… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo Luca 13,18-21
In quel tempo, diceva Gesù «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami». E disse ancora «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Parola del Signore
Mediti…AMO
Questo insegnamento di Gesù mi fa tornare sempre alla mente le parole di Marco
- “Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra” (Mc.4,31).
E, alla luce delle moderne conoscenze botaniche, mi sovviene che il seme della senape non è il più piccolo di tutti i semi.
Ma non lo era nemmeno ai tempi di Gesù. Con tutta probabilità, però, era il piccolo tra quelli conosciuti nella Palestina di quel tempo. Ad ogni modo, non sono moltissimi quelli più piccoli della senape, che anche tra di essa ha moltissime distinzioni e, quella gialla ha il seme decisamente più grosso rispetto a quella nera.
La senape di cui parlava Gesù era sicuramente quest’ultima:
- sia perché la senape nera –il cui nome scientifico è Brassica Nigra è grande circa 1 mm- era molto diffusa in Medio Oriente,
- sia perché è quella che raggiunge l’altezza maggiore (fino a 3 metri).
Esistono però semi più piccoli, ad esempio quello:
- del CACTUS, tale pianta tipica del continente americano, all’epoca di Gesù, però non ancora scoperto e di alcune zone dell’Africa centro/meridionale, in quell’epoca ancora inesplorate. Se Gesù avesse fatto l’esempio del cactus, nessuno, tra gli israeliti di allora, avrebbe capito e di conseguenza creduto.
- del TABACCO, grande circa mezzo millimetro, pianta propria del continente americano.
- dell’ORCHIDEA che è quasi microscopico. Pianta era già nota ai greci (dunque, forse, anche agli ebrei) ma con tutta probabilità non se ne conoscevano i semi (sia perché appena visibili ad occhio nudo, sia perché l’orchidea non veniva coltivata).
- della fragola. Le fragoline note agli antichi romani erano quelle di bosco (Fragaria Vesca, specie spontanea dei boschi di gran parte del mondo. Note quindi come frutto, ma non se conosceva il seme, poiché non coltivate. Fra l’altro sia le fragole che le orchidee sono piante basse e come tali non funzionali al discorso di Gesù.
La senape, invece, si addiceva perfettamente alle parole di Cristo. Dunque è più che lecito credere che il seme della senape fosse il più piccino tra quelli conosciuti, all’epoca, dagli ebrei.
Tutto questo per accostare le sue dimensioni ad un “pugnetto di lievito” che scompare nella massa di farina?
Dietro a ciò però si cela UNA MIRABILE SIMILITUDINE:
- Il piccolissimo seme è di tale potenza vitale che nella terra attecchisce e cresce fino ad avere rami robusti che possono ospitare gli uccelli dell’aria,
- e il lievito, pur perdendosi dentro la massa della farina, è capace di farla fermentare e produrre grandiose quantità di fragrante pane, buono e profumato, che sfama il mondo.
COSÌ È IL REGNO DI DIO, CIOÈ LA FORZA DINAMICA DELLA SUA VITA DENTRO DI NOI. HA UNA FORZA DIROMPENTE, IMPENSABILE, SCONOSCIUTA E ASSOLUTAMENTE TRASFORMANTE.
Fratelli e Sorelle, il Regno di Dio è il mistero del suo amore che agisce dentro il nostro cuore e, se acconsentiamo a vivere il Vangelo, diventa continua conversione della nostra mente alla mentalità di Gesù, e di conseguenza plasma il nostro modo di amare e di agire.
Certo, come nei piccoli semi e nel poco lievito, ciò che conta non è certo la potenza, la vistosità, l’efficienza esteriore delle opere.
Anzi, guai a cercare questo.
Ciò che conta è l’attenzione e la piena apertura al mistero di Gesù, al suo modo di regnare che rappresentato da un amore totale, capace perfino di dare la vita, senza dare spettacolo, né far chiasso.
È quella naturale, misteriosa, miracolosa piccolezza che esplode dentro la storia, e si sbizzarrisce in stupende realizzazioni d’amore.
La stessa cosa avviene nella nostra vita spirituale: dobbiamo accogliere in noi il regno di Dio, la Parola di Dio, che è poca cosa, in quanto parola.
Ma la sua forza interiore ha la capacità misteriosa di trasformare tutta la nostra esistenza. Noi però dobbiamo aver:
- PAZIENZA: perché questo miracolo non avviene in un attimo, come per un colpo di bacchetta magica:
- Una volta seminato il minuscolo seme, bisogna attendere per un lungo tempo la sua maturazione;
- una volta “nascosto” il pochissimo lievito, bisogna attendere il tempo necessario per lievitare la pasta.
- FIDUCIA: dobbiamo avere solo fiducia e speranza nella capacità misteriosa insita nel seme e nel lievito. Una capacità che è messa da Dio per raggiungere lo scopo per cui Egli li ha immessi ANCHE NELLA NOSTRA VITA.
Purtroppo noi siamo portati a voler vedere subito il cambiamento e se questo non avviene, vogliamo affrettare a tutti i costi i tempi dell’attesa e non abbiamo tempo per affidarci solo alla potenza della GRAZIA DIVINA.
Da qui possiamo subito trarne un insegnamento. Il seme gettato nella terra non fiorisce subito, né il lievito subito mostra la propria opera. Occorre tempo e calore per farlo germogliare e per far sì che l’impasto lieviti.
Così anche l’anima nostra necessita del tempo e del calore per far germogliare quanto è stato seminato dallo Spirito.
E allora mi chiedo e vi chiedo:
- perché meditiamo sull’insegnamento di questa stupenda parabola e, invece di preoccuparci per la produttività e l’esteriorità della nostra vita, non ci preoccupiamo che il lievito sia mischiato alla pasta, e del seme affinché venga piantato nella terra?
- Certamente i nostri tempi sono durissimi, ma credo ci richiamino proprio a questa verità: non importa quanto siamo grandi numericamente come cristiano o quanto siano inconsistenti o oceaniche le nostre assemblee liturgiche, IMPORTA INVECE CHI SIAMO E COME SIAMO CAPACI DI ANNUNZIARE E TESTIMONIARE IL VANGELO. Con quanta coerenza, con quanta luce, con quanto amore lo facciamo. I risultati del nostro lavoro lasciamoli al Signore che guarda i cuori e non le statistiche.
Troppo spesso io dimentico e tutti dimentichiamo che:
- “In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica» Gv.4,50-52”.
E in questo brano intriso di eternità, Gesù ci riporta, ancora una volta, all’arte della pazienza, dell’essenziale, del “fare per Dio”, dove non c’è posto per il nostro amatissimo “tutto e subito”.
Il Papa Paolo VI, nel Discorso alla III Congregazione Plenaria del Segretariato per i non Credenti, di Venerdì 15 marzo 1974, aveva detto:
- “Occorre trovare la giusta via in un terreno quasi sconosciuto, lavorando con tanti sacrifici, e forse senza avere la soddisfazione di vederne i frutti immediati. È proprio il caso di dire: «Altri è chi semina, altri è chi miete» (Io. 4, 37). Ma questo non deve scoraggiarvi. Il Signore vi aiuterà, come aiutò gli Apostoli quando, dopo aver faticato inutilmente tutta la notte, gettarono la rete fidando nella parola del Divino Maestro – in verbo tuo, come disse San Pietro – ed ottennero la pesca miracolosa. La nostra fiducia è Cristo; Egli a suo tempo saprà far maturare i frutti”.
Ecco quella “SAPIENZA DEL CUORE” che biblicamente ci viene richiesta:
Siamo chiamati a seminare oggi una pianta di cui, forse, non mangeremo neanche un frutto o di cui, forse, addirittura non vedremo neanche spuntare il germoglio.
Una pianta destinata ad altri, ad altre generazioni, ad altri popoli, chissà…
E a pregare il Cristo affinché di insegni a seminare, non per noi, ma per il nostro prossimo, chiunque esso sia.
E ancora un ultimo significato scritto tra le righe.
Nella parabola abbiamo sentito di una donna che prende e impasta il pane con un lievito naturale, che non a caso la tradizione chiama “pasta madre”, generatrice, nutrice di nuovo lievito e di nuovo pane.
Ben lo sanno tutti coloro che fanno il pane.
Basta un pezzo della pasta cruda e fermentata dei giorni precedenti, che improvvisamente fa lievitare tutta la massa di farina nuova, ALLA QUALE COMUNICA IL SUO SAPORE.
Per questo prezioso potere produttivo, la “pasta madre” VENIVA CONSERVATA GELOSAMENTE, TRAMANDATA DI GENERAZIONE IN GENERAZIONE E MANTENUTA IN VITA CON OPPORTUNI RINFRESCHI, CHE SI DOVEVANO RIPETERE QUOTIDIANAMENTE PRODUCENDO NUOVO PANE.
MERAVIGLIOSO INSEGNAMENTO DI GESÙ “…DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO”, OVVERO SIGNORE! RIGENERACI QUOTIDIANAMENTE!
SII PER NOI QUEL LIEVITO! SII PER NOI, COME QUEL LIEVITO, UNA SOSTANZA VIVENTE, UNA PICCOLA QUANTITÀ CHE CAMBIA IL NOSTRO ALTRIMENTI MISERO “CAMMINO”.
PERCHÉ NOI ABBIAMO CAPITO, E IO VOGLIO GRIDARLO DAI TETTI, CHE IL LIEVITO IN QUESTA PARABOLA RAFFIGURA LA FORZA FERMENTANTE CHE VIENE DALL’ESTERNO DELL’IMPASTO, CHE VIENE DALL’ALTO.
Viene direttamente da DIO, per RICORDARCI CHE LA DIFFUSIONE DEL REGNO È OPERA DI DIO: A NOI SPETTA SOLO IL COMPITO DI ACCETTARE QUESTO “PANE QUOTIDIANO” E COLLABORARE ALL’ANNUNCIO DEL REGNO.
Fratelli e Sorelle, se viviamo alla scuola del Vangelo, allora possiamo ben vedere che lungo il cammino della nostra vita, giorno dopo giorno, vediamo che le parole di Gesù aprono scenari sempre nuovi e impensabili sull’origine e sul destino di quell’umanità che da Dio viene e a Dio va.
E comprendiamo altresì che il Cristo ha camminato e continua a camminare in noi sulla Terra, ma il suo vero luogo d’appartenenza è il Cielo.
La voce di un Santo S. Tommaso d’Aquino
- “Le orme sono le impronte che lascia uno che cammina per strada; le opere di Dio invece vengono chiamate le sue strade. […] le orme di Dio sono dunque determinate impronte che si trovano nelle creature, e da esse si può in una certa misura risalire a conoscere Dio“.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!