«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MARCO 6,17-29
+ In quel tempo, Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro. Parola del Signore
Mediti…AMO
Giovanni, il Battista, è l’unico santo, insieme a Maria di Nazareth, di cui festeggiamo l’inizio e la fine della vita.
La celebrazione odierna, che nella Chiesa latina ha origini antiche (in Francia nel sec. V e a Roma nel sec. VI), è legata alla dedicazione della chiesa costruita a Sebaste in Samaria, sul presunto sepolcro del precursore di Cristo.
Col nome di “Passio” o di “Decollatio” la festa compare già alla data del 29 agosto nei Sacramentari romani, e secondo il Martirologio Romano tale data corrisponderebbe al secondo ritrovamento della testa di S. Giovanni Battista, trasportata in quell’occasione nella chiesa di S. Silvestro a Campo Marzio, in Roma.
A parte questi riferimenti storici, abbiamo sul Battista i racconti degli evangelisti, in particolare di S. Luca, che ci parla della sua nascita, della vita nel deserto, della sua predicazione, e di S. Marco che ci riferisce sulla sua morte.
Dal Vangelo e dalla tradizione possiamo ricostruire la vita del Precursore, la cui parola infuocata parve davvero animata dallo spirito del profeta Elia.
Negli anni 27-28 d.C., il Battista, che conduceva vita austera secondo le regole del nazireato, iniziò la sua missione, invitando il popolo a preparare le vie del Signore, per accogliere il quale occorreva una sincera conversione, cioè un radicale cambiamento delle disposizioni dell’animo.
Rivolgendosi a tutte le classi sociali, destò entusiasmo tra il popolo e malumore tra i farisei, la cosiddetta aristocrazia dello spirito, dei quali rinfacciava l’ipocrisia.
Personaggio ormai popolare, negò risolutamente di essere il Messia atteso, affermando la superiorità di Gesù che egli additò ai suoi seguaci in occasione del battesimo presso la riva del Giordano.
La sua immagine pare dileguarsi in dissolvenza all’affermarsi “del più forte”, Gesù.
Tuttavia, “il più grande dei profeti” non cessò di far sentire la sua voce ove fosse necessario per raddrizzare “i tortuosi sentieri” del male.
Riprovò pubblicamente la peccaminosa condotta di Erode Antipa e della cognata Erodiade, ma la loro prevedibile suscettibilità gli costò la dura prigionia a Macheronte, sulla sponda orientale del Mar Morto.
Sappiamo come andò a finire: in occasione di un festino svoltosi a Macheronte, la figlia di Erodiade, Salomè, avendo dato eccellenti prove di agilità nella danza, entusiasmò Erode, al quale, per istigazione della madre, domandò e da lui ottenne in premio la testa del Battista, mettendo così a tacere il battistrada del Messia, la voce più robusta dei banditori dell’imminente messaggio evangelico.
Ultimo profeta e primo apostolo, egli ha dato la sua vita per la sua missione, e per questo è venerato nella Chiesa come martire.
Al banchetto di Erode assistiamo ad una catena di peccati, uno più grave dell’altro ma legati tra di loro. I peccati elencati in questa pericope evangelica (cf Mc 6,17-29) ci parlando della superficialità umana allorquando si è soggiogati dalle passioni, dalla frivolezza e dall’ambizione.
San Giovanni, come Gesù, fu un grande rimprovero per Erode, e tuttavia non riuscì a portarlo alla conversione poiché era troppo immerso nella sua perversione.
Il giuramento davanti ai commensali non aveva alcun valore, costituiva, anzi, un peccato peggiore di tutti quelli che aveva commesso fino a quel momento.
Sant’Agostino, commenta «…In mezzo alle intemperanze e alla sensualità dei convitati, si fanno giuramenti temerari che poi sono empiamente adempiuti».
Con queste parole, il Dottore d’Ippona vuole spiegare l’invalidità di un giuramento adempiuto per rispetto umano, e che, nella sua assurdità, aveva come prezzo la vita altrui: lì dove l’abitudine al vizio provoca la cecità dell’intelletto, il rispetto umano può causare le più grandi tragedie, con conseguenze che colpiscono innocenti e giusti.
Un altro aspetto che torna attualissimo è il considerare la cattiveria e la malvagità di Erodiade: questa donna volle rendere lecito il suo “poter peccare alla luce del sole”.
Quante donne, oggi, cadono nella stessa tentazione…
Pensiamo solo a tutte quelle che pretendono di legittimare il proprio diritto ad uccidere il bambino che portano in grembo in nome della “libertà”: la loro iniquità è simile a quella di questa donna del Vangelo, ed è riconducibile all’incapacità di introspezione, effetto del peccato grave che acceca l’anima.
Erodiade non si accontentò di contemplare il “trofeo” della sua perversione.
Si narra, infatti, che, non soddisfatta del gesto compiuto e ottenebrata da sentimenti di odio e di vendetta, ella volle forare la lingua della testa decapitata con una grande spilla per capelli.
Questa sua ulteriore profanazione evidenzia lo stato angoscioso nel quale riversava la sua coscienza: era talmente raccapricciante da potersi quasi paragonare al rimorso delle anime dannate, condannatesi da se stesse all’inferno eterno, amando il male invece che il bene, fino alla fine.
Il gesto di vendetta di Erodiade ha un importante significato e spiega tante dinamiche delle conseguenze del peccato.
Per lei, san Giovanni continuava ad essere “voce” di rimprovero: con il martirio non era più la sua parola a riprenderla ma il sangue da lei versato.
È come se nel far tagliare la testa del Precursore del Signore, lei stessa avesse dato voce ancora maggiore a quella “voce che gridava nel deserto” (Mt 3,3).
Infatti è proprio sulla lingua del Santo che ella dà maggiormente sfogo alla sua infelicità e insoddisfazione.
L’uomo più santo nato da donna (cf Lc 7,28) è stato martirizzato dalla pertinacia di una donna che voleva “cancellarne” la testimonianza, e che invece l’ha resa esemplare per tutti i secoli.
L’aspetto più tremendo di questa vicenda, infatti, è il suo ripetersi nei secoli e, in particolare, nel nostro tempo.
La testa di san Giovanni continua a “parlare” ogniqualvolta la verità viene azzittita, calunniata, disprezzata e perfino profanata.
Gli esempi sarebbero innumerevoli e basterebbe vedere il grande potere dei mass media nel travisare il vero con il falso per rendersi conto che quella “catena di peccati” del banchetto di Erode continua a ripetersi nell’illusione di potersi costruire una “propria” verità priva di fondamenti e contraddittoria in se stessa.
La “voce” di colui che è il primo grande testimone e precursore del Verbo Incarnato continua dunque a parlare nei secoli: lì dove si proclama la verità e la giustizia, san Giovanni Battista ne è eco fedele, testimonianza irrevocabile di come la verità non sia mai negoziabile.
È interessante notare che la figura di Giovanni Battista è intimamente legata a quella di Cristo.
Già prima ancora della nascita sussulta di gioia nel grembo di Elisabetta, sua madre, al saluto di Maria.
Sarà poi lui ad additare al mondo l’Agnello di Dio. Sarà lui il testimone della Voce dall’alto che lo proclama Figlio di Dio mentre lo battezza nelle acque del Giordano.
Con grande umiltà accetta e scandisce il suo ruolo che è quello di preparare la via al Cristo che viene e sa che deve diminuire e scomparire per fare spazio al Messia.
Riceverà, a sua volta, un grandissimo elogio da parte del Signore «…In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista».
Con la stessa franchezza con cui ha annunciato Cristo al mondo denuncia l’immoralità di un potente ben sapendo i rischi a cui si esponeva. Ma noi sappiamo bene che l’odio dei potenti, sfocia nella vendetta verso chi osa denunciare i loro misfatti.
È ormai perenne purtroppo la convinzione che certe voci scomode debbono tacere.
È accaduto al Cristo e dopo di lui ad una schiera innumerevoli di testimoni intrepidi e coraggiosi.
È significativo infatti che la testa di Giovanni Battista entri in un intrigo di orge, in un banchetto che è esattamente il contrario di un convivio di amore.
La cecità e l’ottusità offuscano la ragione e obnùbilano le coscienze è in quello stato l’assurdo diventa ragione e diritto anche a costo della vita di un innocente.
Il vero vittorioso comunque è lui, Giovanni, che precede Cristo nel martirio e conduce così la sua intrepida testimonianza fino al martirio, fino al suo Calvario.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!