… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo Luca 9,7-9
In quel tempo, il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano «Giovanni è risorto dai morti», altri «È apparso Elìa», e altri ancora «È risorto uno degli antichi profeti». Ma Erode diceva «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo. Parola del Signore
Mediti…AMO
San Pio nacque a Pietrelcina presso Benevento (Italia) nel 1887. Entrò nell’ordine dei Frati minori cappuccini e, promosso al presbiterato, esercitò con grandissima dedizione il ministero sacerdotale soprattutto nel convento di San Giovanni Rotondo in Puglia.
Servì nella preghiera e nell’umiltà il popolo di Dio attraverso la direzione spirituale, la riconciliazione dei penitenti e una particolare cura per i malati e i poveri.
Pienamente configurato a Cristo Crocifisso, portò a compimento il suo cammino terreno il 23 settembre 1968.
Ma veniamo al testo evangelico.
Matteo e Marco raccontano l’esecuzione del Battista.
Luca preferisce preparare l’incontro che avverrà durante il cammino della passione (cap.23). Qui nota: “…cercava di vederlo”; là scriverà: “…Erode al vederlo si rallegrò molto, perché da tempo desiderava vederlo…” (v 8).
Gesù è un interrogativo inquietante anche per quest’uomo violento e corrotto: “…chi è dunque costui, del quale sento dire tali cose? …” .
Ma il suo cuore non intende certo piegarsi alla parola di Gesù come non si è piegato a quella di Giovanni.
Ogni parola che lo inquieti e gli chieda di cambiare vita, sia quella aspra di Giovanni, come quella misericordiosa di Gesù, deve essere zittita subito.
I racconti su Elia e sugli antichi profeti, in fondo sono solo parole lontane; i fatti dicono che Giovanni è stato messo a morte e non può certo tornare in vita.
Il Tetrarca si pone la domanda sull’identità di Gesù e nello stesso tempo si dà la risposta, perché in realtà non attende nessuna risposta.
Anche Giovanni Battista è in ricerca e, in attesa di risposta, manda i suoi discepoli a interrogare Gesù «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?»
Erode elimina questa via che lo porterebbe a un confronto diretto e libero con Gesù. Una via pericolosa perché capace di incrinare il proprio attaccamento a sé stesso e al potere.
Cosa muove dunque Erode? Qualche capitolo più avanti viene riferito a Gesù che Erode vuole ucciderlo (Lc 13,31): per Erode, Gesù è semplicemente un concorrente pericoloso al suo potere, inizialmente forse da conoscere con curiosità, poi da temere e da eliminare.
Il contrasto con l’atteggiamento di una ricerca autentica del volto di Gesù è di nuovo evidente anche con i discepoli.
Anch’essi si chiedono chi sia Gesù, quell’uomo capace di far tacere il mare. Ma la loro è una domanda aperta, disponibile all’accoglienza della verità, perché vissuta nel dialogo con lui e in un cammino di conoscenza e di vita comune.
Erode incontrerà effettivamente Gesù, al momento del processo, ma Gesù – dice Luca – alle domande del tetrarca «non rispose nulla» (Lc 23,9).
La domanda dei discepoli, invece, viene raccolta, anzi, è Gesù stesso a porla loro esplicitamente, cercando risposta nella loro fede «…Ma voi chi dite che io sia?»
I discepoli sono così resi capaci di rispondere con la loro fede a Gesù «.Pietro prendendo la parola rispose: Il Cristo di Dio» (Lc 9,20-21).
Erode dunque non vive una ricerca autentica: vuole vedere Gesù, ma non è disposto ad ascoltare la parola con cuore “buono e bello”, E COSÌ ASCOLTA MA NON VEDE E NON INTENDE.
I due verbi dell’esperienza di fede, ascoltare Gesù per vedere Gesù, compaiono ma restano incompiuti e Luca non ci lascia ignota la fine a cui conduce questo percorso, narrando crudamente la sua morte (At 12,21-23).
Non basta ascoltare e vedere Gesù: è necessario aprire il cuore, uscire dalla chiusura in sé stessi, dall’attaccamento alle proprie convinzioni per lasciarsi interrogare da Gesù e trovare nella fede in lui la risposta alla ricerca di senso e di verità.
Il “CERCAVA DI VEDERLO“, conclude il brano, e quando lo vedrà nella passione gli porrà molte domande. Ma la resistenza passiva di Gesù e la constatazione che si tratta solo di un innocuo Galileo visionario concluderà il loro incontro “…lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato” (23,11).
Lo aveva finalmente visto. ma non aveva riconosciuto il mistero della sua identità, perciò lo trattò da povero pazzo del quale servirsi per entrare nelle grazie del procuratore romano. Poteva essere l’incontro della vita! Ma anche questa volta Erode Antipa lo ha perduto…
Con una certa frequenza i vangeli riferiscono della forte impressione che causava la figura di Gesù: il suo aspetto, la sua parola piena di sapienza e di autorità, i miracoli che faceva, gli esorcismi impressionanti e per mezzo dei quali pure gli spiriti impuri obbedivano alla voce del Messia ed erano espulsi dall’ambito degli uomini e dalla loro influenza.
Gesù provocava la meraviglia delle folle e anche il desiderio di conoscerlo e sapere di più su di Lui: Chi era esattamente quell’artigiano di Nazareth, che non aveva fatto studi, a differenza delle autorità religiose del popolo, ma che sapeva tante cose e mostrava tanta maestà, con un’autorità fino allora sconosciuta?
Per alcuni Gesù era un profeta, come i famosi uomini di Dio della storia biblica. Forse era Elia, Geremia o qualche altro. Per molti Gesù somigliava al profeta più vicino nel tempo che avevano conosciuto: Giovanni Battista, che Erode, il tetrarca della Galilea, aveva incarcerato e decapitato.
Richiama l’attenzione la credenza nell’al di là che le folle manifestavano, pensando che Gesù poteva essere uno dei profeti che era risuscitato. Con questo pensiero dimostravano che per loro l’identità di Gesù era misteriosa e difficile da interpretare.
Questo vale anche per il Re Erode.
C’è paura o un nascente desiderio di conoscere Gesù, dietro alla domanda che Erode, fa a sé stesso?
Gesù, ai suoi occhi è un personaggio che è preceduto da una fama che conquista e dai racconti delle cose meravigliose che ha compiuto. Esprime il desiderio di incontrarlo, ma non lo cerca per il bisogno di raccontagli quel che ha fatto a Giovanni, affinché gli conceda il perdono, ma perché il peccato commesso non lo fa dormire.
Purtroppo per lui, Erode è il re dell’incoerenza e del sopruso, capofila di coloro che per un briciolo di potere sono pronti a vendere il cuore, e per non perdere la faccia non si creano scrupoli ad uccidere.
E il rimorso causa incubi e notti insonni del Tetrarca che ha la coscienza nera come il carbone.
Infatti il peccato non paga nemmeno a Erode. Schiavo del sesso, del potere, del peccato in tutte le sue forme, deve si ritrova a fare i conti con la sua coscienza, ed anche se non ha fede, ha paura di ritrovarsi faccia a faccia con il suo peccato.
Erode Antipa aveva ascoltato volentieri il Battista, fino a quando non era entrato nella sfera personale e lo aveva messo davanti alle sue responsabilità, ricordandogli, davanti a tutti, che aveva ripudiato la propria moglie legittima. Si era tra l’altro, venuto a creare un incidente diplomatico sfociato poi in una guerra contro i nabatei ed aveva preso con sé la moglie di suo fratello.
A quel punto il simpatico profeta era diventato scomodo e tutti sappiamo come finì durante quel pasto ufficiale nella fortezza del carcere di Macheronte.
Fine del profeta, fine del disturbo, almeno fino a quando ad Erode era giunta la notizia del Nazareno. Ed egli si era inquietato, ed aveva pensato: Ancora? Un altro profeta?
Ma Erode, come noi, d’altronde, non capisce che i profeti sono sempre presenti, perché Dio li manda per avviarci verso la conversione.
Quel “CERCAVA DI VEDERLO”, era sicuramente la paura di trovarsi davanti un fantasma. E non certo una apertura verso il voler conoscere Gesù. Una paura atavica trasmessagli dal padre Erode il Grande:
- Erode Antipa, aveva paura di quello che si diceva di Gesù,
- Erode il Grande, invece, non si era dato pace per non aver ucciso il piccolo Gesù.
C’è chi cerca Gesù per conoscerlo ed accetta di farsi cambiare da Lui, ma la gente come Erode, non accetta di riconoscere le proprie colpe, e preferisce uccidere Gesù, negandosi così ogni possibilità di salvezza.
Quanti Erodi oggi rifiutano il Cristo, lo negano, e purtroppo anche tra i cristiani troviamo tanti Erodi che non vogliono un Gesù che dice quello che non vogliono sentire, ma vogliono in Gesù che parli la loro lingua e dica solo ciò che fa piacere.
Erode Antipa si pone la domanda fondamentale, quella che attraversando tutto il Vangelo interroga il lettore di ogni tempo «Giovanni l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?».
Chi è, dunque, Gesù di Nazareth, del quale conosciamo la famiglia, il villaggio, i parenti e il mestiere. Questa mentalità è uno degli ostacoli più ardui per accoglierlo come Figlio di Dio.
Eppure alcuni, come il tetrarca Erode, restano stupiti all’ascolto della PAROLA del Nazareno. Il Signore Gesù è Dio e Dio, e salva l’uomo nella sua interezza, a partire dal suo cuore ferito dal peccato e nella sua capacità limitata di amare.
Questo brano del Vangelo di Luca chiede anche noi, come conosciamo Gesù?
Non possiamo fermarci ad una conoscenza di quando si era bambini o di alcuni momenti particolari della vita. Il Risorto è vivo e presente e tutti siamo chiamati a crescere in un rapporto sempre più profondo con Lui.
È inutile zittire la coscienza, annegarla in mezzo ad un diluvio di parole stordenti, inutile appellarsi al pensiero della maggioranza: l’uomo porta dentro di sé la chiave per aprire la porta della verità e della giustizia.
La coscienza rode, l’anima si scuote. Invano, purtroppo per taluni, ma c’è e lavora.
Mi sembra interessante mettere in parallelo questo brano di Erode, con un’altra figura del Vangelo di Luca: Zaccheo (Lc 19,1-10), un peccatore, da molti ritenuto un uomo senza scrupoli. Ma che desiderava col cuore e davvero di vedere Gesù. Egli però ha dato seguito a questo desiderio ed ha concretizzato la sua ricerca uscendo dalla sua casa e mettendosi sul cammino di Gesù… e poi Gesù ha fatto il resto.
Purtroppo Erode non è stato capace di fare altrettanto; il suo desiderio non lo ha mosso in una ricerca concreta, si è fermato alla curiosità e tutto si è bloccato.
Anche noi possiamo sentire il desiderio di un incontro speciale con il Signore; a volte formuliamo buoni propositi, ma se tutto questo non diamo seguito, rimane sterile e non produce vita. Perché occorre dare ascolto alle nostre intuizioni e concedere loro uno spazio di concretezza perché possano diventare un’apertura di disponibilità all’azione del Signore nella nostra vita.
Vorrei fare con voi un piccolo chiarimento storico su Erode. Perché quasi sempre si confondono i tre Erodi che vissero in quell’epoca, che appaiono nel Nuovo Testamento con lo stesso nome:
- Erode il Grande, governò su tutta la Palestina dal 37 a. Cristo. Lui appare alla nascita di Gesù (Mt 2,1). Uccise i neonati di Betlemme (Mt 2,16).
- Erode Antipa, governò sulla Galilea dal 4 al 39 dopo Cristo. Appare nella morte di Gesù (Lc 23,7). Uccise Giovanni Battista (Mc 6,14-29).
- Erode Agrippa, governò su tutta la Palestina dal 41 al 44 dopo Cristo. Appare negli Atti degli Apostoli (At 12,1.20) e uccise l’apostolo Giacomo (At 12,2).
Quando Gesù aveva più o meno quattro anni, il re Erode il Grande, morì. Era lui che aveva fatto uccidere i neonati di Betlemme (Mt 2,16).
Il suo territorio fu diviso tra i figli, Archelao, ricevette il governo sulla Giudea.
Era meno intelligente di suo padre, ma più violento. Quando assunse il potere, furono massacrate circa 3000 persone sulla pizza del Tempio!
Il vangelo di Matteo dice che Maria e Giuseppe, quando seppero che questo Archelao aveva assunto il governo della Giudea, ebbero paura di ritornare per quel cammino e si ritirarono a Nazareth, in Galilea (Mt.2,22), governata da un altro figlio di Erode, chiamato Erode Antipa (Lc 3,1).
Questo Antipa durò oltre 40 anni. Durante i trenta e tre anni di Gesù non ci furono cambiamenti nel governo della Galilea.
Erode il Grande, il padre di Erode Antipa, aveva costruito la città di Cesarea Marittima, inaugurata nell’anno 15 prima di Cristo.
Era il nuovo porto di sbocco dei prodotti della regione. Doveva competere con il grande porto di Tiro nel Nord e, così, aiutare a svolgere il commercio nella Samaria e nella Galilea.
Per questo, fin dai tempi di Erode il Grande, la produzione agricola in Galilea iniziava ad orientarsi non più a partire dai bisogni delle famiglie, come succedeva prima, ma partendo dalle esigenze del mercato.
Questo processo di mutazione nell’economia continuò durante tutto il governo di Erode Antipa, oltre quarant’anni, e trovò in lui un organizzatore efficiente.
Tutti questi governatori erano ‘servi del potere’. Infatti chi comandava in Palestina, dal 63 prima di Cristo, era Roma, l’Impero.
Riflettiamoci, Fratelli e Sorelle…
Nei vangeli accade spesso che certe persone vedano fisicamente Gesù: ad esempio gli scribi, i farisei….
Assistono ai suoi insegnamenti e vedono i segni prodigiosi che compie; eppure rifiutano di aderire a lui e di accoglierlo come l’inviato di Dio. Magari negano quanto hanno visto!
L’evangelista Giovanni insisterà molto sulla necessità di passare dal vedere al riconoscere per entrare in un atteggiamento di sequela.
Anche per noi che possiamo vederlo solo nei gesti della fede con i quali ricordiamo e ripresentiamo il mistero di Gesù, resta sempre questo cammino da compiere: vedere e riconoscere, accogliere e seriore.
E vorrei chiudere, regalandovi le parole di un grande Dottore della Chiesa San Giovanni Damasceno (circa 675-749), monaco, teologo, tratte dalla sua opera «Dichiarazione di fede», I,1
Erode cerca di vedere Cristo
«Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1,18). Il divino è ineffabile e incomprensibile «nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio » (Mt 11,27), e allo stesso modo lo Spirito Santo sa ciò che è di Dio … Ma dopo questa prima e beata conoscenza divina, nessuno ha mai conosciuto Dio se non colui al quale Dio stesso si è rivelato…
Tuttavia, Dio non ci ha lasciato nella più totale ignoranza, perché ognuno ha, seminato da lui, la conoscenza che Dio esiste «Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità» (Rm 1,20). Inoltre la Legge e i profeti, poi il suo unico Figlio, il Signore, «nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo» (2Pt 1,1), hanno manifestato la conoscenza di Dio, fin dove possiamo arrivare. Perciò tutto quello che ci è stato trasmesso dalla Legge e dai profeti, dagli apostoli e dagli evangelisti, noi l’accettiamo, ne prendiamo conoscenza, pratichiamo la nostra devozione senza cercare oltre.
Dio è buono: vede e provvede… Come sa tutto e provvede a tutto quello di cui ciascuno ha bisogno, ci ha rivelato ciò che ci è utile conoscere e ci ha taciuto ciò che non possiamo portare. Accontentiamoci dunque di quello che abbiamo e null’altro.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!