 e li getteranno nella fornace del fuoco. Lì sarà pianto e stridor di denti”. (Matteo 13,40-42).

49 Così avverrà alla fine del mondo, gli angeli verranno e separeranno i malvagi dai giusti 50 e li getteranno nella fornace del fuoco. Lì sarà pianto e stridor di denti”. (Matteo 13,49-50).

Gli angeli di Dio, alla fine del mondo di cui parlano Matteo 13,40 e Matteo 13,49, verranno con Cristo (Matteo 16,27) per raccogliere i suoi eletti (Matteo 13,27), cioè per rapire tutti quelli che saranno in vita alla sua seconda venuta e che erediteranno la vita eterna, e per far morire tutti quelli che saranno in vita alla sua seconda venuta e che non erediteranno la vita eterna (Matteo 13,41-42).

Facendo così gli angeli di Dio separeranno i malvagi dai giusti, come dice Matteo 13:49.

Specificamente, la domanda “Dove Signore?” vuole dire dove avrà luogo quello descritto in Luca 17,34-36?

La risposta di Cristo dove menziona le aquile significa in altre parole che ciò avrà luogo dovunque, in tutto il mondo, ci sarà il cadavere di qualunque ingiusto.

Gli angeli, alla seconda venuta di Cristo, prenderanno i giusti che saranno in vita e lasceranno gli ingiusti che saranno in vita.

Luca 17,34-36 descrive i giusti che saranno in vita e gli ingiusti che saranno in vita alla seconda venuta di Cristo in coppia, e li descrive vicini.

Infatti il passaggio dice: “In quella notte due saranno in un letto; l’uno sarà preso e l’altro lasciato. Due donne macineranno insieme; l’una sarà presa e l’altra lasciata. Due uomini saranno nei campi; l’uno sarà preso e l’altro lasciato.”

Se ci basiamo sulla descrizione dei giusti e degli ingiusti che saranno in vita alla seconda venuta di Cristo, i quali nella descrizione sono vicini, allora dove ci sarà il cadavere dell’ingiusto che sarà “lasciato”, ci sarà anche il giusto che sarà “preso”, dove nello stesso punto dell’ingiusto, e quindi anche del giusto, si raduneranno le aquile.

27 È al tuo comando che l’aquila si leva in alto e fa il suo nido nei luoghi elevati? 28 Abita sulle rocce e rimane su rupi scoscese. 29 Da lassù spia la preda e i suoi occhi scrutano lontano. 30 I suoi piccoli succhiano sangue e dove sono gli uccisi, là essa si trova”. (Giobbe 39,27-30).

Come dice Giobbe 39,30, dove sono gli uccisi, là l’aquila si trova.

Quindi dovunque sarà il cadavere dell’ingiusto ucciso alla seconda venuta di Cristo (Apocalisse 19:11-21), li si aduneranno le aquile.

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!