MERCOLEDI’ 4^ SETTIMANA DI PASQUA – Gv 12,44-50 Io sono venuto nel mondo come luce
… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
Dal Vangelo secondo Giovanni 12,44-50
In quel tempo, Gesù esclamò «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me». Parola del Signore
Mediti…AMO
Questo passo del Vangelo di Giovanni ci fa vedere l’intimità che c’era tra Gesù e il Padre. Gesù faceva quello che il Padre gli diceva di fare.
E per questo dice «Chi crede in me non crede in me, ma in Colui che mi ha mandato». Poi precisa la sua missione «Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre». Si presenta come luce. La missione di Gesù è illuminare. Lui stesso ha detto «Io sono la luce del mondo» (Gv 8,12). Il profeta Isaia 9, 1, aveva profetizzato questa luce «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce». La promessa della luce che illuminerà il popolo. E anche la missione degli apostoli è portare la luce.
Anche Paolo ha avuto questa esperienza del passaggio dalle tenebre alla luce, quando il Signore lo incontrò sulla strada di Damasco ove cadde a terra accecato dalla luce del Signore. E poi, passati alcuni giorni, con il battesimo, riebbe la luce (At 9,1-19). Lui ha avuto questa esperienza del passaggio dalle tenebre, nelle quali era, alla luce. È anche il nostro passaggio, che sacramentalmente abbiamo ricevuto nel Battesimo: PER QUESTO IL BATTESIMO SI CHIAMAVA, NEI PRIMI SECOLI, LA ILLUMINAZIONE (San Giustino, Apologia I, 61, 12), perché ti dava la luce, ti “faceva entrare”. Per questo nella cerimonia del Battesimo diamo un cero acceso, una candela accesa al papà e alla mamma, perché il bambino, la bambina è illuminato, è illuminata.
Paolo in At 26,18, lo disse al re Agrippa: “Sono stato eletto per illuminare, per portare questa luce – che non è mia, è di un altro – ma per portare la luce”.
È la missione di Gesù: portare la luce. E la missione degli apostoli è portare la luce di Gesù. Illuminare. Perché il mondo, ERA ED È, nelle tenebre.
Nel canto della grande Veglia della Pasqua, si canta “Il Signore è la LUCE che vince la notte… Gloria Gloria, cantiamo al Signore”.
È illuminando il buio della chiesa, con l’ostensione del cero pasquale, il celebrante canta “LUMEN CHRISTI…”
Potrei affermare CHE SIAMO CONDANNATI ALLA LUCE!!!
Semplici gesti che rivelano agli umili come il Signore sia LA LUCE! Quella Luce primigenia CHE SQUARCIA LE TENEBRE DEL MONDO…
Quella LUCE CHE È LA SUA PAROLA!!! Quella Parola illumina le nostre scelte, rischiara le nostre tenebre.
La Fede, come più volte abbiamo detto, è la luce che illumina il nostro vecchio e indurito cuore.
È come se vivessimo in un luogo oscuro: impariamo a muoverci, col passare degli anni, a riconoscere gli oggetti che ci stanno attorno, ad avere una vita “normale”. Poi, d’improvviso, qualcuno apre le imposte e la luce del sole entra nella nostra stanza.
Gli oggetti sono gli stessi, la nostra vita è la stessa, ma ora tutto ha un aspetto diverso: ciò che in precedenza non riuscivamo a capire è chiaro, e nulla più ci fa paura.
E la FEDE che nasce, improvvisamente diventa misura dell’essere e dell’agire. Accogliere la PAROLA DEL SIGNORE, fidarsi di lui, significa fare questa bruciante esperienza di novità che cambia il nostro modo di vedere le cose.
La stessa Parola, però, discrimina e giudica chi si ostina a non lasciare entrare la luce e si condanna DA SOLO a vivere nell’oscurità. La tenebra, quindi, non è “punizione” divina ma la conseguenza della nostra libera scelta.
Il valore della luce è proprio quello di fare arretrare le tenebre. Credere in Gesù significa lasciarlo essere quella luce che fa arretrare le tenebre dentro cui molte volte ci sentiamo prigionieri. Sono tenebre che ci tengono in ostaggio di ragionamenti che non ci lasciano respirare e ci condannano all’ansia e al panico.
Sono le tenebre di alcuni sentimenti ed emozioni che ci tirano sempre verso il basso. Sono le tenebre delle nostre scelte sbagliate che ci fanno cercare nel peccato la felicità che può darci invece solo l’amore. In un inno della liturgia delle ore così cantiamo: “Senza te siam sommersi in un gorgo profondo di peccati e di tenebre”.
Ha ragione Gesù nel gridare questa verità: vivere senza di Lui significa vivere al buio. Ma molte volte facciamo fatica a farlo entrare perché abbiamo paura di accendere la luce. Abbiamo paura di essere condannati, di non essere più degni di amore, di scoprire tutto ciò che di brutto ci abita. Ma è Gesù stesso a rassicurarci:
Ma il dramma della luce di Gesù è che è stata respinta. Già all’inizio del Vangelo, Giovanni lo dice chiaramente: “È venuto dai suoi e i suoi non lo accolsero. Amavano più le tenebre che la luce” (Gv 1,9-11).
E Gesù chiarirà loro “…Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo”.
San Giovanni Crisostomo spiega in modo semplice questo brano, parafrasando le parole di Gesù “se qualcuno ascolta le mie parole e non le mette in pratica, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo” così da fargli dire “se qualcuno ascolta le mie parole non le mette in pratica, non sono io che lo condanno…”.
Infatti non si può condannare una persona se non in due maniere:
- O come Giudice (egli proferisce la sentenza di condanna per il delitto compiuto, che è la causa della sua condanna)
- O come CAUSA della condanna. Come avviene nel brano. Perciò il Signore dice “..non sono io che lo condanno”. Nel senso che Egli non è la causa della sua condanna, ma è il non credente stesso, secondo le parole del Profeta Osea, capitolo 13,9 “LA TUA ROVINA, O ISRAELE, VIENE DA TE, SOLTANTO DA ME PROVIENE IL TUO AIUTO”. E questo perché Egli non è venuto per condannare il mondo, MA PER SALVARLO. Ma forse quel tale non sarà giudicato? Tutt’altro, poiché “chi mi respinge non accoglie le mie parole ha già chi lo condanna”. Chi sia poi Colui che lo condanna, lo dichiara Gesù dicendo, “la parola che io ho annunziato e che voi avete udita, farà da accusatore. Essa lo condannerà nell’ultimo giorno”. In seguito al Capitolo 15,22 Gesù dirà “se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato. Ma ora non hanno scusa per il loro peccato”.”
E allora, Fratelli e Sorelle, lasciamo che la Parola, oggi e sempre, illumini e riscaldi la nostra vita, motivi e orienti le nostre scelte quotidiane. Perché in essa, se siamo fedeli al Signore, non troviamo un giudizio di condanna ma un’esperienza di misericordia. È la misericordia di un amore che ci viene a cercare nel nostro buio. Forse dovremmo imparare a fare spazio a questa luce, a lasciare che l’esperienza dell’incontro con Lui ci porti man mano a rivelarci, ad accendere la luce su ciò che teniamo nascosto. Chi vive con Cristo non ha più bisogno di nascondersi, non ha più paura di ciò che è, e di ciò che lo abita. Chi lascia entrare Cristo sperimenta una vita che possiamo definire autentica.
Sia Lodato Gesù, il Cristo!