SABATO 23^ SETTIMANA T.O. – Lc 6,43-49 Perché mi invocate: Signore, Signore! e non fate quello che dico

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

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Dal Vangelo secondo Luca 6,43-49

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli «Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. Perché mi invocate “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene. Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la distruzione di quella casa fu grande». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

L’albero e i frutti è una parabola di Gesù sulla veridicità dei profeti. Si trova solo nel primo e nel terzo evangelo:

Mt 7,15–20:

“Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere.”

Lc 6,43-45:

“Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore.”

Gesù molte volte ha fatto esempi tratti dalla vegetazione (semi, piante, erbe) per descrivere e illustrare grandi verità. Matteo 7,16 dice “Li riconoscerete dai loro frutti. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi?” e nel successivo v. 20 Gesù afferma di nuovo per enfatizzare lo stesso concetto “Li riconoscerete dunque dai loro frutti”.

La domanda del v.16 implica ovviamente la risposta “NO!” E questo perché ci sono molti tipi di piante spinose e pungenti nella zona, dove ha vissuto Gesù, MA QUESTE ERBACCE SPINOSE NON DANNO UVA, O FICHI!

Gesù mette in evidenza la follia e l’impossibilità di tentare di raccogliere l’uva dalle spine e i fichi dai rovi, secondo antichi testi:

  • Giudici 9,8-15 “8 Un giorno, gli alberi si misero in cammino per ungere un re che regnasse su di loro; e dissero all’ulivo: “Regna tu su di noi”. 9 Ma l’ulivo rispose loro: “E io dovrei rinunciare al mio olio che Dio e gli uomini onorano in me, per andare ad agitarmi al di sopra degli alberi?” 10 Allora gli alberi dissero al fico: “Vieni tu a regnare su di noi”. 11 Ma il fico rispose loro: “E io dovrei rinunciare alla mia dolcezza e al mio frutto squisito, per andare ad agitarmi al di sopra degli alberi?” 12 Poi gli alberi dissero alla vite: “Vieni tu a regnare su di noi”. 13 Ma la vite rispose loro: “E io dovrei rinunciare al mio vino che rallegra Dio e gli uomini, per andare ad agitarmi al di sopra degli alberi?” 14 Allora tutti gli alberi dissero al pruno: “Vieni tu a regnare su di noi”. 15 Il pruno rispose agli alberi: “Se è proprio in buona fede che volete ungermi re per regnare su di voi, venite a rifugiarvi sotto la mia ombra; se no, esca un fuoco dal pruno, e divori i cedri del Libano!“”

Un insegnamento, questo del Libro dei Giudici un poco difficile da comprendere per “i non addetti ai lavori”. È una parabola è molto ingegnosa: quando gli alberi furono disposti a scegliere un re, il governo fu offerto a quegli alberi preziosi l’olivo, il fico e la vite, ma essi lo rifiutarono, scegliendo piuttosto di servire che di governare, di fai del bene che dondolare. Ma la stessa tenerezza fatta al rovo l’accettò con vanagloriosa esultanza. La via dell’istruzione per parabole è una via antica, e molto utile, soprattutto per dare dei rimproveri.

  • Giacomo 3:12 “Può forse, fratelli miei, un fico produrre olive, o una vite fichi? Neppure una sorgente salata può dare acqua dolce.”

Una cosa del genere è impossibile in natura, e ugualmente assurda nella morale. Un fico porta solo fichi; e così la lingua dovrebbe esprimere solo sapienza, sentimenti ed emozioni. Questi esempi sono molto sorprendenti e mostrano l’assurdità di ciò che l’apostolo rimprovera. Allo stesso tempo, assolvono allo scopo principale che si prefiggeva, di reprimere il desiderio di diventare insegnanti pubblici senza qualifiche adeguate.

Ma nello stesso tempo mostrano il potere della lingua. Un potere molto pericoloso da esercitare per un uomo che non ha le capacità adeguate. Nessuno dovrebbe mettersi nella posizione in cui può esercitare questo potere senza un grado di provata prudenza, saggezza, discrezione e pietà. Senza che ci sia una certezza morale che gli permetterà di usarlo correttamente.

Ma riprendendo il discorso comprendiamo subito l’allegoria: I FRUTTI DELLO SPIRITO SONO SANTI E DA QUELLI SI RICONOSCERÀ IL VERO PROFETA.

Gli uomini malvagi dunque si riconoscono dal frutto malvagio della loro bocca, perché dall’abbondanza del loro cuore malvagio parla la loro bocca. In altre parole, si riconoscono da quello che tirano fuori dal loro tesoro malvagio.

È una parabola ovviamente riferita a noi e alle nostre opere. Gesù ci vuol dire che se non si vede dai nostri gesti che siamo Figli di Dio e Discepoli di Cristo, qualcosa non va… Evidentemente non c’è coerenza fra le parole che predichiamo e i fatti che dimostrano la nostra vita.

È ovvio che se davvero abbiamo incontrato Dio, questo incontro emerge nelle nostre scelte, nei nostri atteggiamenti, nei nostri discorsi.

Un albero buono produce frutti buoni: se vediamo cristiani che producono solo spine, qualcosa evidentemente non funziona nel loro percorso di Fede…

Non basta invocare il nome del Signore e partecipare assiduamente alla vita liturgica e della comunità: quello è il punto di partenza che deve poi sfociare nella concretezza del quotidiano. Dobbiamo costruire la nostra casa sulla solida roccia della Parola di Dio.

LA PAROLA che sempre ci rassicura, a volte ci giudica, ma sempre ci incoraggia. E se LA PAROLA diventa il metro di giudizio delle nostre scelte, se sappiamo riconoscere senza inutili scrupoli il nostro peccato e lo affidiamo a Dio, allora la nostra vita, costruita sulla roccia, fruttifica in opere buone, in conversione. E TUTTI LO VEDONO.

Se la fede resta sempre e solo alla superficie, se non incide, talvolta dolorosamente, nelle cose che facciamo e diciamo, a cosa ci serve? IL CRITERIO STABILITO DAL SIGNORE, ANCHE SE SCOMODO, È PIENO DI VERITÀ.

E allora diamoci da fare e costruiamo la casa sulla roccia, per davvero. Ascoltiamo sul serio questa Parola, perché è l’unica che ci può illuminare, orientare, che può cambiare le nostre scelte, renderle autentiche. Che sia il Vangelo a vibrare dentro di noi. Poi, certo, fatichiamo a vivere in coerenza, fatichiamo a cambiare le nostre scelte, ci costa fatica, e tanta, e l’uomo vecchio che è in noi si ribella e trova mille scuse. Ma se davvero abbiamo capto chi è Cristo, osiamo. Sul serio.

Ma se allarghiamo il concetto simbolico allora ne esce davvero una grande ricchezza meditativa. Il brano odierno che fornisce l’immagine dell’albero buono e della casa fondata sulla roccia vuole indicare come costruire una famiglia buona, e di conseguenza una comunità buona

L’albero buono che produce frutti buoni È L’IMMAGINE DEL CRISTIANO.

Per essere un albero buono lo spiega Gesù stesso con un’altra immagine: quella del tralcio che, se è inserito nella vite buona, produce frutti buoni e abbondanti. Dice infatti «…Io sono la vite vera…. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Ne discende che nessuno può credere di essere buono se le sue azioni, i suoi frutti, in sé, sono cattivi. Lo abbiamo detto, è dalle azioni che si riconosce il discepolo di Cristo. Spesso anche noi rischiamo di dire una cosa e di farne un’altra; di professare la fede e di razzolare male, vivendo come persone che non credono. E questo perché abbiamo separato assurdamente la professione della nostra fede dal modo di vivere la nostra vita.

Come ci ricorda più volte il vangelo NON SAREMO GIUDICATI SULLE PAROLE, MA SULLE AZIONI, SULLA CARITÀ FRATERNA, SULLA TESTIMONIANZA DELLA VITA.

Chiediamo che avvenga anche per noi di rendere “concreta e visibileLA PAROLA CHE ABITA IN NOI, affinché “vedendo le nostre opere buone rendano gloria al Padre che è nei cieli”.

LA PARABOLA DELLA CASA COSTRUITA SULLA ROCCIA

L’immagine della casa vuol rappresentare la famiglia, accogliente, solidale. La casa nella quale il pane quotidiano sia L’AMORE, IL PERDONO, LA COMPRENSIONE; NELLA QUALE LA VERITÀ SIA LA SORGENTE DA CUI SGORGA LA PACE DEL CUORE. La casa nella quale si possa tornare con gioia e della quale non si debba mai piangerne il crollo.

È questo il giusto desiderio di Dio, sorgente di giusti e santi desideri di bene. Ma non dimentichiamo mai che Egli prima fa sorgere il desiderio buono e poi, SE LO DESIDERIAMO DAVVERO, non ci abbandona poi nella loro realizzazione.

Ma vediamo alcune piccole considerazioni:

  • Costruire la casa sulla roccia significa costruirla su Cristo. Gesù stesso dice “…Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo che, costruendo una casa, e ha posto le fondamenta sulla roccia”.

Costruire su Cristo vuol dire modellare sulla sua volontà tutti i propri desideri.

Costruire la casa su Cristo vuol dire avere la nostalgia di Cristo, a fondamento della nostra vita! Ripetendo a Gesù la professione di fede di Pietro “…Signore! Tu solo Tu hai parole di vita eterna” (Gv.6,68). Cioè Tu sai che cosa è il meglio per me.

  • La casa sulla roccia si costruisce insieme a Cristo.

Nella costruzione della vita, della famiglia, non siamo soli, e nemmeno abbandonati alla nostra debolezza. Cristo è con noi e lavora più di noi, meglio di noi e ci previene con le sue ispirazioni e la sua forza. Restare in comunione con Cristo in pensieri parole e opere è allora davvero necessario nella nostra vita.

  • Con Gesù si può costruire anche nelle avversità.

Dice infatti Gesù “…Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita sulla roccia».

La piena dei fiumi, sono l’immagine delle molteplici contrarietà della vita umana. Cristo ci dice che anche nei momenti difficili Lui è la roccia salda sulla quale siamo fondati. Lui che rimane fedele, stabile per sempre. E noi con Lui. Cristo è sempre fedele, anche se noi manchiamo di fedeltà, perché egli non può rinnegare sé stesso (2Tm.2,13). Cristo ci dona la forza di attraversare delle prove, senza esserne travolti.

Costruire la casa sulla roccia vuol dire costruirla sulla saggezza che viene dalla fedeltà alla parola del Signore.

  • Costruire la casa sulla roccia vuol dire anche costruirla su Pietro e con la Chiesa.

A lui infatti il Signore disse “…Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt.16,16).

Cristo, la Roccia, vuole che Pietro, e insieme a lui la Chiesa intera, siano segno visibile dell’unico Salvatore e Signore.

BASILIO MAGNO, Arcivescovo di Cesarea di Cappadocia, discepolo di San Gregorio Nazianzeno e Padre della Chiesa del IV secolo, così commentava:

“…Un albero è conosciuto per i suoi frutti, un uomo per le sue azioni. Una buona azione non è mai perduta. Colui che semina cortesia miete amicizia, colui che pianta gentilezza raccoglie amore

Basilio detiene un posto di grande importanza nella storia della liturgia cristiana essendo vissuto alla fine dell’era delle persecuzioni, quando i riti della Chiesa che prima erano affidati alla memoria e alla estemporaneità iniziarono a essere codificati e la liturgia iniziò a essere influenzata da brevi rituali.

L’influenza di Basilio in questi rituali è ben attestata nelle fonti.

La Divina Liturgia di San Basilio Magno si i usa ancora nelle domeniche di Quaresima, nella liturgia del Giovedì e Sabato Santo, nelle domeniche di Avvento e il giorno della sua festa, il 1 gennaio per le Chiese d’Oriente.

TANTI SONO GLI INSEGNAMENTI CHE GESU’ CI DA ATTRAVERSO GLI ALBERI, questa sorta di opera della creazione, che avvicina la terra al cielo.

ANTOINE DE SAINT-EXUPÈRY (famoso per IL PICCOLO PRINCIPE) scriverà:

  • “L’albero non è un seme, poi uno stelo, poi un tronco flessibile, poi legno morto. Non bisogna sezionarlo per conoscerlo. L’albero è questa forza che lentamente sposa il cielo.”

…aggiungo indegnamente io -povero commentatore- …così è l’uomo… se ben innestato in Cristo, è un’opera unica, che raggiungendo la sua perfetta “IMAGO DEI”, lentamente sposa il cielo.

Per chiudere, vorrei regalarvi la visione di alcuni famosi scrittori:

Oppure ROMANO BATTAGLIA (1933-2012, giornalista e scrittore italiano) in due sue opere, dice:

  • La forza degli alberi è la fede. Non hanno incertezze, sono venuti al mondo per volere di qualcuno e a loro basta questo per crescere e sopravvivere ai temporali (Romano Battaglia, Foglie, 2009
  • Per vivere la spiritualità e la realtà della vita dovremmo imitare gli alberi con i rami alti che sfiorano il cielo e le radici aggrappate profondamente alla terra. (Romano Battaglia, L’uomo che vendeva il cielo, 2011)

Oppure Hermann Hesse, (1867-1962, scrittore, filosofo, pittore tedesco naturalizzato svizzero, premio Nobel per la letteratura 1946) nella sua opera Vagabondaggio, (1920), scrisse:

  • Gli alberi sono sempre stati per me i più assidui predicatori. Io li venero, quando vivono in popolazioni e famiglie, in boschi e foreste. E più ancora li venero quando se ne stanno soli. Essi sono come dei solitari. Non come eremiti che si siano sottratti a una qualche propria debolezza, ma come grandi uomini solitari. […]

Nelle loro cime stormisce il mondo, le loro radici riposano nell’infinito; sono i soli a non sperdervisi, ma anzi con ogni energia della propria esistenza essi tendono a un unico scopo: portare a compimento la legge che in loro dimora, realizzare la propria intima fisionomia, interpretare se stessi.

Niente è più santo, niente è più significativo di un bell’albero forte.

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!