… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
Dal Vangelo secondo Giovanni 16,16-20
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro «Che cos’è questo che ci dice “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro «State indagando tra voi perché ho detto “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia». Parola del Signore
Mediti…AMO
Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”: Gesù si riferiva alla Sua morte e poi alla Sua resurrezione, ma io suoi discepoli non capirono… E noi? che riteniamo di sapere tutto e che ci crediamo migliori di loro, in quanto a fede, capiamo quello che Gesù ci dice?…
Non capiamo NULLA… siamo solo ARROGANTI NEL SUPERVALUTARCI. E per di più, la tristezza del momento storico che stiamo vivendo, l’incertezza della sopravvivenza ad esso, la mancanza di lavoro e di valori, IL CROLLO DI TUTTO CIÒ SUL QUALE AVEVAMO FATTO UN EFFIMERO AFFIDAMENTO, porta la nostra generazione alla depressione.
E satana inizia ad avere la meglio su di noi. E ci fa diventare una lamentazione continua come il popolo di Israele:
- a che serve pregare?
- a che serve mettere Dio al primo posto?
- a che serve continuare a essere onesti se attorno dilaga la disonestà?
- a che serve essere miti e misericordiosi se poi gli altri ti aggrediscono e ti insultano senza motivo?
- eppoi, adesso che seguo il Signore e sono pieno di problemi più di prima che non lo seguivo…
Non c’è quindi da meravigliarsi della confusione dei discepoli che davanti alle parole di Gesù si sentono spaesati, confusi, sbaragliati.
Inoltre, avere Fede, non sempre ci aiuta a capire. Perchè la fede a volte ci suggerisce come dobbiamo affrontare quello che ci accade, anche in assenza di un significato che ce ne spieghi fino in fondo le intenzioni.
Gesù sta semplicemente dicendo che è arrivato per lui il momento di assentarsi dal mondo, e questo comporterà la loro tristezza (nella Bibbia la tristezza vera è sempre legata all’assenza di Dio).
Ma nel pensiero di Dio questo “assentarsi” è ben diverso. Ovvero è un cambiare il “modo” di farsi vedere, che dalla sua Ascensione al Padre in poi, sarà possibile grazie allo Spirito Santo. Dal suo dono sarà Lui la presenza “diversa” di Dio nella nostra vita.
La morte di Gesù ci colma di pianti, lamenti e afflizione e facciamo esperienza dolorosa della caducità dell’esistenza umana, a causa della morte, da cui non sfugge nemmeno Gesù e i suoi discepoli.
All’impotenza umana contro la morte non rimangono che il pianto e il lamento.
I discepoli soffriranno realmente e profondamente, noi soffriremo realmente e profondamente, ma non in modo definitivo. Tutto questo dolore passerà, come quello di una donna che partorisce: lascerà il posto a una grande gioia; e la gioia non finirà né verrà MAI tolta.
Grazie a Gesù, la morte sarà un solo passaggio, DI VITA IN VITA.
Certo sia noi che i discepoli, siamo legati da rapporti affettivi e umani. Nell’incontro con il Risorto i discepoli proveranno una gioia profonda. E anche noi, quando INCONTRIAMO IL SIGNORE DELLA NOSTRA VITA, NELLE VICENDE DELLA STORIA.
Significativo quanto l’evangelista dice al capitolo 16,22:
- “Così anche voi, ora siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi toglierà la vostra gioia”
Non saranno tanto i discepoli a vedere, ma Gesù Risorto “vedrà” di nuovo i discepoli e darà loro gioia.
Gesù infatti VERRÀ, VEDRÀ e SARÀ con i suoi e con noi, tramite lo Spirito e in Lui, L’UOMO DI TUTTI I TEMPI godrà in modo nuovo della sua presenza.
Gesù mostra ai discepoli, e all’uomo che cammina nei secoli, che cosa significa l’incontro con il Risorto, nella prospettiva del rapporto di ognuno con il Padre Celeste.
Egli annuncerà loro il Padre; tutti pregheremo il Padre in nome Suo e il Padre esaudirà le nostre preghiere.
Ciò che egli ha desiderato finora era di condurre i discepoli, e ogni uomo, al Padre, creando un nuovo, eterno, unico, grande legame, che è rivelato appieno solo con la sua morte e la sua risurrezione.
In quanto glorificato e risorto, egli donerà ai discepoli lo Spirito Santo, che li porterà a comprendere pienamente quanto Gesù ha loro annunciato. E quando i discepoli rivedranno Gesù risorto, faranno una stupenda esperienza di Dio come Padre. Questa esperienza supererà tutte le precedenti.
Questo non era stato possibile in precedenza, se non quando si è concluso il cammino di Gesù sulla terra ed Egli si è pianamente manifestato COME IL FIGLIO DI DIO RISORTO E GLORIFICATO.
E questo è il DONO perché essi sono stati uniti a Gesù, lo hanno amato e hanno creduto in lui, perciò il Padre ascolterà ogni loro preghiera.
Egli torna alla casa del Padre; ma anche tutti coloro che lo amano e credono in lui saranno accolti dal Padre nella sua casa. Egli sa in anticipo che essi lo abbandoneranno, per la loro fragilità.
Quando egli si avvierà sul cammino della croce, essi non lo seguiranno più, cesseranno di accompagnarlo. Egli percorrerà la via del Calvario senza di loro. Ma con lui ci sarà il Padre. Anche nella passione e nella morte Gesù saprà di avere al fianco il Padre.
Riceverà forza e sostegno non dai discepoli, ma dal Padre. Essi saranno respinti, messi alla prova, tormentati. Ma ciò che potrà opprimerli, ovvero l’odio degli uomini, la persecuzione, il dolore, la debolezza e la morte, è stato superato vittoriosamente da Cristo. Essi non saranno preservati da tutte queste oppressioni. Ma proprio per questo dovranno guardare a lui e seguire lui.
Nell’oppressione egli darà pace, e nella rovina ferma fiducia.
La sua vittoria mostrerà loro la mèta sicura e farà loro sopportare le tribolazioni terrene.
Ma già l’Antico Sapiente di Israele ci ricordava che il nostro cuore non deve lasciarsi vincere dalla disperazione e dalla tristezza, perché, come leggiamo nel libro dei proverbi “L’attesa dei giusti finirà in gioia, ma la speranza degli empi svanirà” (10, 28).
Sono il Venerdì è il Sabato santo i due giorni di lutto che portano al terzo giorno, quello della gioia e della vita senza fine!
È il mistero della Pasqua del quale è imbevuta ogni esistenza umana! Mistero che si fatica a comprendere se non si è guidati dal Suo Spirito!
Più rimaniamo uniti a Cristo attraverso la POTENZA DELLO SPIRITO SANTO, e più siamo forti, più ritorniamo a vivere e credere in tutto ciò che è vero, bello, buono.
RABINDRANATH TAGORE (Calcutta, 7 maggio 1861 – Kolkata, 7 agosto 1941), poeta, drammaturgo, scrittore e filosofo bengalese, primo premio Nobel non occidentale, per la LETTERATURA nel 1913, ha scritto qualcosa di stupendo, che ben si adatta AL NOSTRO DESIDERIO DI RICEVERE LO SPIRITO SANTO:
IO DESIDERO TE
Io desidero te, soltanto te,
il mio cuore lo ripete senza fine.
Sono falsi e vuoti i desideri
che continuamente mi distolgono da te.
Come la notte nell’oscurità
cela il desiderio della luce,
così nella profondità della mia incoscienza
risuona questo grido:
io desidero te, soltanto te.
Come la tempesta cerca fine nella pace,
anche se lotta contro la pace
con tutta la sua furia,
così la mia ribellione
lotta contro il tuo amore,
eppure grida:
io desidero te, soltanto te.
Sia Lodato Gesù, il Cristo!