«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 20,1-16
+ In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi». Parola del Signore
Mediti…AMO
La venticinquesima domenica del tempo ordinario ci propone una parabola che troviamo solo nel Vangelo di Matteo.
E, la PAROLA DI DIO, che oggi la liturgia offre alla nostra riflessione, ci mostra un Dio misericordioso, che dispensa abbondantemente, a tutte le creature create a sua immagine, amore.
Questo brano del vangelo si pone quasi come una nota esplicativa nella lunga scia di reazioni provocata dalle parole di commento di Gesù dopo l’incontro con il giovane ricco che aveva rifiutato di seguirlo.
Gesù aveva pronunciato la famosa frase “…è più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli” (Mt 19,24).
E i discepoli erano rimasti sconcertati. Anche Pietro aveva chiesto “…noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?“.
Il Maestro aveva risposto “…nel giorno della nuova creazione siederete su dodici troni attorno al Figlio dell’uomo assiso nella sua gloria e che già nel tempo presente riceverete cento volte le ricchezze e gli affetti che hanno abbandonato. Tutto questo però ha una condizione: “Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi primi” (Mt 19, 30).
Questa affermazione si troverà anche al termine del brano di questa domenica.
E questo ci serve per dirci che la parabola degli operai inviati nella vigna serve proprio a spiegare questa specie di proverbio.
Gesù rispondendo a Pietro, lo avverte: I PRIMI (gli Apostoli, ma anche quelli che occuperanno i posti più importanti nella Chiesa) DEVONO FARE ATTENZIONE A NON ASSUMERE ATTEGGIAMENTI ESCLUSIVI O DISCRIMINATORI, PERCHÉ, NEL GIORNO DELLA NUOVA CREAZIONE LE LOGICHE PURAMENTE UMANE SARANNO COMPLETAMENTE ROVESCIATE.
Ognuno deve ricordare che la Misericordia di Dio è per tutti, anche per coloro che non hanno meriti da accampare.
Ma io credo che tutti abbiamo bisogno di ricordare che SIAMO SALVATI PER GRAZIA, e che quando abbiamo fatto tanto, è solo per grazia. Non abbiamo mai alcun merito. Siamo i beneficiari della meravigliosa GRAZIA di Dio.
Certamente, chi è salvato deve vivere come uno salvato, deve camminare nella luce. Dio ci chiama ad essere zelanti nelle buone opere. È molto importante che viviamo così.
Diceva un grande Pastore protestante ucciso dai nazisti nel campo di concentramento di Flossemburg, DIETRICH BONHOEFFER, “…c’è una giustizia umana, che noi uomini cerchiamo, approfondiamo, sperimentiamo e tentiamo di instaurare nella nostra vita sociale, nelle relazioni con gli altri. È una giustizia che merita non solo attenzione, ma che va realizzata affinché sia possibile la convivenza in una certa condizione di pace. Questa dunque, che fa parte delle “realtà penultime” in cui siamo immersi, è decisiva e non va sminuita”.
Una giustizia terrena che però “fa acqua” da tutte le parti.
Per questo dilaga l’illegalità, la corruzione e “la gente” non si sente più tutelata, ne sente più la giustizia umana come postura necessaria per ogni persona e come prima condizione per il vivere nella società.
Ma c’è anche una giustizia divina, che non sconfessa quella che gli uomini e le donne hanno elaborato nel loro cammino di umanizzazione, MA LA TRASCENDE, PERCHÉ A QUESTA GIUSTIZIA DI DIO È IMMANENTE LA MISERICORDIA DI DIO.
Un ambito certamente complesso, quello nel quale ci stiamo addentrando.
E, per aiutarci nel discernimento Gesù, è venuto a rivelarci il vero volto di Dio.
È venuto a mandare in frantumi tutte le immagini che noi fabbrichiamo, custodiamo con amore e poi proiettiamo su Dio, ESSENDO PROPRIO LUI LA NARRAZIONE DEFINITIVA DI DIO (Gv 1,18).
E, per meglio farci comprendere, attraverso le parabole ci racconta cos’è LA GIUSTIZIA DI DIO.
Sì, la giustizia del regno di Dio è quella che troviamo – ci dice la parabola odierna – quando il padrone di una vigna cerca operai per la sua vigna, CONTINUAMENTE.
L’evangelista, rivolgendosi a un uditorio di origine giudaica, sa che l’immagine della vigna richiamerà subito e chiaramente il tema del popolo di Dio, Israele.
Già nei profeti (Is 5,1-7 e 27,2 e Ger 2,21) e nei salmi (Sal 80) la vigna è l’immagine che esprime soprattutto l’amore che Dio prova per il suo popolo, amore che viene spesso dimenticato e tradito.
Lo stesso poema del Cantico dei Cantici ambienta l’incontro degli innamorati all’ombra di una vigna.
Dunque questa parabola, anche solo con la scelta dell’immagine principale, parla dell’amore di Dio.
Apparentemente, però, la vicenda si colloca sul piano di un rapporto di lavoro, che deve veder soddisfatte le esigenze del padrone e quelle degli operai, rispettando una giustizia umana che commisura il salario alla prestazione lavorativa.
E, in questo contesto, il padrone, al mattino presto esce a cercarli e stipula con loro un contratto, stabilendo come paga un denaro.
Verso le nove del mattino torna a cercarne altri e invia anche loro nella sua vigna a lavorare, dicendo “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”.
Così fa anche a mezzogiorno e infine addirittura quasi al tramonto.
Trovando infatti alcuni che se ne stanno senza far niente, domanda loro il motivo di questo comportamento, e si sente rispondere “…Nessuno ci ha presi a lavorare”.
Perciò risponde “...Andate anche voi nella vigna”.
Quando, alla sera, viene l’ora di dare il salario ai lavoratori, il padrone inizia a pagare gli ultimi chiamati nella vigna e poi risale fino a quelli dell’alba, dando a tutti indistintamente una moneta d’argento.
Ecco dunque accendersi la mormorazione da parte dei primi chiamati. Dove va a finire il merito? Che giustizia è mai questa?
Fratelli e Sorelle, chi di noi non ha pensato, leggendo senza approfondire questo brano del Vangelo, che il risentimento degli operai della prima ora avesse, almeno, un po’ di fondamento?
E ci siamo anche chiesti perché avere la retribuzione uguale agli ultimi arrivati che solo in parte hanno sopportato la fatica del giorno?
Se siamo caduti in questo scivolone, significa che abbiamo fatto una lettura davvero frettolosa, che ci ha impedito di rilevare che il capitolo si apre con una considerazione cruciale:
“Il regno dei cieli, invero, è simile a…”.
Stiamo parlando del REGNO DI DIO, ovvero la meta verso la quale tende il nostro peregrinare.
Lì, la malevolenza o, peggio, l’invidia, non troveranno mai posto.
Invece siamo chiamati a rallegrarci per quanti saranno chiamati a condividere la beatitudine del Signore, anche all’ultimo momento.
Ecco perché, nella parabola il padrone li chiama e ricorda loro di aver pattuito il compenso di una moneta d’argento. Egli, dunque, ha mantenuto la sua promessa.
Poi aggiunge “…non sono forse libero di dare la stessa paga anche a chi ha lavorato meno?”. Tutti, infatti, per vivere e poter mangiare insieme alle loro famiglie, avevano bisogno almeno di una moneta d’argento, e, senza di essa gli operai dell’ultima ora non avrebbero portato a casa nulla, e dunque le loro famiglie avrebbero sofferto la fame…
Così scopriamo che quel padrone narrato da Gesù È IMMAGINE DI DIO, DI UN DIO CHE SI PRENDE CURA DI TUTTI GLI UOMINI, IN PARTICOLARE DEI PIÙ ABBANDONATI, DEGLI SCARTI DELLA SOCIETÀ, a tutte le ore e in ogni situazione.
Un Dio che ha “viscere di misericordia” e che vorrebbe che noi imparassimo dal suo cuore ad avere a nostra volta misericordia, per gioire quando un nostro fratello riceve un dono.
Ma dobbiamo mostrar di avere “un occhio cattivo” (questo il significato dell’espressione del v. 15, tradotta con “sei invidioso”).
LA GIUSTIZIA DI DIO INCLUDE LA MISERICORDIA, E CI MOSTRA QUELL’AMORE CHE NON VA MAI MERITATO, MA CHE È PIÙ GRANDE DELLA FEDE E DELLA SPERANZA, E CHE, NEL CUORE DI DIO, VINCE ANCHE SULLA SUA GIUSTIZIA DIVINA (Es 34,6-7).
Certamente, capire più DELL’AMORE DI DIO CI STIMOLA MOLTO A VIVERE PER DIO.
Fratelli e Sorelle, noi dobbiamo imparare a credere che la vita eterna è già in atto e che, per quello che possiamo, dobbiamo cominciare già a viverla e “a costruirla”, rendendo concretamente visibile e operante, L’AMORE DI DIO.
Per questo PAOLO DI TARSO c’invita ad avere “…una condotta degna dell’evangelo di Cristo”.
La sola che, come è stato per lui, ci consente di misurare il reale senso della vita nella prospettiva del regno dei cieli, altrimenti le sue affermazioni suonano folli.
Come poteva altrimenti dire “…per me, infatti, il vivere è Cristo, e il morire è un guadagno”.
Anche se va comunque ricordato che, pur rendendosi conto che andare con Cristo “…è cosa di gran lunga migliore”, è però necessario rimanere, QUI ED ORA – A LAVORARE- quali operai dell’ultima ora, che noi tutti siamo.
Perchè far parte degli “operai della sua vigna” È CHIAMATA, È DONO, È PRIVILEGIO, È GRAZIA, che nessuno di noi merita.
Entrare in questa LUCE DI GRAZIA significa per noi abbandonare il male e i pensieri cattivi che creano divisione, separazione perché pongono NOI alcuni su piedistalli ed TUTTI GLI ALTRI nella polvere.
IL SIGNORE CI INVITA A “CERCARLO” PERCHÉ LA CONTEMPLAZIONE DI LUI CI MOSTRI ANCHE LA GRANDEZZA DEL SUO AMORE CHE ELARGISCE CON GENEROSITÀ E GRATUITÀ A NOI E A TUTTI PROPRIO TUTTI, ANCHE A QUELLI CHE AI NOSTRI OCCHI REPUTIAMO “ULTIMI”.
Fratelli e Sorelle, il tema della parabola non è dunque anzitutto né la vocazione, né il giudizio, né l’uguaglianza fra gli uomini: il tema È LA BONTÀ “SCANDALOSA” DI DIO, CHE IRRITA CHI SI SENTE GIUSTO E ALLARGA IL CUORE DI CHI SI RICONOSCE PECCATORE.
E il regno dei cieli non è nascosto dietro il padrone, né dietro la vigna, e neppure dietro il lavoro o il compenso.
MA IL REGNO DEI CIELI È LO STILE DELLA RELAZIONE TRA DIO E L’UMANITÀ E DEGLI UOMINI FRA DI LORO, A PARTIRE DA NOI, UOMINI E DONNE CREDENTI.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!