«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo LUCA12,13-21
+ In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e divertiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio». Parola del Signore
Mediti…AMO
Dopo l’insegnamento del PATERNOSTER e sulla PREGHIERA, il lezionario ha tralasciato alcune scene del capitolo undicesimo (un esorcismo, altri insegnamenti, la messa in guardia dei farisei dopo l’invito che Gesù ha ricevuto a pranzo da uno di loro) e salta parte del dodicesimo, per presentare una parabola esclusivamente lucana.
Essa, fa parte esclusivamente del terzo Evangelo, ed è breve, concentrata solo in cinque versetti (12,16b-20), è perfettamente incorniciata da due insegnamenti:
- 12,15: “Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni”;
- 12,21: “Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio”.
Siamo quindi di fronte ad una pagina evangelica stupenda, nella quale Gesù ribadisce uno dei capisaldi della nostra fede: DIO SI FIDA DELLE NOSTRE CAPACITÀ E NON VA TIRATO IN BALLO A SPROPOSITO.
E, al fratello che chiede a Gesù di intervenire nella disputa ereditaria, GESÙ RISPONDE DI NON AVERNE TITOLO.
E, cerca di far capire loro che il valore di una vita non consiste nell’avere molte cose, BENSÌ NELL’ESSERE RICCO PER DIO (Lc 12,21).
E QUANDO IL GUADAGNO OCCUPA IL CUORE, L’UOMO NON SA COME DISTRIBUIRE L’EREDITÀ CON EQUITÀ E CON PACE.
L’episodio narrato nel vangelo di oggi, fa parte della lunga descrizione del viaggio di Gesù, dalla Galilea fino a Gerusalemme (Lc 9,51 a 19,28), in cui Luca mette la maggior parte delle informazioni che è riuscito a raccogliere rispetto a Gesù e che non si trovano negli altri tre vangeli (Lc 1,2-3).
Questa parabola fa parte del genere “racconto per esempi”, tipico della fonte propria di Luca, e lo sfondo della parabola è sapienziale e veterotestamentario.
Una parentela stretta, ad esempio, si ritrova con un versetto dal libro del Siracide (Sir 11,19) “…(il ricco) mentre dice: ‘Ho trovato riposo; ora mi godrò i miei beni’, non sa quanto tempo ancora trascorrerà; lascerà tutto ad altri e morirà”, anche se la differenza di prospettiva risiede nel fatto che per la parabola lucana il ricco è considerato come uno stolto, mentre, al contrario, in Siracide il godere dei beni è visto positivamente, come è premesso qualche versetto prima (Sir 11,17: “Il dono del Signore è assicurato ai pii e il suo favore li rende felici per sempre”).
Ma questo non toglie che il Siracide sia un vero modello letterario per la nostra parabola.
E, in questo contesto, il vangelo di oggi porta la risposta di Gesù alla persona che gli chiese di essere mediatore nella distribuzione di un’eredità.
La Legge stabiliva che, alla morte di un soggetto, proprietario di beni immobili, cioè terra e casa, l’eredità spettava al figlio maschio primogenito, così che il patrimonio non fosse diviso, spezzettato (Dt 21,17).
Tuttavia agli altri figli era riservata una parte dei beni mobili.
Nel nostro caso, per l’appunto, sembrerebbe che sia il figlio minore a chiedere a Gesù di intervenire perché sia onorato il suo diritto, probabilmente non riconosciuto dal fratello maggiore.
Era sempre possibile, anzi era la norma ideale che i fratelli condividessero l’eredità, mostrando in tal modo di riconoscere la fraternità come un bene (Sal 132,1), ma ciò non sempre ciò avveniva…
Fratelli e Sorelle, la brama, la cupidigia, quando sono presenti nel cuore umano, finiscono per alimentare i conflitti, per accecare gli occhi, tanto che essi non riescono più a vedere né i fratelli né il prossimo.
E, quella che nell’uomo è naturale e laboriosa “occupazione”, PUÒ DIVENTARE FACILMENTE ASFISSIANTE “PREOCCUPAZIONE”, nel momento in cui, rassicurato dal buon esito dei suoi sforzi, l’uomo non si accontenta più del salario quotidiano, ma ambisce ormai a “farsi un nome” e a costruire “una torre, la cui cima tocchi il cielo”, come avvenne ai tempi di Babele (Gen 11,4).
Come scriveva quarant’anni fa ERICH SELIGMANN FROMM (1900-1980 – un grande psicologo, psicoanalista, filosofo ed accademico tedesco, nato in una da una famiglia di religione ebraica molto osservante. Ottenne il dottorato all’università di Heidelberg con una tesi dal titolo Sulla funzione sociologica della legge giudaica nella Diaspora), con parole tuttora attualissime:
- “Si direbbe che l’essenza vera dell’essere sia l’avere; che, se uno non ha nulla, non è nulla”.
Se, invece, scoprissimo ogni giorno di più il valore della vita e quale grande tesoro abbiamo già tra le mani, non commetteremmo l’errore di sciupare la cosa più preziosa, cioè l’amicizia con DIO, e lo ringrazieremmo ed esulteremmo di gioia, PERCHÉ AVREMMO CAPITO, UNA VOLTE PER TUTTE, CHE EGLI È IN GRADO DI FAR ABBONDARE IN NOI OGNI GRAZIA (2COR 9,10).
MA, COME AVVIENE PER OGNI COSA, PER ARRIVARE A CAPIRE, NOI DOBBIAMO FAR RIFERIMENTO AL NOSTRO LIMITE CREATURALE.
Ovvero è necessario fare i conti con la morte, che rimane una chiave importante per scoprire il vero senso della vita.
E, questo limite, rende tutto relativo, poiché mostra ciò che perisce e ciò che rimane.
E nessuno può barare a questo discorso: CHI CERCA SOLO DI AVERE E DIMENTICA L’ESSERE, PERDE TUTTO NELL’ORA DELLA MORTE.
È per questo che Gesù ci invita ad essere vigilanti, e a non preoccuparsi del nostro denaro: CON LA MORTE NON SI PORTA NULLA CON SE STESSI, SE NON LE BUONE OPERE, E PURTROPPO ANCHE LE CATTIVE, DA ESPIARE POI NELL’ALDILÀ.
Solo facendo questo esame,comprendiamo di essere destinati a divenire “cittadini del cielo”, e solo allora non poniamo più la nostra fiducia nei beni terreni, ma in quelli del cielo, sull’esempio del grande Martire, e Padre della Chiesa, il Vescovo SANT’IGNAZIO DI ANTIOCHIA, il quale affermava, scrivendo NELLA SUA LETTERA AI ROMANI “…c’è in me un’acqua viva che mi sussurra: Vieni al Padre!”
E, la sua speranza era saldamente ancorata a Cristo, perché diceva S. IGNAZIO – “...E’ MEGLIO ESSERE CHE SEMBRARE CRISTIANI“.
L’ora della morte sarà anche quella dell’incontro con il giudice, Dio, il quale renderà manifesto ciò che ciascuno di noi ha pensato, detto e fatto nei giorni della sua vita terrena.
Allora sarà evidente la verità di ciò che si è vissuto qui e ora: ovvero, dell’aver tenuto conto o meno della volontà di Dio che tutti gli esseri umani siano fratelli e sorelle e partecipino con giustizia alla tavola dei beni della terra, in quella condivisione capace di combattere la povertà.
Ma chi ha accumulato per sé con un folle egoismo, chi non si è “arricchito presso Dio”, cioè condividendo i suoi beni, sarà nella solitudine eterna.
La vita umana non finisce qui, anche se spesso lo dimentichiamo…
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!