“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo LUCA 10,1-9
+ In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”». Parola del Signore
Mediti…AMO
Ieri abbiamo celebrato la conversione di san Paolo.
Oggi la Chiesa ricorda due suoi discepoli, che tanto hanno dato: Timoteo e Tito. Essi sono stati i collaboratori più stretti dell’apostolo Paolo.
Timoteo era nato a Listra da madre giudea e padre pagano.
Si era avvicinato alla comunità cristiana e, poiché aveva una buona conoscenza delle Scritture, godeva di grande stima presso i fratelli.
Quando, verso l’anno 50, passò da Listra, Paolo lo fece circoncidere per rispetto verso i giudei e lo scelse come compagno di viaggio.
Con Paolo, Timoteo attraversò l’Asia Minore e raggiunse la Macedonia. Accompagnò poi l’apostolo ad Atene e di lì venne inviato a Tessalonica.
Quindi Timoteo proseguì a sua volta per Corinto e collaborò all’evangelizzazione della città sull’istmo.
Tito era di famiglia greca, ancora pagana, e venne convertito dall’apostolo in uno dei suoi viaggi.
Egli viene inviato in particolare alla comunità di Corinto con lo scopo di riconciliare i cristiani di quella città con l’apostolo.
Quando si reca a Gerusalemme per l’incontro con gli apostoli, Paolo porta con sé Timoteo il circonciso insieme con Tito l’incirconciso.
Nei suoi due collaboratori egli riunisce simbolicamente gli uomini della legge e gli uomini dalle genti.
Secondo la tradizione Paolo scrisse due lettere a Timoteo e una a Tito quando erano rispettivamente vescovi di Efeso e di Creta.
Sono le uniche due lettere del Nuovo Testamento indirizzate non a comunità, ma a persone.
L’apostolo, ormai anziano, si lascia finalmente andare ad annotazioni ricche di affetto verso i suoi due discepoli nella fiducia di aver messo nelle giuste mani l’annuncio del Vangelo del Signore.
Secondo il Papa Benedetto XVI, Timoteo e Tito «…ci insegnano a servire il Vangelo con generosità e a essere i primi nelle opere buone».
Ad oggi festeggiati insieme il 26 gennaio, giorno seguente alla festa della Conversione di San Paolo, sino al Messale del 1962 erano ricordati separatamente, San Timoteo al 24 gennaio come VESCOVO E MARTIRE, San Tito al 6 febbraio come VESCOVO E CONFESSORE.
Paolo prende con sé Timoteo, a Listra, nel suo secondo viaggio missionario, ma lo conosceva da prima con sua madre e sua nonna, ebree, che si fanno cristiane con lui.
Lo manda in missione nelle chiese che ha fondato, per correggere errori e mettere pace. Inviandolo a Tessalonica, gli scrive “…nessuno disprezzi la tua giovane età“, e ai Corinti lo presenta così “…vi ho mandato Timoteo, mio figlio diletto e fedele nel Signore: vi richiamerà alla memoria le vie che vi ho insegnato“.
Tito è greco, un pagano convertito.
“…mio compagno e collaboratore“, come dice Paolo nella seconda lettera ai Corinti.
Compagno di momenti importanti: come la famosa riunione nota come concilio di Gerusalemme, ed è anche mediatore persuasivo, ed entusiasma Paolo risolvendo una grave crisi tra lui e i Corinti.
E lo vediamo efficiente manager, quando dirige e porta a termine la prima grande iniziativa di solidarietà fra le Chiese: la famosa colletta per i poveri di Gerusalemme.
Ma veniamo al testo evangelico odierno.
Al tempo di Gesù c’erano diversi movimenti che, come Gesù, cercavano un nuovo modo di vivere, come ad esempio, Giovanni Battista, i farisei ed altri.
Molti formavano comunità di discepoli (Gv 1,35 e Lc 11,1 e At 19,3) ed avevano i loro missionari (Mt 23,15), che avevano però grandi differenze.
I farisei, ad esempio, quando andavano in missione, andavano prevenuti, perchè pensavano che non potevano mangiare ciò che la gente offriva loro, in quanto, il cibo offerto, non era ritualmente “puro”.
Per questo, avevano con se borsa e denaro per potersi procurare del cibo adeguato.
E così, invece di aiutare a superare le divisioni, queste osservanze della Legge sulla purezza, indebolivano ancor più il vissuto dei valori comunitari.
Gesù, invece, cerca di riscattare quei valori comunitari soffocati, rinnovando e di riorganizzando le comunità, in modo che fossero di nuovo un segno del Regno di Dio.
E’ ciò che ci viene detto oggi con l’invio dei 72 discepoli, che Gesù manda negli stessi luoghi dove anche Lui si sarebbe recato.
Gesù aveva già inviato i Dodici (Lc 9,1-6), da lui scelti e chiamati apóstoloi, missionari-inviati, ma ora ne invia altri settantadue, tanti quanti il numero delle genti abitanti la terra secondo la tavola delle nazioni di Genesi 10 (nella versione greca dei LXX).
I settantadue siamo tutti noi che veniamo dopo i Dodici.
Mediante la missione dei discepoli e delle discepole Gesù cerca di riscattare i valori comunitari della tradizione della gente che si sentiva schiacciata dalla duplice schiavitù della dominazione romana e dalla religione ufficiale.
Gesù cerca di rinnovare e di riorganizzare le comunità in modo che siano di nuovo un’espressione dell’Alleanza, una dimostrazione del Regno di Dio.
Per questo insiste sull’ospitalità, nella condivisione, sulla comunione, sull’accoglienza agli esclusi.
E manda i suoi discepoli, due a due, per favorire l’aiuto reciproco, poiché la missione non è individuale, bensì comunitaria. E perchè, due persone, rappresentano meglio la comunità, meglio che una sola.
E questi discepoli dovranno annunziare LA PAROLA DI DIO, ma anche, REALIZZARE LA COMUNIONE INTORNO ALLA MENSA, mangiando ciò che la gente offre loro, non il proprio cibo.
Essi avranno, a modello il levita del Salmo 16,5 che nella sua povertà proclama “…Il Signore è mia porzione e mio calice”, PERCHÉ CONFIDERÀ SOLO NEL SIGNORE.
Sarà povero, ma non misero, senza denaro con sé, e senza assicurazioni per il viaggio, ed entrerà nelle case, o incontrerà sulle strade tutti coloro che cercano la vita piena.
A costoro, “…figli della pace”, della vita in pienezza, gli inviati augureranno lo shalom, la pace, e con loro entreranno in rapporti umanissimi: mangiando e bevendo alla loro tavola, senza l’ossessione della purità delle persone e dei cibi…
In tutti gli inviati deve regnare e manifestarsi la gratuità, che essi mostreranno anche prendendosi cura gratuitamente degli altri, curando i malati nel corpo nella mente e nello spirito e annunciando a tutti che il regno di Dio si è avvicinato.
Questo significa che dovranno accettare di sedersi attorno alla tavola con gli altri.
E, attraverso questo contatto con gli altri non dovranno aver paura di perdere la purezza legale, perchè in questo modo annunzieranno un nuovo accesso alla purezza, e all’intimità con Dio.
E dovranno anche occuparsi dei malati, curare i lebbrosi e scacciare i demoni (Mt 10,8), accogliendo nella comunità coloro che ne erano stati esclusi.
E, se tutti questi compiti vengono portati a termine, alora i discepoli potranno dire che il Regno di Dio è giunto.
Poiché il Regno È UN NUOVO MODO DI VIVERE E CONVIVERE PARTENDO DALLA BUONA NOVELLA CHE GESÙ È VENUTO A RIVELARCI: DIO È PADRE E PER QUESTO SIAMO TUTTI FRATELLI E SORELLE.
Ecco allora che, educare per il Regno significa: insegnare un nuovo modo di vivere e di convivere, un nuovo modo di agire e pensare.
Fratelli e Sorelle, ciò che ci viene chiesto di fare, quindi, è andare avanti al Signore, preparare la sua venuta, non per fare proselitismo, ma consentire al Signore di raggiungere ogni uomo.
La Chiesa non è una realtà autoreferenziale, ma nasce da una precisa volontà del Signore, e deve fare costantemente riferimento a Lui.
E, la preghiera, l’essenzialità e la pace, saranno il distintivo, non un annuncio, MA UN MODO DI ESSERE.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!