MARTEDI’ 6^ SETTIMANA DI PASQUA – Gv.16,5-11 Se non me ne vado, non verrà il Consolatore

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

Dal Vangelo secondo Giovanni 16,5-11

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli «Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ma io vi dico la verità: È BENE PER VOI CHE IO ME NE VADA, PERCHÉ, SE NON ME NE VADO, NON VERRÀ A VOI IL PARÀCLITO; se invece me ne vado, lo manderò a voi. E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; RIGUARDO AL GIUDIZIO, PERCHÉ IL PRINCIPE DI QUESTO MONDO È GIÀ CONDANNATO». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Come amava dire sant’Ignazio di Loyola, ai discepoli e all’uomo di tutti i tempi, noi compresi, non viene risparmiata quella desolazione spirituale, che ci porta a turbamenti, oscurità, tensioni, paure, perdita di energia e infine, alla perdita del buon umore. E perdiamo di conseguenza il fine positivo nel nostro spirito, perché ci porta a riporre le nostre speranze in falsi obiettivi e idoli e a non confidare troppo in noi stessi. Ma noi dobbiamo ribaltare la situazione ed imparare a superarla perché ci aiuti a svuotarci di tutto quello che non è conforme alla volontà di Dio e a scavare dentro di noi per costruire la casa sulla roccia.

Come i discepoli erano tristi perché dovevano abituarsi ad entrare in relazione con il Cristo, dopo la sua morte, non più nella carne ma attraverso lo Spirito Santo, così dobbiamo fare anche noi per continuare a riconoscere il Cristo risorto in modo sempre nuovo e ad abituarci a gustare l’azione dello Spirito in noi.

Solo il distacco da tutto ciò che è frutto del nostro egoismo e ingombra il nostro cuore, sia nelle relazioni umane che nel rapporto con Dio, può condurre a seguire meglio lo Spirito Santo nella nostra vita.

Solo allora la desolazione spirituale, così dolorosa, alla luce del giusto cammino, diviene davvero provvidenziale! Perché abbiamo dato la possibilità allo Spirito Santo di illuminare le profondità del nostro cuore e in esso, far NUOVA OGNI COSA. In questo modo ci conduce ad una più piena e matura adesione a Dio.

In questo contesto, mentre cala il crepuscolo sulla città santa, (siamo nel corso dell’ultima cena e annunzia la sua morte che sarà imputata come colpa e sarà capo di accusa per una condanna) Gesù parla anche della sua Ascensione al cielo (la cui festa è domenica prossima) ed usa parole misteriose e dolorose, per gli apostoli, che vengono presi dalla paura e dallo sconforto.

Egli percepisce che la tristezza ha riempito il loro cuore e li fa sentire già soli ed abbandonati. Ma il Salvatore continua a dire, aumentando la loro tristezza “È bene che io me ne vada, perché se io non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore”, perché essi non hanno compreso nulla di ciò che parla.

E il Consolatore, ovvero lo Spirito inviato dal Padre, oltre al compito di far comprendere in pienezza la “verità”, cioè la rivelazione portata da Gesù, si ergerà in difesa della comunità dei credenti nel processo che il mondo aprirà contro di loro.

Commenta un grande Biblista, il Cardinal Ravasi:

“In questo atto giudiziario Gesù delinea tre temi dell’arringa che il Paraclito terrà a tutela di Cristo e di coloro che credono in lui. Metterà in luce e accuserà una triplice colpa del mondo, visto negativamente come coloro che rigettano Cristo e il bene e si collocano sotto le insegne del “principe di questo mondo”, Satana. Il primo atto di accusa riguarda il “peccato” che è così spiegato da Gesù: «Perché non credono in me». È, dunque, l’incredulità la prima grande colpa, come si diceva a Nicodemo: «La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce perché le loro opere erano malvagie». Il secondo atto forense del Paraclito riguarda la “giustizia”, e la spiegazione è sorprendente (sant’Agostino riteneva il passo difficilissimo): «Perché vado al Padre e non mi vedrete più». La “giustizia” in questione è quella divina espressa in Cristo: egli è venuto nella storia ad annunciare la parola di Dio e l’amore, dimostrando così la volontà di salvezza (nel linguaggio biblico “la giustizia”) del Padre e attestando di essere Figlio.
Ma non fu accolto e, così, ora – mentre svela la sua divinità ritornando al Padre – condanna il rifiuto che il mondo ha compiuto della salvezza da lui offerta. Infine, lo Spirito Santo Paraclito annuncia il “giudizio”: infatti, aggiunge Gesù, «il principe di questo mondo è già condannato». Il Cristo crocifisso sembra il segno della sconfitta e della sentenza di condanna; in realtà, quella croce si ribalta in una disfatta del male e in un trionfo del bene e dell’amore. Lassù, sul Golgota, si consuma in una sorta di anticipazione quello che l’Apocalisse descriverà per la fine della storia: il Messia è esaltato, Satana è incatenato e precipitato nello stagno di fuoco”.

Davanti alla possibilità dell’assenza del Cristo, i Discepoli si sentono perduti e non riescono più a ragionare.

Ma Gesù sta dando loro una GIOIA E UNA SPERANZA, perché Egli, infatti, continuerà ad essere presente grazie alla forza dello Spirito Santo, che continuerà a “convincere” il mondo “quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio”.

Non solo. Ci sta regalando una IMMENSA LEZIONE DI AMORE. Perché noi questa parola, nel suo senso più pieno, non la conosciamo affatto. Io per primo.

Amare significa ad un certo punto saper fare un passo indietro affinché emerga l’altro, emerga la sua libertà, emerga uno spazio dove possa arrivare davvero lo Spirito Santo. Arriva un momento in cui la Presenza deve passare attraverso una distanza.

Se un padre ad un certo punto non indietreggiasse nella vita del figlio facendo in modo che prenda delle decisioni, che trovi la sua strada, che diventi sé stesso, che genitore sarebbe?

Eppure per noi è così difficile concepire così l’amore. Con la scusa che l’amore è “presenza” non facciamo mai nessun passo indietro.

Ma la presenza dell’amore è cosa diversa dall’invadenza che rovina lo stesso amore. Gesù stesso, che è il Figlio, sa creare con i suoi discepoli una distanza feconda.

La sua non sarà un’assenza vuota, ma un’assenza dove potrà arrivare lo Spirito Santo. I discepoli devono imparare la libertà.

Dovranno imparare a prendere delle decisioni, a vivere ciò che per tre anni hanno solo ascoltato e imparato ed a metterlo in pratica.

Così dovremo fare noi nei confronti della nostra vita nel peccato, ricordando che per allontanarci da esso, dobbiamo seguire in Cristo, implorando la discesa dello Spirito Santo, perché venga in noi CON POTENZA e sostituisca il nostro cuore di pietra con un cuore di carne.

Lo Spirito Santo allora, nella nostra vita, svolgerà un duplice ruolo, fondamentale per la salvezza:

  • per il demonio, che è il principe di questo mondo e per tutti coloro che appartengono a lui attraverso una vita senza Dio, lo Spirito Santo sarà una sorta di implacabile pubblica accusa, che farà precipitare su di loro la condanna.
  • per coloro che hanno creduto nel Cristo, invece, lo Spirito Santo sarà appunto “il Paràclito”, cioè “l’avvocato difensore”, che da un lato li condurrà a confessare la loro colpa, riconoscendosi peccatori corresponsabili della crocifissione di Gesù, e dall’altro li condurrà a confessare la loro fede in Gesù, perché farà loro comprendere che Gesù con la sua morte ha vinto il loro peccato, assumendolo su di sé e li ha salvati.

La Terza Persona della SS. Trinità ci conduce, quindi, a riconoscerci peccatori, ma nel grande orizzonte della Fede nella infinita Misericordia di Dio, che si è manifestata pienamente nella morte in croce di Gesù.

In questo modo trasforma quella, che dovrebbe essere la nostra tristezza eterna, NELLA GIOIA PIENA E SENZA FINE.

Questa nuova presenza, nel cuore dei discepoli di tutti i secoli, avrà un effetto sconvolgente sull’ordine precario di questo mondo che è posto sotto la signoria del Maligno. Lo Spirito Signore, renderà infatti evidente la cattiveria del maligno. Le cose cattive, come azioni, idee e tendenze, verranno poste in luce e la loro malvagità diventerà visibile a tutti.

Grazie a Lui il peccato sarà smascherato come rifiuto della PAROLA ETERNA DI DIO, LA PAROLA DELLA CREAZIONE e LA PAROLA INCARNATA. Sarà costretto a gettare la maschera e a rivelarsi come consapevole rifiuto della Verità che si è manifestata in Gesù.

Una Verità che non condanna, ma che perdona: tutto il male crolla davanti ad essa. Una Verità che salva, che comunica all’umile e al povero la forza per fare quello che non sarebbe mai capace di fare.

TASCIO CECILIO CIPRIANO (210-258) VESCOVO e scrittore, SANTO e PADRE DELLA CHIESA, ebbe a scrivere in merito: “Vivendo secondo lo Spirito piuttosto che secondo la carne, vinciamo con la fermezza dell’animo l’infermità del corpo.”

Sia Lodato Gesù, il Cristo!