SABATO XXX’ SETTIMANA T.O. 30.10.2021 – Luca 14,1.7-11 “…chi si umilia sarà esaltato

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

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Dal Vangelo secondo Luca 14,1.7-11

Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti “Cédigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Attorno a una tavola imbandita si affrontano, ancora oggi, tanti argomenti.

Al tempo di Gesù si ascoltava la parola di un maestro.

Così San Luca utilizza la cornice di un pranzo per inserire gli insegnamenti di Gesù, che vanno ad inficiare un atteggiamento del giudaismo.

E stigmatizza questa ambizione, questa vanità, che è tipica delle persone religiose, specialmente se ricoprono delle cariche di rilievo, che si sentono importanti, e quindi il bisogno di esibire e manifestare, di rendere nota a tutti la loro importanza scegliendo i primi posti.

E Gesù è un osservatore acuto e quasi divertito, che nota la scena degli invitati che sono in competizione fra loro, per riuscire a sedersi a tavola ai primi posti.

Sedersi a tavola in un pranzo importante aveva determinate regole nel giudaismo, sempre molto attento all’autorità e alla gerarchia delle persone, che erano un aspetto assolutamente di grande importanza.

MA CIO’ AVVIENE ASSOLUTAMENTE, ED ANCHE PEGGIO, NEL NOSTRO TEMPO.

E da buon Maestro, qual è, e ne trae subito l’occasione propizia per creare una parabola, che mette al centro l’umiltà, e che può essere considerata una legge fondamentale del Regno.

Fa infatti il punto su un aspetto della santità cristiana che possiamo così formulare: PER SALIRE NELLA SCALA DELLA SANTITÀ, BISOGNA PRIMA DISCENDERE!

Gesù ci dice che per essere ammessi nella Gerusalemme celeste, questa scala, in realtà, SI DEVE PERCORRERE IN DISCESA, FINO AD ARRIVARE ALL’ULTIMO POSTO.

Perché sono gli ultimi che saranno i primi.

Ci è solo chiesto quindi di andare ‘umilmente’ più in basso che possiamo, è vero. Ma di farlo in modo assolutamente nuovo. Perché noi sappiamo che tutti sono capaci di andare all’ultimo posto.

Ma sappiamo bene che chi riesce ad accaparrarsi un “posto”, o una “poltrona”, o “un seggio politico”, diremmo oggi, NON LO MOLLA.

Anche perché spesso tale conquista comporta una fatica immensa e ci dà terribilmente fastidio il sol pensiero di dover lasciare quel posto ad altri.

E di doverlo fare, ANCHE ESSENDO CONTENTI DEL GESTO CHE ABBIAMO COMPIUTO.

Ma il Nazzareno non lascia spazio agli equivoci, senza mezzi termini, che il Regno è RISERVATO solo a coloro che sanno diventare piccoli davanti a Dio.

E, subito ci torna in mente il brano del vangelo che ci parlava DELLA PORTA STRETTA, che abbiamo letto mercoledì passato.

Ma andare all’ultimo posto CON UMILTA’, significa VINCERE il nostro amor proprio e il nostro egoismo, che VUOLE IMPEDIRCI A TUTTI I COSTI di andare al di sotto del rango che pretendiamo di avere.

Naturalmente se siamo abitati dall’orgoglio, come capita spesso, l’ammonimento di Gesù non suscita affatto in noi dei consensi, ma scatena in noi una violentissima contestazione.

E allora, capite bene, che se ci affidiamo solo al nostro cuore, non abbiamo alcuna speranza di diventare umili.

Dobbiamo anche noi ricorrere al Cristo, che conoscendo la debolezza della nostra volontà e del nostro cuore, ci ha lasciato un aiuto, che è fonte di GRAZIA. Infatti possiamo E DOBBIAMO mangiare il suo Corpo e bere il suo Sangue, affinché ci lasciamo invadere dalla SUA VITA, dal suo modo di pensare, dalla sua coscienza di Figlio di Dio.

E così facendo possiamo diventare “Figli nel FIGLIO”. Ma non basta ancora… bisogna CREDERCI ED AVERE UNA FEDE PROFONDA IN DIO.

Ben lo descriveva l’autore de “IL PICCOLO PRINCIPE”, scrittore poeta del quale più volte vi ho parlato, Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry (1900-1944):

  • “…il tuo Dio sia per te più reale del pane in cui affondi i denti. Allora egli ti esalterà fino al sacrificio, che sarà unione totale nell’amore. E la tua fatica trasforma la terra in messe biondeggiante.”

Gesù, nella sua vita terrena ci ha mostrato CHE ESSERE ULTIMI, SERVI DEI SERVI ED ADDIRITTURA SCHIAVI, è possibile, se lo vogliamo.

Egli ha proclamato tale verità e ne ha dato un sublime esempio:

  • NELL’ULTIMA CENA ASSUME LA VESTE DELLO SCHIAVO, quando lava i piedi ai suoi discepoli,
  • E SULLA CROCE è diventato la vittima designata che si lascia immolare sull’altare della croce.

Il nostro Dio si è fatto ultimo, si è messo affianco dei rifiutati e degli esclusi, afferma che coloro che si fanno ultimi hanno con lui la piena comunione e la pienezza della condizione divina.

Il cristiano, quindi, se davvero vuol essere un seguace di Cristo, non può esimersi dal seguire il suo esempio, e ciò anche quando subisce a tal fine, angherie e sopraffazioni.

Questa è la via stretta del vangelo, che si può percorrere solo se si cammina IN COMPAGNIA DELLA GRAZIA DI DIO.

Quella Grazia che ci permetterà di entrare per la porta stretta della morte, già percorsa dal Cristo, per entrare CON LUI nel banchetto della sua risurrezione.

Gesù non è venuto per insegnare il galateo agli uomini. Lui non è un maestro di cerimonie della terra.

Lui è però il vero Maestro della verità dell’uomo. È venuto ad insegnare ad ogni uomo che nell’altro vi è un mistero e che questo mistero va rispettato, amato.

L’umiltà non è tanto privarsi del proprio mistero, quanto piuttosto di rispettare sempre il mistero altrui, che è sempre da Dio.

Se avessimo i suoi stessi occhi di verità, capiremmo quanta stoltezza avvolge oggi la nostra società.

Dobbiamo tener sempre presente che CON LA SUPERBIA non andiamo da nessuna parte, perché Dio non ascolta la nostra preghiera.

E se la preghiera del superbo non raggiunge il cuore di Dio, L’UMILTÀ DEL MISERO LO SPALANCA.

Dio ha una debolezza: la debolezza per il cuore degli umili.

Davanti a un cuore umile, Dio apre totalmente il suo cuore.

È questa umiltà che la Vergine Maria esprime nel cantico del Magnificat «Ha guardato l’umiltà della sua serva. […] di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono» (Lc 1,48.50).

Quanta superbia, arroganza, è finita nel nulla!

Imperi grandissimi e potenti sono finiti.

Imperatori divinizzati, ora sono dimenticati; persone potentissime, non ricordate più da nessuno.

Imperatori e imperatrici, re e regine, politici e uomini di chiesa, caduti nel silenzio.

Pensiamo invece ai santi: persone semplici, umili, che a distanza di secoli e di anni ancora ricordiamo.

Perché avevano capito che ciò che conta è cercare il primo posto non davanti agli uomini ma davanti a Dio.

Davanti all’Onnipotente colui che si è fatto piccolo è il più grande. Questa deve essere la nostra certezza DI FEDE!

Perché di fronte a Dio, che guarda il cuore e non l’apparenza, ogni uomo sarà posto nella giusta collocazione.

Ciò significa, come canta il Magnificat, che sarà Dio stesso a umiliare i superbi e a esaltare gli umili.

Solo l’umiltà ci porta a conoscere Dio, per cui come dice sant’Ignazio di Loyola il fine ultimo di ogni apostolato è portare gli uomini all’umiltà. La liturgia di oggi ci invita dunque a capovolgere il nostro metro di valutazione onorando e amando i più poveri e facendoci noi stessi poveri, piccoli per sentirci chiamare «amici» da Colui che si è fatto povero per noi. Dio ci ama così come siamo, cioè da “humus”, terra, per innalzarci alla sua gloria.

E ciò che ha vissuto la Madonna Santissima, ha conosciuto Dio grazie alla sua umiltà perché vuota di sé, ha posto in Dio tutta la sua speranza fino a divenire sua dimora. La prima discepola, seguiamo Lei.

  1. Agostino scrive nel famoso “Discorso 69, 1-2”:
  • Se pensi di costruire l’edificio alto della santità, prepara prima il fondamento dell’umiltà. Quanto più grande è la mole dell’edificio che uno desidera e progetta d’innalzare, quanto più sarà alto l’edificio, tanto più profonde scaverà le fondamenta. Mentre l’edificio viene costruito, s’innalza bensì verso il cielo, ma colui che scava le fondamenta scende nella parte più bassa, Dunque anche una costruzione prima di innalzarsi si abbassa e il coronamento non è posto se non dopo l’abbassamento“.

Farsi umili significa imparare ad amare, come Cristo ha amato; servire, come Cristo ha servito; obbedire, come Cristo ha obbedito il quale

  • «…umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: Gesù Cristo è Signore, a gloria di Dio Padre» (cf Fil 2, 8-11).

Perché noi, conoscendo il cuore del Padre, crediamo che Riceveremo la sua ricompensa alla risurrezione dei giusti.

Questa è la beatitudine di chi spera: grazie all’umiltà e alla mitezza, avremo come unica ricompensa LA COMUNIONE ETERNA CON DIO NEL SUO REGNO.

E avere in noi «….gli stessi sentimenti di Gesù Cristo» (Fil 2, 5) ci conduce già oggi alla felicità: perché vivere con Lui e come Lui è GIA’ la nostra gioia beata.

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!