«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 10,23-33
+ In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli». Parola del Signore
Mediti…AMO
Con questa domenica riprendiamo la lettura cursiva del vangelo secondo Matteo, esattamente dal capitolo decimo, che contiene il discorso di Gesù sulla missione dei discepoli nel mondo.
È un discorso che si indirizza, al di là del tempo in cui è stato pronunciato e messo per iscritto, a tutti coloro che sono chiamati al servizio di Gesù Cristo e del suo regno.
È un discorso che risente dell’esperienza dei dodici apostoli in missione tra i figli di Israele e dei missionari della chiesa di Matteo nei decenni precedenti l’80 d.C.
Matteo, partendo probabilmente dalla esperienza della sua comunità ecclesiale sottoposta a forti contestazioni dalla sinagoga giudaica, delinea la figura dell’apostolo come quella d’un «confessore della fede», d’un vero «martire».
Liberato dalla tentazione della «catacomba» o della segretezza, superata la fase della formazione nella comunità che non può essere il grembo sicuro in cui ci si ritira per sempre, il cristiano è affidato al rischio del mondo e della vita.
E come per il bimbo appena uscito dal grembo materno, l’impatto col mondo può essere traumatico: persecuzioni, incubi, pericoli simili a quelli della lunga lista autobiografica di Paolo (2 Cor 11,23-29) possono avvolgere l’annunciatore sincero d’un messaggio dirompente, qualora esso non sia «adulterato» (2 Cor 4,2).
Ma in questa tempesta che fa intravedere persino il rischio della stessa eliminazione fisica (10,28) si sente una voce, è il comando di Cristo ribadito come un ritornello insistente, garanzia e pegno di vittoria e di liberazione: Non temeteli (vv.26, 28, 31).
SUL DISCEPOLO, INFATTI, VEGLIA LA TENERA ED AMOROSA PRESENZA DI DIO CHE È PATERNAMENTE ATTENTA ALLE PICCOLE E FRAGILI REALTÀ (PASSERI, CAPELLI) E, QUINDI, ALLA GRANDE PREZIOSA REALTÀ DEL SUO COLLABORATORE E FIGLIO.
PER CHI L’HA TESTIMONIATO CON INTREPIDA SICUREZZA ANCHE DAVANTI AI TRIBUNALI NON RISUONERANNO MAI LE GLACIALI PAROLE CHE CRISTO HA PRONUNCIATO NEL DISCORSO DELLA MONTAGNA: «NON VI HO MAI CONOSCIUTI; ALLONTANATEVI DA ME, OPERATORI DI INIQUITÀ» (vv.32-33 della nostra pericope).
Comunque Gesù invia i discepoli “tra le pecore perdute della casa d’Israele” e consegna loro il messaggio da annunciare, l’azione da compiere e lo stile del comportamento (Mt 10,5-15).
Poi annuncia le persecuzioni che gli inviati dovranno sopportare nella missione (Mt 10,16-23) e con autorevolezza e veggenza profetica dice loro:
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“Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebul il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia!” (Mt 10,24-25).
Ovvero, ciò che Gesù ha vissuto, sarà vissuto anche dai suoi inviati, che verranno chiamati diavoli, al servizio del capo dei demoni, Beelzebul, e verranno perseguitati fino a essere uccisi da chi crede di dare in questo modo gloria a Dio (Gv 16,2).
E, in questo contesto Gesù li invita a “…non temere gli uomini“.
Già nell’Antico Testamento, il Signore aveva detto al profeta Geremia “…Non li temere, se no ti farò temere davanti a loro“.
E al replicare impaurito di Geremia “Signore io sono giovane, non so parlare”, Dio Padre ribadiva: ” …non dire sono giovane, non so parlare, MA DÌ QUELLO CHE IO TI DIRÒ DI ANNUNCIARE“.
La paura è una passione disastrosa, perché blocca la vita, lo slancio e ogni risorsa interiore.
Uno degli inviti più frequenti che Dio ci rivolge nella Bibbia ( ben 365 volte) è “…non temere“, e quante volte Gesù lo dice ai discepoli “…non abbiate paura!”
Nelle sante Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento questo invito-comando è la PAROLA indirizzata da Dio quando si manifesta e parla a quanti egli chiama: così ad Abramo, a Mosè, ai profeti, a Maria, la madre di Gesù…
“Non temere!” cioè “non avere paura della presenza del Dio tre volte santo, ma abbi solo timore”, ossia abbi la capacità di discernere la sua presenza, e quindi non avere mai paura degli uomini, anche quando sono nemici.
Fratelli e Sorelle carissime, CIÒ CHE VINCE LA PAURA È LA FEDE.
Non è dicendoci “…ora mi faccio forte a mi armo di coraggio” che vinceremo la paura, ma aumentando la fede.
Aumentando la preghiera e quindi la fede, sperimenteremo che Dio è più forte, anzi Lui solo è il forte, contro cui le potenze del male non hanno proprio nessun potere.
Se siamo in Dio e abbiamo Lui come amico, non abbiamo ragione di temere di nulla. Infatti “...se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?“
La paura è anche alla base di tante nostre mediocrità 😀IO CI CHIAMA A UN PROGETTO GRANDIOSO E NOI PER PAURA DI DOVER RINUNCIARE ANCHE SOLO A UN NOSTRO COMODO, TRALASCIAMO DI COLLABORARE CON LUI IN UN’IMPRESA GLORIOSA.
E questo accade anche perché non sappiamo chiedere allo Spirito Santo IL DONO DELLA FORTEZZA PER VINCERE NOI STESSI ED ABBANDONARCI ALL’AMORE DI DIO.
Fratelli e Sorelle, il tempo della missione è un tempo di “apocalisse”. Ovviamente non non nel senso catastrofico solitamente attribuito a questo termine, MA NEL SENSO ETIMOLOGICO DI RI-VELAZIONE, DELL’ALZARE IL VELO.
L’annuncio del Vangelo, infatti, richiede che CIÒ CHE GESÙ HA DETTO NELL’INTIMITÀ SIA PROCLAMATO IN PIENO GIORNO, CIÒ CHE È STATO DETTO NELL’ORECCHIO SIA GRIDATO SUI TETTI.
C’è stato un nascondimento della “verità”, dovuto al fatto che il credente avrebbe dovuto rivelare nel tempo opportuno, ciò che era stato nascosto:
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“Nulla vi è di nascosto che non sarà ri-velato, né di segreto, che non sarà conosciuto”.
Le cose nascoste fin dalla fondazione del mondo (Mt 13,35; Sal 78,2) sono rivelate da Gesù e poi da tutti i discepoli che camminano lungo le strade della storia.
E, i veri nemici dei discepoli non sono quelli di fuori ma quelli di dentro, quelle tentazioni che nascono dal cuore, quegli atteggiamenti idolatrici ai quali la comunità cristiana, spesso facilmente cede.
I nemici di fuori, in realtà, sono occasioni per mettere in pratica il Vangelo, per mostrare la propria FEDE e la propria FEDELTÀ AL REGNO DI DIO.
Annunciare la parola di Dio è un compito che trascende il discepolo, e chi assume su di sè tale compito, sa che la sua vita sarà posta sotto la potenza di Dio.
Sa che non potrà sottrarsi alla vocazione affidatagli, ma dovrà lottare per farla risplendere, combattendo l’idolatria che lo seduce.
E la parola che proclama è “dýnamis” (Rm 1,16), è “potenza di Dio”.
È una forza che attraversa la storia umana senza impedimenti, in una sorta di corsa (2Ts 3,1), che NULLA E NESSUNO POTRÀ’ MAI RALLENTARE O FERMARE…
Nonostante l’opposizione incontrata, il Vangelo è stato fatto conoscere sempre di più e sempre meglio.
Ed io sono certo che, quando la fine del mondo sarà ormai prossima, l’umanità tutta ne sarà venuta a conoscenza.
Gesù dice anche “…non preoccuparti troppo della sorte del Vangelo, e non avere paura della gente. Non temere nessuno se non Dio. Non è la morte la più grande sventura, MA LA DANNAZIONE”.
Noi dobbiamo superare la paura della morte, così come le persecuzioni e le difficoltà di ogni giorno, mediante lA FEDE NELLA DIVINA PROVVIDENZA, che protegge anche il più insignificante fra gli uccelli: il passero.
I discepoli di Gesù, ben più preziosi agli occhi di Dio dei passeri e dei capelli della testa, possono essere perseguitati e messi a morte, MA ANCHE NELLA LORO MORTE IL PADRE È LÀ, NELLE LORO TENTAZIONI IL SIGNORE È LÀ, NELLE LORO SOFFERENZE È CRISTO A SOFFRIRE.
La comunione con il Signore non può essere spezzata se non da noi stessi, mai dagli altri.
Per questo occorre essere preparati a riconoscere Gesù Cristo, il Signore, davanti agli uomini: ciò deve essere fatto con mitezza, senza arroganza e senza vanto, ma anche a caro prezzo.
Oggi nel mondo occidentale non corriamo il rischio della persecuzione, del dover scegliere la testimonianza a Cristo che provoca una morte violenta, ma non illudiamoci di essere esenti dalla prova.
Ogni volta che semplicemente arrossiamo nel dirci discepoli o discepole di Gesù, ogni volta che manchiamo di coraggio nel testimoniare la verità cristiana, che è sempre a servizio dell’umanizzazione, della giustizia, della pace e della carità, ALLORA NOI SCEGLIAMO DI NON ESSERE RICONOSCIUTI DA GESÙ, NEL GIORNO DEL GIUDIZIO, DAVANTI AL PADRE CHE È NEI CIELI.
Per essere rinnegatori di Gesù, è sufficiente cedere al “così fan tutti”, al “così dicon tutti”, all’ignavia pigra di chi non vuole essere disturbato, di chi teme anche solo di non poter più godere del favore di qualche potente o di chi conta…
PIETRO HA RINNEGATO DAVANTI A UNA POVERA SERVA, NON DAVANTI A UN TRIBUNALE (Mt 26,69-75 e par.)!
La cosa più bella che l’uomo possa fare sulla terra, in mezzo a persecuzioni e sofferenze, È DI ESSERE TESTIMONE DI GESÙ.
Anche se il martirio non è il destino di tutti i suoi discepoli, ognuno deve sempre e dovunque riconoscere la sua appartenenza a Cristo, con le parole e le azioni, la vita e il comportamento.
E NOI LO FACCIAMO IN SPECIAL MODO, OGNI VOLTA CHE CELEBRIAMO LA SANTA EUCARISTIA, DURANTE LA QUALE, IN COMUNIONE CON L’INTERA CHIESA, ANNUNCIAMO LE GRANDI OPERE DI DIO.
La liturgia odierna è, quindi, un coraggioso invito ad unirsi a questa missione di salvezza, affrontandone i rischi e le sofferenze.
Come scriveva IL Santo Vescovo di Ippona, Agostino, nel suo “De civitate Dei”, la Chiesa:
«deve proseguire il suo pellegrinaggio tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio» annunziando la croce e la gloria del Signore «fino a che egli venga» (1 Cor 11,26).
Ragioniamoci sopra…
Il Signore IDDIO ti Benedica
E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!