LUNEDI’ XXX’ SETTIMANA T.O. 25.10.2021– Luca 13,10-17 “…il Signore replicò…”

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

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Dal Vangelo secondo Luca 13,10-17

In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato». Il Signore gli replicò «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?». Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute. Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Dio non guarda il calendario, non conosce il riposo e soprattutto, NON VA MAI IN FERIE.

E, come un padre e ancor di più, come una madre, è SEMPRE disponibile, ogni momento, per i suoi figli, sia di notte che di giorno, quando sono vicini e di più quando sono lontani.

La madre non conosce riposo e specie la domenica, lavora di più, perché invita i suoi figli e prepara loro vivande più elaborate, che amano, e che sono squisite. Ma la cui preparazione suppone una fatica maggiore dei giorni feriali e soprattutto la privano delle della possibilità di riposarsi.

Ma la madre, la domenica, quando imbandisce la tavola, è infinitamente felice, anche se si è svegliata all’alba per accendere il fuoco e per preparare in tempo tutto ciò che serve per il pranzo domenicale.

Questo comportamento umano che noi riscontriamo in molte famiglie italiane, dove ci sono figli sposati e nipoti, per le quali la domenica è considerato IL GIORNO IN CUI SI VA A MANGIARE A CASA DEI GENITORI.

A maggior ragione Dio, che non è un genitore qualunque, MA UN PADRE BUONO, che provvede non solo al cibo, ma anche a rimettere in piedi, permette di camminare, fa guarire quelli che per qualche motivo non possono aderire all’invito, o non possono partecipare al suo banchetto di nozze celesti.

Tante malattie ci impediscono di godere appieno dell’amore del Padre e a ognuna di esse Dio pone rimedio.

Oggi è la volta di questa povera donna curva, rigida in una posizione, che riceve aiuto dal Signore.

La posizione curva le impedisce di incrociare lo sguardo di chi le sta davanti. Questa terribile posizione la fa guardare solo in terra e non il cielo.

Questa rigidità le impedisce di modificare il suo rapporto con la realtà che la circonda. Le impedisce di essere libera nel movimento, libera di servire, libera di rispondere alla chiamata.

Perché la rigidità è la paralisi del pensiero, è la chiusura del cuore, è impedimento, è ostacolo ad accogliere la novità di quello Spirito che ci fa gridare “Abbà Padre!”.

E Gesù guarisce questa donna, perché vuole farla partecipe di tutto ciò che è già pronto per ognuno di noi.

Solo chi è libero da malattie può servire, perciò Gesù guarisce i malati.

La pericope evangelica ci dice che è curva per la violenza esercitata da uno spirito cattivo che le causava una qualche grave forma di malattia alla schiena.

Ma, io credo, fosse anche curva sotto il peso di quello che, chi le sta attorno, le chiede.

Perché nel mondo ebraico una donna dev’essere sottomessa ed obbediente al maschio di casa. Al padre, prima, al marito, poi.

Era una consuetudine millenaria, un’evidenza in tutte le culture, non solo quella di Israele.

È curva, perché non ha dignità, perché non ha la possibilità di alzarsi e di prendere in mano il proprio destino, la propria dignità.

È curva e quindi accasciata sotto il senso del dovere che le hanno insegnato, giorno dopo giorno, anche citando brani specifici della Scrittura.

Per Gesù, invece, è solo una persona che soffre.

Una persona che chiede di diventare finalmente una persona libera, riconosciuta nella sua identità.

E la raddrizza.

Con grave scandalo per i farisei maschi presenti che invocano una assurda questione teologica.

Ma Gesù la difende e svergogna pubblicamente i suoi avversari. E la forza della sua PAROLA, l’autorevolezza del suo ragionamento mette a tacere ogni obiezione.

Il Signore ci raddrizza, amici, e ci difende. SEMPRE. Anche oggi.

Ma Dio fa in modo che il ministero di evangelizzazione di Gesù sia affianco ad ogni realtà di sofferenza.

È terribile la vicenda di questa povera donna, che non ha neppure la forza per parlare e per attirare così l’attenzione di Gesù. Ma il Maestro si accorge di lei.

Ma anche se era “Shabbàt”, il giorno sacro del sabato, ed esso imponeva che lo sguardo dell’ebreo osservante fosse totalmente ed esclusivamente teso verso Dio, Gesù agisce in nome di un Dio che è Padre.

E di un Padre, BUONO, che ha mandato il proprio figlio “ad annunziare ai poveri il lieto messaggio, a proclamare ai prigionieri la liberazione“.

Ecco allora che la donna curva e infelice può essere liberata dalla paralisi. Il Maestro l’ha vista, l’ha chiamata “…Donna, sei libera dalla tua infermità“. Ora, colei che stava quasi raggomitolata su sé stessa, si alza e glorifica Dio. È il miracolo della vita, quasi una risurrezione per una gioia piena.

Ed è bello un particolare di questa guarigione. Gesù non le dice: sei guarita…. MA SEI LIBERA!

È più forte e più espressivo di quello che il Signore vuol dirmi con questa frase. Si trattava infatti di liberare questa donna da un’infermità che da diciotto anni l’affliggeva, attraverso uno spirito cattivo.

La liberazione che Gesù offre questa donna è completa, è guarigione del corpo e liberazione nello spirito.

Lo si deduce dal fatto che ella, appena guarita, si raddrizza all’istante, riprende la sua statura psichica e fisica, e si mette a glorificare Dio, segno questo della sua liberazione spirituale interiore.

Probabilmente, per un insieme di ferite inferte e ricevute, debolezze, paure e ignoranza, la prigionia di questa donna era iniziata nel momento in cui aveva iniziato a pensare male di Dio, della vita, di sé stessa, E COSÌ A TRATTENERE LO SPIRITO CONTRATTO DEL RANCORE, I PESI DEI SENSI DI COLPA, I TIRANTI DELLA VENDETTA, LE TRAZIONI DILANIANTI DELLA RABBIA.

Ed è questo atteggiamento interiore della donna, abituata a trattenere il male, che permette a Satana di farne una sua preda, di avvinghiarsi a lei, di tenerla legata e prigioniera e di piegarla e incurvarla a terra nella mente, nello spirito e nel corpo per 18 anni.

Gesù le impone le mani e la donna è guarita. E immediatamente si raddrizza e glorifica Dio. La guarigione operata da Gesù permette alla donna di rimettersi in “asse” con sé stessa, con la vita, con Dio.

E purtroppo dobbiamo constatare che questa guarigione che non avviene in alcun modo, nel cuore e nello spirito, del capo della sinagoga, CHE NON È RICURVO E PIEGATO NEL CORPO, MA È UGUALMENTE IMPRIGIONATO MENTALMENTE NELLE CATENE DI SATANA, PERCHÉ TRATTIENE IN SÉ LO SPIRITO DEL MALE.

Perché il capo della sinagoga è AGGRAPPATO A UNA CONCEZIONE LEGALISTICA DELLA FEDE ed è addirittura “sdegnato” perché la guarigione di questa poveretta avviene in giorno di “sabato“.

Gesù però è lì a far risplendere il senso vero dello “Shabbàt“, che non è vuota osservanza priva di carità del cuore.

Ma consiste nel dare gloria a Dio, anzitutto dilatando il cuore agli imperativi della carità.

Le prescrizioni della Legge hanno certamente la loro importanza, ma le persone sono più importanti di esse.

Certo, esse vanno osservate, PURCHÉ SIA OSSERVATO IL PRIMATO DI QUELLA CARITÀ che è cammino di liberazione delle persone. E non è mai soffocamento delle loro esigenze vitali.

Ma terribile è anche l’atteggiamento dei “GUARDIANI DELLA SINAGOGA” …. che mi fa pensare alla mia e alla nostra miseria umana.

E mi chiedo perché l’uomo sia così diabolicamente abile nello stravolgere la Legge di Dio?

Una legge donata per la libertà, per la crescita, per l’armonia. Ma che noi pieghiamo, spesso ai nostri scopi, che non sono quelli per cui Dio la ha rivelata, facendola diventare un’esasperante gabbia che soffoca?

La legge ci è rivelata in dono da Dio come indicazione per raggiungere la felicità, non come “sofferenza da espiare” per essere salvati!

Così, al tempo di Gesù, la scrupolosa osservanza del sabato, riposo richiesto nella Torah per ricordare ai figli di Israele DI ESSERE DEI FIGLI, non per essere diversamente schiavi, era di fatto diventata la scrupolosa e asfissiante osservanza di mille regole:

  • -che dicevano il numero dei passi che si era autorizzati a fare,
  • -al fatto che se un animale fosse caduto nel pozzo si era autorizzati a sfamarlo, per salvarlo solo il giorno seguente.

Gesù è turbato ed offeso dalla polemica nata per la guarigione, in giorno di sabato, di una povera donna.

Anche noi siamo farisei pedissequamente osservanti della legge, quando ci fa comodo o abbiamo “oscuri scopi”.

Dovremmo leggere più spesso Paolo, che ai cristiani di Roma, parlando a tal proposito scrive:

  • Fratelli miei, anche voi, mediante il corpo di Cristo, siete stati messi a morte quanto alla Legge per appartenere a un altro, cioè a colui che fu risuscitato dai morti, affinché noi portiamo frutti per Dio. Quando infatti eravamo nella debolezza della carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla Legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte. Ora invece, morti a ciò che ci teneva prigionieri, siamo stati liberati dalla Legge per servire secondo lo Spirito, che è nuovo, e non secondo la lettera, che è antiquata (Rm 7,1-6)”.

O quando scrive ai cristiani che vivono a Corinto:

  • “Cominciamo di nuovo a raccomandare noi stessi? O abbiamo forse bisogno, come alcuni, di lettere di raccomandazione per voi o da parte vostra? La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini. È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma su tavole di cuori umani. Proprio questa è la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio. Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio, il quale anche ci ha resi capaci di essere ministri di una nuova alleanza, non della lettera, ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito invece dà vita (2Cor 3,1-6)”.

O alla sua comunità che vive in Galazia:

  • “Se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri (Gal 5,1-25)”.

Gesù è il vero Maestro secondo lo Spirito del Signore.

Sempre da Lui mosso dona alla Legge la pienezza della sua verità di amore, misericordia, compassione, fedeltà, giustizia, grande attualizzazione.

SENZA LO SPIRITO DI DIO ANCHE LA LEGGE DIVIENE PECCATO E, INESORABILMENTE, SI TRASFORMA IN UNO STRUMENTO PER IL MALE E NON PIÙ PER IL BENE.

Ricordiamoci allora che lo Spirito del Signore deve sempre abitare in chi è preposto ad insegnare la Legge del Signore. È Lui, solo Lui, LO SPIRITO, la verità della Legge e del Vangelo. Lui e nessun altro.

Ma questa pericope evangelica ci insegna anche che è sempre Gesù a prendere l’iniziativa, è lui che ci cerca per offrirci la salvezza, MA A NOI SPETTA L’ARDUO COMPITO DI ACCETTARLA.

Se la donna avesse detto a Gesù “…oggi è sabato e non posso avvicinarmi a te, non posso accettare il tuo dono”, non sarebbe guarita.

Scriveva S. Agostino “…Dio, che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te”.

Ciascuno di noi conserva la possibilità, la triste sventura di rifiutare l’amore di Dio e ribellarsi a lui, di respingerlo, forse implicitamente, con il comportamento o addirittura di esclamare come gli indemoniati che Gesù incontra “…non vogliamo che costui venga a regnare su di noi” (Lc 19, 14).

Impariamo allora, Fratelli e Sorelle ad identificarci nella donna curva, perché schiavizzata dai propri limiti e dalle proprie paure, ed a rivolgerci al Signore Gesù chiedendogli che ci guarisca con il suo sguardo d’amore.

E lo vogliamo fare usando la preghiera di Madre Teresa

“Un pensiero e una preghiera per tutte quelle donne che non ricevono neanche un semplice sorriso.

Un pensiero e una preghiera per quelle maltrattate anche tra le mura domestiche, che nel silenzio vivono il loro dramma.

Un pensiero e una preghiera per quelle bambine che sono mutilate, violentate, uccise.

Un pensiero e una preghiera per le donne di paesi dove in nome di leggi e consuetudini sono private della loro dignità e libertà.

Un pensiero, una preghiera e un grazie sincero a tutte quelle donne che non vivono la vita solo per se stesse, ma sono “esempio” in famiglia, a lavoro, nella società”.

 

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!