GIOVEDI’ XXXIV’ SETT.TO 25.11.2021 – Lc 21,20-28 “Gerusalemme sarà calpestata dai pagani”
… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo Luca 21,20-28
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti. Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». Parola del Signore
Mediti…AMO
Ci avviciniamo ormai agli ultimi giorni dell’anno liturgico e nelle letture che ci vengono proposte prevalgono le pagine apocalittiche del vangelo di Luca.
Un linguaggio che conosciamo ormai bene, perché ampiamente usato dall’evangelista Giovanni, molto in auge al tempo di Gesù. Questo linguaggio, attraverso una serie di immagini fantasiose voleva richiamare l’attenzione del lettore per indirizzarla ad una particolare visione della realtà.
Anche Luca si serve di questo linguaggio per parlare degli ultimi tempi che stanno per arrivare.
È straordinaria la sua visione: davanti al caos di eventi catastrofici, di guerre, di carestie, di instabilità politica, Luca invita l’uomo che cammina sulle strade della storia, “ad alzare lo sguardo”.
Seguendo il suo invito, in queste cupe pagine, troviamo una chiave di interpretazione nuova e straordinaria per la nostra vita.
Nella serie di catastrofi che Gesù elenca, alcuni esegeti vi vedono anche l’allusione alla distruzione del tempio di Gerusalemme, ma quel che conta, è che davanti a tutte queste catastrofi ciò che i discepoli sono chiamati a fare “è alzare lo sguardo”, perché passa la scena di questo mondo e le tragedie, le guerre, le battaglie, le lotte, le catastrofi naturali sono il solo segno di un mondo nuovo, altro, alto, che avanza.
Quanta fede ci vuole per credere a questo! Quanta passione per credere, sul serio, che l’uomo non è un pazzo autodistruttore e che l’universo non precipita nel caos! E credere che Dio veglia su questo mondo ed ha su tutto un progetto di bene!
Ma bisogna tener presente che affinché venga inaugurato il mondo nuovo del Signore è necessario che di distrugga definitivamente il mondo vecchio, rappresentato dal peccato e dalla nostra resistenza a convertirci all’amore di Dio.
Certo, quando vedremo questi segni, ci troveremo certamente innanzi a Eventi naturali catastrofici, eventi terribili causati dalla disumanità sembrano essere i segni della parusia. Ma essi non sono l’esito finale.
Sono solo il segno premonitore che sta arrivando qualcosa che dimostrerà che il bene è più forte del male.
Noi temiamo questi eventi perché li vediamo in tutto quello di tremendo che sta succedendo nella nostra storia, dimenticando però che essa non è tutta lì.
E ci scordiamo anche che nei secoli passati ci sono stati cataclismi e atrocità e guerre mondiali, ma non ne hanno mai ratificato la fine.
Inoltre non dobbiamo dimenticare che non esisteranno mai crimini o disastri così gravi da cancellare dal nostro cuore l’anelito di salvezza.
NIENTE PUÒ DISTRUGGERE L’AMORE DI DIO IN NOI E LA NOSTRA CAPACITÀ IN LUI DI GENERARE VITA E DI PERMETTERE ALLA VITA DI ESSERE, IN CRISTO, PIENA E ABBONDANTE PER TUTTI.
Il Cristianesimo ha emanato una forza spirituale capace di travolgere le strutture del mondo antico; se nella storia umana tutto vacilla e crolla, Gesù offre a noi oggi la possibilità di orientare il cuore verso la luce e la verità che nulla potrà distruggere.
Già nell’Antico Testamento si ricorreva a un genere letterario detto “apocalittico”, vocabolo di origine greca che designa la “rivelazione” (apokálypsis) di un mistero.
Questo genere era ricco di simboli piuttosto forti e molto “colorati”, di visioni, di segni che evidentemente non devono essere presi alla lettera, come si è fatto in passato e come accade talvolta ancor oggi.
Anche Gesù adotta quelle immagini: lo si può vedere leggendo l’intero brano della “grande apocalisse” lucana.
Per un ebreo saldamente attaccato alla tradizione ed alla fede del proprio popolo era impensabile un mondo senza Gerusalemme città santa di Dio.
LA FINE DI GERUSALEMME DOVEVA SIGNIFICARE PER FORZA DI COSE LA FINE DELL’UMANITÀ TUTTA.
Nessuna meraviglia: i Romani stessi pensavano che la fine di Roma sarebbe stata la fine del mondo.
Gesù fa proprio questo luogo comune della mentalità ebraica per allargare il discorso della distruzione di Gerusalemme a quello della fine del mondo e della venuta ultima del Figlio di Dio per il giudizio universale.
Non solo: quel Gesù che viene nell’ultimo tempo è lo stesso Gesù che viene nel tempo della nostra morte. L’attesa che conta in definitiva è sempre la stessa.
Ma perché Gesù annunzia la distruzione della città santa?
Perché essa ha rifiutato il Signore che nella Persona del Figlio suo era venuto per invitarla alla conversione, nell’accoglienza del Vangelo, a credere che il suo Messia era in mezzo al suo popolo.
La città sarà distrutta perché ha deciso di svincolarsi da ogni legame con il suo Dio ed è per questo che è stata lasciata a sé stessa.
La distruzione di Gerusalemme, infatti, è una vendetta di Roma, non di Dio.
Ma allo stesso tempo rivela anche la tragica realtà di chi ha rifiutato la visita del Signore.
Gesù ne ha compassione e piange per la città che uccidendo lui fa del male a sé stessa (Lc 13,34; 19,42; 23,28).
Questo dolore di Gesù è il grido supremo della sua misericordia.
Nella guerra del 66-70 d.C., ci dice lo storico GIUSEPPE FLAVIO, furono uccisi 1.100.000 giudei e furono fatti schiavi 97.000 sopravvissuti.
La fine di Gerusalemme è l’inizio del tempo dei pagani.
Quell’invito al Regno, rifiutato dagli ebrei, è passato a tutti i popoli del mondo.
Il rifiuto dei giudei, invece di bloccare la salvezza, la allarga ai pagani (At 13,46).
Quando essa sarà giunta a tutti i popoli della terra, solo allora Gerusalemme riconoscerà il suo Signore (Rm 11,25-26).
Ma il Signore, ricco di misericordia, concede la grazia di salvare la propria vita a quanti crederanno nella Parola del Figlio suo. Ed essi, pur vedendo la città circondata da eserciti, se crederanno nella parola di Gesù, potranno porsi in salvo fuggendo sui monti.
E la fuga dalla città diventerà possibilità di salvezza. Chi invece sarà convinto che Gerusalemme non sarà distrutta perirà per la sua incredulità. E gli accadrà come è accaduto ai due generi di Lot, ai quali il Signore aveva mandato i suoi Angeli per salvarli.
La liberazione dal fuoco e dallo zolfo era condizionata alla loro fede, ma essi non credettero e vennero arsi vivi. La stessa GRAZIA è data a chi crederà in questa profezia. Anche qui la salvezza sarà data dalla FEDE nella Parola.
Chi crederà nella Parola di Gesù, nel suo Vangelo, si salverà. Chi non crederà, perirà, perché non ha creduto. Verità eterna.
E tutto ciò accadrà poiché ogni parola del Vangelo è solenne profezia di Gesù Signore, ognuna di esse si compirà.
Questa verità è attestata con una frase lapidaria, immortale, eterna: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”.
Aveva detto, con parole stupende, Papa Benedetto XVI, nella sua Omelia del 19 giugno 2009
“Il cuore di Dio freme di compassione! Che grande è il mistero del cuore di un Dio che si commuove e riversa tutto il suo amore sull’umanità. Un amore misterioso, che ci viene rivelato come incommensurabile passione di Dio per l’uomo. Egli non si arrende dinanzi all’ingratitudine e nemmeno davanti al rifiuto del popolo che si è scelto; anzi, con infinita misericordia, invia nel mondo l’Unigenito suo Figlio perché prenda su di sé il destino dell’amore distrutto; perché, sconfiggendo il potere del male e della morte, possa restituire dignità di figli agli esseri umani resi schiavi dal peccato.
Tutto questo a caro prezzo: il Figlio Unigenito del Padre si immola sulla croce: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”.
Simbolo di tale amore che va oltre la morte è il suo fianco squarciato da una lancia”.
Ma vediamo nel dettaglio alcuni versetti, a mio avviso interessantissimi, dandogli un “taglio” di lettura leggermente diverso.
- “25 E vi saranno segni nel sole e nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia delle genti in disagio per il fragore del mare e dei flutti, 26 verranno meno gli uomini dalla paura e per l’aspettazione delle cose venienti al mondo, infatti le potenze dei cieli saranno scosse”.
La fine di Gerusalemme appare sempre più chiaramente come la fine del mondo: eventi diversi collocati in tempi diversi, ma riconducibili ad un’unica lettura spirituale.
Sarà il tempo in cui svaniranno i valori effimeri terreni in cui l’uomo confida: il gloriarsi nell’elezione divina, il culto malato di Gerusalemme, l’egoismo, l’arroganza. In questo senso vi saranno segni negli astri, non per rassicurare l’uomo, ma per incutergli terrore.
Se Gerusalemme è il luogo dell’adulterio e dell’idolatria, se Gerusalemme è diventata il letto d’amore dove Israele si contamina con i suoi amanti, allora Gerusalemme sarà distrutta.
Così, quanto nella nostra esistenza è d’inciampo al Signore, quando ci allontana da Lui, sarà “necessariamente” oggetto della sua ira, della sua gelosia, del suo infinito zelo per la nostra vita, per la nostra anima, per la nostra salvezza.
In quei momenti, tutte le nostre certezze, i nostri luoghi familiari, anche quelli cosiddetti “religiosi“, saranno ridotti ad un cumulo di macerie fumanti e noi saremo caduti vittime di quella falsa la libertà che ci ha consegnato agli inganni del demonio, alle catene d’una schiavitù che ci ha obbligato a servire falsi dei, fossero anche così ben camuffati da apparire ammantati di una pia religiosità.
Non si potrà più sperare nelle potenze dei cieli, perché anch’esse saranno sconvolte. Di quali potenze si parla, di quelle degli angeli o di quelle dei demoni?
CREDO SI PARLI DELLE POTENZE DEL MALE, che finalmente mostreranno all’uomo la loro vera faccia e non potranno più ingannarlo con il loro spirito di seduzione. Cadrà qualsiasi aspettativa per il futuro, qualsiasi illusione ed inganno. E solo allora veramente non ci saranno occhi se non per Cristo.
- “27 E allora vedranno il figlio dell’uomo veniente in una nube con potenza e gloria grande”.
Nessun uomo potrà sfuggire al confronto con il Figlio di Dio che viene per giudicare ogni uomo, con la potenza e la gloria di Dio.
- “28 Ora incominciando ad accadere queste cose drizzatevi e levate in alto le vostre teste, perché la vostra liberazione è vicina”.
Disperazione ed angoscia per chi non crede in Cristo. Tempo di riscatto e di eterna redenzione per chi aspetta la sua venuta.
Coloro che camminano curvi sotto il giogo del Satana si mettano ritti e levino in alto la testa umiliandosi. Ancora sono in tempo.
Perché è vicina la liberazione dal male e da tutto ciò che il male porta con sé.
Vi lascio come sempre con le riflessioni di un Padre della Chiesa Sant’Ilario di “Pictavium”, Poitiers, (310-367, Vescovo, teologo romano, Dottore della Chiesa), estrapolate dalla sua opera “TRATTATO SULLA TRINITÀ”:
- “I sensi per il corpo umano sarebbero inutili se venissero meno i requisiti per il loro esercizio… Allo stesso modo l’anima dell’uomo, se non avrà attinto per mezzo della fede il dono dello Spirito Santo, ha sì la capacità di intendere Dio, ma le manca la luce per conoscerlo”
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!