MARTEDI’ 27^ SETTIMANA T.O 05.10.2021– Luca 10,38-42″… Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire”

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

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Dal Vangelo secondo Luca 10,38-42

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

San Luca racconta che una donna, chiamata Marta, ricevette Gesù nella sua casa. “Lo accolse come si è soliti ricevere i pellegrini –commenta SANT’AGOSTINO, nel famoso SERMONE 26-. Anche se in realtà la serva ricevette il suo Signore, la malata il suo Salvatore, la creatura il suo Creatore”.

Il racconto ci dice che questa donna aveva una sorella chiamata Maria. Marta, però, è nominata per prima probabilmente perché era la padrona della casa. Comunque, ben presto Marta si sentirà sovraccarica di lavoro e preoccupata di preparare tutto ciò che le sembra necessario per servire Gesù.

Frattanto Maria gode della conversazione “non solo seduta vicino a Gesù, precisa san Giovanni Crisostomo nella “Catena aurea”, ma ai suoi piedi; per manifestare la sollecitudine, l’assiduità, il desiderio di ascoltarlo e il grande rispetto che voleva dimostrare al Signore”.

Alla fine, infastidita da ciò che considera uno sgarbo della sorella e forse una certa indifferenza da parte di Gesù, Marta apostrofa il Signore con grande confidenza perché sia Lui a chiedere a Maria di collaborare. Non sappiamo se alla fine Maria, o anche lo stesso Gesù, si sia alzata per aiutarla. L’evangelista, invece, registra una lezione fondamentale del Maestro “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.

Nel corso della storia della Chiesa questa scena è stata molto meditata e interpretata dai Padri e dai santi. Spesso Marta è stata vista come simbolo dell’azione e del lavoro in questo mondo, mentre MARIA COME UN SIMBOLO DELLA CONTEMPLAZIONE E DI CIÒ CHE SARÀ LA VISIONE BEATIFICA DI DIO.

Che cosa vuole dire Gesù? –si domandava PAPA FRANCESCO, nell’Angelus, del 21-VII-2013, l’ultimo prima della partenza per il Brasile, primo viaggio internazionale per la Giornata mondiale della gioventù, a Rio de Janeiro– Qual è questa cosa sola di cui abbiamo bisogno? Anzitutto è importante capire che non si tratta della contrapposizione tra due atteggiamenti:

  • l’ascolto della parola del Signore, la contemplazione,
  • e il servizio concreto al prossimo.

Non sono due atteggiamenti contrapposti, ma, al contrario, SONO DUE ASPETTI ENTRAMBI ESSENZIALI PER LA NOSTRA VITA CRISTIANA; ASPETTI CHE NON VANNO MAI SEPARATI, MA VISSUTI IN PROFONDA UNITÀ E ARMONIA.

Ma allora perché Marta riceve il rimprovero, anche se fatto con dolcezza? Perché ha ritenuto essenziale solo quello che stava facendo, era cioè troppo assorbita e preoccupata dalle cose da “fare”.

In un cristiano, le opere di servizio e di carità non sono mai staccate dalla fonte principale di ogni nostra azione: cioè l’ascolto della Parola del Signore, lo stare – come Maria – ai piedi di Gesù, nell’atteggiamento del discepolo. E per questo Marta viene rimproverata”.

GESÙ FA CAPIRE CHE L’ASCOLTO ATTENTO AI SUOI PIEDI DEVE ESSERE PREFERITO E ANTEPOSTO SE VOGLIAMO COMPIERE VERAMENTE IL SUO COMANDAMENTO D’AMORE.

San Josemaría Escrivà, nel “Cammino”, al n.89 spiegava così questa realtà “Maria ha scelto la parte migliore, si legge nel santo Vangelo. Se ne sta lì, a bere le parole del Maestro. In apparente inattività, prega e ama. Poi, accompagna Gesù nelle sue predicazioni per città e villaggi. Senza orazione, come è difficile accompagnarlo!

Ecco perché Gesù afferma anche che “la parte migliore” di Maria non le sarà tolta, alludendo al fatto che invece la parte di Marta si può perdere.

IN ALTRE PAROLE, SENZA LA CONTEMPLAZIONE, CHE DÀ SENSO ED EFFICACIA AL LAVORO CHE SI FA PER DIO, PRIMA O POI SI FINIRÀ CON L’ABBANDONARE ANCHE QUESTO.

Sempre San Josemaría Escrivà, nel “Solco” al n.497, mette mirabilmente in evidenza questo problema quando in un altro momento esorta “Lavoriamo, e lavoriamo molto e bene, senza dimenticare che la nostra arma migliore È L’ORAZIONE. PERTANTO, NON MI STANCO DI RIPETERE CHE DOBBIAMO ESSERE ANIME CONTEMPLATIVE IN MEZZO AL MONDO, CHE CERCANO DI TRASFORMARE IL LORO LAVORO IN ORAZIONE”.

INFATTI, QUANDO NON SI TRASCURA L’ORAZIONE, PRIMA O POI OGNI COSA SI TRASFORMA IN LUOGO D’INCONTRO CON DIO, DI DIALOGO AMOROSO CON LUI.

Maria e Marta rappresentano quindi le due dimensioni della vita interiore: la preghiera e l’azione.

Maria ascolta con attenzione le parole del Maestro e le incide nel proprio cuore. Come molti, ancora oggi, pende dalle labbra del Signore, aspetta che il Cristo parli al suo cuore.

All’origine di ogni fede, il cuore di ogni esperienza religiosa è e resta l’incontro intimo e misterioso con la bellezza di Dio. Dio che solo intravediamo attraverso le fitte nebbie del nostro limite ma di cui, pure, possiamo temporaneamente fare una stupenda esperienza.

Marta realizza la beatitudine dell’accoglienza, la concretezza dell’amore e dell’ospitalità. Perché è lei il “diacono” della casa.

Quindi, da una parte, Marta, una donna molto efficiente, molto amica di Gesù, e dall’altra Maria, una donna consapevole della propria povertà, della propria incapacità, della propria debolezza, che viene sottolineata anche da questa specie di prostrazione ai piedi del Signore.

Un’altra indicazione: in tutto questo brano, nel testo originale greco, non c’è mai il nome di Gesù — e dire che si dovrebbe proprio trattare di Gesù uomo che sta camminando (ormai siamo al capitolo 10) verso Gerusalemme.

Tutte le indicazioni che conosciamo intorno a Marta, avrebbero dovuto far pensare a questo Gesù di Nazareth in carne e ossa che ha bisogno di riposarsi un po’, ha bisogno di mangiare, ha bisogno forse, di dormire. E invece no, non c’è mai il nome di “Gesù”, ma c’è per tre volte il termine “Kyrios”, in un brano così piccolo, per tre volte, il termine “Kyrios”.

Marta può essere letta in modo SIMBOLICO come personificazione di una serie di persone che all’interno della comunità accolgono il Signore; ma lo accolgono come chi pensa di poter servire il Signore e non essere servito da lui.

Qui sta il primo interrogativo. Marta è talmente contenta di ricevere il Signore da credere di dover essere lei ad accudire il Signore. Lui che aveva detto “Io non sono venuto per essere servito, ma per servire!”

Sottolineando l’importanza del suo servizio, Marta in realtà presenta una figura di Gesù che di fatto capovolge il mistero presentato dalla persona di Gesù: non sono venuto per essere servito, ma per servire.

A Marta sfugge proprio questo. E di fatto, se noi adesso prendiamo uno per uno i termini utilizzati da Luca, vediamo che Marta sembra essere colei che accoglie, colei che è presa da molti servizi, colei che si agita in tutto e per tutto intorno a Gesù. Lo riceve nella casa. Si agita e si muove di qua e di là per la molta, pur lodevolissima, diaconia.

Ma all’interno di questo agitarsi, le parole di Gesù cercano di sottolineare la confusione e la situazione labirintica in cui si trova Marta.

Gesù fa riferimento a una serie di preoccupazioni. Quando qualcuno è responsabile di cose molto grandi, deve pensare a mille cose, a mille faccende, fino al punto che queste mille faccende diventano il labirinto dal quale il responsabile non riesce a trarsi fuori. E queste preoccupazioni soffocano la persona, perché da esse, non riesce più a distaccarsi.

Ecco, questa è Marta. Alla quale sembra quasi che Gesù dica “Marta ti stai affogando da te stessa e fai chiasso”. E potete immaginare quanto poco spazio e poco tempo possa restare, all’interno di tutti questi problemi, per fermarsi ad ascoltare Gesù, il Signore, dono di pacificazione, di armonia, di serenità.

Di tutto questo sembra invece molto desiderosa Maria, che è consapevole che Gesù si attende dalle sue amiche proprio questo spazio-tempo per poter avere la soddisfazione di dare piuttosto che di ricevere.

Maria dà così a Gesù la possibilità di servire, di essere il “diàkonos toùlògou”, il servitore della parola; colui che è sempre disposto, sempre attento a trasmettere la parola del Padre.

Maria è perciò colei che dà la gioia più grande al Cristo. È colei che accoglie più in profondità l’ospite riconosciuto come suo maestro e Signore. Infatti “…sedutasi ai piedi del Signore, ascoltava la sua Parola

Cioè: lo lasciava parlare, permetteva a lui di poter esprimere, di potersi rivelare, e di potersi dire.

Marta, Marta…

Come per dire: mi innesto su quest’ultima tua sensazione, e ti voglio aiutare a renderti conto fino in fondo della tua personale povertà “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma di poche cose c’è necessità, anzi di una soltanto”.

Come a dire: tutto il resto è relativo, tutto il resto è secondario; cercate prima il regno di Dio e tutto il resto verrà da sé. Cercate prima il regno di Dio, significa anche: cercate prima il dono dello Spirito, cercate anzitutto di ricevere il dono della parola e poi tutto il resto verrà da sé. Il centro, il fulcro intorno al quale si potrà costruire la comunità non sono i molti servizi, non sono le molte opere, ma è unicamente la Parola.

Ma attenzione! Dobbiamo tener conto che il testo non dice che non siano utili anche le altre cose: HANNO LA LORO UTILITÀ, MA NON SONO NECESSARIE Necessaria è una cosa soltanto e Maria con il suo atteggiamento lo ha manifestato.

MARIA NON PARLA. MARIA È SEMPLICEMENTE IN ASCOLTO, MA COL SUO ESSERE STESSO “KERYGMA”, È ANNUNCIO, È PROCLAMAZIONE DI VERITÀ.

Il problema di questo testo non è un problema SUL GIUDIZIO, SE L’ATTEGGIAMENTO DI MARIA SIA MIGLIORE DELL’ATTEGGIAMENTO DI MARTA O VICEVERSA. Infatti da una parte c’è la descrizione dell’atteggiamento di Marta che arriva al punto di riconoscere la propria debolezza e la necessità del dono dello Spirito, e dall’altra c’è la persistente presenza del dono di Maria che non parla, ma che con il suo atteggiamento personale è Parola annunziata, bella notizia portata al mondo, sulla necessità della Parola del Signore.

Quando perciò questa pagina viene letta in modo eccessivamente apologetico, rischia di perdere poi il contenuto più profondo che conserva dentro.

La pagina è di fatto, come abbiamo visto, una pagina che ruota attorno a Marta e che tenta di simbolizzare in Marta l’insieme delle attività che si svolgono all’interno della Chiesa, attività che però non possono mai pretendere di esistere senza il fondamento necessario, e dunque indispensabile, della Parola.

Siamo stati posti dunque di fronte ad una pagina che rivendica la necessità del fondamento della parola per la comunità cristiana.

Ma ascoltiamo le parole del Papa. Preghiera e azione sono profondamente unite, dice Papa FRANCESCO “…Una preghiera che non porta all’azione concreta verso il fratello povero, malato, bisognoso di aiuto, il fratello in difficoltà, è una preghiera sterile e incompleta. Ma, allo stesso modo, quando nel servizio ecclesiale si è attenti solo al fare, si dà più peso alle cose, alle funzioni, alle strutture, e ci si dimentica della centralità di Cristo, non si riserva tempo per il dialogo con Lui nella preghiera, si rischia di servire sé stessi e non Dio presente nel fratello bisognoso”.

E noi dobbiamo stare bene attenti a comprenderne il senso esatto, della pericope evangelica. Perché troppo spesso siamo portati a squalificare inesorabilmente MARTA, come erroneamente fatto in mediocri meditazioni, ma constatare che l’attivismo di Marta si nutre della contemplazione di Maria:

  • MARTA NUTRE IL CRISTO CHE MARIA ADORA.
  • Una SINFONIA PERFETTA.
  • Hic Christus adoratur et pascitur. Qui Cristo è adorato e sfamato.

Non esiste una preghiera autentica che non sfoci nel servizio. È una carità sterile quella che non inizia e non termina NELLA CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO DI DIO.

Marta viene invitata a non agitarsi (non a smettere di cucinare) e ad attingere il suo servizio dall’ascolto (non dalla clausura…).

GESU’ CI INSEGNA CHE MARTA E MARIA SONO LA RAPPRESENTAZIONE DI COME DEVE ESSERE CONDOTTA LA NOSTRA VITA DI FEDE.

Riepilogando possiamo arrivare a dire che il brano di Luca ci dice che l’ospitalità è duplice: bisogna accogliere l’altro non solo nella propria casa, ma anche nella propria vita; ed è solo da “un forte rapporto di amicizia con il Signore che nasce in noi la capacità di vivere e di portare l’amore di Dio, la sua misericordia, la sua tenerezza verso gli altri”.

In questo tempo di aridità che vive il Cattolicesimo e la Chiesa, dobbiamo riscoprire il valore del dialogo intimo col Signore, della preghiera prolungata, della meditazione della Parola di Dio e, nel contempo, continuare a presidiare gli avamposti della carità e dell’accoglienza in questa società sempre più basata SOLO SUL CRITERIO DELLA PRODUTTIVITÀ, che finisce col lasciare indietro chi non ce la fa.

Siamo chiamati a riscoprire e a riproporre l’Evangelizzazione e la Preghiera, perché tutti possano assaporare IL GUSTO DI UNA PREGHIERA PROLUNGATA CHE, NASCE DALLA PAROLA, SI NUTRE DI SILENZIO, E SFOCIA NEL RICONOSCERE NEL FRATELLO POVERO IL VOLTO DI CRISTO SOFFERENTE.

Inoltre la pagina di Luca ci ha permesso di chiarire il senso cristiano di una vita cosiddetta contemplativa. E lo abbiamo fatto, perché le personalità di Marta e Maria sono state utilizzate per definire e contrapporre, anche fra gli “spirituali” cristiani, la vita attiva alla vita contemplativa.

Voglio però evidenziare che il personaggio che cammina all’interno di questo brano è Marta.

Ed è Marta che, proprio dall’incontro con il Signore, scopre che tutto ciò che fa, in fondo non è la cosa necessaria e resta connotato di debolezza al punto che sente la necessita di chiedere il dono che viene unicamente dallo Spirito Santo.

Vi lascio con due sermoni bellissimi su Marta e Maria scritto da SANT’AGOSTINO (354-430), vescovo d’Ippona, dottore della Chiesa:

  1. Voi dunque vedete e capite, credo, che in queste due donne, entrambe care al Signore, degne del suo amore e tutte e due sue discepole…, sono simboleggiate due vite: la presente e la futura; l’una vissuta nella fatica e l’altra nel riposo; l’una travagliata, l’altra beata; l’una temporanea, l’altra eterna.

Sono due vite che ho descritto brevemente come ho potuto; tocca a voi considerarle più a lungo.

Che cosa abbia la vita presente – non parlo di quella cattiva, iniqua, scellerata, lussuriosa, empia, ma di quella piena d’affanni e di travagli, oppressa da paure, angustiata da tentazioni, parlo di questa stessa vita innocente quale conveniva avesse Marta…

In quella casa non si trovava la vita peccaminosa, non si trovava né con Marta né con Maria e, se di tal genere vi era stata un tempo, era sparita appena v’era entrato il Signore.

In quella casa, che aveva accolto il Signore, rimasero dunque due vite rappresentate da due donne, ambedue innocenti, ambedue lodevoli: l’una vissuta nella fatica, l’altra nel riposo … una vissuta nei travagli, come ho detto, e l’altra nel riposo, ma nessuna delle due peccaminosa, tale da dover essere evitata da quella laboriosa; nessuna delle due oziose, tale da dover essere evitata da quella riposata.

V’erano dunque in quella casa queste due vite e c’era la sorgente della vita in persona…

In Marta era la prefigurazione delle realtà presenti, in Maria quella delle future. Noi siamo adesso nell’attività svolta da Marta, mentre speriamo quella in cui era occupata Maria.

Facciamo bene la prima per avere pienamente la seconda. Quant’è ciò che abbiamo di quell’attività? … In effetti anche adesso si compie in qualche misura quell’attività.

Lontani dalle faccende, lasciate da parte le preoccupazioni familiari, voi vi siete riuniti qui, voi state in piedi ed ascoltate; in quanto fate ciò, siete simili a Maria; inoltre voi fate più facilmente ciò che faceva Maria che non io quel che faceva Cristo.

Se tuttavia io vi dico qualche massima di Cristo, essa nutre il vostro spirito perché è di Cristo. È il pane comune di cui vivo anch’io, se pure ne vivo”.

  1. dai “Discorsi” di sant’Agostino, vescovo (Disc. 103, 1-2. 6; PL 38, 613. 615)

Le parole di nostro Signore Gesù Cristo ci vogliono ricordare che esiste un unico traguardo al quale tendiamo, quando ci affatichiamo nelle svariate occupazioni di questo mondo. Vi tendiamo mentre siamo pellegrini e non ancora stabili; in cammino e non ancora nella patria; nel desiderio e non ancora nell’appagamento.

Ma dobbiamo tendervi senza svogliatezza e senza intermissione, per poter giungere finalmente un giorno alla meta. Marta e Maria erano due sorelle, non solo sul piano della natura, ma anche in quello della religione; tutte e due onoravano Dio, tutte e due servivano il Signore presente nella carne in perfetta armonia di sentimenti.

Marta lo accolse come si sogliono accogliere i pellegrini, e tuttavia accolse il Signore come serva, il Salvatore come inferma, il Creatore come creatura; lo accolse per nutrirlo nel suo corpo mentre lei doveva nutrirsi con lo Spirito. Il Signore infatti volle prendere la forma dello schiavo ed essere nutrito in questa forma dai servi, per degnazione non per condizione. Infatti anche questa fu una degnazione, cioè offrirsi per essere nutrito: aveva un corpo in cui sentiva fame e sete.

Così dunque il Signore fu accolto come ospite, egli che “venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1, 11-12). Ha adottato dei servi e li ha resi fratelli, ha riscattato dei prigionieri e li ha costituiti coeredi. Tuttavia nessuno di voi osi esclamare: “Felici coloro che hanno meritato di ricevere Cristo in casa propria!”.

Non rammaricarti, non recriminare perché sei nato in un tempo in cui non puoi vedere il Signore nella carne. Egli non ti ha privato di questo onore, perché ha assicurato: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40).

Del resto tu, Marta, sia detto con tua buona pace, tu, già benedetta per il tuo encomiabile servizio, come ricompensa domandi il riposo. Ora sei immersa in molteplici faccende, vuoi ristorare dei corpi mortali, sia pure di persone sante. Ma dimmi: Quando sarai giunta a quella patria, troverai il pellegrino da accogliere come ospite? Troverai l’affamato cui spezzare il pane? L’assetato al quale porgere da bere? L’ammalato da visitare? Il litigioso da ricondurre alla pace? Il morto da seppellire?

Lassù non vi sarà posto per tutto questo. E allora che cosa vi sarà? Ciò che ha scelto Maria: là saremo nutriti, non nutriremo. Perciò sarà completo e perfetto ciò che qui Maria ha scelto: da quella ricca mensa raccoglieva le briciole della parola del Signore. E volete proprio sapere quello che vi sarà lassù? Il Signore stesso afferma dei suoi servi: “In verità vi dico, li farà mettere a tavola e passerà a servirli” (Lc 12, 37).

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!