MARTEDI’ 5^ SETTIMANA DI PASQUA –  Gv 14,27-31 Vi do la mia pace…

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

Dal Vangelo secondo Giovanni 14,27-31

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco». Parola del Signore

Mediti…AMO

“….non come la dà il mondo, io la do a voi.”.

Il principe di questo mondo regna per mezzo della paura, dell’inganno, della menzogna e dell’intimidazione. Ma Cristo ci rassicura “Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore” e ci dice “IO SONO con voi tutti i giorni della vostra vita”.

E in dono ci dà la vera pace, non la pace del mondo, che non è assenza di conflitti o di liti (cioè la pace della sazietà e della noia, la pace nata dal compromesso, la pace dei morti viventi), MA CI DONA LA PACE DELL’UNIONE CON DIO, NELL’UNITÀ DEL PADRE, DEL FIGLIO E DELLO SPIRITO SANTO.

Una pace nata nel perdono dei peccati e nutrita dall’amore di Dio per noi, inesauribile. Una pace che ci deriva dalla riconciliazione con la Santa Trinità: in una parola dal sentirsi amati e perdonati da Dio. Solo con un cuore pacificato potremo accogliere l’altro, chiedere scusa, sorridere anche a chi ci ha fatto del male..

Anzi, una pace che aumenta in proporzione alle sofferenze che soffriamo per amore di Cristo.

Ma ricordiamo che la prima volontà di pace deve sgorgare dal nostro cuore, mettendo a tacere il nostro egoismo e la parte oscura e violenta che esiste in noi, non imponendo sempre il nostro punto di vista, senza accettare il dialogo.

Ma io credo non abbiamo capito nulla. Metà del pianeta, per un verso o per l’altro è in continua guerra. Ci siamo illusi, per metà del secolo scorso, dopo DUE GUERRE MONDIALI, di potere immaginare un mondo basato sulla reciproca tolleranza e sul rispetto delle diversità.

L’inizio del terzo millennio, invece, ci ha posti davanti alla cruda realtà di un mondo in perenne lotta, in continua guerra.

La pace, così tanto agognata, frutto della giustizia di Dio, come scrive il profeta Isaia, resta una chimera, un sogno irrealizzabile, se continuiamo con il nostro modo di pensare e di organizzare la vita del mondo senza Dio.

Anche chi ha alzato forte la voce per chiedere la pace, spesso si è trovato a doverlo fare con toni combattivi, perché nessuno lo ascoltava.

Pensiamo ai tanti contingenti di pace dell’O.N.U. che sono costretti a utilizzare gli strumenti del:

“peace enforcement” (Intervento militare, generalmente a opera di una forza multinazionale, volto a imporre la pace, anche con l’uso della forza, in regioni dove è in corso una guerra).

“Peacekeeping” (sono tutte quelle azioni volte a contrastare le minacce alla pace, la violazione della pace e gli atti di aggressione secondo quanto previsto dalla Carta delle Nazioni Unite).

Gesù, oggi, ci offre una soluzione, una differente chiave di lettura: LA PACE È SUO DONO ED È DIVERSA DA QUELLA CHE PROPONE IL MONDO.

Nella tradizione giudaica e anticotestamentaria, la pace designa la pienezza di vita voluta e stabilita da Dio nel tempo del compimento definitivo. Essa viene ora attribuita a Cristo, si tratta infatti della «sua» pace.

Non è come quella del mondo, sottoposta a convenzioni, accordi, giochi di potere e sempre comunque precaria. La pace di Cristo ha in Dio il suo fondamento e non può essere in alcun modo minacciata né tanto meno sconfitta.

È SUO DONO: non una conquista ma L’ACCOGLIENZA DI UNA PROSPETTIVA DIVERSA. Possiamo diventare testimoni di pace perché pacificati nel nostro intimo, possiamo costruire spazi di dialogo perché abbiamo un orizzonte di riferimento: IL SOGNO DI DIO.

La pace, allora, va anzitutto coltivata in noi stessi, lasciando che sia la Parola a convertirci, mettendo noi a fuoco i nostri peccati e chiedendone perdono al Signore. Con un cuore pacificato diventeremo capaci, allora, di accogliere l’altro nella sua dimensione più profonda.

E laddove si riesce a farlo, Dio ci lascia senza respiro, soprattutto in quelle situazioni disperate, dove l’umanità non mostra più amore verso l’altro e non ha più pace. Il frate francescano Padre Massimiliano Maria Kolbe, è per tutti noi un esempio.

Il 28 maggio 1941 giunse nel campo di concentramento di Auschwitz, dove venne immatricolato con il numero 16670 e addetto a lavori umilianti come il trasporto dei cadaveri. Venne più volte bastonato, ma non rinunciò a dimostrarsi solidale nei confronti dei compagni di prigionia. Nonostante fosse vietato, in segreto celebrò due volte una messa e continuò il suo impegno come presbitero. Alla fine del mese di luglio dello stesso anno venne trasferito al Blocco 14 e impiegato nei lavori di mietitura. La fuga di uno dei prigionieri causò una rappresaglia da parte dei nazisti, che selezionarono dieci persone della stessa baracca per farle morire nel cosiddetto bunker della fame.

Quando uno dei dieci condannati, Franciszek Gajowniczek, scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava, Kolbe uscì dalle file dei prigionieri e si offrì di morire al suo posto. In modo del tutto inaspettato, lo scambio venne concesso: i campi di concentramento erano infatti concepiti per spezzare ogni legame affettivo e i gesti di solidarietà non erano accolti con favore.

Kolbe venne quindi rinchiuso nel bunker del Blocco 11. Dopo due settimane di agonia senza acqua né cibo la maggioranza dei condannati era morta di stenti, ma quattro di loro, tra cui Kolbe, erano ancora vivi e continuavano a pregare e cantare inni a Maria. La calma professata dal sacerdote impressionò le SS addette alla guardia, per le quali assistere a questa agonia si rivelò scioccante. Kolbe e i suoi compagni vennero quindi uccisi il 14 agosto 1941, vigilia della Festa dell’Assunzione di Maria, con una iniezione di acido fenico. I loro corpi vennero cremati il giorno seguente, e le ceneri disperse.

Secondo la testimonianza di Franciszek Gajowniczek, Padre Kolbe disse ad Hans Bock, il delinquente comune nominato capoblocco dell’infermeria dei detenuti, incaricato di effettuare l’iniezione mortale nel braccio: «Lei non ha capito nulla della vita…» e mentre questi lo guardava con fare interrogativo, soggiunse: «…L’ODIO NON SERVE A NIENTE… SOLO L’AMORE CREA!». Le sue ultime parole, porgendo il braccio, furono «Ave Maria».

Gesù ci conduce col suo amore sereno verso la pace spirituale e umana e ci mostra L’AMORE CHE IL PADRE HA PER NOI, Fratelli e Sorelle, che ci RIVELA la VIA DELLA PACE INTERIORE.

Dice il Dalai Lama: “Se vogliamo costruire la pace nel mondo, costruiamola in primo luogo dentro ciascuno di noi.”

Sia Lodato Gesù, il Cristo!