SAN PIO X SABATO XX^ SETTIMANA T.O. – Matteo 23,1-12 Dicono e non fanno
… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo Matteo 23,1-12
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo «…Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato». Parola del Signore
Mediti…AMO
Giuseppe Melchiorre Sarto (Riese-Treviso 1835 – Roma 20 agosto 1914), vescovo di Mantova (1884) e patriarca di Venezia (1893), sale alla cattedra di Pietro, come 257’ Vescovo e Papa di Roma, con il nome di Pio X.
È il pontefice che nel Motu proprio «Tra le sollecitudini» (1903) affermò che la partecipazione ai santi misteri è la fonte prima e indispensabile della vita cristiana.
Difese l’integrità della dottrina della fede, promosse la comunione eucaristica anche dei fanciulli, avviò la riforma della legislazione ecclesiastica, si occupò positivamente della questione romana e dell’Azione Cattolica, curò la formazione dei sacerdoti, fece elaborare un nuovo catechismo, favorì il movimento biblico, promosse la riforma liturgica e il canto sacro.
Pio XII lo beatificò nel 1951 e lo canonizzò nel 1954. Il suo corpo è venerato nella basilica Vaticana.
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Ma veniamo al nostro testo evangelico, dove vediamo chiaramente che Gesù non è come i rabbini, suoi contemporanei. E nemmeno come i sacerdoti del tempio che ostentano il loro ritrovato potere.
E nemmeno come i farisei che giudicano duramente la classe sacerdotale ritenendola poco virtuosa.
E nemmeno come gli esseni che aspettano la venuta del Messia come una setta apocalittica.
Gesù è altro. Sempre.
Onesto con chi lo segue, autentico, umile, modesto, ma non impreparato. Arde di passione per il Padre, e ama le persone che incontra, manifesta compassione, misericordia e tenerezza, sentimenti quasi proibiti all’epoca. Soprattutto se a manifestarli era un maschio adulto.
Il Maestro è diverso, NON CERCA I PRIMI POSTI, FOSSERO ANCHE LEGATI AL RUOLO RELIGIOSO E ALL’AUTORITÀ.
Potrebbe sollevare la folla che pende dalle sue labbra, potrebbe afferrare l’occasione e fare una setta, un movimento di nazareni, qualcosa di innovativo per la religione dell’epoca.
Ma non è così: Gesù è libero da tutti MA NON DA DIO. Prosegue per la sua strada con assoluta coerenza, non si lascia trarre in inganno, non si lascia mettere all’angolo. E tutto questo sbalordisce le persone semplici.
Anche io… anche noi siamo così… bramiamo in cuor nostro i primi posti. Anche in Chiesa. E cadiamo nella tentazione di rendere vano il Vangelo, diventando come i religiosi di cui Gesù parla oggi.
È un pericolo costante da cui guardarsi bene, per il quale è necessario fare continuo discernimento.
Anche se solo siamo catechisti o educatori, anche solo se intorno a noi sanno che siamo dei cristiani, DOBBIAMO VIGILARE SU NOI STESSI PER NON ESSERE DIVORATI DAL DEMONE DELL’APPARENZA, QUELLO CHE CI FA METTERE IN VISTA RISPETTO AGLI ALTRI, TUTTI ATTENTI A NON SFIGURARE, ANCHE DAVANTI A DIO.
Ci deve guidare l’AMORE E LA SEVERITA’ DI GESU’ che non va contro la debolezza di chi vorrebbe ma non ce la fa, bensì contro l’ipocrisia di chi fa finta.
Verso la nostra debolezza Gesù si è sempre mostrato premuroso, come il vasaio che, se il vaso non è riuscito bene, non butta via l’argilla, ma la rimette sul tornio e la plasma di nuovo, fino a che realizza finalmente il suo progetto.
Gesù non sopporta gli ipocriti (“attore di teatro“). Ovvero il moralista che invoca leggi sempre più dure, MA PER GLI ALTRI (legano pesi enormi sulle spalle delle persone, ma loro non li toccano con un dito).
Ipocrita è l’uomo di Chiesa che più si mostra severo e duro con gli altri, più si sente giusto, vicino a Dio (mentre è vicino solo alla propria aggressività o invidia verso i fratelli), facendosi MINISTRO DI NEGATA MISERICORDIA:
- Paolo oggi dice «…avrei voluto darvi la mia vita».
- L’ipocrita dice «…vi ho dato la legge, sono a posto… ARRANGIATEVI…».
L’ipocrita non si accontenta di essere peccatore, MA DEVE APPARIRE BUONO PER FORZA! E ne discende che con la sua falsa virtù gli uomini non si fidano più neanche della virtù autentica.
Il fariseismo è duro a morire, e riemerge continuamente in ogni esperienza religiosa, soprattutto in quella cristiana. Tra noi cattolici ci sono:
- quelli che si sentono migliori degli altri, più devoti.
- quelli che impongono agli altri pesanti regole e norme che, invece di avvicinare al Signore, allontanano dal vangelo,
- quelli, anche fra i sacerdoti e i diaconi, che amano girare in ampie vesti e ricevere titoli onorifici…
Strana mondo il nostro. Siamo tutti allergici all’autorità, all’obbligo, indispettiti quando qualcuno fa pesare il suo ruolo, tutti – giustamente – vogliosi di autonomia e di libertà, non sappiamo fare a meno di affidarci al folle “MAESTRO DI VITA” di turno, al veggente, al mistico che – ci dia il consiglio CHE NOI VOGLIAMO.
Un tempo pieno di maestri, di tuttologi, di opinionisti, CHE NULLA SANNO DELL’ARGOMENTO E NULLA DI CONSEGUENZA POSSONO INSEGNARE. Essi, IERI, OGGI e DOMANI, SONO QUELLI CHE DIGIUNI DI QUALSIASI COMPETENZA SU CIO’ DI CUI SCELLERATAMENTE DISQUISISCONO SI IMPROVVISANO:
- guru
- esperti vax
- esperti no vax
- esperti metereologi
- esperti sismologi
- esperti di eventi sportivi
- esperti di virus
- esperti di geopolitica
- matrimonialisti
- esperti di questioni legali
- gender
- e Dio solo sa di che cosa
Essi gioiscono “nell’allargare i loro filattèri e allungano le loro frange e si compiacciono dei posti d’onore nelle trasmissioni televisive, nelle poltrone dei “social”, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “opinionisti” dalla gente”.
E CHE, GRAZIE AI MEDIA, NELLA LORO IGNORANTE, DOLOSA SACCENZA E PERICOLOSISSIMA SCELLERATEZZA ELARGISCONO PARERI E CONSIGLI SEMPRE INSENSATI, UTILI SOLO AD AUMENTARE IL SENSO DI INSICUREZZA E LA VUOTA RELATIVITÀ DI UN PENSIERO IGNORANTE, INDEGNO DI TAL NOME.
E avviando miliardi di anime, nei secoli, verso la perdizione.
In coscienza posso dire che erano meglio gli avversari di Gesù, che almeno, pur parlando erratamente, fondavano i loro discorsi SULLA SCRITTURA SANTA.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente, per dimostrare che sono persone importanti e assai colte, preparate. Ma hanno in cuor loro dimenticato per sempre che l’unico nostro Maestro e l’unica nostra Guida è Gesù Cristo!
Egli che è il primo, si è fatto ultimo e anche nostro Servo “…Chi tra voi è più grande sarà vostro servo; chi si esalterà sarà umiliato, e chi si umilierà sarà esaltato”.
Come ha fatto anche la più eccelsa tra le creature: Maria. Ancora una volta è nell’umiltà che parla la verità.
In questo clima -anche se con diverse modalità adeguate ai secoli eterni- si inserisce, oggi, il pensiero sconcertante di Gesù, un Maestro diverso, che non coltiva l’immagine della sua persona, UN LEADER CHE SI OCCUPA PIÙ DEI SUOI DISCEPOLI CHE DEL SUO SUCCESSO, un Maestro unico nella storia, che non si è lasciato travolgere dal potere ma che, al contrario, ha scoraggiato da subito fanatismi e atteggiamenti immaturi da parte dei suoi discepoli.
Gesù vive in un contesto in cui l’autorità religiosa era dato di potere acquisito: la storia di Israele era zeppa di rabbini, persone sante e motivate, che avevano fondato scuole di pensiero. Gesù, però, ridicolizza gli atteggiamenti di quei rabbini suoi contemporanei, CHE PENSANO PIÙ ALL’APPARENZA CHE ALLA SOSTANZA, CHE DOMINANO, ANZICHÉ’ SERVIRE, CON LA LORO AUTORITÀ. La conclusione di Gesù è indiscutibile: l’unico vostro Maestro sono io, E VOI -CHE VI PIACCIA O NO- SIETE TUTTI FRATELLI.
Abbiamo bisogno, ancora oggi, di persone significative che ci diano una mano nel difficile mestiere del vivere. Di parole che provengono da Dio e che sono la realizzazione della vera profezia e della nostra speranza.
Tutti abbiamo i nostri maestri (con la “m” minuscola): l’opinione della gente, i miei appetiti, il vincente di turno…
A noi uomini che camminiamo sulle strade del tempo, discepoli dell’unico Nazareno è chiesto di mettere solo lui al centro della vita, le sue parole e i suoi gesti, e di seguirlo con riflessione adulta, con passione ferma e critica, con verità del cuore, senza deleghe, alla scoperta di un Dio CHE CI HA CREATO COME FIGLI ADULTI (Adamo non è creato dalle mani di Dio nell’Eden GIÀ’ ADULTO).
Dio chiede autenticità, sempre, costi quel che costi.
Mai dobbiamo dimenticare che preferisce il figliol prodigo ribelle ma sincero a quello fintamente devoto che sembrava buono e mite… come me! Povero e inutile Diacono!
Che Iddio mai ci faccia dimenticare che:
- l’uomo non può essere salvato senza il concorso della sua volontà.
- “Chi vuole prenda in dono dell’acqua della vita” Apocalisse 22:17.
- “Io ho voluto raccogliere ma voi non avete voluto” Matteo 23:37.
- “Ma voi non volete venire a me per aver la vita” Giovanni 5:40.
A nulla ci serviranno, se così abbiamo deciso di fare, frange e filattèri lunghissimi…
Gesù ci guida. Ci chiede di ascoltarlo e metterci alla sua sequela, e rovescia, a tal fine, la nostra idea di grandezza. La capovolge al sole e all’aria e ci dice: TU SEI GRANDE QUANTO È GRANDE IL TUO CUORE. Sei grande quando sai amare, quando sai farlo con il MIO STILE, traducendo l’amore in quella divina follia del servizio “…io sono venuto per servire non per essere servito”.
È l’assoluta novità di quel Dio che decide di INCARNARSI PER AMORE DELL’UOMO, e che non tiene il mondo ai suoi piedi, ma è Lui ai piedi di tutti, per lavarli con amore, cinto ai fianchi dalla Carità.
DIO È IL GRANDE SERVITORE, NON IL PADRONE.
La nostra sapienza del cuore sta nell’essere convinti che Lui io servirò, perché Lui si è fatto mio servitore. Ma dobbiamo poi testimoniarlo con i fatti, non con le chiacchiere. E dobbiamo farlo avendo ben chiaro COSA SIGNIFICA FARSI SERVI.
C’è, nel vangelo di Giovanni, una triade di verbi apparentemente scarni, essenziali, ma pieni di significazione, che basterebbero da soli a sostenere il peso di tutta la teologia del servizio, e che illustrano la complementarietà della stola e del grembiule. I tre verbi sono:
- “si alzò da tavola”,
- “depose le vesti”,
- “si cinse un asciugatoio”.
Significa che l’eucarestia non sopporta la sedentarietà. Ma ci obbliga a un certo punto ad abbandonare la mensa, ci sollecita all’azione, grazie “al fuoco che abbiamo ricevuto”.
Ma questo è il guaio: le nostre Eucaristie spesso languiscono, si concludono con una sonnolenza tale, che le membra si intorpidiscono, gli occhi tendono a chiudersi e l’impegno svanisce. E, NON VEICOLANO PIU’ IL MISTERO DI DIO.
Di conseguenza, se non ci si alza da tavola sazi e convinti di Dio, l’Eucaristia rimane un sacramento incompiuto.
La spinta all’azione deve essere così radicata nella sua natura, che deve obbligarci a lasciare la mensa anche quando viene accolta -Dio non voglia- con un’anima sacrilega, come quella di Giuda “…preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte”.
Ma “si alzò da tavola” significa anche un’altra cosa importante. Significa che gli altri due verbi “depose le vesti” e “si cinse i fianchi con l’asciugatoio”, i quali hanno valenza di salvezza soltanto se partono dall’eucarestia.
E “deporre le vesti” significa deporre le vesti del tornaconto, del calcolo, dell’interesse personale, per assumere quella nudità della comunione, che ci fa ricchi nel regno di Dio.
Dobbiamo abbandonare le vesti della ricchezza, del lusso, dello spreco, della mentalità borghese, del dominio, dell’arroganza, dell’egemonia, della prevaricazione, dell’accaparramento, per indossare le trasparenze della modestia, della semplicità, della leggerezza, per ricoprirci dei veli della debolezza e della povertà, ben sapendo che “pauper” non si oppone tanto a “dives” quanto a “potens”. Dobbiamo abbandonare i segni del potere, per conservare il potere dei segni. Non possiamo amoreggiare col potere.
Ma tutto questo non è fattibile se prima non siamo stati “a tavola”. Perché sennò anche il servizio più generoso reso ai fratelli rischia l’ambiguità, degenera e si sfilaccia nel filantropismo faccendiero, che ha poco o nulla da spartire con la carità di Gesù Cristo.
Né dobbiamo dimenticare che ogni battaglia per la giustizia, ogni lotta a favore dei poveri, ogni sforzo di liberazione, ogni sollecitudine per il trionfo della verità devono partire dalla “tavola”, dalla consuetudine con Cristo, dalla familiarità con lui, dall’aver bevuto al calice suo con tutte le valenze del suo martirio.
Da una intensa vita di preghiera, insomma.
Solo così il nostro svuotamento si riempirà di frutti, le nostre spoliazioni si rivestiranno di vittorie, e l’acqua tiepida che verseremo sui piedi dei nostri fratelli li abiliterà a percorrere, insieme a noi, mano nella mano, fino in fondo, le strade della libertà concessa a coloro che si riconoscono FIGLI DI DIO E FRATELLI IN CRISTO!
ALTRO CHE PRIMI POSTI, FRANGE E FILATTÈRI….
IL PRIMO POSTO SI… MA SULLA VIA DELLA CROCE!
Scriveva il compianto Vescovo Don Tonino Bello, tornato alla casa del padre il 20.04.1993, dopo una lunghissima malattia:
“Quando vogliamo designare la Chiesa, la immaginiamo con i paramenti addosso, il vescovo con la mitra, il pastorale: ecco il simbolo della Chiesa che prega. Oppure con la Bibbia in mano: la Chiesa che spiega la parola… Però l’immagine più bella, direi più consona al linguaggio biblico, è la Chiesa del grembiule. Nel Vangelo di Giovanni si dice: “Gesù allora si alzò da tavola, depose le vesti, si cinse un grembiule e si mise a lavare i piedi”.
Si cinse un grembiule: tra i paramenti ecclesiastici che dovrebbero trovarsi in sacrestia, l’unico che avrebbe diritto di starci è il grembiule; invece non c’è. […] Capite che la nonviolenza comincia di lì: l’etica del volto. Sono convinto che noi ci apriremo alla dimensione divina proprio a partire dal volto umano”.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!