Giovedì 21 gennaio Sant’Agnese – Mc 3,7-12

Il Vecchio Fariseo… Pietro Saltarelli

 

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Dal Vangelo secondo Marco 3,7-12

 

In quel tempo, Gesù si ritirò presso il mare con i suoi discepoli e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme e dall’Idumea e dalla Transgiordania e dalle parti di Tiro e Sidone una gran folla, sentendo ciò che faceva, si recò da lui. Allora egli pregò i suoi discepoli che gli mettessero a disposizione una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti ne aveva guariti molti, così che quanti avevano qualche male gli si gettavano addosso per toccarlo. Gli spiriti immondi, quando lo vedevano, gli si gettavano ai piedi gridando: “Tu sei il Figlio di Dio!”. Ma egli li sgridava severamente perché non lo manifestassero. Parola del Signore

Mediti…AMO

Il vangelo di oggi è un riassunto dell’attività di Gesù e mostrano l’enorme contrasto con il mondo ebraico che Gesù aveva suscitato. Fino ad adesso, nei giorni scorsi, si era parlato solo di conflitti, incluso il conflitto di vita e morte tra Gesù e le autorità civili e religiose della Galilea (Mc 3,1-6). Sinistri bagliori di morte concludevano la sezione precedente: «E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire» (3,6).

Ma qui appare un movimento popolare immenso, più grande del movimento di Giovanni Battista, poiché la gente viene non solo dalla Galilea, ma anche dalla Giudea, da Gerusalemme, dall’Idumea, dalla Transgiordania, e perfino dalla regione pagana di Tiro e Sidone per incontrarsi con Lui.

La fama di Gesù ha superato gli storici confini della Palestina, perché arriva «gran folla» dall’estero.

Le località nominate sono sette, un numero che indica completezza, totalità. Tutti accorrono a Cristo per formare la sua Chiesa. Egli non ha raggiunto il successo mediante la brama di avere, di potere e di apparire, origine di ogni male, ma ha vinto tutto questo proprio con il suo insuccesso, con la povertà, con il servizio e l’umiltà di chi ama. I nomi di luogo in questo versetto sono come un catalogo di tutte le regioni della Palestina abitate dai giudei.

Il menzionarle tutte attorno a Gesù è la premessa alla creazione di un nuovo Israele

nell’elezione dei dodici. “Idumea”: al tempo di Gesù indicava il sud della Palestina. L’origine del termine è legata a Edom, la popolazione araba che abitava la regione a sud-est della Palestina. Al tempo di Gesù l’Idumea era sotto l’amministrazione diretta del procuratore romano. “Tiro e Sidone”: città costiere fenicie, situate al di fuori del territorio giudaico, servono a mostrare l’interesse di Gesù per il mondo non giudaico.

Tutti vogliono vederlo e toccarlo. É talmente tanta la gente, che Gesù stesso rimane preoccupato. Corre il pericolo di essere schiacciato dalla moltitudine. Per questo chiede ai discepoli di mettere una barca a disposizione in modo che la gente non lo schiacciasse e potesse così finalmente parlare alla moltitudine e tutti potessero vederlo. Coloro che erano presenti erano soprattutto gli esclusi e gli emarginati con i loro mali: i malati e gli indemoniati.

Essi che non erano accolti nella convivenza sociale della società del tempo, erano accolti con gioia da Gesù.

Ecco il contrasto: da un lato i capi religiosi e civili decidono di mettere a morte Gesù (Mc 3,6); dall’altro, un movimento popolare immenso che cerca in Gesù la salvezza.

Gesù continua a manifestarsi mediante LA PAROLA E LE OPERE, e la sua rivelazione suscita comportamenti differenti. C’è la reazione della folla, la reazione dei discepoli e dei dodici, la reazione dei parenti e degli scribi. La decisione pro o contro Gesù si gioca nel cuore di ciascuno, là dove il mistero del bene e del male, della verità e della menzogna si scontrano.

Questo racconto è considerato un “sommario” dell’attività di Gesù, e si apre all’insegna di un inedito ottimismo: molta folla segue il Maestro.

Così sembra superato il disagio di quei funerei presagi che avevano chiuso l’ultimo bravo di ieri. Ma seguire Gesù è una scoperta progressiva, faticosa, che porta al Calvario, dove si incontrerà la vera vita, quella che non delude perché nasce dal mistero pasquale.

Anche i demoni cercano di “schiacciarlo”, riconoscendolo e acclamandolo come «Figlio di Dio», pur esprimendo una sacrosanta verità. Sono mossi però da un intento malvagio che subdolamente vorrebbe evitargli la croce. È voler proclamare la gloria, dimenticando che l’unico accesso ad essa è per la porta stretta della sofferenza amorevolmente accettata. Non si può “saltare” la croce, occorre accoglierla e portarla. Perciò la forzata testimonianza dei demoni, è radicalmente inaccettabile. Assolutamente inaccettabile.

Per accogliere la “buona notizia”, come i discepoli, occorre stare con il Signore Gesù, ascoltarlo quando parla dalla sua “barca”, CHE È LA CHIESA, e interrogarsi davanti ai segni che compie, vivere della fiducia che la Sua Persona infonde, e seguirlo sulla strada che lui va tracciando.

Mi piace portare un altro esempio.

Come dalla Croce nasce la Chiesa, COSÌ DALLA DECISIONE DI UCCIDERLO NASCE LA COMUNITÀ DEI DODICI. Il libro degli Atti degli Apostoli racconta che qualcosa di nuovo accade quando la Chiesa viene perseguitata.

E i frutti nascono proprio dai fallimenti e dai momenti di crisi. Così è nella nostra vita!

E il Vangelo si diffonde per irradiazione. Non per strategie teologiche e organizzative, ma per contatto, per l’attenzione ai più deboli, per attrazione, ci dice Giovanni al capitolo 12,32. Folle che schiacciano, malati che toccano: spesso noi tendiamo a schiacciare gli altri, soprattutto i più deboli, gli emarginati, quelli che agli occhi dei potenti non contano. Ma così schiacciamo Gesù! Quando si ama qualcuno si sente il bisogno di toccarlo.

Come fa Lui:

  • con il lebbroso,
  • con l’uomo dalla mano inaridita,
  • con la suocera di Pietro,
  • con la figlia di Giairo;
  • come fa l’emorroissa con Lui;
  • come è chiamata a fare la Chiesa: TOCCARE SENZA SCHIACCIARE, CERCANDO LA SOLITUDINE DELL’INCONTRO NELLA SOLIDARIETÀ. SENZA MAI CAVALCARE L’ONDA DEL CLAMORE, DEL SUCCESSO, DEL POTERE, E MAI DRIBBLANDO IL FRAGILE SENTIERO DEL LEGNO:

o QUELLO DELLA PICCOLA BARCA,

o Come QUELLO DELLA CROCE.

Una barca. Quanti insegnamenti possiamo trarre da quella barca che è diventata, suo malgrado, il piccolo pulpito da dove Gesù ammaestra le folle. Innanzitutto una barca è sempre ormeggiata, ben attraccata alla riva.

Così è la vita dell’uomo. Deve essere ancorata a dei punti fermi, a dei valori saldi e precisi. Senza un porto finiamo per cadere in balia di noi stessi, delle nostre passioni, delle intemperie che l’umana esistenza porta con sé.

Abbiamo bisogno di un piccolo porto dove rifugiarci quando le ombre della sera si confondono con le scure acque del lago. Una barca non prende mai il largo da sola, senza un timoniere, senza qualcuno che la guidi verso il largo, laddove le reti scivolano nelle profondità dell’abisso.

La stiva si riempie di pesci solo se qualcuno tira le reti, ammaina le vele, le fa risalire nel vento che la fa andare oltre, sulla via del ritorno.

Così l’uomo. Senza una guida, senza qualcuno che lo accompagni finisce sugli scogli, si abissa nei gorghi della tempesta.

Così recita una vecchia omelia attribuita a San Macario Vescovo: “Guai alla nave senza timoniere! Sbattuta dai marosi e travolta dalle tempeste, andrà in rovina. Guai all’anima che non ha in sé il vero timoniere, Cristo! Avvolta dalle tenebre di un mare agitato e sbattuta dalle onde degli effetti malsani, come da un uragano invernale, andrà miseramente in rovina”. Guai all’uomo che perde Dio, perché irrimediabilmente perde sé stesso!

Un’ultima cosa: i demòni.

La FEDE NON È SOLO SAPERE CHI È GESÙ. Anche i demoni lo sanno, meglio e prima di noi. Essi però, come scrive Giacomo “CREDONO, MA TREMANO” (2,19).

CREDERE È PRIMA DI TUTTO FARE ESPERIENZA DI GESÙ CHE MI HA AMATO E HA DATO SÉ STESSO PER ME, scriverà Paolo ai cristiani della sua comunità in Galazia (2,20).

Allora oggi, Signore, ti chiediamo di essere sempre meno folla, anonima e mossa dall’istinto, E SEMPRE PIÙ DISCEPOLI, che hanno fatto una scelta precisa, perché sappiamo che senza di te non possiamo fare nulla, non valiamo nulla.

E ti chiediamo DI FARCI SENTIRE SEMPRE PIU’ CHIESA. LA TUA CHIESA.

La nostra ricerca vuole essere un segnale di amore, uno scatto del cuore e un lampo dell’intelligenza, un continuo esercizio di volontà per starti accanto sempre, anche quando le condizioni saranno, umanamente parlando, sfavorevoli.

Dacci, Signore, la costanza della ricerca e la gioia di trovarti. Oggi e sempre.

Sia Lodato Gesù Cristo!

 

Diacono Pietro Saltarelli