SANTA MONICA VENERDI’ 21^ SETTIMANA P.A. – Matteo 25,1-13 Ecco lo sposo! Andategli incontro!

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

Vedere approfondimenti sul nostro sito WWW.INSAECULASAECULORUM.ORG

Dal Vangelo secondo Matteo 25,1-13

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola «…Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido “…Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge “…Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero “…No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire “…Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose “…In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Monica (Tagaste, attuale Song-Ahras, Algeria, 331 – Ostia, Roma, 387), nasce da una famiglia nordafricana berbera, profondamente cristiana. Con l’assidua fiduciosa preghiera e le sue lacrime di implorazione ottenne la trasformazione spirituale del figlio Agostino, vivace e dissoluto. Per lui Monica passò la notte in lacrime sulla tomba di san Cipriano (come narrerà lo stesso Agostino nelle Confessioni, V,8,15).

Nello stesso libro delle Confessioni vi è delineata la sua figura di madre cristiana e di contemplativa, attenta ai bisogni degli umili e dei poveri.

Il colloquio fra Monica e Agostino ci apre la profondità del suo spirito tutto proteso verso la patria del cielo.

Nel 371 il marito Patrizio si convertì al cristianesimo e si fece battezzare, ma morì l’anno seguente. Monica aveva 39 anni e prese in mano la direzione della casa e l’amministrazione dei beni.

Nel 385 poté imbarcarsi per Roma e raggiunse il figlio a Milano, ove egli ricopriva una cattedra di retorica. Il suo amore materno e le sue preghiere favorirono la conversione di Agostino, che ricevette le catechesi di sant’Ambrogio e fu battezzato il 25 aprile 387.

La troviamo poi accanto al figlio a Cassiciaco, presso Milano, discutendo con lui e altri familiari di filosofia ed altri argomenti di carattere spirituale e partecipando con sapienza ai discorsi, al punto che Agostino volle trascrivere nei suoi scritti le parole della madre.

La cosa suonò inusuale, perché all’epoca alle donne non era permesso prendere la parola.

Con Agostino lasciò Milano diretta a Roma, e poi a Ostia, dove affittarono una casa, in attesa di una nave in partenza per l’Africa.

Fu un periodo carico di dialoghi spirituali, che Agostino ci riporta nelle sue Confessioni. Lì si ammalò, forse di malaria, e in nove giorni morì. Aveva 56 anni.

l suo corpo fu tumulato nel luogo in cui in seguito sorse la chiesa di Sant’Aurea di Ostia. Il 9 aprile 1430 le sue reliquie furono traslate a Roma nella chiesa di San Trifone, oggi di Sant’Agostino, e poste in un pregiato sarcofago, opera di Isaia da Pisa (XV secolo).

La Chiesa cattolica nel nuovo calendario ne celebra la memoria il 27 agosto, il giorno prima di quella di Agostino, che morì il 28 agosto.

La santa viene spesso raffigurata come una vedova che regge in mano un crocifisso, vestita con un abito nero (talvolta ornato con fiorellini dorati e il capo coperto da un velo ocra).

Ma veniamo al testo odierno.

Alcuni elementi della parabola di oggi ci offrono spunti interessanti di riflessione.

Innanzitutto devo dire che nella letteratura rabbinica LA VENUTA DEL SIGNORE SUL SINAI era spiegata “…come uno sposo, che va incontro alla sposa” (commento Mekilta a Esodo 19,17).

IL TEMA DOMINANTE RIMANE ANCORA QUELLO DELLA VIGILANZA, DELLA VEGLIA, NELL’ATTESA DELLO SPOSO CHE VIENE.

Il significato di vegliare deve essere compreso secondo il contesto della parabola. Non si tratta di rimanere svegli durante la notte, perché tutte e dieci le ragazze si sono addormentate, ma di procurarsi olio abbastanza per poter accogliere lo sposo. Il modo migliore per vegliare è l’essere sempre attenti a quanto accade, vivendo in pienezza ogni istante (senza rimpiangere il passato e senza l’ansia del domani).

CI VIENE RICORDATO QUINDI CHE NON CI È DATO DI CONOSCERE IL MOMENTO E L’ORA DELLA SUA VENUTA. Non possiamo perciò abbandonarci al sonno e tanto meno restare al buio perché privi di olio per alimentare le nostre lampade. Vengono definite con chiarezza stolte o sagge le due categorie di vergini, tutte chiamate ad accogliere con puntualità e con il dovuto onore lo sposo in arrivo nel cuore della notte.

Tutte e dieci hanno la lampada, tutte hanno avuto, come noi, il dono della fede.

Tutte sono in attesa dello sposo e, al grido che annuncia il suo arrivo, tutte si destano, per andargli incontro e illuminare il suo cammino verso la casa del banchetto.

Tutte sono consapevoli che la loro attesa non sarà priva di un premio adeguato: c’è per loro un invito ed una partecipazione al banchetto nuziale.

La differenza è data da un particolare che però risulterà di fondamentale importanza: l’avere o non con sé l’olio per alimentare le lampade.

Ma entriamo nel dettaglio del vangelo di Matteo, che strutturalmente si conclude con tre parabole dense e significative. Ieri il Signore ci invitava a vegliare. Oggi ce ne spiega la ragione.

La comunità cui Matteo si rivolge, è la sua ed è composta prevalentemente da ebrei sopravvissuti alla distruzione di Gerusalemme e del tempio. Un evento talmente drammatico che gettò nello sconforto anche la comunità cristiana. Un evento che li aveva gettati nello sconforto.

E Matteo li incoraggia, e riprendendo le parole del Signore Gesù, li invita a vegliare come le amiche della sposa attendono lo sposo che viene nel cuore della notte.

UNO SPOSO CHE DOBBIAMO ATTENDERE ALIMENTANDO LA LAMPADA DELLA FEDE CON L’OLIO DELLA PREGHIERA.

Matteo non fornisce una spiegazione agli eventi, ma indica una prospettiva altra e alta: SIAMO CHIAMATI AD ATTENDERE LO SPOSO, SENZA SCORAGGIARCI. IN UN’ATTESA GIÀ COLMA DI GIOIA.

È venuto nella storia, continua a sfiorare i cuori di chi si mette alla sua ricerca e ne fa esperienza nello Spirito Santo. Ma tornerà anche nella gloria per ricapitolare tutte le cose, come dice san Paolo.

Tornerà e noi siamo chiamati a vegliare, a vigilare, ad aspettarlo con fiducia.

Tutti i cristiani, in una teorica linea di principio, io compreso, “aspettano” Cristo, ma non tutti siamo pronti.

Infatti nella parabola di oggi tutte le dieci vergini aspettano lo sposo… ma per cinque di loro ci sarà una brutta sorpresa.

Il ritardo dello sposo mette infatti in luce la mancanza di amore di metà di esse. Se riferiamo questo dato e lo rapportiamo con l’umanità dobbiamo intendere che META’ DELL’UMANITA’ NON ENTRERÀ NEL REGNO DEI CIELI.

Questo ci deve far riflettere… quante volte pensiamo che Dio tardi agli appuntamenti da noi prefissati?

Quante volte brontoliamo perché i nostri desideri non vengono esauditi nei tempi e nei modi che vorremmo?

Quante volte ci stanchiamo di aspettare e facciamo di testa nostra?

Ma tutto questo ritardo ha una logica… Se infatti Gesù ci accontentasse all’istante, non si potrebbe capire se ci affidiamo veramente a Lui in ogni circostanza, o se invece, venendo meno l’entusiasmo iniziale e vedendo deluse le nostre attese, viviamo una vita cristiana fiacca, abitudinaria, più preoccupati della nostra tranquillità che della venuta dello Sposo. Insomma ci addormentiamo…

A DIRE IL VERO TUTTE E DIECI LE VERGINI SI ADDORMENTANO, MA QUELLO CHE FA LA DIFFERENZA È L’OLIO CHE SOLO CINQUE DI ESSE SI ERANO PREPARATE IN ANTICIPO.

La preghiera fiduciosa, la Parola di Dio letta, ascoltata, serbata nel cuore e meditata ogni giorno, i piccoli gesti di attenzione e di carità fraterna, sono come l’olio che noi mettiamo nei “piccoli vasi“, ossia gli strumenti per alimentare la nostra lampada.

Una lampada, come sappiamo, produce luce e calore, la luce è la fede e il calore è l’amore, entrambi dobbiamo alimentare con l’olio contenuto nei piccoli vasi… ecco come possiamo rialzarci dal sonno per andare incontro al Signore senza arrossire quando, nell’ora che non ci aspettiamo, arriverà.

Ma è solo questo il messaggio della parabola? In realtà, il nuovo (già antico) di questa parabola si trova proprio in alcuni dettagli.

Se leggere significa ascoltare e meditare, allora dobbiamo ascoltare, ricercare e meditare i dettagli. Essi ci fanno ascoltare qualcosa di diverso che ci scuote, ci interpella la coscienza, rispetto a ciò che siamo abituati ad ascoltare e che non ci porta a non ascoltare più, e a non leggere più.

 

La prima cosa che sappiamo già è che la parabola parla di cinque ragazze avvedute e cinque stolte. Il termine vergine (in ebraico almah) indica una ragazza non ancora sposata, e per questo vergine; non ha alcun riferimento a una scelta di vita, ma ad una situazione sociologica normale, si tratta di una giovane donna. “Dieci” è cifra tonda che serve solamente per la suddivisione in due gruppi da cinque. Non importa la quantità, cioè quante siano le folli e quante siano le sagge, ma importa solo LA QUALITÀ delle scelte.

Questi due gruppi di ragazze hanno lo stesso compito di andare incontro allo sposo, ma si dimostreranno completamente diverse fra di loro.

Questo ci porta a identificare positivamente le prime e negativamente le seconde (il nostro sport preferito è dividere il mondo in buoni e cattivi). Ma la parabola è introdotta da queste parole «il regno dei cieli sarà paragonato a dieci ragazze». IL REGNO NON È PARAGONATO SOLTANTO ALLE CINQUE RAGAZZE AVVEDUTE, MA A TUTTE E DIECI: SIA LE AVVEDUTE SIA LE STOLTE.

Anche dal punto di vista dello spazio, il Regno racchiude sia la sala delle nozze dove ci saranno le avvedute sia l’esterno della sala dove rimarranno le stolte.

Quindi – dettaglio di non poco conto – la parabola non descrive due categorie di credenti (i buoni e i cattivi) che si possono trovare in due spazi diversi (alcuni nel Regno e altri fuori al buio), MA DUE ATTEGGIAMENTI CHE CONVIVONO IN CIASCUN LETTORE, CHE SONO TRASVERSALI.

In ognuno di noi c’è la saggezza e la stoltezza. Il Regno accoglie, in ogni essere umano, la saggezza e la stoltezza. Non è il Regno dei perfetti, ma di coloro che sono in cammino, che fanno l’esperienza del peccato e del perdono in Gesù Cristo.

 

  1. Il secondo dettaglio riguarda IL COMPORTAMENTO DELLE RAGAZZE AVVEDUTE. Siamo proprio sicuri che sia un comportamento così corretto?

Se leggiamo con attenzione il testo, sembra di no. Le cinque avvedute non solo rifiutano ma danno loro un consiglio del tutto fuorviante rimandole a dei venditori piuttosto improbabili (quell’ora di notte erano tutti chiusi).

Secondo il NOSTRO senso comune, avrebbero potuto andare tutte e dieci con cinque lampade, ci sarebbe stato in 50% di luce in meno, ma certo non il buio…

Perché invece non accettano?

Il fatto è che spesso la parabola parte sì dalla realtà quotidiana, ma poi ne se distacca rapidamente, quasi volesse liberare il lettore da questa logica. La parabola non ha a che vedere con l’ambito della morale comune – se così fosse, le ragazze avvedute sono delle imperdonabili egoiste che non sanno cosa sia la solidarietà.

UNA LETTURA ATTENTA DELLA PARABOLA NASCONDE UN INVITO A CAMBIARE MENTALITÀ, CAMBIARE LOGICA. A PASSARE DA UNA RAPPRESENTAZIONE A UN’ALTRA.

Se essere “saggio” non ha a che fare con una qualità morale, o con un piccolo gesto di generosità, allora cosa significa? Per rispondere, veniamo alla terza osservazione.

 

  1. COSA SIGNIFICA L’OLIO? Nella storia dell’esegesi sono state fatte diverse ipotesi:
  • l’olio rappresenterebbe la vigilanza, la pietà, le buone opere (peri cattolici),
  • la fede (per i protestanti). E via dicendo.

Ma è proprio così certo che l’olio di cui si parla qui abbia un significato simbolico che rimanda ad altro?

È vero che nella Bibbia l’olio ha molti significati e si trova in tanti ambiti (la vita quotidiana, la cosmesi, la liturgia, la consacrazione), ma qui non potrebbe essere che l’olio svolga semplicemente la funzione di carburante delle lampade?

Per rispondere, proviamo a farci un’altra domanda.

È proprio la mancanza di olio a impedire l’ingresso nella sala delle nozze? Il lettore che parte dalla centralità dell’olio risponde certamente di sì: se le stolte avessero avuto l’olio, avrebbero avuto accesso alla sala delle nozze!

Ma la domanda è: le stolte restano chiuse fuori perché non hanno l’olio O PERCHÉ SONO ASSENTI QUANDO ARRIVA LO SPOSO? E viceversa, le avvedute sono accolte nella sala delle nozze perché hanno olio o perché sono presenti quando arriva lo sposo?

IN ALTRE PAROLE: LA COSA ESSENZIALE È AVERE OLIO O ESSERE LÌ AL MOMENTO GIUSTO?

Qualunque sia la risposta a questa domanda, il fatto stesso di porsi la domanda ci consente di prendere coscienza della distanza che esiste nella parabola tra:

  • ciò che riguarda l’avere (avere olio o no)
  • e ciò che riguarda l’essere (essere lì o no).

Allora, forse la follia delle cinque ragazze stolte non è solo di aver dimenticato di prendere il prezioso liquido, ma anche di aver ascoltato il cattivo consiglio delle avvedute, andando dai venditori – quelli che vendono dell’avere – quando invece dovevano rimanere lì per essere presenti al momento giusto!

ECCO QUINDI CHE È PIÙ IMPORTANTE ESSERE CHE AVERE. ESSERE DISPONIBILI ALL’INATTESO.

Non essere distratti da nulla se non dal possibile incontro con l’alterità che è presente nel testo biblico.

 

  1. L’ultimo dettaglio sorprendente riguarda la conclusione della parabola: Vegliate dunque perché non sapete né il giorno né l’ora. Questa conclusione è in contraddizione rispetto all’intera parabola, perché al momento dell’arrivo dello sposo tutte e dieci dormivano, anche le avvedute.

Cosa c’è dietro questo nuovo scarto?

Ancora un cambio di logica: la cosa importante non è sapere chi sta da una parte e chi dall’altra. La cosa importante è guardare. Tenere gli occhi e le orecchie aperte per ascoltare.

Così, al momento opportuno, una parola può sospendere la logica del significato abituale e diventare occasione di incontro con un altro significato fino ad allora ignorato o dimenticato nella memoria delle interpretazioni.

La lettura è quindi un atto in cui le parole producono in noi lo scuotimento delle nostre abitudini e una apertura verso l’inaspettato. QUESTO È IL MISTERO DEL REGNO DI DIO.

Ma questo è anche il mistero della lettura e dell’ascolto delle Scritture: capire in modo veramente nuovo ciò che è da sempre nel testo biblico e che non aspetta altro che di sorgere nuovamente.

Vegliate dunque perché non sapete né il giorno né l’ora, il giorno e l’ora in cui la parola verrà per te.

È un eterno presente, da vedere guardare e curare, vigilando. Per rimanere coerenti, per prestare attenzione ed aiutare chi dorme sfiduciato e senza speranze, per alzare occhi verso quel Dio che vede e attende per amare ed incoraggiare.

Per oltrepassare ed insegnare ad oltrepassare, determinate incertezze e disvalori. Per stimarsi e stimare gli attimi della storia, coglierli per viverli e umanizzarli alla luce dell’Amore e degli insegnamenti di Dio.

Perché il Nostro Dio è felice di andare incontro a chi, libero e consapevole, è attento alla storia di sé e al suo presente, ai compagni di strada, per introdurre tutti nella pace della storia futura del Regno.

E ALLORA SIAMO TUTTI E 10 CHIAMATI A VIGILARE SUL GIORNO E SULL’ORA PRESENTE, ILLUMINANDO CON LE NOSTRE LAMPADE QUEI SENTIERI CHE CI PORTANO AD INCONTRI DI GIOIA CONDIVISA, ANCHE CON DIO.

E quando lo avremo fatto, Dio lo voglia, noi saremo lì a riceverlo.

E non dovremo dire nulla. Non avremo più il dono della parola. Perché PER GRAZIA DI DIO saremo diventati LA PAROLA, IN CRISTO GESÙ.

Amen

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!