MARTEDI’ XXVIII^ SETTIMANA T.O. 12.10.2021 – Luca 11,37-41 “…Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno”

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

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Dal Vangelo secondo Luca 11,37-41

In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. Allora il Signore gli disse «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Vivere in Cristo Gesù è il grande segreto del vero cristiano. E ciò significa non perdersi dietro false e inutili osservanze pseudo-bibliche, FARISAICHE, che forse erano di aiuto nel passato, in una discutibile fede pratica. Ma occorre decidersi ed operare per una vita di Fede.

Anche ai tempi di S. Paolo, c’era molta gente convertita dall’ebraismo che dava ancora importanza a queste pratiche esteriori, assolutamente inutili, anche in riferimento alla circoncisione. E Paolo, scrivendo ai cristiani della Galazia, al capitolo 5,6 della Lettera, diceva loro con fermezza:

  • In Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità“.

Oggi succede qualcosa di simile: sopravalutare piccole pratiche devozionistiche, lasciando perdere l’approfondimento e la pratica di una Fede vera e spesso dimentichiamo che la grandezza della Fede cristiana, che mette sempre al centro la persona e MAI la norma.

Quando la nostra povera fede è caratterizzata solo da grandi dissertazioni piene di parole vuote, o viviamo una vita pratica, infiltrata di atteggiamenti superstiziosi, siamo alla fine!

Mai dobbiamo anche dimenticare che diventare schiavi di nuovi precetti e abitudini che allontanano da Signore, PERCHÉ POCO HANNO A CHE VEDERE CON LA LEGGE DELL’AMORE VOLUTA DA CRISTO!

Una retta conoscenza della Scrittura Santa ci insegna chiaramente che le abluzioni dei farisei erano degli strumenti che ricordavano a tutti la necessità di prepararsi interiormente prima dell’incontro con Dio.

Così come anche tutte le devozioni che ci aiutano a incontrare Gesù sono solo degli strumenti che non vanno assolutizzati e, soprattutto, non vanno usati per giudicare la fede altrui!

E non ci rimane che cambiare strada, mettendoci alla scuola del Vangelo e alla sequela del Cristo e vivere la nostra vita quotidiana, con l’aiuto di Dio e facciamo in modo che Egli possa operare nella nostra vita, attraverso il suo Amore, il suo Spirito e la sua Parola Incarnata.

A questo proposito, mi piace ricordare ciò che scriveva, nel XII^ secolo, GUGLIELMO DI SAINT THIERRY, (1075-1148) monaco cristiano, teologo, filosofo e scrittore mistico, che studiò alla scuola di Sant’Anselmo di Aosta San Bernardi di Chiaravalle e di Pietro Abelardo:

“Il rapporto fra l’uomo e Dio è essenzialmente un rapporto d’amore: «Tu ci ami in quanto fai di noi tuoi amanti e noi ti amiamo in quanto riceviamo il tuo Spirito. Il tuo Spirito è il tuo amore che penetra e possiede le intime fibre dei nostri affetti […] Mentre il nostro amore è AFFECTUS, il tuo è EFFECTUS, UN’EFFICACIA CHE CI UNISCE A TE GRAZIE ALLA TUA UNITÀ, ALLO SPIRITO SANTO CHE CI HAI DONATO».

L’amore di Dio per noi si è manifestato in due fasi:

  1. la passione di Cristo suscita in noi l’amore per lui
  2. e l’opera dello Spirito realizza l’unione del cristiano in Dio.

La natura dell’amore non è tuttavia soltanto sentimento: vi partecipa anche la ragione.

Guglielmo, identificando la carità con la vista posseduta dall’anima per vedere Dio, afferma che i due occhi della vista sono «L’AMORE E LA RAGIONE. Se uno dei due opera senza l’altro, non andrà lontano. Possono però molto soccorrendosi a vicenda, diventando un solo occhio». IL COMPITO DELLA RAGIONE STA NELL’ISTRUIRE L’AMORE, MENTRE IL COMPITO DELL’AMORE È D’ILLUMINARE LA RAGIONE, COSÌ CHE LA RAGIONE DIVENGA ESSA STESSA AMORE E L’AMORE NON OLTREPASSI I CONFINI DELLA RAGIONE».

E ciò avviene quindi, perché, illuminato dalla GRAZIA, L’AMORE VIVIFICA LA RAGIONE E LA PRATICA DELLA VITA. E LA RAGIONE CHIARIFICA LA PRATICA DI UN AMORE VISSUTO”.

L’AMORE, la RAGIONE E LA CONOSCENZA DELLE SCRITTURE SANTE DEBBONO CONVERGERE. Altrimenti è inutile rispettare le innumerevoli prescrizioni della Legge SE, ALLA FINE, IL CUORE NON SI CONVERTE.

Inutile lavare e purificare i piatti SE L’ANIMA È INTORBIDITA E AVVEZZA AL SOLO GIUDIZIO GRATUITO.

Il Signore Gesù, invece, ribalta la concezione di una religiosità basata sul ritualismo sterile che non manifesta, come dovrebbe, un atteggiamento profondo.

E chiede al fariseo e a noi di metterci davvero in gioco, di dare in elemosina non il superfluo ma, addirittura, ciò che abbiamo dentro.

Ci chiede di donare agli altri NOI STESSI.

Solo così la Fede non diventa una sterile osservanza di precetti, MA CAMMINO VERSO UN’AUTENTICITÀ DI NOI STESSI CHE SI FA DONO.

E questo perché la purezza non sta nella castità, né nella ritualità, MA NEL SERVIZIO E NELLA GRATUITÀ.

Colui che è puro non è tale perché non si fa toccare da nulla o da nessuno perché teme di diventare impuro. Ma colui che, come la terra vergine, è pronto ad accogliere e custodire per rendere feconda, con la propria vita, l’esistenza altrui.

In ogni tempo della storia umana, purtroppo l’uomo vive in una società caratterizzata dalla sola apparenza. In cui domina SOLO la cura di ciò che esternamente risulta bello e piacevole.

Gesù invece mira all’interno della persona; Egli vuole sgombrare il cuore dell’uomo da ogni cattiveria e malvagità. Perché non si può fare una doppia vita: essere belli fuori e marci dentro. Se ci attacchiamo alle osservanze esteriori, Dio non lo troviamo più nel mondo.

Dio si trova SOLO nel cuore distaccato da tutto, nel silenzio della preghiera, nel patire del sacrificio di un dolore che ci colpisce, nel vuoto del mondo e delle sue creature.

Dio sta nella croce, e finché non ameremo la croce, non lo vedremo, né lo sentiremo: ahimè, se il mondo e gli uomini lo sapessero.

Ma non lo sanno: sono troppo occupati coi loro affari, hanno il cuore troppo pieno di cose che non sono Dio.

Il mondo vive per uno scopo molto terrestre; GLI UOMINI SOGNANO QUESTA VITA, DOVE TUTTO È VANITÀ, E COSÌ NON ARRIVANO A TROVARE LA VERA FELICITÀ CHE È L’AMORE DI DIO.

E se si arriva a capire questa felicità, sono molto pochi che rinunciano a sé stessi e prendono la croce di Gesù (Mt 16,24).

I giusti non solo coloro che salvano la faccia, ma coloro che hanno un cuore completamente diverso. Ecco perché occorre fare un percorso nella Scrittura Santa, che ci permetterà di rimettere a posto soprattutto la nostra interiorità, AFFINCHÉ CIÒ CHE APPARE DI NOI NON SIA SOLO APPARENZA, MA EVIDENZA DI CIÒ CHE SIAMO E ABBIAMO REALMENTE DENTRO: UN CUORE MISERICORDIOSO COME QUELLO DI DIO!

E allora qui ci sta tutta quella splendida preghiera tardo-medievale sul sangue di Gesù che ci lava e ci purifica: ANIMA CHRISTI, dedicata a Gesù crocifisso che si recita dopo la comunione eucaristica. Fu composta nella prima metà del XIV secolo da un autore sconosciuto; fu arricchita di indulgenze da papa Giovanni XXII nel 1330.

È stata ritrovata su uno dei portoni dell’Alcázar di Siviglia, risalente all’epoca di Pietro il Crudele.

Alcuni attribuiscono, erroneamente, la preghiera Anima Christi a sant’Ignazio di Loyola, che visse nel XVI secolo, che in effetti scrisse a proposito di tale preghiera all’inizio dei suoi Esercizi spirituali.

Ancor prima della composizione della preghiera, san Tommaso d’Aquino aveva affermato nella sua Summa Theologiae che la GRAZIA DIVINA è nell’anima di Cristo.

Un’altra attribuzione erronea è quella al beato Bernadino da Feltre (1439-1494).

Una copia del testo appare in un documento del 1334, per cui è ovvio ritenere che sia più antica.

La preghiera, diffusa anche nelle isole britanniche, viene chiamata anche preghiera di san Patrizio, cosa che ha fatto dire ad alcuni studiosi che la composizione risalga all’Irlanda del VII secolo: tuttavia, non vi è nulla che avalli tale ipotesi.

Infine, una ultima attribuzione è quella a san Bonaventura da Bagnoregio (1221-1274).

 

Anima Christi, sanctifica me.

Corpus Christi, salva me.

Sanguis Christi, inebria me.

Aqua lateris Christi, lava me.

Passio Christi, conforta me.

O bone Jesu, exaudi me.

Intra vulnera tua absconde me.

Ne permittas me separari a Te.

Ab hoste maligno defende me.

In hora mortis meae voca me,

Et jube me venire ad Te,

Ut cum Sanctis tuis laudem Te

In saecula saeculorum.

Amen.

Anima di Cristo, santificami,

Corpo di Cristo, salvami.

Sangue di Cristo, inebriami,

acqua del costato di Cristo, lavami.

Passione di Cristo, fortificami.

Oh buon Gesù, esaudiscimi.

Nelle tue piaghe, nascondimi.

Non permettere che io sia separato da Te.

Dal nemico maligno difendimi.

Nell’ora della mia morte chiamami,

e comandami di venire a Te,

Perché con i tuoi Santi ti lodi,

nei secoli dei secoli.

Amen.

Colui che prega chiede a Gesù di santificarlo, salvarlo, inebriarlo, lavarlo, fortificarlo, esaudirlo, nasconderlo, di rimanere sempre con lui, difenderlo dal diavolo e di potergli andare incontro.

In questa preghiera il significato della parola “anima” è vicino a quello di “cuore“.

C’è una sequenza di termini ripresi dalla liturgia eucaristica: anima, corpo, sangue, divinità, acqua, passione.

Vi si possono inoltre ritrovare dei richiami evangelici, presenti nella prima Lettera che Paolo scrive ai cristiani di Tessalonica al capitolo 5,23:

«Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo

Altro che vuota esteriorità o becero ritualismo osservante.

In questa meravigliosa preghiera «l’orante sfiora ogni singolo dettaglio corporeo del Cristo, circondandolo di un’autentica amorosa adorazione. Ciò che ferisce Cristo risana il credente».

Le invocazioni sono al singolare per «conservare nell’orante la sorpresa e la meraviglia di sentirsi oggetto diretto delle attenzioni squisitamente personali di Gesù, che santifica, salva, inebria, lava, conforta, esaudisce, nasconde, difende, chiama e invita me».

Proprio me !!! ma ci pensiamo? La sua Passione raggiunge con i suoi effetti proprio me, nelle pieghe più normali del mio quotidiano vissuto.

Al termine della preghiera dal me si passa al te «Pregando il Cristo avviene un prodigioso esodo da sé stessi».

Questa antica preghiera, è tutto un invito a immergersi nell’esperienza dell’amore divino, sintonizzandosi con essa.

Quest’amore che vivremo appieno nell’eternità, non sarà «un’interminabile, noiosissima ripetizione, ma uno stupore incessante davanti alle sorprese di Dio».

Altro che piatti e gomiti ben lavati, che pure servono! Saremo santificati non dalla circoncisione o dai piatti e dai gomiti puliti. Ma saremo santificati dall’effetto della GRAZIA che giunge a noi dall’anima di Cristo.

È LA GRAZIA DI DIO PASSATA ATTRAVERSO L’ANIMA DI CRISTO, perché dalla sua Incarnazione abbiamo ricevuto tutto, E GRAZIA SU GRAZIA.

E questa GRAZIA ci santifica facendoci somigliare a Cristo. Dall’anima di Dio fatto uomo arriva a me facendomi diventare copia di Cristo negli effetti, pensieri, opere.

Quanta più grazia si riceve dall’anima di Cristo tanto più si diventa a Lui somiglianti.

Allora ricordiamoci che osservare alla lettera la Legge, non serve a nulla e a nessuno.

I farisei guardavano solo la Scrittura e per questo erano incapaci di percepire lo spirito della legge, E L’OBIETTIVO CHE L’OSSERVANZA DELLA LEGGE VOLEVA RAGGIUNGERE NELLA VITA DELLE PERSONE.

Ad esempio, nella Legge c’era scritto “Ama il prossimo tuo come te stesso” (Lv 19,18).

E i farisei commentavano insegnando “Dobbiamo amare il prossimo, sì, ma solo il prossimo, non gli altri!

E subito ne discendeva la discussione su “…Chi è il mio prossimo?” (Lc 10,29)

Paolo per chiarire definitivamente scriverà nella sua seconda lettera ai Corinzi, al capitolo 3,6 “La lettera uccide, lo spirito dà vita“.

Nel Discorso della Montagna, in Matteo al capitolo 5,20, Gesù critica coloro che osservano la lettera della legge però ne trasgrediscono lo spirito.

Per essere fedeli a ciò che Dio ci chiede non basta affatto osservare letteralmente la legge.

Perché equivarrebbe a pulire il bicchiere all’esterno e lasciare la parte dentro piena di sporcizia.

Come non basta non uccidere, non rubare, non commettere adulterio, non giurare.

Osserva pienamente la legge di Dio solo colui che, oltre ciò che legge, va fino alla radice e strappa dal di dentro i desideri di “rapina ed iniquità” che possono portare all’assassinio, alla rapina, all’adulterio.

È nella pratica dell’amore che si compie la pienezza della legge, ci ricorda Matteo al capitolo 5,21-48.

Bene riassume tutto il Papa, Benedetto XVI°, con pochissime parole:

  • È il distintivo cristiano: la fede che si rende operosa nella carità. Ciascuno di voi è chiamato a dare il suo contributo affinché l’amore con cui siamo da sempre e per sempre amati da Dio divenga operosità della vita, forza di servizio, consapevolezza della responsabilità”.

Ecco allora la lezione di oggi: Gesù ci invita ALLA PURIFICAZIONE DELLA COMUNIONE E DELL’AMORE.

Lezione immensa del cristianesimo!

La purezza non è questione di mani pulite.

MA È QUESTIONE DI CUORI CHE AMANO TUTTI E CIASCUNO, CON LA STESSA INTENSITA’, FINO A “SPORCARSI” NELLA DONAZIONE DI SÉ, A IMMAGINE DI CRISTO, IL VERO PURO, L’UNICO CHE PURIFICA.

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!