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“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela,
così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16).
Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela»
(Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, affinché la tua Misericordia mi preceda e mi suggerisca, interiormente, al momento giusto, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il Mistero Pasquale, presente nell’umile quotidiano, e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ TORNARE A PASSEGGIARE.”
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Dal Vangelo secondo LUCA 10,21-24 |
+ In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono». Parola del Signore
Mediti…AMO Marco 4,34 “4Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa”. |
Ripensiamo al ministero apostolico di san Francesco Saverio, per ammirare il dinamismo che lo animò sempre.
San Francesco Saverio fu mandato nelle Indie, come dire, allora nel 1542 all’estremità del mondo, dove si arrivava con viaggi lunghissimi e pieni di pericoli.
Subito si diede all’evangelizzazione, ma non in un solo posto, bensì in numerose città e villaggi, viaggiando continuamente, senza temere né intemperie nè pericoli di ogni genere. E non si accontentò delle Indie, che pure erano un campo immenso di apostolato, che sarebbe bastato per parecchie vite d’uomo.
Egli era spinto dall’urgenza di estendere il regno di Dio, di preparare dovunque la venuta del Signore e così, dopo appena due anni, giunge a Ceylon e poi ancora più lontano, alle isole Molucche.
Torna in India per confermare i risultati della sua evangelizzazione, per organizzare, per dare nuovo impulso all’opera dei suoi compagni, ma non vi rimane a lungo.
Vuoi andare ancora più lontano, in Giappone, perché gli hanno detto che è un regno molto importante, ed egli spera che la conversione del Giappone possa influire su tutto l’Estremo Oriente.
E in Giappone riprende i suoi viaggi estenuanti, estate e inverno, sotto la neve, con fatiche estreme.
Torna dal Giappone, ma il suo desiderio lo spinge verso la Cina, ed è proprio mentre tenta di penetrare in questo immenso impero che muore nell’isola di Sanchian nel 1552.
In una decina di anni ha percorso migliaia e migliaia di chilometri, malgrado le difficoltà del tempo, si è rivolto a numerosi popoli, in tutte le lingue, con mezzi di fortuna.
Tutto questo rivela un dinamismo straordinario, che egli attingeva nella preghiera e nella unione con il Signore, nella unione al mistero di Dio che vuole comunicarsi. Anche Gesù, per venire in mezzo a noi, ha superato una distanza infinita: ha lasciato il Padre, come dice il Vangelo giovanneo, per venire nel mondo.
E nel suo breve ministero di tre anni ha continuato questo viaggio: si spostava continuamente, non aspettava che la gente andasse da lui, ma percorreva città e villaggi per annunciare la buona novella del regno.
E ora? Ora, se si vuole che Gesù venga, bisogna agire nello stesso modo: non aspettare che gli altri vengano da noi, ma andare noi da loro.
San Francesco Saverio ha dovuto fare viaggi enormi, è continuamente andato verso gli altri, sospinto dall’urgenza di preparare dovunque la venuta del Signore, e in questo modo ha preparato la venuta del Signore in se stesso.
Dopo essersi estenuato, dopo aver speso tutte sue forze, la sua intelligenza, il suo cuore, egli riceveva il Signore a tal punto che lo supplicava di limitare un po’ le grazie di cui lo inondava.
Il suo viso era radioso, il suo cuore fremeva, si dilatava: egli aveva seguito in pieno l’ispirazione che il Signore gli aveva dato e per questo il mistero di Cristo si rinnovava nel suo intimo. Andare agli altri, senza aspettare che siano essi a venire: ecco la missione della Chiesa, la missione di ogni cristiano, ognuno nella sua situazione concreta.
Se vogliamo che il Signore venga a noi, noi dobbiamo preparare la sua venuta negli altri, dobbiamo andare da loro, corrispondendo al dinamismo della misericordia divina.
È questa la rivelazione del Nuovo Testamento, che completa quella dell’Antico: la rivelazione di una misericordia che si diffonde, sempre più lontano.
Accogliamo la rivelazione di questo dinamismo dell’amore che viene da Dio: se vogliamo ricevere Cristo in noi dobbiamo essere pronti a portarlo agli altri, seguendo questo movimento che ci porta sempre fuori di noi stessi, verso gli altri con grande amore.
E questo l’insegnamento che ci viene dalla vita di san Francesco Saverio, in modo impressionante: per ricevere l’amore di Dio bisogna trasmetterlo, per riceverlo di più bisogna averlo dato agli altri molto fedelmente, molto generosamente.
Ma veniamo brevemente al testo evangelico che oggi ci è proposto.
Il tempo dell’attesa è il tempo dell’ascolto, della predicazione di coloro che annunziano il Vangelo. Ma deve essere un ascolto nuovo, che ci rechi novità di vita, che ci aiuti a parlare un linguaggio nuovo, di pace e di accoglienza. E che ci renda capaci di essere insensibili ai veleni e ai morsi dei serpenti che circondano la nostra fragile e povera Fede.
Purtroppo tutti viviamo una vita vuota, superficiale e rabbiosa, ad un ritmo di vita insostenibile, che si snoda tra la lotta quotidiana per sopravvivere, e la chimera del consumismo, condannati a non avere tempo per Dio, quindi per noi e per ciò che ci rende liberi e veri, figli e immortali, per ciò che ci rende uomini, sul serio.
Purtroppo dobbiamo prendere atto che siamo onestamente convinti di sapere a sufficienza (e oltre) tutto ciò che riguarda Dio.
Ed abbiamo così fatto in modo che il linguaggio del vangelo è diventato parola tra le parole.
Abbiamo urgenza di inventare parole nuove per dire l’immutato, abbiamo necessità di dire con gesti prodigiosi, pieni di verità l’annuncio che proclamiamo, abbiamo bisogno di convertire le nostre omelie dal moralismo alla novità di vita.
ALTRIMENTI NON CREDEREMO, NON CREDERANNO E, TUTTI, SAREMO CONDANNATI.
Animo, allora, Sorelle e Fratelli miei, preghiamo perché le nostre parole e il nostro annuncio diventino capaci di far nascere -NELLA GIOIA VERA- nel cuore di chi incontreremo, il Messia, il Natale cui stiamo per prepararci, emerga da quella dannosissima melassa insopportabile, nel quale l’abbiamo irrimediabilmente affogato tra un spese pazze e un non ben definito sentimento buonista.
IN QUELLA GIOIA CHE DEVE ESSERE ATTEGGIAMENTO TIPICO DELL’AVVENTO.
Una gioia che deve nascere da una nostra interiore letizia, che sconfessa ogni tipo di superficiale euforia o d’intimismo egoistico. E’ la gioia nello Spirito Santo che fiorisce in chi si lascia guidare da Lui, come Gesù.
E quando questo accade, i doni dello Spirito, i doni di sapienza, intelligenza, consiglio, fortezza, di conoscenza e di santo timore di Dio, consentono alla persona di vedere la verità profonda e semplice della vita, aprendo gli occhi del suo cuore, permettendole di vivere con tutte le sue capacità purificate e potenziate dallo Spirito.
E il Regno di Dio dà fuoco al suo vivere e la gioia del Vangelo è in lei, e da questa persona si diffonde tra i fratelli e nel mondo.
È si….Fratelli e Sorelle… perché, se ha radici profonde e vere… LA GIOIA è CONTAGIOSA E NULLA PUO’ FERMARE LA SUA CORSA.
Contemplando allora il Signore che rende lode al Padre, chiediamo la GRAZIA -non solo di custodire la speranza- ma di cantare la gioia della Fede anche se dobbiamo affrontare difficoltà piccole e grandi, o se abbiamo motivi di tristezza.
PERCHÉ CHI HA COSCIENZA DI ESSERE FIGLIO DI DIO NON PERDE LA PACE.
“Jubilate Deo, omnis terra. Servite Domino in laetitia”: mi pare una buona regola per fare della vita una festa diffondendo il Nome di Cristo e il Vangelo.
Ragioniamoci sopra…
Pax et Bonum tibi, frater in Christo!
Chiedo al Signore IDDIO ti Benedica…
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!