GIOVANNI MARIA VIANNEY -MERCOLEDI’ XVIII^ SETTIMANA T.O. – Matteo 15,21-28 – Donna, grande è la tua fede!

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

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Dal Vangelo secondo Matteo 15,21-28

In quel tempo, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo «Signore, aiutami!». Ed egli rispose «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, – disse la donna – eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita. Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Jean-Marie Baptiste Vianney (noto in Italia col nome di Giovanni Maria Battista Vianney – 1786 – Ars-sur-Formans 1859), presbitero francese, anche conosciuto col nome di Santo Curato d’Ars per la sua intensa attività di parroco in questo piccolo francese. Nato da poveri contadini, raggiunse la meta del sacerdozio superando molte difficoltà, tra le quali ci furono problemi nello studio, soprattutto nell’apprendimento del latino. Ordinato presbítero, divenne vicario, a Écully, dell’abate Charles Balley, che l’aveva molto sostenuto durante i difficili anni di studio.

Alla scuola del canonico Balley, Giovanni Maria fece proprio lo stile di vita del precettore, contrassegnato da continue penitenze e digiuni, con un continuo richiamo al sacramento dell’Eucaristia e alla lettura delle vite dei santi, particolarmente i Padri del deserto.

Alla morte di Balley fu mandato ad Ars dove spese la propria vita nell’evangelizzazione, nella pratica del sacramento della penitenza, nell’assidua preghiera e nella celebrazione della Messa.

Consapevole dell’inattività religiosa che per troppi anni aveva segnato la parrocchia di Ars, egli decise di usare ogni mezzo per ricondurre in Chiesa i suoi parrocchiani, cominciando un lento lavorio prima di tutto su sé stesso, con continue preghiere e frequenti, dolorose, penitenze che gli procurarono in seguito non pochi disturbi fisici, non ultima una nevralgia facciale che l’avrebbe fatto soffrire per almeno quindici anni, contratta a causa dell’umidità del pavimento sul quale dormiva (aveva infatti donato il materasso ad alcuni bisognosi di Ars e dei muri, che lo costrinsero in seguito a riposare nel solaio. Egli stesso, ricordando ormai anziano le eccessive mortificazioni e i frequentissimi digiuni che lo portarono a non mangiare per più giorni, disse ad alcuni confidenti: “Quando si è giovani si commettono imprudenze”.

Ciò andò ancor più peggiorando con la partenza della vedova Bibost, sua perpetua, sostituita dalla signora Renard, la quale, nonostante i molteplici sforzi, non riuscì mai a far assumere al giovane parroco una regolarità alimentare: il pane fresco che ella gli portava in canonica lo barattava con i tozzi di pane dei poveri del paese e fu inutile ogni tentativo di convincerlo a tenerlo per sé. Nonostante le molteplici sofferenze che seguirono a quelle privazioni, Giovanni Maria ricordò con nostalgia quei primi anni di sacerdozio “Com’ero fortunato allora… il buon Dio mi faceva grazie straordinarie“.

La sua prima opera di restaurazione spirituale riguardò proprio l’edificio parrocchiale, ridotto ormai da anni a un locale squallido e poco decoroso, tanto da “muovere a compassione i sacerdoti forestieri che, qualche volta, si fermavano in paese per dir la Messa“. A proprie spese fece ricostruire l’altare maggiore, abbellì il tabernacolo, ridipinse personalmente lo zoccolo delle pareti e acquistò a Lione i nuovi paramenti sacri.

Passò quindi a risanare il più grande fra i mali della sua gente: L’IGNORANZA RELIGIOSA. Si dedicava principalmente all’istruzione dei giovani, già dall’età di sette anni mandati ai pascoli con il gregge e quindi incapaci di leggere e di scrivere.

Cominciò a radunarli alle prime ore del mattino e la domenica verso l’una per il catechismo, in seguito indirizzato anche agli adulti. Seppur ricordato da tutti come affabile era, durante le lezioni, molto rigoroso e attento che tutti seguissero l’insegnamento: “suonava lui il catechismo dei fanciulli, lo cominciava con la preghiera, che recitava in ginocchio, senza mai appoggiarsi. Quindi attirava l’attenzione dei piccoli con alcune forti riflessioni; presentata la lezione ne faceva la spiegazione, breve e facile“.

Molti anni dopo i successori del Vianney ad Ars avrebbero riscontrato con meraviglia la straordinaria conoscenza religiosa dei loro anziani parrocchiani, che in gioventù avevano partecipato a quelle lezioni di catechismo.

PER L’EDUCAZIONE DEGLI ADULTI CONCENTRAVA TUTTE LE SUE ENERGIE DURANTE L’OMELIA DELLA MESSA DOMENICALE, LA PIÙ PARTECIPATA, PER LA PREPARAZIONE DELLA QUALE RINUNCIAVA A ORE DI SONNO. La preparava in sagrestia basandosi principalmente sul Catechismo del concilio di Trento, su alcuni trattati spirituali, sul Dizionario di teologia di Bergier e sulle Vite dei santi.

Rimase ad Ars per quarant’anni svolgendo il suo incarico parrocchiale: fu particolarmente attivo nell’insegnamento del catechismo e nelle confessioni: come Padre Pio, arrivava a stare nel confessionale anche diciotto ore al giorno, negando l’assoluzione a chi non si mostrava pentito dei propri peccati.

FU ANCHE ESORCISTA, inoltre oggetto di persecuzioni diaboliche per circa trentacinque anni, dal 1824 al 1858. Diffuse la devozione a santa Filomena di Roma.

È modello della cura d’anime nella dimensione parrocchiale attraverso l’esempio della sua bontà e carità anche se lui fu sempre tormentato dal pensiero di non essere degno del suo compito. Trascorreva le giornate dedicandosi a celebrare la Messa e a confessare, senza risparmiarsi.

Morì nel 1859, in fama di santità quando Ars era ormai divenuta luogo di pellegrinaggio, essendosi sparsa per tutta la Francia la sua fama di confessore e direttore spirituale.

Beatificato nel 1905 da papa Pio X, è stato proclamato santo da papa Pio XI nel 1925 e dichiarato patrono dei parroci. Additato come modello per i presbíteri da papa Giovanni XXIII nell’enciclica SACERDOTII NOSTRI PRIMORDIA, è stato ricordato con uno speciale anno sacerdotale, per il centocinquantenario della sua morte, nel 2009 da papa Benedetto XVI.

Ma ora veniamo al testo biblico.

Una donna cananea, una straniera, viene da Gesù, rivolgendogli una preghiera perfetta “Pietà di me, Signore, figlio di Davide!”. Lei non si rivolge ad un profeta, ma ad un giusto di Israele: il Signore, Figlio di Davide.

A Lui chiede pietà per sua figlia gravemente tormentata da un demonio. È come se la donna conoscesse sia la profezia di Isaia che il Samo.

La donna cananea è figura, simbolo e anche immagine delle Genti, che ormai vivono nella idolatria, nell’empietà e nella stoltezza. E perciò tutte queste Genti, sono tutte vittima del diavolo e il Signore deve liberarle.

È un grido corale, universale, quello che si alza al cielo grazie alla donna cananea. Un grido attraverso il quale tutte le nazioni invocano Gesù perché rivolga su di loro il suo sguardo santo. SOLO LUI potrà guarirle, sanarle, liberarle. Solo Lui. QUESTO DIO IN ETERNO COSÌ HA STABILITO E COSÌ DOVRÀ ESSERE. E questa donna, lo sa e lo grida mostrando una Fede non comune. Infatti non si distacca dal suo Messia.

Gesù, a mo’ di ammaestramento per gli altri, cerca di mettere alla prova la fede della donna. Inutilmente! Il suo cuore è fermo.

Lei non se ne andrà finché la grazia non le sarà stata concessa. Lei è disposta a gridare anche per mesi ed anni, perché SA CHE PUO’ AVERE LA GRAZIA, E LA VUOLE!

MAGARI QUESTA SUA FEDE LA POSSEDESSERO LE GENTI, E GRAZIE A DIO, ANCHE IO, ANCHE NOI! Solo Gesù ci può salvare. Nessun altro lo potrà.

E IO SONO CONVINTO CHE QUESTA DONNA, INSIEME ALLA REGINA DEL SUD, NEL GIORNO DEL GIUDIZIO, SORGERANNO E CI CONDANNERANNO A TUTTI.

Lei ha creduto che Cristo fosse anche suo per diritto divino. E io mi vergogno e di me stesso e ognuno che ama Dio dovrebbe vergognarsi di sé stesso, per la nostra misera Fede, perché non Noi non crediamo più con questa meravigliosa intensità.

Gesù loda di fronte a tutti la FEDE adulta della donna cananea “Grande è la tua fede!”.

E su questo episodio e sull’esame anche dell’Antico Testamento, possiamo certamente costruire una “cartina tornasole” per valutare la NOSTRA fede:

Avere fede significava e significa costruire, fondare, affidare la propria vita sulla Parola eterna di Dio, pronunziata definitivamente in Cristo.

Vediamo ad esempio Mosè, che con fiducia è stato adagiato su una cesta di vimini ed affidato, consegnato alle acque del Nilo, perché si AVEVA LA CERTEZZA CHE EGLI ERA NELLA MANI DI DIO. E CHE DIO AVREBBE PROVVEDUTO A LUI, facendone ADDIRITTURA DI “COLUI COL QUALE DIO PARLAVA FACCIA A FACCIA!!”. Lode al Signore Fratelli e Sorelle! Lode al Signore!

Infatti:

  • Un uomo della famiglia di Levi andò a prendere in moglie una discendente di Levi. La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi. Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre, prese per lui un cestello di papiro, lo spalmò di bitume e di pece, vi adagiò il bambino e lo depose fra i giunchi sulla riva del Nilo. La sorella del bambino si pose a osservare da lontano che cosa gli sarebbe accaduto” (Es 2,1-4).

E questa donna cananea, non è da meno. La sua FEDE PURISSIMA si rileva già dalle sue primissime parole «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio».

Ella crede in Gesù, Signore, figlio di Davide! E sa che se Egli è il Figlio di Davide è anche il suo Messia. HA LA CERTEZZA CHE IL MADRE LO HA MANDATO ANCHE PER LEI! AMEN! FRATELLI E SORELLE! Certamente, e lo dice Gesù nel brano. Il Padre Celeste, ancora non gli ha comandato di operare ANCHE AL DI FUORI DEL SUO POPOLO SANTO. Ma ANCHE LEI appartiene a coloro per i quali il Cristo è venuto ad offrire la SUA VITA. E ALLORA POSSIAMO CERTAMENTE DIRE CHE ANCHE QUESTA DONNA È DI CRISTO, per la MISSIONE CHE IL CRISTO PORTA IN SÉ.

E ACCOGLIENDOLA, NELLA SUA MISERICORDIA, COME FIGLIA, QUESTA DONNA CANANEA AVRÀ TUTTI I DIRITTI CHE HANNO I CAGNOLINI CHE SONO SOTTO LA TAVOLA DEL PADRONE. Quali sono questi diritti: mangiare tutte le briciole che cadono per terra.

LA MENSA DI GESÙ È RICCHISSIMA. DA ESSA, ANCHE SE CADE QUALCHE BRICIOLA, CIOÈ QUALCHE MIRACOLO, NULLA PERDONO I FIGLI E TUTTO GUADAGNANO I CAGNOLINI. Si potrà forse rammaricare il padrone di casa perché qualche briciola cade per i cani? Anche loro fanno parte della sua casa. Anche loro vanno nutriti. Anzi, la sua grande giustizia, dovrebbe spingerlo a gettare lui stesso qualche pezzo di pane più sostanzioso perché si possano saziare.

ED È QUESTA LA FEDE CHE GESÙ LODA. NON È SOLAMENTE UNA FEDE FONDATA SULLA PAROLA, SULLA VERITÀ DI CRISTO, È ANCHE UNA FEDE CAPACE DI ARGOMENTARE, DEDURRE, TROVARE UN MOTIVO, UNA RAGIONE PER LA QUALE GESÙ NON SOLO PUÒ FARLE IL MIRACOLO, E DEVE FARGLIELO PER GIUSTIZIA DIVINA!

QUESTA DONNA HA FATTO UN’ALTISSIMA PROFESSIONE DI FEDE, E PER QUESTA FEDE VA ASSOLUTAMENTE ESAUDITA DA DIO!

QUANTO MI ASSOMIGLIA E MI FA VERGOGNARE DI ME STESSO QUESTA DONNA CHE PREGA SOLO PER OTTENERE UN MIRACOLO! E QUANTO LA AMMIRO… PERCHÉ’ LA CONCRETEZZA DELLA SUA FEDE CONVINCE GESU’. LA MIA CERTAMENTE NO!

Questa donna HA DIRITTO perché, DOPO AVER INVOCATO SU DI SÉ LA MISERICORDIA DEL SIGNORE, RICONOSCENDO IN GESÙ IL SALVATORE CHE VIENE DALLA CASA DI DAVIDE, POI CHIEDE LA LIBERAZIONE DAL MALIGNO PER SUA FIGLIA.

Nulla si può chiedere per altri se non nella consapevolezza di un unico peccato e di un’unica salvezza, che tutti accomuna. E nessuno ama e desidera la salvezza solo per sé stesso, ma per tutti gli uomini, a cominciare da quelli della propria casa.

Vorrei allora concludere con il pensiero di due “amici di Dio”, che da qualche mese mi accompagnano:

  • SAN GIROLAMO “…E lei, confessando il Cristo COME SIGNORE E FIGLIO DI DAVIDE, non ha più bisogno di guarigione. MA CHIEDE AIUTO PER SUA FIGLIA, CIOÈ PER IL POPOLO DEI PAGANI, PRIGIONIERO DELLA DOMINAZIONE DEGLI SPIRITI IMPURI, come abbiamo già detto. Il Signore tace, riservando col mantenere il silenzio il privilegio della salvezza a Israele.”
  • ORIGENE ADAMANTIO L’ALESSANDRINO “…Raccogli dai Vangeli e confronta, quali persone lo chiamano Figlio di Davide, come costei e i ciechi di Gerico e quali invece lo chiamano Figlio di Dio, oppure quali non aggiungono “veramente”, come gli indemoniati che dicono: Che cosa abbiamo in comune con te, Figlio di Dio? E quali invece aggiungono “veramente”, come quelli che nella barca lo adorarono, dicendogli: Veramente tu sei il Figlio di Dio. E infatti, penso, sarà utile la raccolta di queste persone, allo scopo di osservare la differenza tra coloro che si avvicinano a lui: quali si accostano a Lui come a colui che è nato dal seme di Davide secondo la carne, quali invece si accostano a lui, come a colui che è stato costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione, e di questi chi usa l’avverbio “veramente”, e chi invece no.

Fa’ inoltre attenzione: la Cananea prega non per un figlio (non risulta neanche che ne abbia avuto uno), ma per una figlia terribilmente tormentata dai demoni; un’altra madre accoglie vivo un figlio trasportato fuori morto.

E una volta il capo della sinagoga prega per sua figlia di dodici anni che si ritiene morta,

mentre l’ufficiale regio prega per il figlio ancora malato e prossimo a morire.

Sia la figlia tormentata dal demonio sia il figlio morto avevano ciascuno una madre, la figlia già morta e il figlio mortalmente malato avevano rispettivamente un padre: l’uno era capo di sinagoga, l’altro ufficiale regio.

Sono persuaso che questi dettagli contengano motivi concernenti i differenti generi delle anime che Gesù guarisce dando loro la vita. E tutte quante le guarigioni operate nel popolo e soprattutto quelle riferite dagli evangelisti, sono avvenute certo allora, affinché coloro che non credevano, se non vedevano segni e prodigi, credessero; ma i fatti di allora erano simboli di realtà che ogni volta Gesù compie con la sua potenza. Infatti non c’è tempo in cui ogni cosa scritta non si realizzi, per effetto della potenza di Gesù e secondo il merito di ciascuno. Dunque la Cananea, in considerazione della sua razza, non meritava neppure una risposta da parte di Gesù, il quale ammette di non essere stato mandato dal Padre se non alle pecore perdute della casa di Israele, alla stirpe perduta delle anime chiaroveggenti. A motivo però della sua libera scelta e dell’essersi prostrata davanti a Gesù Figlio di Dio, le tocca una risposta che ne scopre l’origine indegna ma ne mostra anche il merito: ella meritava le briciole come un cagnolino e non il pane.

Ma avendo teso la sua libera scelta e accettato la parola di Gesù, ella reclama che le tocchino le briciole anche come a cagnolino, e riconosce padroni quelli di stirpe superiore; è allora che riceve una seconda risposta, che rende testimonianza alla sua grande fede, e le promette il compimento di quanto vuole. Ora io penso che per analogia con la Gerusalemme di lassù, madre libera di Paolo e dei suoi simili, occorrerà intendere che la Cananea, madre di colei che era terribilmente tormentata dai demoni, assurga a simbolo di madre di ogni anima di questo genere. E cerca di capire se sia assurdo che ci siano molti padri e molte madri, in analogia con i padri di Abramo, verso cui andava il patriarca e in analogia con la Gerusalemme madre, cui si riferisce Paolo quando parla di sé stesso e dei suoi simili.

È probabile che costei, di cui la Cananea è simbolo, uscita dai territori di Tiro e Sidone, che erano prefigurati dai luoghi terrestri, si sia avvicinata al Salvatore e l’abbia supplicato, e continui tuttora a supplicarlo, dicendo: Abbi pietà di me Signore Figlio di Davide, mia figlia è terribilmente tormentata da un demonio. Dopo, Gesù, volgendosi anche a quelli che sono fuori e ai discepoli, nel momento che occorreva, rispose: Non sono stato mandato…, facendoci capire che ci sono anime superiori, intelligenti e chiaroveggenti che si sono perdute, allegoricamente chiamate pecore della casa d’Israele; e, secondo me, ritenendo che queste si riferiscano all’Israele secondo la carne, i più semplici si sentono indotti ad ammettere che il nostro Salvatore non fu mandato dal Padre se non a quei Giudei perduti.

Noi, invece, che ci gloriamo di dire in verità: Anche se un tempo abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così, sappiamo che l’opera principale del Logos è quella di salvare le persone più dotate di intelligenza; queste infatti si trovano in un rapporto più familiare con lui di quelli che sono più deboli. Ma poiché le pecore perdute della casa d’Israele, eccetto il resto conforme a un’elezione per grazia, non credettero al Logos, per questo Egli ha scelto ciò che nel mondo è stolto, ciò che non è né Israele né chiaroveggente, per confondere i sapienti d’Israele e ciò che è nulla l’ha chiamato nazione intelligente, affidandogli ciò di cui era capace, la follia della predicazione, e si compiaceva di salvare coloro che vi credono, procurandosi una lode dalla bocca dei bimbi e dei lattanti, per confondere le cose che sono, essendo gli altri diventati nemici della verità”.

Dio vi benedica!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!