… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo Luca 12,8-12
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli «Io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio. Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato. Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire». Parola del Signore
Mediti…AMO
Luca scriveva le parole di Gesù mentre già incominciavano a infierire nel mondo circostante le drammatiche persecuzioni dei cristiani.
I seguaci di Cristo venivano messi a dura prova «davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità» e la loro fedeltà al Vangelo conduceva spesso alla suprema testimonianza del sangue.
L’Evangelista ricorda che Gesù, invitando i suoi discepoli a essere fedeli fino alla fine, e conoscendo la loro scarsa preparazione, aveva promesso loro un aiuto speciale da parte dello Spirito Santo «…non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire».
Ma vediamo questi pochi versetti nel dettaglio.
8 “Io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio”
Il Signore vuole una dichiarazione di fede aperta e conclamata, così che sia conosciuta da tutti, per la salvezza dell’uomo e per la gloria di Dio.
Niente di più deplorevole di una fede che è tenuta nascosta e che non si manifesta davanti a tutti per il solo Gesù.
9 “Ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio”.
Se noi rinneghiamo Cristo davanti agli uomini, saremo da Lui rinnegati davanti al Padre, perché lui solo è costituito in cielo giudice su ogni creatura.
10 “Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, sarà perdonato a lui; ma a colui che ha bestemmiato contro lo Spirito santo non sarà perdonato”.
Non sarà l’uomo rinnegato in cielo per i peccati che fa contro il Cristo: Il Figlio di Dio non è venuto per condannare, ma per salvare. Ma quando non si crede e non si accoglie lo Spirito da Lui donato, in quale salvezza possiamo sperare?
Possiamo anche dubitare ed esitare davanti ad un Dio che si è fatto uomo, possiamo mancargli di rispetto e di stima, ma quando ci porta in dono lo Spirito Santo, è ancora giustificato chi non crede in Cristo Gesù?
Qual è dunque la tragedia dell’uomo? Non semplicemente quella di essere un peccatore, ma di rifiutare la salvezza che è offerta dal cielo, che ha il nome di Gesù e che si manifesta con il dono dello Spirito Santo.
11 “Quando poi vi porteranno davanti alle sinagoghe ed ai magistrati ed alle autorità, non preoccupatevi come discolparvi o cosa dire. 12 Perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire”.
Non c’è niente che incuta timore nell’uomo come essere portato in giudizio davanti a quelli che hanno autorità a questo mondo. Il giudizio della Parola sul mondo può diventare giudizio del mondo su coloro che portano la Parola. E chi non sarebbe tentato di addolcire contrasti e smussare spigoli per amore del quieto vivere?
Prevenendo il confronto e preparando accuratamente la propria difesa a seconda delle circostanze e delle persone, calcolando ogni pro ed ogni contro. Ma con ciò è vanificata la parola che viene dal cielo, vincolata e vanificata dal timore di chi ne è messaggero.
Nessun timore deve essere trovato in chi annuncia la Parola di Dio, perché il Signore stesso provvederà per i suoi apostoli, dando loro uno spirito di fortezza e di sapienza che gli uomini non potranno soffocare.
Non è garantita l’immunità dal patire e dal subire, ma è affermata una presenza viva ed efficace dello Spirito Santo che prenderà il posto dell’uomo.
Se fosse soltanto una questione tra uomo e uomo, Dio non si sentirebbe obbligato ad intervenire, ma quando lui stesso parla nei suoi discepoli, non se ne starà certo ad orecchiare.
Prenderà in mano la situazione come primo protagonista e non come semplice avvocato difensore.
Non vale ciò che gli apostoli possono dire in propria difesa, importa quello che Dio stesso vuol dire attraverso di loro. Se a qualcuno piace giocare in difesa, non così il Signore.
Lo Spirito Santo…già… questa PERSONA sconosciuta nella cristianità occidentale.
Già prima del grande Concilio di Nicea del 325, Tertulliano per l’Occidente latino e Origene per l’Oriente greco cercarono di far luce sugli oscuri versetti da cui siamo partiti.
Erano oscuri per mancanza di approfondimento della stessa FEDE TRINITARIA, che fino alla fine del IV secolo non avrebbe avuto una dottrina chiara e unanimemente condivisa sullo Spirito Santo.
Poiché i teologi procedono normalmente spiegando le cose oscure tramite quelle chiare, grazie al progressivo chiarore del sensus fidei, questi versetti non vennero affatto compresi nei primi secoli cristiani, proprio perché non era utile ad alcuno inlustrare obscurum per obscurius (ovvero «l’oscuro per mezzo del più oscuro», usata con intonazione dispregiativa in riferimento a quelle dimostrazioni o spiegazioni scientifiche che, invece di fornire una chiarificazione del loro oggetto, pretendono di lumeggiarne le oscurità con argomentazioni ancora più oscure, così da renderne la comprensione ancora più difficile di quanto già fosse prima).
Nel difficilissimo cinquantennio che separò il primo Concilio di Nicea (325) dal primo Concilio di Costantinopoli (381) i versetti in questione erano diventati ancora più difficili da affrontare.
Infatti da una parte si stava ancora combattendo con gli strascichi dell’arianesimo, che non era ancora morto, e quindi si lottava per affermare che Gesù Cristo era «Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero», i nemici della divinità di Cristo potevano usarli come leva per muovere ai cattolici ortodossi la pesante accusa di voler proseguire la “deriva politeistica” ampliando il numero delle persone divine.
A parte quest’accusa, i passi venivano utili anche ad argomentare la tesi ariana della “non-divinità del Figlio”: proprio la versione matteana afferma apertamente che non saranno tollerati quegli stessi peccati che, indirizzati contro il “Figlio dell’uomo”, saranno invece remissibili.
Dunque due buone ragioni per non maneggiare queste poche pericolosissime righe evangeliche.
Come però avviene sempre, nelle cose di Dio, lo stesso Spirito suscitò grandi intrepidi, nella fattispecie san Basilio di Cesarea in Oriente e sant’Ambrogio di Milano in Occidente, i quali, ripescando nelle meravigliose eredità di Origene e di Tertulliano, riuscirono a “trattare” i versetti della discordia senza “danneggiati”.
Dopo aver messo al sicuro la divinità di Cristo, i due si diedero a dimostrare quella dello Spirito utilizzando, tra gli altri passi scritturistici, proprio questi.
SANT’AMBROGIO:
Il trattato “De Spiritu Sancto ad Gratianum Augustum libri tres” di Ambrogio fu dedicato al suo grande amico Imperatore romano Flavio Graziano, che trasformò definitivamente il mondo politico romano da pagano a cristiano. Con Graziano l’Imperatore non usò più il titolo di “PONTEFICE MASSIMO”, che passò definitivamente ai Papi.
In questo stupendo testo vengono confutati quelli che respingono lo Spirito Santo, non solo dalle testimonianze degli Apostoli, ma pure da quella di Nostro Signore.
Dice nel testo Ambrogio:
- “come possono osare di respingere lo Spirito Santo, dal momento che il Signore stesso disse: «Colui che bestemmierà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma chi bestemmierà contro lo Spirito Santo non sarà mai perdonato, né qui né altrove»” [Mt 12, 32].
- “E come fanno costoro a ricacciare lo Spirito Santo tra le cose create?
- O chi sarà tanto cieco da pensare che se uno maledice una creatura non ci sarà modo di perdonarlo?
- Infatti gli ebrei furono privati della divina protezione perché adoravano il cancello del paradiso, mentre chi adora e confessa lo Spirito Santo è accetto a Dio.
- Ma colui che non lo confessa è reo di sacrilegio senza perdono: certamente ne consegue che lo Spirito Santo non può essere annoverato tra le cose create, ma poiché Egli è al di sopra di tutte le cose un’offesa a Lui è rea di castigo eterno.”
E subito Ambrogio, che si rende conto di aver offerto un fianco troppo scoperto al contropiede degli “pneumatomachi” (ovvero a coloro che negavano la dignità dello Spirito Santo), riprende:
- “Ma bada con attenzione a cosa ha detto il Signore «Colui che bestemmia contro il Figlio dell’Uomo sarà perdonato, mentre chi bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà mai perdonato, né ora né alla fine dei tempi».
- Dunque un’offesa contro il Figlio è diversa da una contro lo Spirito Santo?
- Se la loro dignità è unica, ed è comune a entrambi, lo stesso vale per l’offesa.
- Però se qualcuno – distratto dal corpo umano, soggetto ai sensi, dovesse pensare in qualche modo che il passo si spiega col riferimento al Corpo di Cristo (che non dovrebbe apparirci cosa degna di poca attenzione, visto che esso è il tempio della castità e il frutto della Vergine!), egli si rende colpevole, ma non viene escluso dal perdono in quanto può ancora accedervi mediante la fede.
- Ma se uno nega invece la dignità, la maestà e l’eterno potere dello Spirito Santo, e pensa che magari i demonî non vengano scacciati dallo Spirito Santo, bensì da quello di Belzebù… non si può ricevere il perdono lì dove si è all’apice del sacrilegio: chi ha negato lo Spirito Santo ha negato anche il Padre e il Figlio, perché è lo stesso Spirito di Dio che è lo Spirito di Cristo”. Ambrogio, “De Spiritu Sancto ad Gratianum Augustum libri tres”, pagg.3, 53-54
Come si vede, dunque, c’è stata un’epoca in cui il peccato contro lo Spirito Santo significava in estrema sintesi “negare la divinità della Terza Persona” (e tutto ciò che ne discendeva).
Ma saltiamo molti secoli e veniamo a noi… nell’età contemporanea.
Nel corso dei secoli successivi, le tesi degli esegeti, dei moralisti, dei mistici e dei maestri di ascetica si sarebbero cristallizzate IN UNA RISPOSTA COMPOSTA DA SEI FRASI, CONSEGNATECI IN SINTESI DAL “CATECHISMO MAGGIORE DI SAN PIO X”, con cui Papa Giuseppe Melchiorre Sarto, 257° Vescovo di Roma, pastore attento e premuroso, che fu il primo a stabilire regolari catechesi al popolo in Vaticano, insegnò ai nostri nonni. Ad essi spiegò chiaramente, quando erano bambini, come si fa a “peccare contro lo Spirito Santo”:
- Disperare della salvezza;
- Presumere di salvarsi senza merito;
- Impugnare la verità conosciuta;
- Invidiare la grazia altrui;
- Ostinarsi nei peccati;
- Restare impenitenti fino alla fine.
Chiunque, facilmente potrà comprendere le ragioni dei singoli punti di questo elenco.
Certo potrebbero esserci oggi eruditi corsi di teologia.
Ma San Pio X°, su queste sei frasi, aveva pensato ad una risposta perché anche i bambini e gli anziani potessero capirla.
Inoltre, da questo elenco si capisce anche bene in che senso tali peccati siano irremissibili: a ben considerarli, ciascuno di essi è un netto chiudersi alla grazia di Dio, il quale «vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità» (1Timoteo 2,4).
Viceversa, se si nutre invidia per la grazia altrui, se si presume di non dover far fruttare la grazia in veri meriti e opere buone, se ci si macchia di una qualunque di queste colpe… abbiamo già cacciato il Signore molto lontano dal nostro cuore.
Ma ci siamo mai chiesti se il Cristo, che volle invitarsi a pranzo dal pubblicano, ci sarebbe andato, se questi non lo avesse accolto?
Più o meno cent’anni dopo San Pio X, il nostro amato Papa Benedetto XVI’ promulgò un nuovo catechismo sintetico, basato sul grande Catechismo della Chiesa Cattolica a cui egli stesso aveva contribuito in misura determinante ma divulgato “in pillole”, seguendo il precedente delle domande e risposte.
Giovanni Paolo II lo aveva voluto, ma il Papa polacco morì pochi mesi prima della pubblicazione, quando il lavoro era già praticamente completato.
Nel Compendio non si trova più la domanda sui “peccati contro lo Spirito Santo” (forse per l’accresciuta sensibilità storico-critica su quanto quei passi siano tuttora problematici), ma alla domanda -al n.442- “Che cosa implica l’affermazione di Dio: «lo sono il Signore Dio tuo» (Es.20,2)?” si legge come risposta:
- “Implica per il fedele di custodire e attuare le tre virtù teologali e di evitare i peccati che vi si oppongono.
La FEDE crede in Dio e respinge ciò che le è contrario, come ad esempio, il dubbio volontario, l’incredulità, l’eresia, l’apostasia, lo scisma.
La SPERANZA attende fiduciosamente la beata visione di Dio e il suo aiuto, evitando la disperazione e la presunzione.
La CARITÀ ama Dio al di sopra di tutto: vanno dunque respinte l’indifferenza, l’ingratitudine, la tiepidezza, l’accidia o indolenza spirituale, e l’odio di Dio, che nasce dall’orgoglio.”
E davvero troviamo compendiata in un paragrafo l’importanza di un’adesione intelligente e volitiva alla Rivelazione, dalla quale promana una trasformazione mistica che investe tutta la nostra persona e la riveste di attitudini soprannaturali.
Quelle stesse attitudini soprannaturali che ci provengono dallo Spirito Santo e che ci rendono quasi impossibile, a meno che non ci abbrutiamo in gravissimi peccati, bestemmiare contro lo Spirito.
E come al solito vorrei chiudere con delle parole stupende, di un grande martire antico, a me molto molto caro
Se io ascoltassi docilmente la voce dello Spirito che parla dentro, nella mia vita, non avrei più paura di nulla, come ci insegna la preghiera del grande Martire antico, Ignazio di Antiochia, riportata nella sua Lettera ai Romani 7,2:
- “Un’acqua viva e che parla in me (lo Spirito) mi dice dentro di me: Vieni al Padre!”.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!