… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo Lc 9,43-45
In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento. Parola del Signore
Mediti…AMO
Nella sua incarnazione il Verbo ha conservato tutte le prerogative dell’umanità di Gesù.
Il Signore sa perché vede, perché è così abituato ad abitare la propria interiorità da leggere il cuore delle persone che gli stanno davanti. Ma sa anche che il cuore dell’uomo è ondivago e rischia di essere continuamente travolto.
Ora la folla lo applaude e si infiamma per le sue azioni. Tutti pendono dalle sue labbra e percorrono decine di chilometri per ascoltarlo e per assistere alle sue guarigioni.
Ma davanti alla reazione di chi non ammette l’ingerenza di quel falegname diventato profeta, davanti alla rinata classe sacerdotale, al movimento dei farisei, ai conservatori sadducei, le cose prenderanno un’altra piega.
E le folle, fino a quando si lasceranno affascinare? E quando inizieranno a convertirsi al Regno? Intanto, però, l’attività di Gesù ha iniziato a far clamore e la sua fama è giunta fino a Gerusalemme.
E lì qualcuno manda degli scribi a controllare, a capire di cosa si tratta. Comprendete bene che non è una prospettiva rosea…
Gesù sa che tutto potrebbe precipitare, che la folla che oggi applaude domani potrebbe andarsene, come effettivamente avverrà. Allora riflette e condivide le sue sensazioni e decide: andrà fino in fondo, costi quel che costi. E il Maestro sa che all’orizzonte si intravvede la croce…
Esisteva un grosso problema di fondo: l’ideale messianico che Gesù avrebbe dovuto incarnare, secondo i suoi discepoli. I quali aspettavano un re glorioso, immortale, invincibile, dominatore dei popoli, che avrebbe portato sulla terra della pace di Dio. La profezia di Michea sul Messia del Signore, LETTA PERÒ SEPARATAMENTE DALLE ALTRE PROFEZIE E IN MODO LETTERALE, autorizzava questa loro attesa e speranza.
E Gesù chiarisce per bene. I suoi discepoli di ogni tempo dovranno leggere la sua verità messianica non analizzando profezie separatamente. Ma riconducendo le varie profezie ad un’unica persona, che si identifica:
- nel Servo del Signore,
- il Messia,
- il Figlio dell’uomo,
- Colui che hanno trafitto,
- l’Agnello della Pasqua,
- il Nuovo Tempio dal cui lato destro scorga l’acqua della salvezza,
- la Roccia,
- la Manna,
- il Profeta che deve venire,
…tutte queste profezie INDICANO TUTTE il Principe della pace, quel Virgulto che dovrà spuntare dalla radice di Iesse. Un lavoro di unificazione va sempre fatto.
“Mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento”.
IL FIGLIO DELL’UOMO È NELLA VISIONE DI DANIELE COLUI CHE RICEVE DALL’ANTICO DEI GIORNI, IL PADRE CELESTE, POTERE E GLORIA SOPRA OGNI POPOLO, REGNO, NAZIONE.
Ora invece Gesù dice che esso sarà consegnato ai popoli, ai regni, alle nazioni di questo mondo. Il mistero si infittisce. Ecco perché gli Apostoli fanno fatica a capire. Nella loro mente risuona il dubbio “…Come potrà mai il più glorioso tra gli uomini essere il più umiliato, il crocifisso, il reietto, l’abbandonato?”
E questo perché quanti seguivano Gesù avevano una cultura religiosa assai modesta. Non erano studiosi della Sacra Scrittura e quanti lo erano, sbagliavano metodo, analizzando le profezie in modo separato e disgiunto. E NEANCHE LORO RIUSCIVANO A UNIFICARE LE DUE VERITÀ IN GESÙ: SIGNORE DI DAVIDE, FIGLIO DI DAVIDE.
SOLO CON IL COMPIMENTO DI TUTTE QUESTE PROFEZIE NELL’UNICA PERSONA DEL FIGLIO ETERNO DEL PADRE, OGNI PAROLA DI DIO SUL SUO CRISTO RICEVE LUCE PIENA, PERFETTA.
«…Mettetevi bene in mente queste parole», il tono di Gesù è deciso perché qui si gioca la partita fondamentale per l’uomo, cioè avere ben chiaro il “programma di Dio”!
Non è un Dio lontano che non condivide i dolori del suo popolo, ma neanche un Dio che si sostituisce all’uomo: è un Dio che viene innalzato su una croce, che prende tutto il male su di sé per poterci salvare.
O SI DIVENTA DISCEPOLI CREDENTI, ACCETTANDO LA VERA “GRANDEZZA DI DIO”, CHE IN REALTÀ È LA SUA UMILTÀ E PICCOLEZZA, GRAZIE ALLA QUALE SI CONSEGNA A NOI. Oppure ci si chiude alla Fede, perché non si comprende LA “PAROLA”, restando pur aperti a tutte le “altre” parole in cui non c’è salvezza.
Anticamente il verso diceva: “Mettete voi nei vostri orecchi queste parole”
Mettere nelle orecchie è qualcosa di più di un semplice ascoltare.
Si mette qualcosa dentro perché non esca fuori e rimanga ben custodito e conservato. La nostra intelligenza in ogni momento deve attingere al deposito della Parola divina, anche se ci appare oscura e non immediatamente comprensibile. Non dobbiamo ricordare soltanto la Parola che piace, ma anche quella che non piace e di cui faremmo volentieri a meno.
“il figlio dell’uomo infatti sta per essere consegnato nelle mani degli uomini”
Espressione dura che non ci spiega come e perché avverrà. Ma in essa ciò che è dato per certo è l’imminenza dell’ora.
“Ma essi non comprendevano questa parola ed era nascosta da loro affinché non la intendessero”
Nessuna meraviglia che gli apostoli non comprendano questa parola: benché detta, è nascosta alla loro intelligenza, e benché sia entrata nelle orecchie, non è intesa.
“ed avevano paura di interrogarlo circa questa parola”
SI RICORDA CIÒ CHE PIACE, MA ANCHE QUELLO CHE FA PAURA. Gli apostoli dimostrano di aver messo nelle orecchie, ma non hanno nessuna voglia di meglio comprendere e si guardano bene dal chiedere spiegazioni.
Anche oggi, dopo due millenni, l’annunzio della passione di Gesù, provoca ancora la nostra coscienza, il nostro intelletto e il nostro cuore.
CHE L’AUTORE DELLA VITA ANNUNCI LA SUA MORTE PER MEZZO DI QUELLI PER I QUALI È VENUTO A DARE ASSOLUTAMENTE TUTTO, È ANCHE QUESTA, UNA CHIARA PROVOCAZIONE.
Lo dimentichiamo spesso: il peso che opprime il cuore di Cristo, il nostro peccato, il più radicale dei mali, fanno sì che troppo spesso ci mettiamo al posto di Dio.
E, peggio ancora, NON CI LASCIAMO AMARE DA DIO e ci impegniamo a rimanere rinchiusi nelle nostre meschine categorie e nella effimera precarietà della vita presente.
È così necessario che ci riconosciamo peccatori, come è necessario ammettere che Dio ci ama nel Figlio suo Gesù Cristo.
E viviamo lo stesso dramma dei discepoli «…Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento».
Forse perché SIAMO SUPERBI E SUPPONENTI, tanto da non poter essere nemmeno perdonati, finché persistiamo in questo atteggiamento. PERCHÉ IL SUPERBO NON RICONOSCE MAI IL SUO PECCATO E NON SI LASCIA PERDONARE DA UN DIO CHE AMA FINO AL PUNTO DI MORIRE PER NOI.
Come anche nell’inferno potremmo trovare tutte le virtù, MA NON L’UMILTÀ, PERCHÉ L’UMILE SI RICONOSCE COSÌ COM’È E SA MOLTO BENE CHE SENZA LA GRAZIA DI DIO NON PUÒ SMETTERE DI OFFENDERLO, COSÌ COME NEPPURE PUÒ CORRISPONDERE ALLA SUA BONTÀ.
Una delle chiavi della saggezza cristiana sta nel riconoscere la grandezza e l’immensità dell’Amore di Dio e contemporaneamente ammettere la nostra miseria congiunta alla viltà del nostro peccato.
Ma siamo così lenti a capirlo.
Il giorno in cui scopriremo che abbiamo l’Amore di Dio alla portata di mano, quel giorno diremo come sant’Agostino, con lacrime d’Amore «Tardi ti ho amato, mio Dio!». E piangendo gli diremo, “Padre… ti ho cercato in ogni dove… ma Tu eri dentro di me…”
Vi riporto il brano integrale, tratto dall’Opera CONFESSIONI, X,27-36:
«Tardi ti ho amato, Bellezza così antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Sì, perché tu eri dentro di me ed io fuori: lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle sembianze delle tue creature. Eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, respirai ed ora anelo verso di te; ti gustai ed ora ho fame e sete di te; mi toccasti, e arsi dal desiderio della tua pace».
Ma mi piace lasciarvi anche con le parole di uno scrittore italiano e giornalista contemporaneo, Romano Battaglia (1933-2012), che nella sua opera “Sulla riva dei nostri pensieri”, scrive:
«La croce deve apparirci in tutta la sua verità. Essa congiunge la terra al cielo, tende le braccia in tutte le direzioni, è il segno misterioso dell’umanità universale, il telaio sul quale viene tessuta la nostra vita».
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!