SAN BARTOLOMEO – MARTEDI’ 21^ SETTIMANA T.O. – Giovanni 1,45-51 Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

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Dal Vangelo secondo Giovanni 1,45-51

In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzareth». Natanaèle gli disse «Da Nàzareth può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Sul finire dell’estate la Chiesa ci invita a celebrare la splendida festa di un apostolo, SAN BARTOLOMEO, DA SEMPRE IDENTIFICATO CON IL NATANAELE DI CUI PARLA L’EVANGELISTA GIOVANNI. Un’occasione, per noi, per tornare alle radici della nostra fede. Ma anche un invito, nel cuore dell’estate, a ritrovare le radici dell’annuncio che abbiamo ricevuto.

Bartolomeo è uno dei dodici apostoli che seguirono Gesù. Viene chiamato con questo nome nei vangeli sinottici, mentre nel vangelo secondo Giovanni è indicato con il nome di NATANAELE (in ebraico “Dio ha dato”) doveva essere il nome personale mentre BARTOLOMEO (in aramaico bar Tol’ maybar = figlio e tol’ may = solco-, cioè agricoltore) sarebbe il cognome…

Il nome Bartolomeo è un patronimico (Nome o cognome derivato dal nome del padre per mezzo di un suffisso. Ad esempio, presso gli antichi Greci, Eacide, Pelide, Atride, cioè erano «figlio di Eaco, di Peleo, di Atreo»).

I primi cristiani cercarono di conservare i nomi dei primi discepoli, e di alcuni conservarono perfino il cognome ed il nome del luogo di origini. Filippo, Andrea e Pietro erano di Betsaida (Gv 1,44).

Seppur originario di Cana di Galilea, non ci sono indicazioni sulla data di nascita; come incerto è anche il luogo di morte (Azerbaigian, Armenia o Siria) e la relativa data (verso il 68 d.C.).

NATANAELE ERA DI CANA. OGGI NESSUNO RICORDA PIU’ I NOMI DELLE PERSONE CHE ERANO ALL’ORIGINE DELLA LORO COMUNITÀ. E QUESTO È TERRIBILE, PERCHÉ, RICORDARE I NOMI È UN MODO DI CONSERVARE L’IDENTITÀ.

Lo fanno solo gli abitanti di qualche piccolo paese. Il mio papà era di PESCASSEROLI. Lì ancora si usa. Quando ci si incontra, per capire a quale casato si appartiene si dice “a chi sei figlio tu?

Tutto quello che si conosce di questo Apostolo proviene dai vangeli. Secondo il Vangelo di Giovanni egli era amico di Filippo, fu infatti questi a parlargli entusiasticamente del Messia quando gli disse «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret».

La risposta di Bartolomeo fu molto scettica «Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?» Ma Filippo insistette «Vieni e vedrai». Bartolomeo incontrò Cristo, e quanto questi gli disse fu sufficiente a fargli cambiare idea.

Bartolomeo turbato gli chiese come facesse a conoscerlo e Gesù di rimando rispose «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico».

L’essere raggiunto da Cristo nei suoi pensieri più intimi, suscitò in lui un’immediata PROFESSIONE DI FEDE: «Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!»

Gesù in premio della sua fede gli predìce la risurrezione «…In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo».

IN QUESTO MODO NATANAELE È CHIAMATO A PASSARE DA UNA PRECOMPRENSIONE FORMALE DELLE SCRITTURE A UN INCONTRO PERSONALE CON IL MISTERO DEL FIGLIO DI DIO.

Parlando al suo cuore, Gesù mostra di conoscere la sua intimità e ne svela tutto il desiderio di verità.

Il “conoscere preveniente del Signore apre ad un’amicizia profonda, evidenziando la delicatezza della relazione interpersonale.

Un’intimità spirituale con Cristo, che non va interpretata come un atto di violenza al cuore del discepolo, ma come apertura e disponibilità a un incontro di fede. E subito, dal cuore autentico di Natanaele sgorga la stupenda professione di fede: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!» (vedete anche 2Sam 7,12-14).

Ci viene così offerto uno splendido esempio di come incontrare il Signore e poi seguirlo in piena fedeltà.

Occorre alimentare la fede, accettare la mediazione di chi può condurci verso Cristo (è Filippo ad indicare il Messia a Natanaele), lasciarsi guardare e riconoscere da lui. Vedere in fine in Lui la risposta ultima a tutti i nostri interrogativi.

Gesù, allora, gli rispose «Perché ti ho detto che ti ho visto sotto il fico credi? Vedrai cose maggiori di questa».

In questo racconto di vocazione spicca la conoscenza che Gesù ha del cuore di ogni uomo. Per questo può chiamare con autorità quelli che vuole a seguirlo più da vicino.

Nel Vangelo arabo dell’infanzia, è riportato che una donna per intercessione di Maria sdraiò il suo bambino gravemente malato nel letto di Gesù, e quel bambino, Natanaele Bartolmai, un giorno sarà San Bartolomeo.

Il suo nome compare poi nell’elenco dei dodici inviati da Cristo a predicare e, ancora, negli Atti degli Apostoli, dove viene elencato insieme con gli altri apostoli dopo la resurrezione di Cristo.

Da questo momento più nulla, solo la tradizione che racconta della sua vita missionaria in varie regioni del Medio Oriente tra cui la Mesopotamia.

Secondo alcuni, forse si spinse fino all’Azerbaigian, all’epoca conosciuta come Atropatene e successivamente all’India.

Anche la morte è affidata alla tradizione che lo vuole ucciso, scuoiato della pelle, secondo alcune fonti da parte del re dei Medi nella regione della Siria, mentre altre fonti parlano dell’Atropatene.

È un Apostolo che conosce la Scrittura e sa bene che Nazareth è un piccolo villaggio che gode di un poco lusinghiero primato: non compare mai nella Bibbia.

Israele è un territorio poco più grande della nostra Calabria ed è infarcito di toponimi: villaggi, sorgenti, montagne e valli…

NON C’È INCROCIO CHE NON SIA CITATO. TUTTO, ECCETTO NAZARETH.

Come può il Messia venire da un posto abitato da duecento persone che vivono nelle grotte?

Natanaele conosce la Scrittura: Gesù lo trova sotto un albero altamente simbolico, UN ALBERO DI FICO, L’ALBERO DELLA MEDITAZIONE DELLA TORAH, PERCHÉ SIMBOLICAMENTE I SUOI FRUTTI SONO DOLCI COME QUELLI DEL FICO.

Inoltre il fico era IL SIMBOLO DI ISRAELE (Mi 4,4; Zc 3,10; 1Re 5,5).

Ne discendeva che era un Israelita autentico colui che sapeva disfarsi delle proprie idee quando percepiva che esse non concordavano con il progetto di Dio.

L’israelita che non era disposto ad operare questa conversione non era né autentico, né onesto.

Natanaele invece era autentico, perché aspettava il Messia secondo la profezia veterotestamentaria (Gv 7,41-42.52):

  • 41Altri dicevano: «Questi è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? 42 Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide?».
  • Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea».

Per questo, all’inizio, non accettava un Messia venuto da Nazareth.

Ma l’incontro con Gesù lo aiutò a capire che il progetto di Dio non sempre è come la gente se lo immagina.

Lui riconosce il suo inganno, cambia idea, accetta Gesù come Messia e confessa “Maestro, tu sei il Figlio di Dio: tu sei il re di Israele!”

La confessione di Natanaele è appena l’inizio: Chi sarà fedele, vedrà il cielo aperto e gli angeli salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo.

Sperimenterà che Gesù è il nuovo legame tra Dio e noi, esseri umani. È il sogno di Giacobbe divenuto realtà (Gen 28,10-22). La rivelazione di Cristo va compresa anche alla luce dell’antico racconto della visione di Giacobbe.

Nel corso della sua faticosa esistenza, il patriarca vede il cielo aperto e una scala che scende verso la terra sulla quale vi sono gli angeli di Dio.

Il simbolismo contenuto nella visione propone l’idea della «casa di Dio» e della «porta del cielo», esperienze mistiche che schiudono davanti a Giacobbe il progetto della volontà celeste per la sua discendenza:

  • 10Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. 11 Capitò così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. 12 Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. 13 Ecco il Signore gli stava davanti e disse: «Io sono il Signore, il Dio di Abramo tuo padre e il Dio di Isacco. La terra sulla quale tu sei coricato la darò a te e alla tua discendenza. 14 La tua discendenza sarà come la polvere della terra e ti estenderai a occidente e ad oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E saranno benedette per te e per la tua discendenza tutte le nazioni della terra. 15 Ecco io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questo paese, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che t’ho detto». 16 Allora Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: «Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo». 17 Ebbe timore e disse: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo». 18 Alla mattina presto Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. 19 E chiamò quel luogo Betel, mentre prima di allora la città si chiamava Luz. 20 Giacobbe fece questo voto: «Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo e mi darà pane da mangiare e vesti per coprirmi, 21 se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio. 22 Questa pietra, che io ho eretta come stele, sarà una casa di Dio; di quanto mi darai io ti offrirò la decima».

Ma Natanaele ha un altro pregio: è amico di Filippo.

Ma ha un difetto enorme: è una linguaccia. Il suo giudizio è tagliente e, certo gli avrà creato più di un problema.

Cosa che il Signore apprezza: almeno si sa cosa Natanaele pensa degli altri! In effetti la reazione di Natanaele è entusiasta: si scioglie come neve al sole! La sua durezza nasconde una sua insicurezza. E così facendo, Gesù guadagna un apostolo.

In questa strana dinamica dell’incontro, Filippo e Natanaele diventano due nuovi discepoli di Gesù:

  • Il primo riceve direttamente la chiamata;
  • il secondo la riceve tramite un suo amico.

I due si ritrovano in Gesù. Questo incontro ha rappresentato per loro un’esperienza di fede, un cambiamento nel loro comportamento, una nuova dimensione nel modo di vedere le cose, che li apre ad altre possibilità.

Questo incontro ha rappresentato per loro una rottura con il passato, e la possibilità di entrare in un nuovo percorso di vita, poiché cercare Gesù vuol dire cercare sempre la verità e la luce. E perché cercare la luce, ci porta a Dio.

Singolare anche la proposta di Gesù “…Vieni e vedi”. Con Bartolomeo siamo chiamati -TUTTI INSIEME- ad entrare nell’intimità di Gesù, vivendo con lui… e di conseguenza con gli uomini nostri fratelli, in una esperienza comunitaria, che ci porta a vivere nell’interesse degli altri, e nel rimanere e nel solidarizzare con gli altri.

In questo modo di vita noi facciamo esperienza AUTENTICA della nostra fede.

Non è imponendo, bensì vedendo che le persone si convincono. Condividendo lo stesso cammino: incontrare, sperimentare, condividere, testimoniare, soffrire e pregare insieme. Solo così possiamo lasciarci condurre verso Gesù!

Nel rapido dialogo tra Gesù e Natanaele, emerge il bisogno di “incontrare” una persona speciale, capace di aprire il segreto della vita.

E questo “desiderio” darà il “” alla sequela (Mc 2,15; Mt 9,9; Lc 5,27s.).

Particolarmente interessante è la domanda che il Signore rivolge loro, che ha, tra le altre valenze, un profondo valore esistenziale «che cosa cercate?»

Questa prima espressione di Gesù nel quarto vangelo possiede un valore programmatico: LA NARRAZIONE GIOVANNEA INDICA NEL LETTORE LA RICERCA DELLA PERSONA DIVINA, come suggerisce l’altra espressione in Gv 18,4.6 (nel contesto del tradimento) e Gv 21,15 (nel contesto delle apparizioni post-pasquali).

Alla richiesta dei due discepoli che chiedono «Maestro, dove dimori?» segue la risposta del Signore: «venite e vedrete».

La risposta-invito di Gesù indica il percorso spirituale che i due discepoli sono chiamati a fare: un’esperienza personale con l’intimità di Cristo “dimorando” presso di Lui.

Ovvero, se dimoriamo in Cristo, VEDIAMO DIO CHE SI PRESENTA E PRENDE CONTATTO CON GLI UOMINI, PER SENTIRSI VICINO AGLI UOMINI, PERCHÉ È TRA LORO CHE HA FISSATO LA SUA TENDA, NELLA COMUNITÀ: la shekinàh.

Il cielo, in questa prospettiva del Vangelo, viene a noi tramite Cristo, attraverso la nostra partecipazione, nella misura in cui lo possiamo, alla vita di Dio.

E di conseguenza anche noi siamo chiamati a questa profonda rivelazione. In ogni celebrazione dell’Eucaristia riviviamo il mistero della morte e della glorificazione di Gesù, sacerdote e vittima della nuova alleanza tra il Padre e gli uomini.

Non dimenticando che la comunione fraterna con Cristo non si limita a un’amicizia fraterna, ma si apre all’annuncio e alla testimonianza universale.

Un annunzio e una testimonianza che i credenti che camminano sulle strade del tempo, dopo aver incontrato Gesù, sono chiamati a vivere aprendosi a un «mistero più grande» che collega il cielo e la terra e determina il raggiungimento della salvezza per l’umanità che avrà creduto.

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!