“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero pasquale presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 15,1-8
+ In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli». Parola del Signore
Mediti…AMO
Santa Brigida Finsta, Svezia, giugno 1303 – Roma, 23 luglio 1373, Compatrona d’Europa, venerata dai fedeli per le sue «Rivelazioni», nacque nel 1303 nel castello di Finsta, nell’Upplandi (Svezia), dove visse con i genitori fino all’età di 12 anni.
Sposò Ulf Gudmarson, governatore dell’Östergötland, dal quale ebbe otto figli.Secondo la tradizione devozionale, nel corso delle prime rivelazioni, Cristo le avrebbe affidato il compito di fondare un nuovo ordine monastico.
Nel 1349 Brigida lasciò la Svezia per recarsi a Roma, per ottenere un anno giubilare e l’approvazione per il suo ordine, che avrebbe avuto come prima sede il castello reale di Vastena, donatole dal re Magnus Erikson.
Salvo alcuni pellegrinaggi, rimase a Roma fino alla sua morte avvenuta il 23 luglio 1373. La sua canonizzazione avvenne nel 1391 ad opera di Papa Bonifacio IX.
La prima parte della sua vita, segnata da una forte fede, è spesa in un matrimonio felice dal quale nascono otto figli.
Una di loro, Caterina – che la seguirà a Roma – sarà anche lei canonizzata. Insieme al marito adotta la Regola dei Terziari francescani e fonda un piccolo ospedale.
Guidata da un dotto religioso, studia la Bibbia e viene così apprezzata per la sua pedagogia da essere chiamata dal re di Svezia per introdurre la giovane regina alla cultura svedese.
Dopo più di vent’anni di matrimonio, il marito muore.
La prima parte della sua vita, segnata da una forte fede, è spesa in un matrimonio felice dal quale nascono otto figli.
Una di loro, Caterina – che la seguirà a Roma – sarà anche lei canonizzata. Insieme al marito adotta la Regola dei Terziari francescani e fonda un piccolo ospedale.
Guidata da un dotto religioso, studia la Bibbia e viene così apprezzata per la sua pedagogia da essere chiamata dal re di Svezia per introdurre la giovane regina alla cultura svedese.
Dopo più di vent’anni di matrimonio, il marito muore. Qui comincia la seconda parte della sua vita.
Dopo un periodo di austerità e di meditazione sui divini misteri della Passione del Signore e dei dolori e glorie della Vergine, Brigida cominciò ad avere visioni di Cristo.
Durante quei colloqui, si sentì eleggere «sua sposa» e «messaggera del gran Signore», avvertendo una spinta a operare per il bene del proprio Paese, dell’Europa e della Chiesa.
Ai suoi direttori spirituali come il padre Matthias, Brigida dettò le sue celebri «Rivelazioni», frutto delle intuizioni ricevute, che furono poi raccolte in otto volumi.
Ma veniamo al testo
I Capitoli dal 15 al 17 del Vangelo di Giovanni ci presentano diversi insegnamenti di Gesù che l’evangelista mette insieme e colloca qui nel contesto amico e fraterno dell’ultimo incontro di Gesù con i suoi discepoli.
Il brano odierno riporta una parte della riflessione di Gesù attorno alla parabola della vite.
La liturgia odierna sottolinea la necessità di “rimanere” in Gesù, un tema particolarmente caro all’apostolo Giovanni.
Nella sua prima lettera afferma “Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui”.
E nella parabola della vite i tralci i termini “rimanere” e “dimorare” ne sono il cuore.
L’immagine della vigna, nel suo simbolismo religioso, era molto nota ai discepoli di Gesù. Uno degli ornamenti più vistosi del tempio eretto a Gerusalemme da Erode e che Gesù frequentò era appunto una vite d’oro con grappoli alti come un uomo.
È importante osservare da vicino una vite o una qualsiasi pianta per vedere come cresce e come avviene il legame tra tronco e rami, e come il frutto nasce dal tronco e dai rami.
Nell’Antico Testamento, l’immagine della vite indicava il popolo di Israele (Is 5,1-2).
La gente era come una vite che Dio piantò con molta tenerezza sulle colline della Palestina (Sal 80,9-12). M
a la vite non corrisponde a ciò che Dio si aspettava, perché invece di uva buona produce un frutto acerbo che non è buono a nulla (Is 5,3-4).
Gesù è la nuova vite, la vera vite. E in un’unica frase ci consegna il paragone, in cui dice “Io sono la vera vite e mio Padre è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto!“.
La potatura è dolorosa, ma è necessaria, perché purifica la vite, così cresce e dà più frutti.
Il grande profeta Isaia, nel mirabile “canto della Vigna” descrisse la delusione di Dio nei confronti di Israele, sua vigna, che aveva curato, piantato, vangato, difeso, ma dalla quale non aveva avuto altro che frutti amari.
Parimenti, il Profeta Geremia, (Ger 2,21)rimprovera il popolo d’lsraele “Io ti avevo piantata come vite feconda e tutta genuina. Come mai sei diventata una vite aspra, selvatica e bastarda?”
Ognuno di noi ha l’esperienza della crescita in se stesso di frutti buoni assieme a sentimenti cattivi, ad abitudini egoistiche, ad atteggiamenti freddi e violenti, a pensieri malevoli, a spinte di invidia e di orgoglio.:.
E’ qui che si deve potare, e non una volta sola, perché sempre si ripresentano questi sentimenti, seppure in modi e con manifestazioni diverse.
Non c’è età della vita che non esiga cambiamenti e correzioni, e quindi potature.
E’ la condizione per portare frutto per non seccarsi ed essere quindi tagliati e bruciati.
Nella tradizione bizantina c’è una splendida icona che riproduce plasticamente questa parabola evangelica. Al centro è dipinto il tronco della vite su cui è seduto Gesù con la Scrittura aperta.
Dal tronco partono dodici rami su ognuno dei quali è seduto un apostolo, con la Scrittura aperta tra le mani.
E’ l’icona della nuova vigna, l’immagine della nuova comunità che ha origine da Gesù, vera vite.
Quel libro aperto che sta nelle mani di Gesu è lo stesso che hanno gli apostoli: è la vera linfa’ che permette di “…non amare a parole né con la lingua. ma coi fatti e nella verità“.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!