SANTA CHIARA – MERCOLEDI’ 19^ SETTIMANA T.O. – Mt 18,15-20 Se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

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Dal Vangelo secondo Matteo 18,15-20

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Chiara di Assisi (Assisi 1193 – 11 agosto 1253) «seguì in tutto le orme di colui che per noi si è fatto povero e via, verità e vita». Fedele discepola di san Francesco, fondò con lui il secondo Ordine (Clarisse).

Esercitò il suo ufficio di guida e madre, studiandosi «di presiedere alla altre più per virtù e santità di vita che per ufficio, affinché le sorelle obbedissero più per amore che per timore».

Seppe trasformare i suoi lunghi anni di malattia in apostolato della sofferenza. Attinse dalla sua fede eucaristica una forza straordinaria che la rese intrepida anche di fronte alle incursioni dei Saraceni (1230).

In un certo modo essa preannuncia la forte iniziativa femminile che il suo secolo e il successivo vedranno svilupparsi nella Chiesa.

Chiara era devotissima del SS. Sacramento, passava lunghe ore innanzi all’altare, assorta in profonda meditazione. E Gesù la ricompensò di questo suo affetto anche col dono dei miracoli.

Infatti avendo una volta i Saraceni tentato di invadere il suo monastero, Chiara, animata da fiducia nel Signore, quantunque inferma, prese tra le mani l’ostensorio e fattasi portare alla finestra minacciata del monastero tracciò sugli infedeli un gran segno di croce dicendo « Ecco, o mio Signore, vuoi tu forse consegnare nelle mani dei pagani le inermi tue serve, che ho allevato per il tuo amore? Proteggi, ti prego, Signore, queste tue serve, che io ora, da me sola, non posso salvare ».

Subito una voce, come di bimbo, risuonò alle sue orecchie dal Tabernacolo “Io vi custodirò sempre!“.

La vergine, con il volto bagnato di lacrime, rassicurò le sorelle “Vi do garanzia, figlie, che nulla soffrirete di male; soltanto abbiate fede in Cristo!“. Una luce vivissima investì gli assalitori accecandoli, mentre una forza arcana rovesciava le scale e precipitava a terra i predoni.

Chiara era pure devota della PASSIONE DI GESÙ CRISTO, che meditava versando copiosissime lacrime. Da questa devozione attinse tanto amore alla santa povertà che ricusò perfino le proposte fattele dal Papa Gregorio IX di una povertà più mitigata, ed ottenne per sé e per le sue suore quello che chiamò «il privilegio della povertà».

Negli ultimi anni di sua vita, Chiara fu molestata da continue infermità e patimenti corporali, ma colla sua preghiera fervente ottenne dal Celeste Sposo una pazienza invitta, e fra i suoi dolori si dimostrò sempre contenta e serena.

Prima di morire fece testamento: non per lasciare beni temporali, ma bensì per lasciare alle figliuole del suo cuore la santa povertà come loro divisa, come loro difesa e come loro gloria, e a 60 anni di età, piena di meriti, nell’anno 1253 rese la sua bell’anima a Dio.

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E ora veniamo al testo evangelico, che offre uno spaccato interessante sulla prassi penitenziale delle primissime comunità cristiane. Allora come oggi, capitava di doversi confrontare con momenti di tensione tra fratelli e sorelle che, dopo un primo momento di conversione, si allontanavano dalla nuova strada…

L’espressione “tuo fratello” manifesta il pensiero teologico di Matteo: LA CHIESA È UNA COMUNITÀ DI FRATELLI, che sono vicendevolmente responsabili della loro salvezza e Gesù è in mezzo a noi.

E il suo è un messaggio di riconciliazione, che ci chiede di “riconquistare” il nostro fratello o la nostra sorella che stanno per perdersi. L’apertura di Gesù verso noi peccatori, dipende da un cambiamento del nostro cuore e un cambiamento di comportamento, che segue il suo invito categorico “…Va’… e non peccare più”.

Gesù ci istruisce su come comportarsi in questi casi, offrendo alla nostra attenzione un percorso pieno di buon senso: un fratello si fa carico di chi è in difficoltà, gli parla in amicizia, in privato, se non viene ascoltato intervengono altri due fratelli.

Se ancora non succede nulla, allora, interviene la comunità.

È un meccanismo di gradualità che si fa carico di chi sta sbagliando senza umiliarlo, senza costringerlo, aumentando progressivamente la forza di persuasione.

Quanto è diverso da ciò che avviene oggi! Nella maggior parte dei casi a nessuno interessa cosa fanno gli altri e in chiesa nemmeno ci si conosce. Poi se qualcuno sta sbagliando è quasi impossibile che ci sia tra noi chi se ne faccia carico, perché è più prudente “farsi gli affari propri” e magari spettegolando alle spalle…

Gesù ci offre la possibilità di fare il bene alle persone che abbiamo accanto.

Nessun pettegolezzo, nessuna condanna, ma l’attenzione di chi si prende a cuore con delicatezza il disagio dell’altro, e gli indica a il proprio errore. E, per far ciò, si fa carico del fratello coinvolgendo più persone, nel tentativo di trovare una soluzione che permetta al “figliol prodigo” di tornare sui propri passi fino al Padre.

È vergognoso ciò che vedo, in questo mondo caratterizzato solo dal proprio ego-centrismo. A nessuno interessa che qualcuno per problemi propri esca da una comunità parrocchiale.

E, ancora peggio, è tristissimo vedere che nessuno degli altri componenti si prende la briga di cercarlo, di provare a smussare gli spigoli, per caricarsi sulle spalle anche i suoi problemi, FACENDONE LA PROPRIA CROCE, da trascinare dietro a Gesù. È questo il vero “peccato”, è questo il vero “scandalo”.

E così va a finire che si vanno a sommare due debolezze:

  • quella di chi ha sbagliato, e magari non vede il suo errore,
  • e quella di chi non ha la voglia di mostrarglielo, per cercare di ricostruire.

Gesù odia la nostra indifferenza, il nostro pensiero modellato sul “che si arrangi“, che in realtà serve soprattutto per far sì, che da questo brutto meccanismo, anche noi possiamo essere assolti dalle nostre colpe.

Già nell’Antico Testamento il Profeta Ezechiele sottolinea con forza questa medesima idea: IL PROFETA È COME UNA SENTINELLA, E HA L’IMPRESCINDIBILE DOVERE DI ANNUNCIARE LE ESIGENZE DI DIO, DI DENUNCIARE LA MENZOGNA DOVUNQUE SI TROVI.

Ma lo scopo è sempre quello di aiutare il fratello a prendere coscienza del suo stato di separazione, perché possa ravvedersi.

LO SCOPO È DI CREARE NEI PECCATORI UNA SITUAZIONE DI DISAGIO SPIRITUALE, PERCHÉ È PROPRIO IN UNA SITUAZIONE DI DISAGIO SPIRITUALE, DOLOROSO E PROFONDO, CHE SPESSO DIO SI INSERISCE E CI SPINGE AL RITORNO NEL SUO CUORE.

Un’ultima precisazione su una frase che mi interessa «…tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo».

LEGARE E SCIOGLIERE È UNA FRASE RABBINICA CHE SIGNIFICA DICE LA POSSIBILITÀ DI PERDONARE. Nella comunità cristiana continua il peccato, ma parallelamente continua, ancora più ostinato, il perdono dei peccati. Un perdono che continuamente dobbiamo chiedere per noi e per gli altri e che rappresenta la “conditio sine qua non”, la condizione senza la quale DIO NON È PRESENTE IN MEZZO A NOI!

Recuperare, riconquistare, amare, legare, sciogliere…. Verbi che sanno di amore e di correzione. E la correzione fraterna, sappiamo, che è il cuore della vita cristiana.

Una ricerca, una correzione, un amore che affonda le sue radici nella notte dei tempi, all’alba primigenia della Creazione, quando Dio rivolge all’uomo la sua prima domanda “…dove sei?”. E subito dopo, all’interno di questo rapporto, la seconda domanda “…Dov’è tuo fratello?”. Quest’ultima domanda non è rivolta ad altri, ma a me, a te, a ciascuno di noi.

Quanto è simile la storia di Adamo a quella degli uomini che camminano attraverso i secoli. Adamo è un uomo disorientato che ha perso il suo posto nella creazione perché crede di diventare potente, di poter dominare tutto, di essere Dio. E l’armonia primigenia si rompe, l’uomo sbaglia e questo si ripete anche nella relazione con l’altro che non è più il fratello da amare, ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il mio benessere.

E Dio pone la seconda domanda «Caino, dov’è tuo fratello?». Il sogno di essere potente, di essere grande come Dio, anzi di essere Dio, porta ad una catena di sbagli che è catena di morte, porta a versare il sangue del fratello!

E Caino, come d’altronde farebbe ognuno di NOI, ebbe a rispondere “…non sono mica il custode di mio fratello!”.

E invece, Dio, in Cristo ci insegna che siamo tutti “guardiani” gli uni degli altri, con il preciso compito di vegliare, custodire, recuperare, riconquistare e difendere il bene dei nostri fratelli, all’interno di un rapporto di amore fraterno, caratterizzato dalla Fede nella Parola di Dio, che in Cristo ci mostra, il Giovedì Santo, la sua vetta più alta.

Poco prima di morire, infatti Gesù aveva detto ai suoi discepoli “…se io che sono il Signore ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così anche voi amatevi gli uni gli altri”. Sull’asse della fratellanza ruota tutto il mondo creato.

Da qui ci viene un insegnamento senza ombre: il primo amore fraterno lo devo esprimere verso coloro che vivono con me, nella mia famiglia, nel mio gruppo di amicizie, nella mia comunità. E lo devo vivere anche, se occorre, all’insegna della correzione fraterna.

Tenendo presente che il Maestro l’ha insegnata a tutti, dal povero, a Pilato a Giuda Iscariota. Quel nostro fratello che con infinito dolore e infinita dolcezza il Salvatore, che chiama “amico”.

Non dimentichiamo, Fratelli e Sorelle che la correzione fraterna è subordinata ad una unica Legge: L’AMORE VICENDEVOLE.

Scriveva s. Agostino “…Ama e fa ciò che vuoi. Sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore… perché dalla radice dell’amore può sbocciare solo il bene”.

Tutti dobbiamo tendere verso un solo fine, che ci viene da quelle due antiche domande che Dio ha posto “Dove sei?” e “dov’è tuo fratello?”: IL BENE E LA SALVEZZA NOSTRA E DEL FRATELLO.

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!