VENERDI’ 6^ SETTIMANA DI PASQUA SAN MATTIA – Gv 15,9-17 Non vi chiamo più servi, ma vi ho chiamato amici.

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

 

Dal Vangelo secondo Giovanni 15,9-17

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

La chiesa ci ripropone oggi, giorno della Festa di San Mattia, Apostolo e Martire del 1° secolo, lo stesso brano letto e ampiamente commentato domenica scorsa. Per cui mi attarderò a parlarVi di questa persona straordinaria e quasi sconosciuta, che porta con sé tanta significazione.

Mattia (in ebraico significa “uomo di Dio”. È un nome abbreviato di “Mattatia” che invece nella stessa lingua significa “Dono di Jahvè”), ed è testimone, ci racconta San Pietro in Atti 1,21, del ministero apostolico e della risurrezione di Cristo, a cominciare dal battesimo nel fiume Giordano fino all’Ascensione al cielo.

Fu aggregato al collegio apostolico dopo il tradimento e il suicidio di Giuda Iscariota, ovvero “nativo della città di Kariot”.

Fu ristabilito così, tra l’Ascensione e la Pentecoste, il numero di dodici che simboleggia il nuovo Israele convocato da tutte le genti (At 1, 15-26). Il suo nome si trova nel secondo elenco dei santi del Canone Romano. Viene scelto con un sorteggio, attraverso il quale la preferenza divina cade su di lui e non sull’altro candidato – tra quelli che erano stati discepoli di Cristo sin dal Battesimo sul Giordano – Giuseppe, detto Barsabba, ovvero “il giusto”.

Dopo Pentecoste, Mattia inizia a predicare, ma non si hanno più notizie su di lui. La tradizione ha tramandato l’immagine di un uomo anziano con in mano un’alabarda, simbolo del suo martirio. Ma non c’è evidenza storica di morte violenta. Così come non è certo che sia morto a Gerusalemme e che le reliquie siano state poi portate da sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, a Treviri, dove sono venerate.

Le sue reliquie, vere o presunte, sono venerate anche a Roma nella basilica di S. Maria Maggiore.

Nessuno aveva parlato di lui nei vangeli. Viene citato solo da Luca nel Libro degli Atti degli Apostoli, come la persona scelta per sostituire il 12° apostolo che era Giuda, che ora non è più.

Eppure Mattia è un fedelissimo di Gesù, è conosciuto da tutti, è uno della prima ora.

L’entrata di Mattia nel collegio apostolico, dice quanto era radicata la mentalità giudaica, per cui la diminuzione del numero 12 poteva lasciar pensare ad un’imperfezione che magari andava a danneggiare anche la parousìa di Gesù.

Ma dice anche che da subito, oltre i Dodici, altri seguivano Gesù e ne condividevano l’esperienza itinerante. Ecco perché ad un certo ne troviamo 72.

Sono i discepoli disponibili ad andare di casa in casa.

Ecco perché anche nella notte della passione, oltre ai Dodici, ci sono altri, uomini e donne, che condividono come possono con Gesù quel precipitare degli eventi.

Gli stessi che disorientati si disperdono subito dopo l’esecuzione e la morte, ma che sono protagonisti delle diverse apparizioni di Gesù Risorto.

Mattia è senza volto, non lascerà molte altre tracce, non scrive un vangelo, né una lettera.

Ma è un apostolo.

Ma “alziamo un pochino l’asticella del ragionamento”, come sempre.

Se tralasciamo per un momento le tradizioni ebraiche che, come abbiamo visto, comportano la sostituzione del dodicesimo posto lasciato vuoto da Giuda, si apre un nuovo scenario.

SIMBOLICAMENTE TUTTI NOI SIAMO CHIAMATI A FARCI CARICO DELL’ONERE E DELL’ONORE DI PRENDERE QUEL POSTO ED ESSERE APOSTOLI A TUTTI GLI EFFETTI, PERCHÉ QUELL’UNIVERSALITÀ NELLO SPAZIO E NEL TEMPO, RAPPRESENTATA DAL NUMERO DODICI, SI MANTENGA IN ETERNO INALTERATA.

E come?

L’uomo vive calato in un mondo immerso nella falsità, nell’arroganza dell’egoismo, nell’odio della guerra con i vicini e i lontani.

I potenti della terra ci fanno credere che esistono molteplici possibilità di realizzare una vita straordinaria, possibile a tutti, che possa condurci -tutti- alla fama e alla ricchezza.

ASSOLUTAMENTE FALSO!!!!

Il destino del mondo è in mano a poche persone che conservano con astuzia il loro potere e la loro PROTERVIA.

A tutti noi –RARAMENTE- è concessa una minima possibilità di realizzarci.

Quasi sempre finiamo col fare l’unico lavoro che abbiamo trovato e di amare l’unica persona che ha voluto stare con noi…

“Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore” …

MA DIO IRROMPE SEMPRE NELLA STORIA!!!

Ecco allora la buona notizia: COME MATTIA, DIO CI TIRA IN BALLO QUANDO MENO CE LO ASPETTIAMO.

Se abbiamo passato la nostra vita a guardare i giochi dei potenti, sgomenti e rassegnati, se abbiamo visto tanti altri passarci davanti e giocare, ciò non significa che siamo perdenti o incapaci.

Forse agli occhi del mondo, ma non agli occhi di Dio che, COME MATTIA, ci valorizza e ci fa giocare DA PROTAGONISTI ASSOLUTI la partita della NOSTRA SALVEZZA.

Ed ecco allora che anche noi, come la prima comunità, trasformata e colmata di Spirito Santo, prende coscienza del grande progetto che Dio ha realizzato sull’umanità grazie al Cristo.

E quando, come loro, abbiamo capito di essere parte di un così grande progetto di amore, costituiti nella comunità ecclesiale, siamo chiamati a rendere presente il Signore, ad annunciarlo, celebrarlo, viverlo IN OGNI ANGOLO DELLA TERRA, ALLA LUCE DI QUELL’AMORE INFINITO E TRINITARIO, CHE CI HA MOSTRATO, A BENEFICIO DI COLORO CHE DIO METTE SUL NOSTRO CAMMINO.

Voglio chiudere con uno straordinario Sacerdote ed educatore italiano, oggi SERVO DI DIO, che ho avuto modo di conoscere, DON ORESTE BENZI (San Clemente -Rimini, 7 settembre 1925 – Rimini, 2 novembre 2007), fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, per bambini diversamente abili, e paladino dell’apostolato tra le prostitute.

Egli è voce potente di un profeta della gratuità e del servizio, i cui resti mortali riposano nel cimitero monumentale di Rimini.

Egli era convinto che ogni uomo, specie i più giovani, avevano bisogno di “un incontro simpatico con Gesù”, perché ciascuno di noi “è assetato di eterno” ed ha diritto ad avere un incontro simpatico con Cristo. Diceva: “e quand’è che uno ti è simpatico? Quando tira fuori la parte più bella di te. Un incontro simpatico con Cristo vuol dire che quel che è in Gesù risuona in noi. Non perdo più tempo: simpatico deriva da “sentire insieme”, vuol dire coincidere nel sentimento, coincidere l’uno nell’altro. L’incontro con Gesù toglie dalla solitudine. Anche il povero ti diventa simpatico, anche quando ti sputa. Se senti il cuore di Cristo che batte in te, tu diventi simpatico. È qui il punto centrale”.

Ebbene, quest’uomo, che come avete capito, aveva fatto del SERVIZIO AI FRATELLI SFORTUNATI, LA SUA VITA diceva:

“Noi viviamo nella società del profitto. L’uomo investe ciò che è e ciò che ha per riavere aumentato ciò che investe. NELLA SOCIETÀ DEL GRATUITO INVECE L’UOMO INVESTE PER PARTECIPARE E COMUNICARE E IL CRITERIO PER IMPEGNARSI A PRODURRE I BENI PER TUTTI È L’AMORE.

Quell’AMORE con la “A” maiuscola, che Cristo, SERVO DEI SERVI, CI HA MOSTRATO “CON LA SUA MORTE E LA SUA MORTE DI CROCE”, dirà Paolo ai Cristiani che vivono a Filippi, al Capitolo2, versetto 8 della Lettera a loro diretta.

Sia Lodato Gesù, il Cristo!