LUNEDI’ XXXI^ SETTIMANA T.O. 08.11.2021 – Luca 17,1-6 “…Signore…aumenta la nostra fede”
… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo Luca 17,1-6
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo “Sono pentito”, tu gli perdonerai». Gli apostoli dissero al Signore «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe». Parola del Signore
Mediti…AMO
Ci vuole una fede cristallina, robusta per poter accogliere una Parola così esigente, così assurda.
Una Parola che ci chiede di perdonare sempre, senza calcolo, senza tirarci indietro, senza accampare mille scuse.
Una fede che sa bene quanto ci è stato perdonato e che, perciò, sa perdonare.
Ed è in virtù di questa consapevolezza, che si fa certezza, che il discepolo sa perdonare, perché ha scoperto la misura del perdono del Signore.
Il discepolo sa capire perché si sente capito, sa superare ed andare oltre perché ha scoperto che il perdono ci fa santi.
Il perdono…. Già…
Da tutti è sempre stato ritenuto un segno di DEBOLEZZA, ma invece è l’esatto opposto: è segno di forza.
Perché il perdono serve a chi lo dà, non a chi lo riceve.
Anzi, a volte, chi lo riceve non sa neppure di essere stato perdonato…
Il perdono è una cosa seria, non un’emozione fugace. Esso è opera della volontà, non del sentimento.
Il perdono ci regala il sorriso di Dio, che è felice perché perdonando siamo entrati nella dinamica di salvezza che il Padre ci offre.
Alcuni capitoli prima del testo evangelico, di oggi, di Luca, Gesù rivolge ai suoi discepoli un rimprovero più volte ricorrente nel Vangelo “…gente di poca fede” (Lc 12,28; Mt 6,30; 8,26; 14,31…).
E tutti noi, credo, cominciando dallo scrivente, siamo convinti della nostra poca Fede.
Anche noi, come gli apostoli, abbiamo riposto la nostra fiducia in Dio, ma spesso ci è costato fatica, o è stato motivo di ostacolo alle nostre vedute troppo ristrette e alle nostre aspettative umane.
Anche io vorrei ogni giorno gridare quella preghiera “…accresci in me la Fede, Signore!” (Lc 17,4).
Anche se, ragionando, si comprende che la Fede non si misura con la scala della QUANTITA’, perché essa è una QUALITA’, che sfugge ad ogni criterio di quantità.
Siamo chiamati a pregare il Signore perché ce la aumenti, ovviamente. Ma soprattutto siamo chiamati a fare un salto di qualità.
Se è fede genuina, ne basta quanto un granellino di senapa, afferma Gesù.
È un dono di Dio che non dipende dalle nostre qualità o doti personali.
Il granello di senape è piccolo, ma l’albero che genera è gigantesco. Anche se la nostra fede è piccola e debole, Dio opera attraverso di essa i miracoli.
Poiché la fede è quest’umile e totale abbandono a Lui, nell’Amore, essa è una breccia dentro di noi, nel nostro orgoglio e nel nostro ego, dove Dio può entrare e farne luogo della sua onnipotenza, che opera sempre meraviglie per mezzo della sua Grazia.
La Fede, che ci è data in dono nel Battesimo, è il caposaldo della nostra vita di Grazia. Ma la richiesta degli Apostoli è legittima “…Signore! Aumenta la nostra fede!”
Essi lanciano questo grido d’aiuto vedendo Gesù nel suo modo di vivere e operare.
Perché si sentono come schiacciati e incapaci di essere come il Maestro e incapaci di mettere in pratica quel che lui insegna.
Anch’io quando leggo il Vangelo e ascolto gli insegnamenti di Gesù e poi guardo la mia vita, mi sento assolutamente inadeguato e incapace.
E ogni giorno che passa aumenta e diviene sempre più incolmabile lo spazio tra la grandezza di Dio e la mia miserabile esistenza, all’interno della quale, ogni giorno, faccio i conti con i miei difetti, i miei compromessi e la mia fragilità.
In una società che spesso ci ostacola a vivere il Battesimo… e spesso anche la comunità cristiana non aiuta, perché è composta da persone come me in affanno a vivere il Vangelo.
Commenta il Papa Benedetto XV’, questo brano dicendo:
• “Gesù ha educato i suoi discepoli a crescere nella fede, a credere e ad affidarsi sempre di più a Lui, per costruire sulla roccia la propria vita. Per questo essi gli chiedono «Accresci in noi la fede» (Lc.17,6).
È una bella domanda che rivolgono al Signore, è la domanda fondamentale: i discepoli non chiedono doni materiali, non chiedono privilegi, ma chiedono la grazia della fede, che orienti e illumini tutta la vita; chiedono la grazia di riconoscere Dio e di poter stare in relazione intima con Lui, ricevendo da Lui tutti i suoi doni, anche quelli del coraggio, dell’amore e della speranza.
Senza rispondere direttamente alla loro preghiera, Gesù ricorre ad un’immagine paradossale per esprimere l’incredibile vitalità della fede.
Come una leva muove molto più del proprio peso, così la fede, anche un pizzico di fede, è in grado di compiere cose impensabili, straordinarie, come sradicare un grande albero e trapiantarlo nel mare.
La fede – fidarci di Cristo, accoglierlo, lasciare che ci trasformi, seguirlo fino in fondo – rende possibili le cose umanamente impossibili, in ogni realtà”.
Ma cosa è specificatamente la Fede?
La fede è una virtù soprannaturale che ci è stata data da Dio. È una virtù teologale, che abbiamo ricevuto nel Battesimo e che riceviamo con tutti i Sacramenti.
Nessuno di noi può dire: Io non ho avuto il dono della fede. DIO CI HA DONATO LA FEDE CON IL BATTESIMO, MA DOBBIAMO USARLA, altrimenti è come avere un orologio a cui però non diamo la corda e di conseguenza, esso non segna le ore.
È un tema centrale nella Bibbia. “Ti sia fatto secondo la tua fede!”, dirà Gesù più volte nel Vangelo ai malati da lui guariti.
Allora siamo in difficoltà. Perché la nostra fede non è FEDE, perché DUBITIAMO.
Quando dentro di noi diciamo “…facciamo nostro tutto ciò che sta sulla terra, perché dopo chissà che c’è!” in realtà abbiamo attestato che non crediamo all’esistenza del paradiso.
Quando san Pietro vide Gesù camminare sulle acque disse «…Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque». E il Signore comandò «…Vieni!», Pietro si mise a camminare sulle acque, ma mentre camminava dubitò e cominciò ad affondare (Mt 14, 28-30). Ecco allora che chi dubita non ha fede!
Un’altra mancanza di fede nella quale cadiamo tutti è la fede senza le opere. Dice san Giacomo “…la fede senza le opere è morta” (Gc 2,26), CIOÈ NON È FEDE.
E se non facciamo opere di carità, vivendo in Grazia di Dio, le nostre opere non giovano a nulla. Dice infatti il Signore “…conosco le tue opere, ti si crede vivo e invece sei morto” (Ap 3, 1). Ragion per cui, chi non si dà da fare a confessarsi per vivere in Grazia di Dio, vive la fede senza le opere.
La fede senza le opere, poi, ce l’ha anche il demonio, il quale crede che Dio esiste ed è onnipotente, e trema al pensiero della sua giustizia, ma rimane nell’eternità del peccato della sua superbia.
Se uno crede che Dio esiste, ma non prega, non va a Messa, non canta la liturgia delle Ore, non prega il santo rosario, anzi bestemmia e non osserva la legge di Dio, la sua fede è senza le opere.
Troppo spesso noi siamo gente che vive una NON FEDE, che in realtà è un misto di incredulità, di dubbio e di fede senza le opere.
Ecco perché Gesù continua a gridarci “…O generazione incredula! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi?”
L’esperienza, che spesso facciamo della nostra fede, quindi, è di una povera Fede che vacilla.
Crediamo in Gesù, si è vero, ma fino ad un certo punto. E quando questa adesione richiede scelte piuttosto impegnative, allora la nostra fede viene meno.
Gesù ha prospettato ai discepoli un cammino difficile. Passare attraverso la porta stretta…
Gesù ci chiede cose impegnative … rinunce, fino a perdonare i nostri nemici e ad amarli.
È per questo che i discepoli chiedono di aumentare loro la fede, ma Gesù non lo può fare.
Lui ce la mette tutta per farci innamorare, ma siamo noi che dobbiamo aprire il nostro cuore e capire la bellezza della sua proposta di amore … e scegliere di amarlo.
Ecco allora la necessità della preghiera che ci fa scoprire il dono che è Gesù. Pregare non vuol dire ripetere formule, ma contemplare. La preghiera ci dispone ad accogliere con gioia il suo amore.
Nel Vangelo, abbiamo visto Gesù che fa esempi paradossali, ma l’immagine è significativa “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: Sràdicati e vai a piantarti nel mare, ed esso vi obbedirebbe”.
Ci sono radici dentro di noi che devono essere sradicate, pensiamo a certi odii, a certi rancori che durano magari da decenni e nessuno riesce a sradicare, basterebbe un briciolo di adesione a Cristo.
Allora io ti vorrei gridare, o Signore:
• “Dammi la fede grande anche come un granellino di senapa e diventerò capace di superare il pessimismo e la pigrizia che mi paralizzano, e diventerò capace di fare cose che sembrano impossibili prima di tutto a me stesso. Diventerò capace di amare di più, di perdonare di più, di cancellare questi antichi odii e rancori, che mi porto appresso sin dalla mia giovane età e sarò capace di costruire un pezzetto del tuo regno attorno a me”.
E anche questa mattina vi lascio alla scuola di un grande apologeta del II secolo, SAN TEOFILO DI ANTIOCHIA, Vescovo e teologo siro, morto nel 185 d.C., nella sua opera “Apologia ad Autolico” I, 7, diceva:
• «Perché non credi? Non sai tu che la fede viene prima di tutto? Quale contadino infatti può mietere se prima non ha affidato il seme alla terra? E chi può attraversare il mare, se prima non si affida alla nave e al pilota? Quale ammalato può essere guarito se prima non si affida al medico?»
L’Apologia ad Autolico è il più antico scritto a noi pervenuto in cui compare il termine “Trinità”.
Teofilo ne parla commentando i primi tre giorni della creazione, che egli pone in corrispondenza con la Trinità composta da Dio Padre, dal Logos (= il Verbo) e dalla Sapienza.
La corrispondenza fra Gesù Cristo e il Logos è evidente nel prologo del vangelo di Giovanni.
Benché nel Nuovo Testamento si utilizzi generalmente il termine Spirito Santo per indicare la Sapienza di Dio, la scelta di quest’ultimo termine costituisce un riferimento alla radice veterotestamentaria della dottrina sullo Spirito Santo e in particolare all’ottavo capitolo del Libro dei Proverbi.
Questa scelta terminologica è coerente con il resto dello scritto di Teofilo, in cui si citano quasi esclusivamente i libri dell’Antico Testamento.
“La Chiesa è sempre stata avvolta dalla fede e se noi vogliamo rimanere nella Chiesa DOBBIAMO VIVERE DI FEDE, anche oggi abbiamo bisogno, in modo particolare oggi, di una grande fede”, scriveva il servo di Dio Guglielmo Giaquinta nel 1971, evidenziando la necessità di una FEDE EROICA, che sull’esempio del grande padre Abramo, e poi di Maria, di Pietro, di Paolo, di tutta la Chiesa delle origini, riprendesse vivezza e incisività.
E così è…
Dalla lettera apostolica “Porta Fidei” di Benedetto XVI
“Per fede gli Apostoli lasciarono ogni cosa per seguire il Maestro. Credettero alle parole con le quali annunciava il Regno di Dio presente e realizzato nella sua persona. Vissero in comunione di vita con Gesù che li istruiva con il suo insegnamento, lasciando loro una nuova regola di vita con la quale sarebbero stati riconosciuti come suoi discepoli dopo la sua morte. Per fede andarono nel mondo intero, seguendo il mandato di portare il Vangelo ad ogni creatura e, senza alcun timore, annunciarono a tutti la gioia della risurrezione di cui furono fedeli testimoni. Per fede i discepoli formarono la prima comunità raccolta intorno all’insegnamento degli Apostoli, nella preghiera, nella celebrazione dell’Eucaristia, mettendo in comune quanto possedevano per sovvenire alle necessità dei fratelli. Per fede i martiri donarono la loro vita, per testimoniare la verità del Vangelo che li aveva trasformati e resi capaci di giungere fino al dono più grande dell’amore con il perdono dei propri persecutori. Per fede uomini e donne hanno consacrato la loro vita a Cristo, lasciando ogni cosa per vivere in semplicità evangelica l’obbedienza, la povertà e la castità, segni concreti dell’attesa del Signore che non tarda a venire. Per fede tanti cristiani hanno promosso un’azione a favore della giustizia per rendere concreta la parola del Signore, venuto ad annunciare la liberazione dall’oppressione e un anno di grazia per tutti. Per fede, nel corso dei secoli, uomini e donne di tutte le età, il cui nome è scritto nel Libro della vita, hanno confessato la bellezza di seguire il Signore Gesù là dove venivano chiamati a dare testimonianza del loro essere cristiani: nella famiglia, nella professione, nella vita pubblica, nell’esercizio dei carismi e ministeri ai quali furono chiamati. Per fede viviamo anche noi: per il riconoscimento vivo del Signore Gesù, presente nella nostra esistenza e nella storia”.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!