MERCOLEDI’ X’ SETTIMANA P.A. C – MATTEO 5,17-19 “Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento”.

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo MATTEO 5,17-19

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Dopo il discorso sulle beatitudini (Mt 5,1-12) e la definizione di chi le vive come sale della terra e luce del mondo (Mt 5,13-16), ecco il “discorso della montagna”.

Tre capitoli nei quali Matteo ha raccolto parole di Gesù riguardanti la Legge data a Dio attraverso Mosè e il discepolo che vuole veramente viverla secondo l’intenzione del Legislatore, Dio.

Nella parte restante del capitolo 5, Gesù crea sei contrapposizioni tra lo “sta scritto” tramandato di generazione in generazione e ciò che egli vuole annunciare.

Ciò che il Maestro dirà sarà un’interpretazione della Torah più autorevole e autentica di quella fornita dalla tradizione dei maestri.

Egli, infatti, comincia con l’assicurazione di non essere venuto ad abrogare la Torah, a toglierle autorità, bensì a “compierla”, a svelarne il senso racchiuso, realizzandolo in primo luogo nella sua persona e rivelandone il pieno significato.

Anche per Gesù resta vero che “Mosè ricevette la Torah sul Sinai, la trasmise a Giosuè, Giosuè la trasmise agli anziani e gli anziani ai profeti”, ma proprio in nome della sua autorità messianica egli ne dà l’interpretazione ultima e definitiva, DOPO LA QUALE NON CE NE SARANNO ALTRE.

La Torah canta quel progetto di Dio, irrevocabile e perfetto, che mira alla piena realizzazione dell’uomo. E che l’uomo, CON GIOIA è chiamato a realizzare.

Scriveva Don Oreste Benzi:

  • “La legge è l’insieme delle norme che si trovano nel Pentateuco (i cinque rotoli: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio), quali il Decalogo (le dieci parole, cioè i dieci comandamenti), il codice dell’alleanza, la legge di santità.

Queste norme da osservare erano il segno della fedeltà al patto tra Dio e il suo popolo, e sono attribuite a Mosè, fondatore dell’alleanza tra Dio e il suo popolo.

Purtroppo queste norme furono interpretate da specialisti quali gli scribi. Queste parole sussurrate da Dio al cuore del suo popolo, diventarono 613 precetti soffocanti.

Si era fatta confusione tra precetti di Dio e precetti di uomini.

La Torah diventò un groviglio di norme impossibili a praticarsi e molte norme non corrispondevano ai precetti di Dio. Dio mandò suo figlio a togliere tutto ciò che veniva dagli uomini e a riprendere ciò che veniva da Dio per portarlo a compimento, alla perfezione.

In Gesù si è attuata così la nuova ed eterna alleanza, firmata con il suo sangue sparso sulla croce.

Ha iniziato un mondo nuovo, non fatto di ordini ma di comunione, che ci fa essere un tutt’uno con Gesù.

Come è bello vedere uomini e donne che non si limitano a fare qualcosa per il Signore, ma sono talmente nell’amore di Gesù che tutto ciò che fanno esprime ciò che sono!”

Ecco allora che di questa NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, noi DOBBIAMO ESSERE TESTIMONI ED ANNUNZIATORI SEMPRE GIOIOSI, ATTENTI E PRECISI.

Perché, se dopo aver ascoltato volta l’annuncio del Vangelo perdessimo l’entusiasmo iniziale, assestandoci su una posizione quieta e statica, saremmo simili a quell’albero che il Signore fece seccare perché non produceva frutti.

Le raccomandazioni religiose che la tradizione cristiana ci tramanda, ovvero quello che era per il popolo di Israele l’antica Legge, NON DECADONO, ANZI ACQUISTANO PIENO SIGNIFICATO E TROVANO LA GIUSTA COLLOCAZIONE DI FRONTE ALLA SALVEZZA GRATUITA CHE GESÙ CI HA DONATO.

Gesù si pone in continuità con la più profonda esperienza religiosa di Israele: NON SI METTE AL DI FUORI DELLA TRADIZIONE AUTENTICA, MA VUOLE RIPORTARLA ALLA SUA ORIGINE, CHE È DIO.

A chi lo accusa di contraddire la Legge, di porsi al di sopra e al di fuori della tradizione, Gesù risponde con veemenza: sono loro ad essersi posti fuori dalla Legge, inventandosi precetti che sono frutto della tradizione degli uomini. Gesù sa distinguere molto bene ciò che deriva dalla rivelazione di Dio e ciò che, invece, deriva dall’abitudine degli uomini.

Gesù non vuole dunque che vengano osservati precetti umani, talvolta anche contradditori con la legge divina (come nel caso riportato nel vangelo di Matteo, al capitolo 7,9-13, dove si dice che “l’offerta al Tempio che vale più dei doveri verso i genitori”), ma nemmeno porsi al di sopra di consuetudini valide.

Ma vuole riportare tutto alla rivelazione di Dio, senza scambiarla con quelle prescrizioni assurde elaborate dagli uomini nel corso dei secoli.

Le opinioni personali, le interpretazioni umane, le consuetudini pure buone non devono essere elevate al livello della Parola di Dio.

Cosa invece che è stata fatta. La Parola di Dio è stata manipolata, mistificata o usata in modo approssimativo per governare e opprimere, o per farle dire ciò che umanamente faceva comodo.

La vera legge comanda di fare il bene e di evitare il male, rispettare la persona umana e non strumentalizzarla a qualsiasi fine: si tratta di non nascondersi sotto la protezione della Legge per realizzare il proprio opportunismo.

La perfezione della Legge di Cristo ci porta alla perfezione dell’amore: se invece siamo egoisti vediamo nella legge coercizioni, obblighi esteriori, occasioni per trasgredirla; AL CONTRARIO, SE UNO AMA, COMPIE LA LEGGE E LA SUPERA, DONANDO LA STESSA VITA PER AMORE DEL PROSSIMO, sull’esempio appunto di Gesù.

E la legge è santa. Egli ne scoprirà il senso autentico.

Continua a insistere, come ha fatto nel discorso della Montagna, sulla spiritualità del quotidiano.

Perché è nell’oggi, nel tempo in cui lavoriamo, ci incontriamo con gli altri, prendiamo decisioni, sogniamo, che si gioca la nostra testimonianza.

Proprio dalle piccole fedeltà può nascere la nostra felicità nell’oggi e nel futuro.

È solo superando le regole sociali correnti (rappresentate simbolicamente dalla giustizia degli scribi e dei farisei) che ci sarà permesso di entrare nel Regno.

Gesù resta fedele alla Torah, non la sostituisce con un insegnamento altro, ma con autorevolezza, la rivela.

Alza il velo sulla Legge e ne svela la giustizia profonda, perché sia possibile al discepolo una sua osservanza autentica.

Per Gesù non è sufficiente l’osservanza indicata dai teologi del tempo, interpreti ufficiali delle Scritture (gli scribi), né quella propria dei credenti impegnati e osservanti, associati nei movimenti (i farisei).

Ma vuole una giustizia superiore, più abbondante, che superi quella indicata dalle scuole rabbiniche e fissate nella casistica.

Gesù vuole inoltre che quella giustizia predicata sia osservata, vissuta da parte di chi la indica agli altri, perché proprio da questo vissuto dipendono lo stile e il contenuto di ciò che si predica agli altri.

Alla casistica della tradizione Gesù oppone la semplicità del linguaggio, la verità delle parole: CON FORZA INVITA ALLA RESPONSABILITÀ DELLA PAROLA.

Il parlare di ciascuno dev’essere talmente limpido da non aver bisogno di chiamare Dio o le realtà sante a testimone di ciò che si esprime.

Non sono necessari garanti della verità che si esprime. Non serve invocare il castigo, la sanzione di Dio per ciò che si è detto come non vero o per ciò che non si è realizzato.

Dio non è al nostro servizio e non interviene certo a punire le nostre menzogne, almeno durante la nostra vita.

E allora quando uno dice sia “”, sia “”, e quando dice “no”, sia “no”, perché il di più viene dal Maligno”, che “è menzognero e padre della menzogna” (Gv 8,44).

Nessun “cuore doppio” (Sal 12,3), nessuna possibilità di simulazione per il discepolo di Gesù, nessun tentativo di dire insieme “sì” e “no”. N

on è forse Gesù stesso “l’Amen di Dio” (ci dice Giovanni nel Libro dell’Apocalisse al capitolo 3,14), il “Sì” di Dio alle sue promesse, come predica Paolo (nella sua seconda Lettera ai cristiani che vivono a Corinto, 2Cor 1,19-20)?

L’ESSERE UMANO RISPETTO AGLI ANIMALI HA IL PRIVILEGIO DELLA PAROLA.

MA QUESTO MEZZO COSÌ UMANIZZANTE È UNO STRUMENTO DAVVERO MOLTO FRAGILE…

Quella di Gesù non è dunque una “nuova legge” o una “nuova morale”, MA È L’INSEGNAMENTO DI DIO DATO A MOSÈ, INTERPRETATO CON AUTORITÀ, RISALENDO ALL’INTENZIONE DEL LEGISLATORE STESSO.

SOLO IL CRISTO DI DIO, POTEVA FARE QUESTO.

Ha detto Sant’Agostino:

  • “Fino a quando continuerò a dire: domani, domani? Perché non ora? Perché non sarà quest’ora stessa a segnare la fine della mia triste e inutile vita lontano da Dio?”

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!