MERCOLEDI’ XXX’ SETTIMANA T.O. 27.10.2021 – Lc 13,22-30 “…Verranno da oriente a occidente e siederanno a mensa nel regno di Dio”.
… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo Lc 13,22-30
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi». Parola del Signore
Mediti…AMO
Il Vangelo che oggi la Liturgia ci regala, ci invita a considerare il futuro che ci attende e per il quale CI DOBBIAMO PREPARARE DURANTE IL NOSTRO PELLEGRINAGGIO SULLA TERRA.
La salvezza, che Gesù ha operato con la sua morte e risurrezione, è universale.
Egli è l’unico Redentore e invita tutti al banchetto della vita immortale.
Ma ad un’unica condizione: quella di sforzarsi di seguirlo ed imitarlo, prendendo su di sé, come Lui ha fatto, la propria croce e dedicando la vita al servizio dei fratelli. Unica e universale, dunque, è questa condizione per entrare nella vita celeste.
Bene… in questa prospettiva, un tale chiede a Gesù quanti si salvano. Egli pensa, evidentemente, di essere nel numero degli eletti e vuole capire quanti sono alla sua altezza spirituale.
Ma Gesù lo gela alzando l’asticella e insinuando un dubbio atroce: è sicuro di potersi dire salvo? E Gesù gli propone un percorso impegnativo, una porta stretta e molto molto impegnativa.
La salvezza non è un premio che si conquista per meriti di buona condotta ma la dimensione che scopriamo quando accogliamo in noi la presenza di Dio. Della salvezza non c’è garanzia, né certezza.
Stiamo attenti, allora, a non vivere con superficialità la nostra appartenenza al vangelo, convinti che basta dirsi cristiani e non fare troppi danni per vederci spalancata la porta di un Regno che, in realtà, nemmeno sappiamo dove stia e dove NON ENTREREMO MAI, se così fosse…
Perché non saremo giudicati in base ai nostri meriti, ma sulle nostre opere, che dovranno essere eseguite, sull’AMORE e cercando sempre di realizzare nella nostra vita, la Giustizia di Dio.
Non basterà pertanto dichiararsi suoi “amici”, dicendo che “…abbiamo mangiato e bevuto in sua presenza e che lui hai insegnato nelle nostre piazze” (Lc.13,26).
Ma questa “amicizia” avremmo dovuto “viverla”, con la bontà del cuore, con l’umiltà, con la mitezza e la misericordia, con l’amore per la giustizia e la verità, con l’impegno sincero ed onesto per la pace e la riconciliazione.
E non facciamo come i farisei che al tempo di Gesù erano convinti di meritarsi la salvezza come premio PERCHÉ IL LORO “CREDERE” COINCIDEVA CON IL LORO “FARE”, ovvero con l’osservare i più piccoli infinitesimali precetti della Legge.
Gesù, grazie al cielo, con la sua predicazione, la sua vita, la sua morte e la sua risurrezione, demolisce ben bene questa presunzione e ricorda a tutti che non basta sentirsi giusti per esserlo davvero.
E che, il modo di intendere la giustizia da parte di Dio è totalmente diverso rispetto al nostro, ed a quello dei sédicenti devoti, i quali spesso confondono il moralismo con la morale e dimenticano SEMPRE, l’AMORE VERSO I FRATELLI.
PAROLE DEL SANTO PADRE
“L’immagine della porta ritorna varie volte nel Vangelo e richiama quella della casa, del focolare domestico, dove troviamo sicurezza, amore, calore. Gesù ci dice che c’è una porta che ci fa entrare nella famiglia di Dio, nel calore della casa di Dio, della comunione con Lui.
Questa porta è Gesù stesso. E la porta che è Gesù non è mai chiusa, questa porta non è mai chiusa, è aperta sempre e a tutti, senza distinzione, senza esclusioni, senza privilegi. Perché, sapete, Gesù non esclude nessuno.
Al giorno d’oggi passiamo davanti a tante porte che invitano ad entrare promettendo una felicità che poi noi ci accorgiamo che dura un istante soltanto, che si esaurisce in sé stessa e non ha futuro. Vorrei dire con forza: non abbiamo paura di varcare la porta della fede in Gesù, di lasciarlo entrare sempre di più nella nostra vita, di uscire dai nostri egoismi, dalle nostre chiusure, dalle nostre indifferenze verso gli altri.
Certo quella di Gesù è una porta stretta, non perché sia una sala di tortura. No, non per quello! Ma perché ci chiede di aprire il nostro cuore a Lui, di riconoscerci peccatori, bisognosi della sua salvezza, del suo perdono, del suo amore, di avere l’umiltà di accogliere la sua misericordia e farci rinnovare da Lui (Angelus, 25 agosto 2013)”.
Fratelli e Sorelle non basta mangiare Gesù che è il pane, occorre farsi pane. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia. Non vi conosco.
Il riconoscimento sta nella giustizia. Dio non ti riconosce per formule, riti o simboli, ma perché hai mani di giustizia. Ti riconosce non perché fai delle cose per lui, ma perché con lui e come lui fai delle cose per gli altri.
Scrive uno scrittore e giornalista, Romano Battaglia, nel suo testo “Un cuore pulito”
“Cerca di vivere bene perché il minuto presente è carico di eternità. In ogni ora del giorno e della notte sforzati di abbellire il momento che passa”.
La conclusione della parabola è stupenda.
Prima di tutto è sfatata l’idea della porta stretta come porta riservata a pochi, ai più bravi.
Infatti tutti vi possono entrare.
Oltre quella porta Gesù immagina una festa multicolore: verranno da oriente e occidente, dal meridione e dal settentrione del mondo e siederanno ALLA SUA MENSA.
Ecco il grande sogno d’amore di Dio per l’uomo che è “a sua immagine”: FAR SORGERE FIGLI DA OGNI DOVE.
Il sogno di Dio è di raccoglierli sotto il suo grembo. come fa una chioccia con i suoi pulcini, da tutti gli angoli del mondo, variopinti, “extra-comunitari” del regno, ultimi arrivati, ma dal Signore considerati PRIMI:
“…quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto” (Luca 13,35)
…per offrir loro la felicità eterna, che mai finisce.
Gesù li riconosce dall’odore. Perché LUI, che con le pecore sperdute, sofferenti, malate si è mischiato per tutta la vita, li riconosce perché hanno il suo stesso odore:
- Isaia 66, 18-21:
- “con le loro opere e i loro propositi. IO VERRÒ A RADUNARE TUTTI I POPOLI E TUTTE LE LINGUE; ESSI VERRANNO E VEDRANNO LA MIA GLORIA. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle genti di Tarsis, Put, Lud, Mesech, Ros, Tubal e di Grecia, ai lidi lontani che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunzieranno la mia gloria alle nazioni. Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutti i popoli come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari al mio santo monte di Gerusalemme, dice il Signore, come i figli di Israele portano l’offerta su vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra essi mi prenderò sacerdoti e leviti, dice il Signore”.
- Salmo 116:
- “Amo il Signore, perché ascolta il grido della mia preghiera. Verso di me ha teso l’orecchio nel giorno in cui lo invocavo. Mi stringevano funi di morte, ero preso nei lacci degli inferi, ero preso da tristezza e angoscia. Allora ho invocato il nome del Signore <<ti prego, liberami, Signore». Pietoso e giusto è il Signore, il nostro Dio è misericordioso. Il Signore protegge i piccoli: ero misero ed egli mi ha salvato. Ritorna, anima mia, al tuo riposo, perché il Signore ti ha beneficato. Sì, hai liberato la mia vita dalla morte, i miei occhi dalle lacrime, i miei piedi dalla caduta. Io camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi. Ho creduto anche quando dicevo: <<Sono troppo infelice». Ho detto con sgomento: <<Ogni uomo è bugiardo». Che cosa renderò al Signore per tutti i benefici che mi ha fatto? Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore. Adempirò i miei voti al Signore, davanti a tutto il suo popolo. Agli occhi del Signore è preziosa la morte dei suoi fedeli. Ti prego, Signore, perché sono tuo servo; io sono tuo servo, figlio della tua schiava: tu hai spezzato le mie catene. A te offrirò un sacrificio di ringraziamento e invocherò il nome del Signore. Adempirò i miei voti al Signore davanti a tutto il suo popolo, negli atri della casa del Signore, in mezzo a te, Gerusalemme. Alleluia”.
- Ebrei 12, 5-7. 11-13:
- “e avete già dimenticato l’esortazione a voi rivolta come a figli: Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce come figlio. È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati. Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire”.
Il concetto di un Dio che accoglie le creature sotto le proprie ali e ne ha cura, non è nuovo.
Lo ritroviamo spesso nell’Antico Testamento, in cui mettersi sotto le ali di Dio significava essere al riparo da ogni male, perché si era protetti da Lui. Significava aver trovato rifugio nella potenza dell’Altissimo (Sal. 36,8).
Qui però Gesù evidenzia con forza un’altra immagine, che sempre l’Antico Testamento aveva già accennato, cioè quella dell’amore “materno” di Dio.
Per farlo, il Signore ricorre alla figura della chioccia, non un animale qualsiasi.
Ma proprio quella della gallina che, sola tra tante, è in grado di portare a termine la covata con frutto, di permettere, con il proprio calore, la propria pazienza, la propria “attenzione“, di far sì che l’uovo dia vita ad un pulcino.
Torna alla mente la parabola del seminatore (Lc 8,4-8): il seminatore semina, e su tanti terreni può cadere il seme. Ma solo se il terreno è buono, produce frutto.
Come fa questo terreno ad essere “buono“?
Lo sarà solo se si lascia vangare, arare, coltivare, potare nelle sue piante, dal Seminatore stesso.
Da sé, l’uomo non potrebbe nulla. Dio è come la chioccia che cova sotto di sé un “seme” buono, ma che può acquistare calore vitale solo se si lascia prendere e curare amorevolmente da mamma chioccia.
Dio oggi ci chiede questo: di lasciarci “coltivare” da Lui, come un uovo si lascia covare da una chioccia, per acquistare la vita e trovare rifugio sotto le Sue ali, come un pulcino fa con la chioccia.
Dio ci ama con amore di madre, sempre, non solo nell’atto del darci la vita, ma anche nel vederci crescere; Dio nutre un amore che Lo porta ad essere ACCOGLIENZA, sempre.
ED È IN QUESTO ESSERE ACCOLTI DA LUI, CHE POSSIAMO RICEVERE DA LUI.
L’immagine della chioccia che dispiega le ali per raccogliere i pulcini, rimanda a quella di Cristo Crocifisso, che sulla Croce allarga le Sue braccia nel gesto d’amore supremo, quello con cui ci fa rinascere a vita nuova.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!