«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo LUCA 7,1-10
+ In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito. Parola del Signore
Mediti…AMO
Siamo nel libro di Luca e nello specifico in quella parte del vangelo di Luca nel quale Gesù è ancora in Galilea e giusto per dare un minimo di contesto, nel racconto di Luca abbiamo appena finito il capitolo 6.
Il capitolo nel quale il Signore chiama i suoi i discepoli e predica il sermone della pianura, nel quale presenta le caratteristiche e i valori centrali del Regno di Dio, del quale fanno parte i suoi discepoli: le beatitudini dei poveri, degli affamati, di coloro che piangono e sono perseguitati; il non giudizio del fratello; l’amore verso il nemico; la differenza tra un uomo che costruisce sulla roccia o sulla sabbia.
E Gesù, rivoluzionando la logica mondana, qui ha proclamato “Beati” i puri di cuore, gli operatori di pace, i miti, i misericordiosi, i perseguitati a causa della giustizia, i poveri.
Al centro di questa “magna carta” della sua “lieta notizia”, ci ha invitati a diventare misericordiosi com’è misericordioso il Padre (6,36).
È infatti solo questo percorso di bontà, d’amore, di misericordia a farci ricuperare quella “immagine e somiglianza” con Dio (Gen.1,26) con cui siamo sgorgati, pieni di dignità, da Dio-Amore.
È terminato il discorso del Regno e Gesù entra in Cafàrnao, città di confine, nella Palestina settentrionale, in una città di confine dei piccolo regno di Erode Antipa, intorno agli anni trenta.
Vi troviamo l’ufficio doganale, quale a cui sedeva il pubblicano Levi (Mc 2,13ss), varie aziende familiari dedite alla pesca, come quella di Simone e Andrea o quella di Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, vi risiede una guarnigione di soldati comandata da un centurione.
Siamo di fronte ad un brano che sembra così lontano dai più noti del Vangelo, un racconto dove Gesù neppure incontra la persona da guarire, si rivela così importante da venire citato ogni giorno a distanza di quasi duemila anni.
Ma chi era questo centurione, del quale non conosciamo le sue origini, ma sappiamo che era inquadrato nell’esercito romano e che aveva alle sue dipendenze una centuria, circa duecento uomini, con la quale presidiava il territorio di Cafarnao.
A questo centurione non gli doveva nemmeno essere sfuggito il carattere religioso della predicazione del Cristo.
Non sapeva nulla di più, ma ciò gli era sufficiente per riconoscere che quell’uomo di Nàzareth era un maestro speciale… desiderava conoscerlo, ma non osava avvicinarlo.
Gli invia gli anziani dei Giudei: non approfitta della sua condizione per ottenere un favore, perchè egli non è il potente che chiede ad un altro un favore che, data la condizione, non può negare.
Il Centurione è umile nella sua vera umiltà UMILTÀ DI UOMO, UMILTÀ DI SOLDATO.
Poiché la malattia del suo servo era ribelle ad ogni cura, ed egli lo aveva nel cuore, non gli restava che ricorrere a Gesù, per chiedergli di guarire il suo servo.
Mi fanno scendere le lacrime agli occhi le parole insistenti di supplica rivolte al Signore “…Egli merita che tu faccia questa GRAZIA…”.
Mi fanno piangere, perché mi ricordano che ovunque c’è, grazie a Dio, l’amore per i fratelli, anche tra i pagani, anche tra chi non crede.
Questo centurione sa essere vicino alla gente “… ama il nostro popolo”.
Sa cogliere e va incontro ai loro bisogni “… è stato lui a costruirci la sinagoga”.
Ama molto i suoi dipendenti ed ha a cuore la sorte di un suo servo “… che giace in casa paralizzato e soffre terribilmente”.
Un uomo buono e pietoso, generoso con la gente, benvoluto da tutti… anche se Il centurione si era ritenuto un uomo indegno di essere alla presenza di Gesù, indegno di ospitare Gesù.
Credo che dopo aver mandato i giudei, il centurione abbia continuato a riflettere sulla questione.
Non ha preso con leggerezza il fatto di non aver potuto invitare Gesù a casa propria, perchè conosceva bene anche delle tradizioni e degli usi e costumi del popolo di Israele.
Sapeva, per esempio, che gli ebrei non potevano entrare in casa di uno straniero.
E avendo a lungo riflettuto, alla fine aveva deciso di mandare un secondo gruppo di persone verso Gesù.
Non dobbiamo dimenticare che, durante la sua vita, la missione di Gesù aveva degli orizzonti molto ristretti.
Infatti Egli era stato mandato a predicare il Vangelo del regno, AL POPOLO ELETTO, SECONDO LE PROMESSE DIVINE.
Ma, se la missione aveva orizzonti visibili, non così era per la sua prospettiva, perché il Signore sapeva benissimo che Dio aveva promesso, per mezzo della discendenza di Abramo, la benedizione per tutte le nazioni.
E la distanza tra i pagani e il popolo eletto si rende evidente soprattutto nell’atteggiamento di quest’uomo, che umilmente non vuole nemmeno disturbare il Signore.
Non lo chiama, non lo invita ad andare a casa sua, lo prega di guarire da lontano alla malattia, e dice “…comanda con una parola e il mio servo sarà guarito“.
Però, d’altra parte, questa manifestazione di fede dimostra che la GRAZIA lavora anche nel cuore dei pagani, con risultati meravigliosi.
Tanto che Gesù esclama con grande gioia “…Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!”
E noi sappiamo che il centurione ha pronunziato PAROLE ETERNE, che la Chiesa ha scelto, proprio per il momento prima della comunione “…O Signore.. io non sono degno che tu venga nella mia casa, ma di’ soltanto una parola e la mia anima sarà guarita“.
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v.13 E Gesù disse al centurione «…Va’, avvenga per te come hai creduto».
In quell’istante il suo servo fu guarito.
In queste parole riecheggiano quelle di MARIA “…Avvenga a me secondo LA TUA PAROLA” (Lc 1,38).
Anche il centurione, come Maria, è prototipo del credente e per entrambi accade che la volontà del Signore corrisponda con ciò che anch’essi desiderano: IL BENE DELL’ALTRO.
La fede opera questa comunione di intenti tra l’uomo e Dio creando così l’istante esatto (l’ora – il Kairos) in cui accadono la salvezza e la guarigione perché accade prima di tutto il miracolo dell’uscire da se stessi “per volere che l’altro sia” .
Quante cose ci insegna questo centurione.
Tra le tante, ci insegna quale deve essere il nostro atteggiamento nel momento in cui stiamo per ricevere il Signore nel nostro cuore.
Perchè nessuno di noi è “degno” di Dio, della sua presenza e del suo amore, ma sappiamo che il Signore ci ama a prescindere, per il solo fatto che noi esistiamo.
Non importa se siamo stati malfattori come il buon ladrone, truffatori come Zaccheo, o addirittura persecutori come San Paolo: Dio ci sta accanto e ci include nel suo amore, comunque.
Qualsiasi peccato avremo commesso.
Qualsiasi distanza poniamo tra noi e Lui.
Egli è qui e desidera, ora e sempre, il nostro bene, e LA NOSTRA SALVEZZA.
Gesù è pronto ad esaudire le nostre preghiere, ma desidera una cosa da noi: la fede. Se avremo fede, Dio potrà moltiplicare i nostri sforzi e permetterci di ottenere un risultato apparentemente impossibile.
Che cosa ci chiede in cambio? Soltanto di crederci!
Sì, di crederci.
Di non scoraggiarci e di continuare a provare, e di continuare ad impegnarci.
Ma soprattutto di continuare a pregare, un po’ come la vedova molesta che incalza il giudice della parabola (Lc 18,1-8).
Ma soprattutto di continuare a sperare contro ogni speranza.
La voce di un Padre del deserto, MACARIO L’EGIZIANO:
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“O Signore, che scruti il cuore e i sentimenti, perdonami ogni sconveniente impeto del cuore. Tu sai, o Signore di tutte le cose, che essi sono contro la mia volontà. Sono indegno di accostarmi a te, ma tu perdonami, perché ti ho sempre desiderato e ancora ti desidero… Tu, che solo sei buono e misericordioso, vieni in mio aiuto e salvami…”
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!