… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo Matteo 9,27-31
In quel tempo, mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!». Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione. Parola del Signore
Mediti…AMO
LA VITA E IL PENSIERO DEL SANTO
Ripensiamo al ministero apostolico di san Francesco Saverio, per ammirare il dinamismo che lo animò sempre.
San Francesco Saverio fu mandato nelle Indie, come dire, allora nel 1542 all’estremità del mondo, dove si arrivava con viaggi lunghissimi e pieni di pericoli. Subito si diede all’evangelizzazione, ma non in un solo posto, bensì in numerose città e villaggi, viaggiando continuamente, senza temere né intemperie né pericoli di ogni genere.
E non si accontentò delle Indie, che pure erano un campo immenso di apostolato, che sarebbe bastato per parecchie vite d’uomo.
Egli era spinto dall’urgenza di estendere il regno di Dio, di preparare dovunque la venuta del Signore e così, dopo appena due anni, giunge a Ceylon e poi ancora più lontano, alle isole Molucche.
Torna in India per confermare i risultati della sua evangelizzazione, per organizzare, per dare nuovo impulso all’opera dei suoi compagni, ma non vi rimane a lungo.
Vuol andare ancora più lontano, in Giappone, perché gli hanno detto che è un regno molto importante, ed egli spera che la conversione del Giappone possa influire su tutto l’Estremo Oriente.
E in Giappone riprende i suoi viaggi estenuanti, estate e inverno, sotto la neve, con fatiche estreme. Torna dal Giappone, ma il suo desiderio lo spinge verso la Cina.
Ed è proprio mentre tenta di penetrare in questo immenso impero che muore nell’isola di Sanchian nel 1552.
In una decina di anni ha percorso migliaia e migliaia di chilometri, malgrado le difficoltà del tempo, si è rivolto a numerosi popoli, in tutte le lingue, con mezzi di fortuna. Tutto questo rivela un dinamismo straordinario, che egli attingeva nella preghiera e nella unione con il Signore, nella unione al mistero di Dio che vuole comunicarsi.
ESAME DEL TESTO EVANGELICO
I nostri occhi interiori tornano a vedere solo se abbiamo il coraggio, noi per primi, sul serio, di metterci in gioco.
Siamo ciechi, non vediamo la luce ma sempre e solo il negativo e il buio in noi e attorno a noi.
Siamo ciechi e incapaci di leggere alla luce della FEDE cosa sta succedendo al nostro tempo e al fratello che soffre.
Preferiamo girare lo sguardo, alzare le spalle, per non essere coinvolti e dover così, per forza, intervenire.
Ma la tua PAROLA ci invita a seguirti in quella nostra casa comune che è la Chiesa, quella però che tu hai voluto, non quella che abbiamo adattato a noi.
La tua è Chiesa dei santi e dei martiri, la Chiesa che ha il fuoco della passione, dello slancio del cuore che va oltre ogni difficoltà.
È solo nella TUA casa, che noi ritroviamo la vista. In quella casa noi veniamo guariti per poter poi GRIDARE ad ogni uomo che la luce esiste. E che quella luce SEI Tu, e che per vederla dobbiamo semplicemente aprire gli occhi.
Per vedere con la luce della FEDE Dio ha bisogno della mia volontà e della mia determinazione.
Di fede ne abbiamo poca, certo, ma quella che abbiamo, fosse anche un granello di senapa, è sufficiente a spostare le montagne.
Ma vediamo anche qui cosa significa simbolicamente questo brano evangelico.
Innanzitutto possiamo constatare che carne e sangue non sono necessari per la nostra salvezza.
Infatti i “due ciechi” che seguono Gesù, LO HANNO VISTO CON IL CUORE ANCOR PRIMA CHE CON GLI OCCHI.
Lo Spirito li ha guidati alla sequela del Messia, sino a giungere alla “SUA CASA” dove “gli si accostano” e Gesù può porre loro la domanda decisiva: “Credete che io abbia il potere di farvi vedere?”
I due ciechi avevano camminato e seguito Gesù “gridando e implorando”, immagine e segno di un “catecumenato” preparatorio al battesimo.
Siccome Gesù si stava “allontanando” i due hanno cominciato a seguirlo. E non si è fermato, quasi volesse indurli a gridare, a gridare ancora, sino a manifestare chiaramente la loro FEDE, sino a che il suo Nome immerso nella pietà diventasse familiare.
Così avviene anche per noi.
Quando Gesù sembra allontanarsi è perché vuole che lo seguiamo, che lo cerchiamo, che gridiamo a Lui, come lo Sposo del Cantico dei Cantici.
VUOLE FAR NASCERE IN NOI IL BISOGNO E IL DESIDERIO DI LUI.
E non si volta e non si ferma, fino a quando quel santo desiderio di Lui, SI FA GRIDO, per farci crescere sino ad una FEDE ADULTA.
È Lui che cammina dinanzi a noi nelle difficoltà che la vita ogni giorno ci pone dinanzi.
È Lui che, carico della sua Croce, scioglie il nostro grido e lo accoglie e lo fa suo.
E proprio quando sembra che si allontani, Gesù ci chiama a seguirlo; quando sembra non dare ascolto alle nostre suppliche ci sta attirando nella sua Chiesa.
I due ciechi, infatti, sono immagine di ogni comunità perché “dove due o più sono riuniti nel suo nome Gesù è presente in mezzo a loro…”
Non si può seguire e gridare a Gesù da soli; occorre farlo all’interno di una comunità, nella consapevolezza che ogni relazione autentica nasce dall’umiltà di riconoscersi ciechi e dal “credere” che Gesù “possa fare” per ciascun, all’interno di una comunità che ci rende figli e fratelli, o lo stesso miracolo.
Così funzionerà qualsiasi relazione umana, all’interno di un grido comune, che apre la porta dell’intimità con Cristo, dove essere guariti ed entrare in comunione.
Così i due ciechi sono entrati nella Chiesa, luogo dove la FEDE diviene adulta. In essa si può sperare contro ogni speranza umana, qui la carne e il sangue cedono il passo alla superiorità indiscussa dello Spirito.
Ma i due ciechi sono anche figura di Tommaso, l’apostolo incapace di credere lontano dalla comunità. E Tommaso crede quando si ritrova insieme ai fratelli. Solo all’interno della Chiesa vede aprirsi i suoi occhi e può riconoscere Gesù, credere in Lui e professare la sua fede.
Credere al potere di Gesù è appoggiarsi all’esperienza del cammino di ogni catecumeno che, durante il tempo di preparazione al battesimo, conoscendo sé stesso “preparava” i suoi occhi ad aprirsi attraverso i segni del potere di Gesù: a poco a poco veniva strappato al mondo, alle sue concupiscenze e ai suoi criteri.
I due ciechi non hanno creduto per una magia istantanea: gridando a Gesù dal profondo della propria debolezza, si sono conosciuti e lo hanno conosciuto, e lo hanno seguito sino a confidare pienamente in Lui.
La fede è partire, seguire, entrare. È percorrere un cammino di iniziazione cristiana che, a piccoli passi, rende l’annuncio ricevuto credibile e apra alla confidenza.
Dal grido del proprio bisogno, dalla sofferenza e dalla morte di una vita cieca su sé stessi e sugli altri, alla vita piena di chi, appoggiato al potere del Signore, apre gli occhi su tutto e scopre l’AMORE E LA VOLONTA’ DI DIO.
Solo allora l’uomo vedrà in modo nuovo sé stesso e la sua storia come un’opera del suo amore.
Tutto, infatti, concorre al nostro bene (Rm 8,28-30 “Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno”).
Ogni secondo, SE LO VOGLIAMO DAVVERO, ogni evento, ogni circostanza, ogni cosa che ci è dinanzi, è un passo di Cristo che ci conduce nel suo cuore misericordioso.
È quella Luce inestinguibile che dirada le tenebre del peccato e della morte.
…La Chiesa antica ha qualificato il Battesimo come Sacramento dell’illuminazione, e lo ha collegato per sempre CON LA RISURREZIONE DI CRISTO.
Nel Battesimo Dio dice al battezzando “FIAT LUX!”, “Sia la luce!”. E, da quell’istante, in Lui riconosciamo che cosa è vero e che cosa è falso, che cosa è la luminosità e che cosa il buio.
E questo si tramuta “naturalmente” in annuncio.
Perché i due ciechi, una volta guariti da Gesù, non possono trattenere la gioia e l’esperienza della fede.
ESSENDO STATI ILLUMINATI, A LORO VOLTA EMANANO LUCE: DIO HA FATTO RIFULGERE NELLA LORO ANIMA IL BAGLIORE PASQUALE ED ESSI SONO ORMAI LUCE IN CRISTO.
Così è la nostra elezione BATTESIMALE: siamo chiamati a seguire il Signore, a gridare il suo Nome, a sperimentare il suo potere, ad entrare nella sua CHIESA.
A crescere nella FEDE e nella COMUNIONE della Chiesa, per TESTIMONIARE IL SUO NOME AI QUATTRO ANGOLI DELLA TERRA.
E dobbiamo farlo rendendo Grazie:
- “In ogni cosa rendete grazia…” dice Paolo di Tarso alla sua Comunità che vive a Tessalonica (1 Tessalonicesi 5,18). “In ogni cosa buona rendete grazia…”, Sia “cattiva” che buona.
Ma anche con quella “gioia” che ci ha cantato ogni giorno Papa Benedetto XVI°:
- Rallegratevi sempre nel Signore. Ripeto: rallegratevi!” scrive Paolo di Tarso alla sua Comunità che vive a Filippi (Filippesi 4,4). Ma capite bene che questo non è possibile se noi non crediamo in Romani 8,28. Ma se crediamo in Romani 8,28 allora siamo sempre enormemente felici, qualunque cosa accada.
E allora, Fratelli e Sorelle, in questo tempo di avvento vogliamo prepararci ad accogliere, o a riaccogliere, LA NOVITÀ DELLA PRESENZA DI DIO IN CRISTO, E A FAR SI CHE LE SUE PAROLE DIVENTINO, come dice il Salmo 118, “LAMPADA AI NOSTRI PASSI E LUCE SUL NOSTRO CAMMINO”.
Chiediamogli che ci faccia recuperare la vista della FEDE e di lasciarci illuminare dalla SUA PAROLA e dal dono dello Spirito Santo.
Rendiamoci consapevoli che in noi esistono delle zone d’ombra, in cui abita il peccato, che ci impediscono di ASCOLTARE e VIVERE il Vangelo, e che dobbiamo invocare continuamente il suo aiuto se vogliamo vivere sotto la luce potente della verità e dell’amore divino.
E questo perché troppo spesso, quasi per abitudine, chiediamo l’intervento di Dio senza aver alcuna intenzione di voler cambiare davvero.
Siamo anche disposti a fare qualsiasi cosa, a pregare tanto, a fare qualche gesto di devozione, un pellegrinaggio, purché Dio ci guarisca… senza coinvolgerci!
La guarigione interiore, che dobbiamo volere e raggiungere, è in fondo ad un cammino lungo e faticoso, che ci obbliga ad interrogarci, ad operare, a vedere cosa possiamo fare per ottenere davvero ciò che stiamo chiedendo che avvenga.
Ecco perché Gesù ci rivela che solo attraverso un nostro convinto e desiderato coinvolgimento (significato dalla FEDE dei due ciechi) possiamo ottenere ciò che chiediamo: che il Signore guarisca ogni nostra cecità per poterci così accorgere della sua presenza e far sì che diventi il compagno di viaggio della nostra vita verso le dimore celesti.
È la fede che apre gli occhi dei ciechi, perché nell’opera compiuta da Gesù non si tratta semplicemente di una guarigione dalla cecità fisica, ma della salvezza che li ha avvolti totalmente.
Quante volte, infatti, il nostro cuore, chiuso dall’orgoglio, dall’egoismo, chiude anche i nostri occhi, e noi, di conseguenza, vediamo solo i torti ricevuti, i difetti degli altri e mai le loro buone qualità.
Siamo ciechi perché il nostro cuore non è convertito e ha bisogno di essere aperto e salvato. Ecco perché col Salmista dobbiamo gridare “…Crea in me, o Dio, un cuore puro” (Sal. 50,12).
Ricordiamoci, Fratelli e Sorelle che riavere la vista ci apre alla gioia e al fascino di uno sguardo nuovo e armonico, alla condivisione e compartecipazione di una esistenza ispirata alla letizia e all’amore.
PROPRIO COME DIO VUOLE!
Perché essere ciechi in senso fisico ci impedisce di vedere la realtà delle cose, la loro bellezza e il loro splendore, ma anche – per chi è cieco in senso spirituale – di vedere nella realtà delle cose, la loro bellezza celeste e trascendente.
Papa Francesco, nell’Udienza Generale del 15 giugno 2016, ha detto che Gesù ci aiuta a fare questo:
- “Gesù effonde la sua misericordia su tutti coloro che incontra: li chiama, li fa venire a sé, li raduna, li guarisce, li illumina, creando un nuovo popolo che celebra le meraviglie del suo amore misericordioso”.
E come al solito vi lascio con le parole illuminanti di un grande PADRE DELLA CHIESA greco, teologo, apologeta e santo, Tito Flavio Clemente, conosciuto come Clemente Alessandrino (150-215), che nella sua opera “Il Protrettico”113, 2-114-1, all’interno della quale la comunità greca è dapprima esortata alla conversione alla fede nel Messia, poi educata a prendere parte ad un progetto esistenziale caratterizzato da frugalità e condivisione, dal timore del Padre e dall’amore per il Figlio, dal riconoscimento e dall’obbedienza all’autorità religiosa, che attinge tanto dalla Sacre Scritture quanto dalla filosofia e letteratura classiche, delle quali è un profondo conoscitore:
- «Accogli Cristo, accogli la facoltà di vedere, accogli la luce… Come può infatti non essere desiderabile colui che ha dato luce alla mente ottenebrata e ha aperto gli occhi dell’anima portatori di luce?… Cancelliamo, dunque, cancelliamo l’oblio della verità, l’ignoranza; e rimuovendo le tenebre che ci impediscono la vista come nebbia per gli occhi, contempliamo il vero Dio, acclamandolo con queste parole: “Salve, Luce”».
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!