“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo LUCA 9,22-25
+ In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?». Parola del Signore
Mediti…AMO
Entriamo in Quaresima, e la Chiesa vuole spiegarcene subito lo scopo.
La vita di Gesù ha compimento sulla croce, ma al tempo stesso nella risurrezione, che dalla croce è inseparabile.
A partire da ieri fino al giorno di Pasqua la sequenza delle letture del giorno sarà data dalla tradizione antica della quaresima con le sue letture, già fisse, che ci aiuteranno ad entrare nello spirito della quaresima e della preparazione alla Pasqua.
Fin dal primo giorno, la prospettiva è quella della Passione, Morte e Risurrezione e del senso che questo mistero ha per la nostra vita.
E’ quanto ci viene proposto nel testo assai breve del vangelo di oggi.
Il testo parla della passione, morte e risurrezione di Gesù ed afferma che seguire Gesù vuol dire caricarsi la croce dietro Gesù.
E, in questo testo, Gesù annuncia che la sofferenza che egli dovrà affrontare non è un incidente di percorso né soltanto il frutto dell’umana ingiustizia ma appartiene alla storia che Dio ricama con il suo amore.
Di conseguenza, Fratelli e Sorelle, se vogliamo seguire Gesù e intraprendere questo grande cammino che deve condurci al Padre, la prima cosa da fare è rinunciare a noi stessi, cioè al nostro io.
Nel nostro comun parlare siamo abituati a dire che le sofferenze che ci capitano, sono penitenze che non salvano e croci che ci affossano.
L’unica cosa che abbiamo compreso è che, il dolore fisico e morale, sono componenti che fanno parte della nostra vita.
E il cristianesimo non intende certo aggiungere altro dolore a quanto quotidianamente viviamo, in nome e per conto di Dio.
Ma si tratta di prendere coscienza della nostra situazione di peccatori, di convertirsi a Dio con tutto il cuore e l’anima, di prestare ascolto alla sua divina Parola, e di comportarci da veri figli e figlie di Dio.
Per cui la quaresima non è il tempo in cui esaltare la sofferenza, non è un tempo nel quale siamo invitati a preticare l’autolesionismo, ma un tempo in cui imparare a evitarla, e, laddove sia inevitabile, a trasfigurarla.
Quando il Signore ci chiede di portare la nostra croce non intende invitarci alla rassegnazione, ma a imitarlo, nel gesto straordinario del dono di sé.
E, abbracciando la nostra croce – ricordiamoci che Dio, nella sua giustizia e bontà, dà sempre proporzionata alla nostra possibilità di portare – vivremo nella pace e nella gioia di aver compiuto la sua divina volontà.
Gesù stesso non ha amato la croce, né l’ha cercata, e ne avrebbe volentieri fatto a meno.
Ma, ad un certo punto, la croce è stata l’unico strumento che ancora aveva per ridire senza ambiguità, tentennamenti, o ombra di dubbio, ciò che voleva dire.
E quella croce è diventata, allora, l’unico modo per il Signore di manifestare l’amore per il Padre e per gli uomini.
Gesù è Figlio di Dio, perché rappresenta Dio nella sua condizione umana, ed è Figlio dell’Uomo perché rappresenta l’uomo nella sua condizione divina.
“Il Figlio dell’Uomo deve soffrire molto ed essere rifiutato …”, e qui l’evangelista ci presenta il sinedrio, che era composto da 71 membri, ed era composto “dagli anziani”, l’aristocrazia economica, “…dai sommi sacerdoti e dagli scribi”, i teologi ufficiali.
“Venire ucciso…”, l’istituzione religiosa è nemica del progetto di Dio sull’umanità, che l’uomo diventi suo figlio, che l’uomo abbia la condizione divina, questo per l‘istituzione religiosa è un crimine intollerabile, quindi “…venire ucciso e risorgere il terzo giorno”.
Il numero tre indica quello che è completo, che è definitivo.
E poi ecco il monito di Gesù, rivolto ai suoi discepoli che, come abbiamo detto, lo accompagnano ma non lo seguono, “se …”, è una proposta, un’offerta, “… qualcuno vuole venire dietro a me …”, il messaggio è rivolto a Pietro e ai discepoli che non stanno dietro a Gesù, ma gli vanno contro, “… rinneghi se stesso …”, cioè rinunci ai suoi ideali di trionfo e di nazionalismo, e, letteralmente, “…si carichi della sua croce”.
Cosa significa questo?
Quando il condannato veniva condannato a morte per crocifissione, doveva sollevare da se stesso il patibolo orizzontale e poi, dal luogo del tribunale, doveva andare al luogo dell’esecuzione attraversando due ali di folla per le quali era un obbligo religioso insultarlo e malmenarlo; cioè la solitudine completa.
Ciò che il Signore ci chiede, in questa vita terrena, è di vincere la nostra solitudine lontano dal Signore e di essere determinati nella ricerca di Dio, tanto da essere disposti a morire, pur di trovarlo.
E la quaresima è, appunto, l’occasione che abbiamo per rimettere al centro di tutto la nostra ricerca, il nostro desiderio di Dio, e ritrovare ciò che è essenziale nella nostra vita.
Al termine del primo manoscritto, in cui rilegge il cammino della sua vita, Teresa di Lisieux scrive “…vedo che solo la sofferenza fa generare le anime” (Ms A, 81r).
Ma poco dopo aggiunge “…non desidero la sofferenza né la morte eppure le amo tutte e due, ma è l’amore solo che mi attira…” (Ms A, 83r).
Sì, la sofferenza impaurisce e non potrebbe essere altrimenti perché l’uomo è una creatura assetata di gioia.
L’amore, solo l’amore, può donare il coraggio di abbracciare la croce e di entrare nelle case abitate dal dolore.
SAN MASSIMO IL CONFESSORE ricorda che la croce è “…il segno distintivo del potere del nostro Signore Gesù Cristo”.
La sofferenza è un mistero e uno scandalo per l’uomo.
Per questo Dio ha scelto di condividere il dolore del mondo, porta nella sua carne la sofferenza che accompagna la storia dell’umanità.
“Cristo non ci aiuta in virtù della sua onnipotenza ma della sua sofferenza” (dirà DIETRICH BONHOEFFER).
Non c’è un’autentica esperienza di fede se non siamo disposti a portare la croce del Signore.
Scrive il compianto PAPA BENEDETTO XVI, nel testo della Udienza generale, tenuta il 20 giugno 2010:
- “…prendere la croce significa impegnarsi per sconfiggere il peccato che intralcia il cammino verso Dio, accogliere quotidianamente la volontà del Signore, accrescere la fede soprattutto dinanzi ai problemi, alle difficoltà, alla sofferenza. Anche nell’epoca attuale molti sono i cristiani nel mondo che, animati dall’amore per Dio, assumono ogni giorno la croce, sia quella delle prove quotidiane, sia quella procurata dalla barbarie umana, che talvolta richiede il coraggio dell’estremo sacrificio. Il Signore doni a ciascuno di noi di riporre sempre la nostra solida speranza in Lui, certi che, seguendolo portando la nostra croce, giungeremo con Lui alla luce della Risurrezione”.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!