MERCOLEDI’ XXXIII^ SETT.TO 17.11.2021 S.ELISABETTA DI UNGHERIA Lc 19,11-28 “Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca..”

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

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Dal Vangelo secondo Luca 19,11-28

In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Parola del Signore

 

Mediti…AMO

LA VITA E IL PENSIERO DEL SANTO

Elisabetta (1207–1231), sposa di Ludovico IV, Langravio di Turingia, fu madre di tre figli. Dopo la morte del marito si consacrò interamente alla penitenza, alla preghiera e alla carità, entrando nel terz’Ordine Francescano, dove fondò in onore di san Francesco l’ospedale di Marburg, in cui ella stessa serviva i malati.

È patrona dei panettieri e degli ospedalieri (secondo la tradizione, si trasformarono in rose i pani che aveva nascosto nel grembiule per i poveri e gli ammalati, quando il marito le chiese di vedere cosa avesse dentro al grembiule) ed è, con san Luigi dei Francesi, patrona principale del Terzo Ordine Regolare di San Francesco e dell’Ordine Francescano Secolare. Insieme a San Giorgio, è anche patrona principale dell’Ordine Teutonico.

A sant’Elisabetta sono intitolate numerose comunità di terziarie francescane dedite alla cura degli ammalati presso gli ospedali sull’esempio della principessa ungherese. Tra le principali, le terziarie francescane elisabettine, le suore francescane elisabettine e le suore terziarie francescane elisabettine.

ESAME DEL TESTO EVANGELICO

Ogni uomo che nasce sulla terra è provvisto e fornito di ogni cosa da Dio, per il benessere proprio e di tutti. A ciascuno infatti vengono dati doni, possibilità, doti e beni.

Così come esprime il testo della parabola, nessun uomo nasce sprovvisto della moneta d’oro, che è simbolo delle capacità e delle risorse offerte da Dio per il vantaggio e il benessere di ciascuno e di tutti.

Il Signore della vita ama distribuire e offrire all’uomo la sua ricchezza, perché ama la felicità e la gioia dell’uomo più di ogni altra cosa, e mai, mai Egli ha a che fare con la miseria, l’indigenza e la povertà.

L’uomo che dubita di aver ricevuto dalle mani del Signore della vita la propria preziosissima moneta d’oro, è come se maledicesse Dio.

Dubitare di sé stessi e delle proprie ricchezze interiori è il modo più comune per l’uomo di pensare male di Dio ed anche quello di tradire sé stessi e l’umanità.

L’uomo che dubita di aver ricevuto dalle mani del Signore, la propria simbolica, moneta d’oro, rinnega la propria origine divina.

Entra in competizione con gli altri e vive ogni cosa della vita come se fosse minacciato da qualcuno e da qualcosa, e per questo in conflitto con tutto e con tutti.

Quest’uomo, così disgraziato, dovrà occultare la bellezza delle proprie possibilità intellettuali e spirituali, la nobiltà dei doni a lui offerti da Dio, e vivere solo attraverso l’ambizione, la vanità e l’invidia.

Inevitabilmente diventerà un servitore fedele di satana.

Perché, non trovando più il suo posto nel mondo, si sentirà così vuoto e inutile che sarà costretto a vivere ogni cosa nella falsità delle idee, dei pensieri, delle scelte e delle azioni.

E passerà la vita a subire e a temere il giudizio altrui.

Invece Dio chiama ognuno di noi a trafficare questa simbolica moneta d’oro e ogni altra ricchezza che Dio, durante questa vita terrena, ci mette a disposizione.

Esse sono un capitale iniziale da far fruttare, in tutti i modi e con tutte le forze, per il benessere dei figli di Dio.

Lo scopo della vita su questa terra è inoltre quello di moltiplicare la bellezza, l’armonia, il benessere, la pace, la salute, la creatività dell’umanità.

Preziosissima è l’indicazione del Signore, che dice “…fatele fruttare fino al mio ritorno”. Essa ci dice che questo arricchimento che ne deve derivare non è personale. Infatti SIAMO AMMINISTRATORI DELLE COSE DI DIO, e NON PROPRIETARI.

Far fruttare la moneta, moltiplicare il capitale spirituale, intellettuale, sotto forma di benessere e gioia per l’umanità, è l’unico modo per predisporsi efficacemente all’incontro con il Signore della vita.

E come Zaccheo che “subito” si converte alla misericordia e accoglie il suo Signore, facendo fruttare “le monete ricevute”, anche noi -se siamo buoni amministratori- dobbiamo convincerci che la grande e unica preoccupazione nostra, è quella di riconoscere il Signore e accettarlo nella piccolezza e nel nascondimento.

Gesù stesso ci chiede sempre di alzare lo sguardo, di uscire da noi stessi e allargare le mani e il cuore verso i fratelli per far fruttare quello che abbiamo ricevuto, e ce lo chiede “oggi”, “qui e adesso”, “ora”.

Perché QUESTO È IL TEMPO in cui noi,” semplici servi”, stiamo aspettando che quell’”Uomo di nobile nascita” – che è il Signore Gesù – ritorni glorioso.

Certamente sono parole dure.

Gesù le dice mentre sale a Gerusalemme, dove sta andando a morire, col volto indurito, cioè determinato, deciso.

Il Maestro sa che riceverà solo incomprensione e insulti.

Ma è disposto a bere il calice amaro del dolore e della morte, pur di rivelare all’uomo, l’autentico volto di Dio. Allora comprendiamo, finalmente, la durezza delle sue parole: ai discepoli che hanno capito questo percorso, e a tutti coloro che, liberamente, hanno accettato di camminare insieme a Lui, Gesù chiede di dare tanto, proprio come sta facendo Lui.

Abbiamo ricevuto tanto, per cui siamo chiamati a dare tanto.

Ovviamente è una parabola rivolta a chi crede, a chi ha capito, a chi si è convertito. E che finalmente ha compreso che il dono che ha ricevuto, lo ha ricevuto per essere messo a disposizione degli altri, non per nasconderlo sotto terra.

Gesù stesso, per primo, ha fatto fruttare il denaro che gli ha dato il Padre, cento volte tanto.

La sua predicazione ha radunato folle sterminate. Ed Egli si è fatto persino cibo per queste folle affamate, alle quali ha dedicato ogni istante della sua vita terrena e divina.

Non si è risparmiato su nulla. Dal suo costato ha persino effuso SANGUE ED ACQUA, E perché NON RIMANESSIMO SENZA GUIDA, CI HA DONATO LO SPIRITO SANTO.

Vi esorto, Fratelli e Sorelle nel Signore, di far in modo di non trovarci, come nella parabola, davanti al padrone, come quel servo che non ha fatto fruttare per niente la moneta d’oro, e che il padrone definisce “malvagio”.

Dio non voglia che, come questo servo malvagio, trascorriamo la nostra esistenza, a nascondere questa simbolica “moneta” sotto il fazzoletto dell’inedia, dell’inerzia, della noia, della pigrizia, della noncuranza, dell’indolenza, della malavoglia e dell’accidia.

E anche a pensare ignobilmente male, a giudicare aspramente, a disprezzare irragionevolmente Dio, o peggio ancora, ad ignorarne la sua PRESENZA.

Il padrone fa togliere la moneta d’oro al servo malvagio per darla a colui che ne ha dieci, perché deve essere rispettata una delle leggi dominanti della vita “a chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha”.

Ci è accordata, in questo mondo, la fiducia di Dio. Egli se ne va e non sappiamo quando tornerà.

Il rischio è solo di fissarsi solo sul fatto che non sappiamo quanto tornerà e di dimenticare che il Signore ci ama, crede in noi, ci dona la sua fiducia, non ha paura di perdere.

Non è che Dio non si prenda cura di noi e non gli interessi la nostra vita e se ne è semplicemente andato.

Lui si fida!

Purtroppo l’assenza di Dio non ci spinge sempre ad uscire dalle nostre paure, ma troppo spesso ci chiude sempre di più in esse.

Perché la paura non ci lascia vivere, né amare, e nemmeno ci permette di essere amati.

E questo è il volto dell’inferno: quel triste luogo, laddove non c’è amore!

  • Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme”.

Gesù vuole salvarci da tutto questo, ma non può far altro che esortarci con la sua Parola, rispettando però la nostra libertà di seguirlo, o meno!

Dal Catechismo della Chiesa Cattolica CCC 1731

  • La libertà è il potere, radicato nella ragione e nella volontà, di agire o di non agire, di fare questo o quello, di porre così da sé stessi azioni deliberate. Grazie al libero arbitrio ciascuno dispone di sé. La libertà è nell’uomo una forza di crescita e di maturazione nella verità e nella bontà. La libertà raggiunge la sua perfezione quando è ordinata a Dio, nostra beatitudine

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!