LUNEDI’ 17 SETTIMANA T.O. GIOACCHINO E ANNA – Mt 13,31-35 Il granello di senape diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi ram

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo Matteo 13,31-35
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». Disse loro un’altra parabola «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo». Parola del Signore

Mediti…AMO
S. Anna nacque a Betlemme in umile dimora, e fu predestinata da Dio ad andare sposa a Gioachino. Entrambi erano della stirpe di David. I due sposi scelti dal Cielo a darci l’Immacolata da tanti anni sospiravano un figlio e pregavano con lacrime l’Onnipotente affinché esaudisse i loro desideri. Come l’antica Anna, madre di Samuele, effondeva presso il Signore le sue preci e faceva voto di consacrargli interamente il figlio che le avrebbe mandato, così la madre di Maria prometteva di consacrare a Dio la prole che le avrebbe concesso
Avanzata ormai d’età e sterile, il suo stato era allora considerato come un castigo del cielo, come un’esclusione dal partecipare alla nascita del Messia. ANNA PERÒ SEPPE PAZIENTARE E SOFFRIRE LA IGNOMINIA E IL COMPATIMENTO DELLE DONNE NAZARETANE E IDDIO LE PREPARÒ LA PIÙ GRANDE CONSOLAZIONE, ELEGGENDOLA A GENITRICE DELLA MADRE DEL SALVATORE.
I due si ritirarono in disparte per pregare e ottenere da Dio la grazia che arrivò con l’annuncio di un angelo «Anna, il Signore ha ascoltato la tua preghiera e tu concepirai e partorirai e si parlerà della tua prole in tutto il mondo»
«Veramente beata, e mille volte beata sei tu, o Anna, esclama il San Giovanni Damasceno, che hai messo al mondo quella bambina che Dio ricolmò di beatitudine, Maria, che il suo nome stesso rende singolarmente veneranda; la quale ha prodotto Cristo, il fiore di vita: la Vergine, la cui nascita fu gloriosa, e il suo parto sarà ancor più sublime. Noi pure, o beatissima donna, ci felicitiamo con te d’aver avuto il privilegio di darci la speranza di tutti i cuori, la prole cioè della promessa. Sì, sei beata, e beato è il frutto del tuo seno. Le anime pie glorificano il tuo germe, ed ogni lingua celebra con gioia la tua maternità. E certo, è degno, sommamente degno, lodare colei che Dio favorì di un oracolo e diede a noi il meraviglioso frutto, donde è uscito il grazioso Gesù».
La santità di Anna fu certamente in rapporto con la sua dignità. La fede, l’amore vivissimo a Dio, l’intima unione con Lui, la puntuale osservanza della legge divina, la purità, la carità, la prudenza, la fortezza, tutte le virtù si intrecciarono in lei. La santità eccelsa della figlia doveva pure esser per lei un continuo stimolo per crescere ogni giorno nella virtù.
E se la Vergine, col visitare S. Elisabetta e col trattenersi con lei per tre mesi, riempì di benedizioni quella casa, chi può mai dire quanto abbondantemente fosse ricolma di grazia Anna, che per più anni visse con la Vergine e l’ebbe soggetta ed ubbidiente?
Maria contava tre anni ed allora Anna con Gioachino, suo santo sposo, condusse la figliuola al Tempio e l’abbandonò nelle mani di Dio.
Fu grande dolore per lei, ma lo seppe sopportare con la serenità dei giusti che vedono in tutti gli eventi un disegno della Provvidenza per il bene delle anime.
La missione a lei assegnata era ormai compiuta ed ella spirava in Gerusalemme tra le braccia della figlia benedetta. Aveva 69 anni.
Ma veniamo al testo evangelico
La Parabola, nella Scrittura, non è un discorso simbolico, un racconto per immagini, nel quale sono nascoste le verità della fede. È vero, essa contiene in sé anche questo significato, ma non è il solo.
Le parabole di cui parla La Scrittura sono il racconto delle grandi opere di Dio.
Esse sono così misteriose che nessun uomo, a meno che non sia perennemente illuminato dallo Spirito Santo, potrà comprenderle. Sono sempre un arcano dinanzi ai suoi occhi e alla sua mente. Legge, vede le opere, ma non le comprende. Gli manca la saggezza di esse. Gli manca lo Spirito del Signore.
Dice il salmo 78 Ascolta, popolo mio, la mia legge, porgi l’orecchio alle parole della mia bocca. Aprirò la mia bocca con una parabola, rievocherò gli enigmi dei tempi antichi.
Diceva ancora il profeta OSEA, tra il 786 e il 724 a.C. (durante i regni di Uzzia, Iotam, Acaz ed Ezechia nel regno di Giuda (o regno del Sud) e Geroboamo II nel regno di Israele (o regno del Nord), al capitolo 12,10-11 del suo Libro:
• “«Eppure io sono il Signore, tuo Dio, fin dal paese d’Egitto. Ti farò ancora abitare sotto le tende, come ai giorni dell’incontro nel deserto. Io parlerò ai profeti, moltiplicherò le visioni e per mezzo dei profeti parlerò con parabole».
Con 8 citazioni, Osea è il terzo profeta più citato nel Nuovo Testamento. Il suo libro, suddiviso in 14 capitoli, presenta una struttura circolare, in quanto si susseguono 6 annunci del giudizio di Dio, a ciascuno dei quali ne segue uno di Grazia. Lo scopo della profezia di Osea era quello di chiamare Israele al pentimento, profetizzare sulla causa della deportazione a Babilonia, dovuta all’infedeltà del popolo, e predire la restaurazione.
Lo stesso avviene per le parabole di Gesù, che sono la manifestazione di tutta la potenza di grazia, redenzione, giustificazione.
Ma dobbiamo anche dire che, tutta la vita di Gesù, è la parabola più eccelsa, elevata, santissima che il Padre ha creato per noi. La sua Croce è una parabola stupenda.
Chi mai potrà penetrare in essa per comprenderne tutto il suo infinito significato?
Non solo le parole, ma l’intera vita di Gesù è la parabola, l’opera del Padre in nostro favore. Su di essa sempre dobbiamo meditare. Senza una quotidiana riflessione saremo perennemente fuori del mistero.
La parabola è un racconto che ha bisogno di essere spiegato al fine di venire compreso. Le immagini sono vero veicolo della verità che ad esse si vuole dare. Senza il dono della verità, la parabola rimane muta. Ecco come Dio parla al suo popolo.
Chi deve dare la verità ad ogni parabola di Gesù è lo Spirito Santo. Sempre Lui dovrà illuminare le menti credenti perché comprendano con luce sempre nuova e attuale quanto è nascosto in esse. Senza la luce dello Spirito, tutto rimane oscuro e nebuloso.
ANCHE DELLA NOSTRA VITA IL SIGNORE VUOLE FARE UNA PARABOLA, CHE RENDA VISIBILE L’OPERA DEL SUO AMORE. I Santi sono una parabola sempre nuova, scritta dal cuore del Padre per noi. Essi però hanno permesso al Signore che la scrivesse con il loro sangue offerto per la redenzione dei loro fratelli. Finché la nostra vita non diverrà, in Cristo, la parabola dei tempi attuali del Padre, noi cristianamente parlando siamo una parabola vuota.
Ma cerchiamo di entrare un poco nel discorso evangelico. Innanzitutto ci troviamo innanzi a due scene. Per la prima San Girolamo, il grande commentatore della Bibbia ha scritto:
• “Chi semina nel suo campo è colui che semina in sé medesimo, nel suo cuore. Ebbene chi è questo seminatore se non la nostra intelligenza, il nostro animo, che, ricevendo il granello della predicazione e nutrendolo con la linfa della fede, lo fa germogliare nel campo del suo cuore? La predicazione del vangelo è fatta di piccoli insegnamenti. Annunziando lo scandalo della croce, la predicazione dapprima non presenta altre verità da credere che quella dell’Uomo-Dio e di Dio morto. Paragona una simile dottrina alle teorie dei filosofi, ai loro libri, allo splendore 71 della loro eloquenza, all’armonia delle parole, e vedrai quanto la semente del vangelo sia più piccola rispetto a tutti questi altri semi. Ma quando questi crescono non dimostrano di avere niente di vitale, niente di ardente, né di vivo: flaccidi, molli e putridi, questi semi germogliano in ortaggi, in erbe che rapidamente inaridiscono e si corrompono. Invece questa predicazione che all’inizio sembrava tanto piccola, quando è seminata nell’anima del credente, o meglio in tutto il mondo, non sboccia in ortaggio, ma cresce in albero, tanto che gli uccelli del cielo ( in cui dobbiamo riconoscere le anime dei credenti, o le potenze che sono poste al servizio di Dio ) verranno e abiteranno nei suoi rami. Credo che i rami dell’albero evangelico che è nato dal granello di senape, siano le diverse verità, sulle quali ogni uccello si sostiene e riposa. Prendiamo anche noi le penne della colomba, per volare in alto e abitare sui rami di questo albero e farci su di essi dei nidi di dottrina, e avvicinarci così, rifuggendo dalle cose terrene, alle celesti”.
Per la seconda scena leggiamo alcuni Padri della Chiesa che hanno scritto:
• SAN GIROLAMO: “La donna che prende il lievito e lo impasta con tre staia di farina, finché tutta la pasta non sia fermentata, mi sembra l’immagine della predicazione degli apostoli, oppure della chiesa, che è sorta dall’impasto di genti diverse. Essa prende il lievito, cioè la conoscenza e la comprensione delle Scritture, e lo impasta con tre staia di farina, affinché lo spirito, il corpo e l’anima, diventate una cosa sola non abbiano più a contrastarsi tra loro, ma, riuniti in due o tre ottengano dal Padre quanto gli avevano chiesto”.
• SAN GIOVANNI CRISOSTOMO: “Egli ha mescolato alla moltitudine degli uomini coloro che credono in Lui, in modo da comunicare agli altri la nostra stessa fede. Nessuno dunque si lamenti per il piccolo numero degli apostoli, dato che grande è la forza e la potenza della predicazione evangelica e ciò che è stato una volta lievitato si cambia a sua volta in lievito per tutto il resto… è il lievito da solo che compie tutta l’opera di trasformazione”.
• SANT’ILARIO di POITIERS “Il Signore si è paragonato a un granello di senape, acre al massimo e il più piccolo di tutti i semi, la cui forza e potenza è accresciuta da tribolazioni e afflizioni. Questo granello, dopo che è stato seminato in un campo, cresce più grande degli altri legumi e si eleva al di sopra di tutta la gloria dei profeti. Come una pianta, infatti, la predicazione dei profeti è stata somministrata a Israele come a un malato. Ma ora fra i rami dell’albero che si eleva dal suolo verso il cielo, si annidano gli uccelli del cielo. Con questi rami noi comprendiamo che sono indicati gli apostoli, i quali si spandono a partire dalla potenza di Cristo ed estendono la loro ombra sul mondo. Verso di essi i pagani voleranno nella speranza della vita e si riposeranno su di essi, come sui rami di un albero affaticati dalla bufera dei venti, cioè dal soffio e dall’alito del diavolo”.
• SAN GIROLAMO: “Queste cose tutte disse Gesù in parabole alle folle e senza parabola niente diceva a loro, affinché si adempisse la cosa detta per mezzo del profeta che dice: Aprirò in parabole la mia bocca, proferirò cose nascoste da fondazione di mondo. “Questa testimonianza è tratta dal settantottesimo salmo, versetto cinque… Da ciò comprendiamo che tutti i versetti vanno intesi secondo il senso allegorico, in quanto in essi, non soltanto appare chiaro il significato letterale, ma sono celati i misteri”.
Così scriveva S. Gerolamo, e la sua parola ci sembra quanto mai attuale, in un tempo in cui si rifiuta l’esegesi di tipo allegorico, DIMENTICANDO CHE NEL VANGELO STESSO È SCRITTO CHE GESÙ NON PARLAVA SENZA PARABOLE. LA REALTÀ È NASCOSTA E CELATA NELL’IMMAGINE.
È la mia grande difficoltà nell’insegnare la Scrittura. Lo dico sempre ai miei discenti: Come può comprendere i misteri che Dio SVELA dal profondo del suo Essere, CHI NON SI LASCIA DA LUI ILLUMINARE ED ISTRUIRE? Sarà abbandonato alla stoltezza e alla miopia della propria intelligenza, come le folle che seguono Gesù.
Dice un grande PADRE DELLA CHIESA, ORIGENE ADAMANZIO, noto anche come ORIGENE DI ALESSANDRIA:
• “Mentre è nella casa, osiamo interrogarlo sulla spiegazione sia della parabola della zizzania del campo sia di qualche altra. Per comprendere più esattamente quale realtà rappresenti la casa di Gesù, si raccolgano dai Vangeli tutte le cose dette sulla casa di Gesù, quali parole abbia detto o quali azioni abbia compiuto in essa. Questi elementi, infatti, raffrontati tra loro convinceranno chi segue attentamente tale lettura, che i testi del Vangelo non sono solo semplici, come pensano taluni, ma presentati come semplici ai semplici per economia, mentre per coloro che vogliono e possono ascoltarli in modo più sottile, celano realtà di sapienza e degne del Logos di Dio”)
Meditiamo su tutto ciò, fratelli e sorelle…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!