«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 3,31-36
+ Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui. Parola del Signore
Mediti…AMO
Gibran Khalil Gibran (1883-1931), poeta, pittore e scrittore cristiano-maronita, autore –tra le tante opere- de “IL PROFETA” e delle “MASSIME SPIRITUALI”, ebbe a dire che “…la FEDE è conoscenza del cuore e oltrepassa il potere della dimostrazione“.
E la Fede, dono del Battesimo, non è un obiettivo raggiunto, ma va continuamente alimentata, giorno dopo giorno, con la preghiera confidente, rivolta a Dio, nel Nome di Cristo, per la potenza dello Spirito Santo.
Tanto che, il “Papa buono”, Giovanni XXXIII’, ebbe a dire “…alimentate dunque la vostra fede; fede in Dio, giusto e misericordioso, senza il quale la vostra vita sarebbe come un giorno senza sole, un universo senza luce; fece nella Chiesa che per volontà divina, guida gli uomini con bontà e sicurezza verso il cielo”.
E Sant’Agostino commenta “Il Padre ama il Figlio, ma lo ama come Padre il Figlio, non come padrone il servo; lo ama come Figlio Unigenito, non come figlio adottivo. Per questo gli ha dato tutto in mano. Cosa vuol dire tutto? Vuol dire che il Figlio è potente quanto il Padre… Essendosi dunque degnato di mandare il Figlio, non pensiamo che ci sia stato mandato un inferiore al Padre; mandando il Figlio, il Padre ci ha dato un altro sé stesso” (PL 35, 1509).
E l’Evangelista Giovanni vede le relazioni tra il cielo e la terra in modo più chiaro rispetto agli altri evangelisti che hanno scritto prima di lui. E, per rappresentarle, egli utilizza nuovi modelli di linguaggio, che parlano di un mondo in alto: l’aldilà, dove abita Dio.
E di un mondo posto più in basso: quaggiù, dove vivono gli uomini.
Il Quarto Evangelista lo sa: Gesù è il Figlio di Dio. È sempre stato vicino a suo Padre, e sarà in eterno vicino a Lui.
È sceso sulla terra in un particolare momento della storia umana, scelto da Dio –nella pienezza dei tempi– all’interno del quale la sua morte di croce rappresenta una nuova elevazione.
Da un punto di vista puramente umano, la croce è la sconfitta definitiva di Gesù; la sua morte è il fallimento di tutti i suoi progetti terreni.
Dal punto di vista di Dio, la croce di Gesù rappresenta la vittoria di Dio sul mondo e significa la nostra salvezza.
E, in ragione di ciò, se noi crediamo in Gesù, Figlio di Dio, abbiamo già la vita eterna, perché Gesù Cristo è il germe della speranza attraverso il quale Dio agisce nel mondo.
E se Dio è diventato un altro e si è fatto uomo, anch’io posso diventare un altro: ho la fortuna di diventare un uomo, un essere umano in un mondo che è chiamato a trasfigurarsi, riconoscendo in esso la presenza del divino.
Fratelli e Sorelle, Gesù è venuto apposta per capovolgere quelle nostre aspettative distorte che avevamo del Cielo e della Terra.
Egli è l’unico che può dirci come raggiungere il Cielo, perché è l’unico che ha coperto la distanza incommensurabile con la Terra, tra la vita e la morte e la morte e la vita vera, AMANDO NEL MODO PIU’ COMPLETO, ovvero NON RIFIUTANDO NULLA A CIÒ CHE QUELL’AMORE RICHIEDEVA.
E pur possedendo ogni potere del Cielo, in ragione del fatto che era, è e sarà sempre, nei secoli eterni, Figlio di Dio, ha deciso condividere i suoi doni e di servire con la sua vita, dimostrandoci che più diamo di noi stessi, più Vita vera riceviamo.
Ma cerchiamo di entrare nel contesto evangelico.
I versi del vangelo di oggi sono, un commento dell’evangelista per aiutare le comunità di ogni tempo, a capire meglio tutta la portata delle cose che Gesù fece ed insegnò.
All’interno di questa narrazione notiamo tre registri:
- Giovanni 3,31-33: in tutto il Quarto Evangelo, volte appare il conflitto tra Gesù ed i giudei che contestavano le parole che Gesù usava per dirci ciò che aveva udito dal Padre. Un conflitto che traeva le sue origini dal fatto che i suoi avversari, non aprendosi a Dio, non erano capaci di capire il significato profondo. Da qui i giudei presero la decisione di condannare Gesù.
- Giovanni 3,34: Giovanni usa molte immagini e simboli per significare l’azione dello Spirito:
- Come nella creazione (Gen 1,1), così lo Spirito scende su Gesù “come una colomba, venuta dal cielo” (Gv 1,32). È l’inizio della nuova creazione. Gesù ripete le parole di Dio e ci comunica lo Spirito senza misura (Gv 3,34). Le sue parole sono Spirito e vita (Gv 6,63).
- Quando Gesù sta per lasciare questa terra, dice che manderà un altro consolatore, perché rimanga con noi (Gv 14,16-17). Per la sua passione, morte e risurrezione Gesù conquista il dono dello Spirito per noi.
- Attraverso il battesimo tutti noi riceviamo questo stesso Spirito di Gesù (Gv 1,33). Quando appare agli apostoli, soffia su di loro e dice: “Ricevete lo Spirito Santo!” (Gv 20,22). Lo Spirito è come l’acqua che scaturisce dalle persone che credono in Gesù (Gv 7,37-39; 4,14).
- Il primo effetto dell’azione dello Spirito in noi è la riconciliazione: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” (Gv 20,23).
- Lo Spirito ci viene dato per ricordare e capire il significato pieno delle parole di Gesù (Gv 14,26; 16,12-13).
- E animati dallo Spirito di Gesù possiamo adorare Dio in qualsiasi luogo (Gv 4,23-24). Qui si compie la libertà dello Spirito di cui parla San Paolo: “Dove c’è lo Spirito del Signore, lì c’è libertà” (2Cor 3,17).
- Giovanni 3,35-36: l’Evangelista riafferma l’identità tra il Padre e Gesù. Il Padre ama il figlio e pone tutto nella sua mano. San Paolo dirà che in Gesù abita la pienezza della divinità (Col 1,19 e 2,9). Per questo, chi accetta Gesù e crede in Gesù ha la vita eterna, poiché Dio è vita. Chi non accetta di credere in Gesù è perduto.
L’obiettivo della missione del Messia, risulta essere, dalle parole di Gesù, la comunicazione di una vita definitiva: “…affinché chiunque crede in Lui abbia la vita”.
E poiché ciò si verifica mediante l’innalzamento sulla croce, appare chiaro che proprio quello è il momento della sua massima glorificazione.
LA CROCE PER GESÙ NON SARÀ UNA CONDIZIONE TRANSITORIA, MA SARÀ L’INIZIO DI UNA EFFUSIONE PERMANENTE DI AMORE E VITA.
La crocifissione per Cristo si concluderà solo alla fine del mondo.
Il tempo presente è il tempo della misericordia, perché le sue piaghe sono ancora aperte e dalla ferita del costato si può ancora vedere il suo Cuore.
Il parallelismo con l’asta innalzata da Mosè nel deserto chiarisce il senso della croce come sorgente di guarigione.
Durante la Settimana santa, abbiamo contemplato Gesù appeso alla croce sul Calvario, un monte alto, dalla cui altezza, il Signore aveva un punto di vista migliore di quelli che stavano in basso.
Per questo motivo, quelli che soffrono spesso capiscono la vita in maniera più profonda.
Ecco perché chi sta appeso alla croce ha l’opportunità di osservare la realtà come Dio la vede dal cielo. Dipende, però, dal fatto che accetti o rifiuti LA SOFFERENZA.
Qualche volta è difficile da accettare, perché la superiorità di cui parla Gesù non si ottiene dominando, ma TRASCINANDO la nostra croce, LUNGO LA VIA DOLOROSA, sino al nostro personale calvario.
Ecco cosa significa credere nel Figlio di Dio: vuol dire seguirlo sino alla fine «…se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mc 8,34).
ED È IN QUESTO SEGUIRE CRISTO CHE CI GIOCHIAMO LA NOSTRA FEDE.
Per questo, in qualche modo, la fede è un cambio di prospettiva, che non dipende da come la vediamo noi, ma se lasciamo che Cristo ci raggiunga nella nostra interiorità.
Perché Gesù è il dono che Dio padre ha fatto al mondo, È LA SINTESI DI TUTTI I DONI.
E GESU’ CRISTO È IL DONO DEI DONI!
E bene ha detto in questo senso Santa Teresa di Lisieux Francia, (1873-1897):
- “Io sono incapace di virtù; la mia virtù è Gesù”.
Ragioniamoci sopra…
Il Signore IDDIO ti Benedica
E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!