MERCOLEDI’ XXIX^ SETTIMANA T.O. 20.10.2021 – Luca 12,39-48 “…molto di più sarà richiesto”

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

Vedere approfondimenti sul nostro sito WWW.INSAECULASAECULORUM.ORG

 

Dal Vangelo secondo Luca 12,39-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Allora Pietro disse «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Gesù a lungo ha parlato in parabole, per insegnare all’uomo, in tutti i contesti sociali, e Pietro “si è perso per strada”.

E gli è venuto il dubbio se quei messaggi fossero diretti a lui o ad altri… Forse Pietro inizia ad avere il timore di perdere la sintonia con lui, e questo lo rende vulnerabile. Pietro sa, e lo dice anche al Maestro, che ha lasciato tutto per Gesù, e quindi non può essere pensato come una persona avida.

Anche lui, come Gesù, non ha più una pietra dove posare il capo e dunque non può essere pensato come una persona attaccata solo alle cose e alle sicurezze che si accumulano in vita. Povero Pietro… che confusione ha in testa, perché gli sembra di aver ottemperato a tutte le condizioni poste da Gesù. Ma nelle parole del maestro gli sembra ci sia altro da comprendere e accogliere.

E infatti stavolta Pietro stesso a dare a Gesù il “la” per procedere nel discorso. Non farisei, né la folla.

E allora io vorrei dirti “No Pietro, la parabola del servo che aspetta non riguarda i fratelli ancora in ricerca o quelli che tengono Dio lontano dal proprio orizzonte. No, non è proprio così: riguarda me e te, noi discepoli di lunga data, noi che abbiamo avuto la gioia straordinaria di conoscere il vero volto di Dio. Proprio noi rischiamo di appesantire la fede, di appannare lo smalto, di abituarci alla gloria del Padre. Proprio noi che lo abbiamo seguito da vicino rischiamo di dare tutto per scontato: le scoperte, le conquiste, i doni della fede. E di sederci”.

La parabola odierna è il prosieguo del discorso di ieri. Infatti parla ancora di un certo modo di attendere, di vigilare; parla anche di beni di cui non sentirsi padroni… ma il protagonista del racconto È UN AMMINISTRATORE.

NON È UN PADRONE CHE ACCUMULA E DECIDE, E NEMMENO UN SEMPLICE SERVO.

È un uomo di fiducia, che condivide con il padrone la responsabilità di custodire la casa, ossia i beni e le persone che la costituiscono.

La sintonia tra padrone e amministratore è un bene ineliminabile, dinamico, soggetto a continui approfondimenti.

Implica una tensione positiva da parte dell’amministratore, un crescere continuo nella conoscenza del padrone e nella condivisione con Lui.

Ma molto è cambiato dal “tempo dei nostri padri”…

Perché quando è stato creato il mondo, il Signore non ha posto delle linee di confine per stabilire a chi appartenesse il pianeta, ma questo è stato destinato AL BENE COMUNE PER TUTTI GLI UOMINI.

Ma, c’è sempre un “ma”, i satana, com’è sua perfida abitudine “ci mette lo zampino”, diffondendo tra gli uomini l’avarizia, l’avidità e la brama di potere, con cui essi, hanno cominciato a stabilire con violenza chi erano i padroni, e chi voleva servirlo e lavorare, poteva ricevere “benevolmente” un piccolo pezzo di terreno in affitto.

Questa fu la prima “costituzione patriarcale” fra gli uomini, e per quanto fosse anche di per sé ingiusta, era tuttavia la migliore e la più giusta. Infatti, di solito, il patriarca era un uomo buono e timorato di Dio, e allora andava altrettanto bene anche ai suoi sudditi o ai piccoli affittuari, poiché egli provvedeva per il bene comune attingendo dal grande appezzamento (che non era suo. ndr).

Di conseguenza Egli di per sé era un amministratore ingiusto, perché possedeva per la sua persona e per la sua casa, molte migliaia di volte di più di quanto gli occorresse; egli però impiegava il suo ingiusto ricavato, solamente per scopi buoni e al Signore graditi, e faceva perciò dei suoi sudditi una gran quantità di amici.

Così il patriarca Abramo, che era proprietario dell’intera Terra Promessa, e fu lui pure un amministratore ingiusto.

Ma nella località di Salem, da lui abitata, egli aveva sempre apparecchiata una grande tavola alla quale venivano saziati ogni giorno parecchie migliaia di poveri e di persone bisognose. E divenne poi proverbiale che i più felici fra gli uomini erano coloro che avevano avuto la fortuna di cibarsi alla tavola di Abramo.

Per questo Abramo era il prediletto di Dio, e il Signore aveva frequentemente benedetto lui e tutta la sua casa, rendendo Abramo, il primo e il più grande amico del Re dei re e Sacerdote dei sacerdoti (era senza principio e senza fine e si chiamava Melchisedek).

Abramo gli dava lui stesso la decima, e solo lui fra i molti re di allora, aveva la fortuna e il diritto di avvicinarsi alla residenza di Melchisedek.

E Melchisedek però una volta andò Egli Stesso da Abramo in compagnia di due angeli, e gli predisse che la sua anziana moglie Sara avrebbe messo al mondo un figlio, e Abramo credette poi anche con ogni fermezza!

Ma ora volgiamo il nostro sguardo più in basso, su di un amministratore ingiusto, su quel servo che si è comportato in modo contrario ai primi patriarchi. Il potere a lui conferito sugli altri sudditi lo usa solo per un proprio tornaconto senza tenere in nessun debito le necessità dei fratelli.

Il rapporto fra questo servo, amministratore infedele, e il Signore, sarà ben diverso da quello che si era instaurato tra Abramo e Melchisedek.

I rapporti tra l’infedele e il Signore saranno ben più radi, e quando il Signore chiederà il resoconto, il servo non saprà che rispondere e il suo tentativo di giovarsi dell’ignoranza relativamente alla Volontà del Signore, gli impedirà di ravvedersi e di chiedere perdono.

E nel brano di oggi Gesù sta chiedendo a Pietro e agli altri apostoli di essere come “almeno” come Abramo.

Infatti chiede loro un livello sempre più alto di condivisione e di responsabilità, perché al collegio apostolico -COME A CIASCUNO DI NOI- molto è dato, E MOLTO DI PIU’ SARÀ CHIESTO.

Unico mandato che essi E NOI ABBIAMO è una grande responsabilità:

  • vegliare sui nostri fratelli
  • ed adoperarci per compiere la volontà di Dio, con la fattività delle nostre opere.

Purtroppo il male che è in ognuno di noi si ribella di fronte alla Parola di Dio, e non vuole assoggettarsi a Lui.

E NE CONSEGUE CHE DIO DIVENTA UN RIVALE, E OGNI ALTRO ESSERE UMANO UN NEMICO.

Come dimenticare l’antico grido di quel Caino che vive in ognuno di noi “Sono forse il custode di mio fratello?” e di cui ci fa memoria il Libro della Genesi al capitolo 4,9. Libro che gli Ebrei chiamato ancora dalla prima parola del testo bĕrešīt (“in principio”) e che i tedeschi chiamano il “PRIMO LIBRO DI MOSE’”.

Ognuno di noi ha avuto in DONO LA DIGNITA’ di amministratore, chiamato a far quadrare i conti fra il capitale ricevuto e la somma che ci è chiesta di sborsare, per entrare nella vita vera, la VITA IN CRISTO.

Per molti il movimento esistenziale è una strenua corsa verso l’accumulo, il guadagno, il possesso illimitato, che sembrano garantire fraudolentemente direi, la longevità e la sicurezza per il futuro.

Ma solo chi si acquieta nella dimensione dell’attesa, mettendo a tacere la BRAMA del possesso, entra veramente nel ritmo della vita, e riesce ad assaporare quell’attimo fuggente dell’eternità: e finalmente comprende che il Signore è alla porta!

Vorrei citarvi San Paolo che scrivendo alla sua amata comunità che vive a Corinto scrive:

  • Si è responsabili dinanzi a Dio di ogni bene di grazia e di verità che Lui ci ha elargito per la nostra santificazione e salvezza. Anche di una sola Eucaristia ricevuta, ma non messa a frutto, o ricevuta male, si è responsabili.

Se un villaggio ha il dono di un sacerdote, anche di questo dono si è responsabili nel giorno del giudizio. Un altro villaggio che per tutta la sua esistenza è vissuto senza presbitero, dinanzi a Dio è meno responsabile.

Non ha avuto il dono di un amministratore della sua grazia e verità. San Paolo avverte i Corinti che essi stanno mangiando peccaminosamente il corpo di Cristo e per questo mangiano la propria condanna eterna.

Mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi, perché vi riunite insieme non per il meglio, ma per il peggio. Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo.

È necessario infatti che sorgano fazioni tra voi, perché in mezzo a voi si manifestino quelli che hanno superato la prova. Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore.

Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l’altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere?

O volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!

Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».

Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».

Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore.

Ciascuno, dunque, esamini sé stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.

È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti.

Se però ci esaminassimo attentamente da noi stessi, non saremmo giudicati; quando poi siamo giudicati dal Signore, siamo da lui ammoniti per non essere condannati insieme con il mondo.

Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri. E se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna. Quanto alle altre cose, le sistemerò alla mia venuta (1Cor 11,17-34)”.

Ad esempio, sciupare il dono dell’Eucaristia ci rende rei di morte eterna. Nessun dono è più grande di questo.

Gesù ci avvisa e Paolo anche: ogni dono deve essere fatto fruttificare al sommo delle sue energie spirituali, secondo tutta la potenza e forza dello Spirito Santo.

Nel giudizio eterno, il Signore giudicherà ogni uomo secondo i suoi doni elargiti. Coloro che ogni giorno possono ricevere l’Eucaristia e accostarsi al Sacramento del perdono e udire la buona Parola del Signore, avranno un giudizio più severo.

Dio li ha arricchiti di ogni dono di grazia e verità, e questi doni sono rimasti infruttuosi nei loro cuori, non hanno cambiato la loro vita, non hanno dato luce al mondo

Il segreto credo comunque sia fare ogni cosa con gioia per il Signore, il cui volto dovremmo vedere nei fratelli che incontriamo sul nostro cammino.

San Camillo De Lellis lo sapeva bene e dice “…Fratello, se tu farai alcuna cosa brutta con diletto, il diletto passa e la bruttezza resta; ma se tu farai alcuna cosa virtuosa con fatica, la fatica passa e la virtù rimane”.

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!