… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo LUCA 17,20-25
In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!». Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione». Parola del Signore
Mediti…AMO
Memoria di san Leone I, papa e dottore della Chiesa: nato in Toscana, fu dapprima a Roma solerte diacono e poi, elevato alla cattedra di Pietro.
Meritò a buon diritto l’appellativo di Magno sia per aver nutrito il gregge a lui affidato con la sua parola raffinata e saggia, sia per aver sostenuto strenuamente attraverso i suoi legati nel Concilio Ecumenico di Calcedonia la retta dottrina sull’incarnazione di Dio.
Riposò nel Signore a Roma, dove in questo giorno fu deposto presso la Basilica di san Pietro.
Arcidiacono (430), consigliere di Celestino I e di Sisto II. Nel 440 c’è in Gallia quasi una guerra civile tra le due più alte autorità romane: il generale Ezio e il prefetto del pretorio Albino.
Il potere imperiale è così debole, che per pacificarli si manda un uomo di Chiesa: il diacono romano Leone.
Questi va e riconcilia i due. Poi apprende che papa Sisto III è morto e che è stato già eletto lui, Leone.
Nei suoi 21 anni di pontificato passano 4 imperatori: uno cacciato subito (Avito) e gli altri ammazzati: Valentiniano III, Petronio Massimo e Maggioriano. L’Impero è in agonia e la giovane Chiesa è travagliata da scontri dottrinali e discordie.
Con l’energia e la persuasione, Leone rafforza in Occidente l’autorità della Sede di Pietro, e affronta duri contrasti in dottrina.
L’abate orientale Eutiche, influente a Costantinopoli, sostiene che in Cristo esiste una sola natura (monofisismo), contro la dottrina della Chiesa sulle due nature, distinte ma non separate, nella stessa persona.
E ottiene che l’imperatore Teodosio convochi nel 449 un concilio a Efeso (Asia Minore).
Ma qui parlano solo gli “eutichiani”, senza ascoltare i legati di Leone, e acquistando nuovi proseliti.
Negando validità a questo concilio, il Papa persuade il nuovo imperatore Marciano a indirne un altro nel 451.
E questo è il grande concilio di Calcedonia (presso Bisanzio), quarto ecumenico, che approva solennemente la dottrina delle due nature. Non tutti però ne accettano le decisioni, e ci sono gravi disordini, soprattutto in Palestina.
Intanto l’Occidente vive tempi di terrore. L’Impero non ha più un vero esercito; e gli Unni di Attila, già battuti da Ezio nel 451, si riorganizzano in fretta, piombano sull’Alta Italia nel 452.
Lo Stato impotente chiede a papa Leone di andare da Attila con una delegazione del Senato.
S’incontrano presso Mantova, e Leone convince il capo unno a lasciare l’Italia, anche col pagamento di un tributo (la leggenda parlerà poi di una visione celeste che terrorizza Attila).
Tre anni dopo, i Vandali d’Africa sono davanti a Roma col re Genserico. A difendere gli inermi c’è solo Leone, che non può impedire il saccheggio; ma ottiene l’incolumità dei cittadini ed evita l’incendio dell’Urbe.
È un romano antico (forse anche di nascita) che ha incontrato Cristo, e che sente fortemente la responsabilità di successore di Pietro.
Arricchisce la Chiesa col suo insegnamento (specie sull’Incarnazione); chiede obbedienza ai vescovi e li sostiene col consiglio personale, li orienta in dottrina, nello splendido latino dei suoi scritti, per “tenere con costanza la giustizia” e “offrire amorosamente la clemenza”, poiché “senza Cristo non possiamo nulla, ma con Lui possiamo tutto”.
Non si hanno notizie sugli ultimi tempi della sua vita. Il Liber pontificalis dice che governò 21 anni, un mese e 13 giorni. I suoi romani lo chiamano “Leone Magno”, il Grande.
Fu un papa energico, avversò le sopravvivenze del paganesimo; combatté manichei e priscillanisti.
Come ho detto, intervenne d’autorità nella polemica cristologica che infiammava l’Oriente, convocando il concilio ecumenico di Calcedonia, nel quale si proclamava l’esistenza in Cristo di due nature, nell’unica persona del Verbo.
Affermò con fede luminosa la divinità di Cristo e la sua umanità: Cristo, Figlio del Dio vivente e figlio di Maria, uomo come noi. Non ha accettato, per esprimerci così, che si abbreviasse il mistero, né in una direzione né nell’altra, e il Concilio di Calcedonia ha cercato una formula che preserva tutta la rivelazione. Dio si è rivelato a noi nel Figlio, e il Figlio è un uomo che è vissuto in mezzo a noi, ha sofferto, è morto, è risorto.
Dotato di un alto concetto del pontificato romano, fece rispettare ovunque la primazia del vescovo di Roma. Compose anche preghiere contenute nel “Sacramentario Veronese”.
Benedetto XIV, nel 1754 lo proclamò dottore della Chiesa, È il primo papa che ebbe il titolo di Magno (Grande).
ESAME DEL TESTO EVANGELICO
Il mese di novembre ci accompagna verso la fine dell’anno liturgico e il tempo della preparazione al Natale, il tempo dell’Avvento.
Leggiamo perciò in queste settimane quei brani del vangelo detti “apocalittici” in cui la prima comunità si interroga sul destino del mondo e della storia e attinge per la riflessione alle parole di Gesù.
E, questo brano ci dà i criteri per leggere la storia presente con gli occhi della fede.
Gesù ci dice dove va a finire tutta la vicenda dell’uomo e dell’universo e ci rivela il senso del presente partendo dal suo punto di arrivo.
Il fine di tutto non è la morte, ma la vita: è il regno di Dio.
Esso è già presente in mezzo a noi sotto il segno della croce.
Per questo sembra che vinca il male, ma in realtà è il bene che vince perdendo.
Tutto sarà chiaro nel giorno del “Figlio dell’uomo”: il giorno del Cristo glorioso, il compimento luminoso della storia, l’oggi eterno di Dio.
Il regno di Dio non è dunque “verificabile” e “misurabile” come fosse il regno di Inghilterra o di Spagna, eppure è divinamente presente – perché è dono di Dio!
I vers.22-23 vogliono esprimere la prudenza evangelica che si rifiuta di identificare il regno di Dio con realtà ed eventi visibili e verificabili “qui … e là”.
E QUESTO PERCHÉ IL REGNO È PRESENTE NELLA FEDE, NELLA CARITÀ E QUINDI NELLA VITA DEI DISCEPOLI, E DELLA COMUNITÀ DI FEDE.
E magari, talvolta, anche fuori dalla comunità credente.
Per cui, aggiunge: “non andateci … non seguiteli!”.
Qualcuno nel passato che diceva “Se ti dicono che è apparsa la Madonna, non crederci. Se ti dicono che è veramente apparsa e ha detto delle cose, rispondi che non ce n’era bisogno, perché il Signore già ha detto tutto nel suo Evangelo”.
Ci sarà infatti una presenza-manifestazione del “Figlio dell’uomo”, cioè del Signore Gesù.
Ma è evento non misurabile e non umanamente prevedibile.
La fede è “la presenza-assenza” di Dio nella creazione e nella storia, è vedere e vivere quello che umanamente non si vedrebbe e non si vivrebbe.
Ma è presente! E dunque in certo modo lo si vede e lo si vive.
I farisei, invece pensavano che il Regno di Dio potesse arrivare solo dopo che ogni pio giudeo fosse giunto alla perfetta osservanza della Legge di Dio.
Per loro, la venuta del Regno, sarebbe stata la ricompensa di Dio al buon comportamento della gente, e il Messia sarebbe venuto in modo ben solenne come un re, ricevuto dal suo popolo.
Gesù dice il contrario.
La venuta del Regno non può essere osservata come si osserva la venuta dei re della terra.
Anche i discepoli, attendevano che il Regno di Dio giungesse in modo spettacolare e per questo domandavano, come i farisei, «Quando verrà il Regno di Dio?»
Gesù non risponde dando loro una data e un’ora precisa, ma inverte il modo di vedere le cose dicendo che il Regno è già tra noi e che dobbiamo solo attendere il ritorno del Figlio di Dio.
Per Gesù, il Regno di Dio è già in mezzo a noi, indipendentemente dai nostri sforzi o meriti.
Il Regno di Dio è già tra noi, nella santità di tutti i giorni, nella santità della vita ordinaria, nella semplicità e nella croce quotidiana di tante persone che portano avanti la famiglia; genitori che curano i figli.
Di giovani e bambini che scoprono la bellezza della vita e curano il proprio cuore per non perdere la gioia. Di tanti uomini e donne che lottano con la forza della fede per costruire una cultura di vita e di pace. Di tanta gente coraggiosa che, nonostante la sofferenza, continua a sorridere e a camminare seminando vita.
Ricordiamoci sempre, che il regno di Dio è già all’opera con la venuta di Gesù, con la sua predicazione, con le sue scelte.
Egli scaccia i demoni (Lc 11,20) e Satana è spodestato (Lc 10,18) perché il dominio di Dio è già iniziato.
Gesù compie le speranze degli uomini, che attendono il regno di Dio nel mondo, ma non secondo le loro attese, ma secondo il progetto del Padre.
La presenza del regno di Dio è un mistero che può essere compreso solo mediante la fede nella parola di Gesù (Lc 8,10).
Ma nell’atteggiamento critico dei farisei c’è il rifiuto del giudaismo nei confronti di Cristo, della sua scelta di raccogliere i poveri, gli analfabeti, i peccatori.
Secondo loro, questo non poteva coincidere con il regno di Dio, perché i giudei cercano miracoli strepitosi che comprovino la venuta del regno (1Cor 1,22).
I falsi profeti annunciano che il Messia potrebbe apparire da qualsiasi parte (v.23) per prendere le difese dei suoi.
Ma Gesù avverte che si tratta di affermazioni gratuite. Il trionfo del bene non viene con la rapidità che noi desidereremmo. Dire il contrario significa illudere la gente, ingannare.
Visto secondo l’ottica umana, Gesù va incontro a una conclusione ingloriosa della sua missione.
Le sofferenze che lo attendono sono molte. Sarà rifiutato dal suo popolo e morirà umiliato sulla croce.
Ma Gesù sconfitto e morto in croce riapparirà sulla scena della storia. La sua venuta è paragonata al lampo o alla folgore per la sua repentinità. Lui che ha detto la prima parola, dirà anche l’ultima.
“Il giorno del Figlio dell’uomo” (v.24) È QUELLO DELLA SUA RISURREZIONE E DEL TRIONFO FINALE DELLA SUA VENUTA.
Più che attendere eventi eclatanti, dobbiamo chiedere la grazia di collaborare.
La luce di Dio già risplende nella storia ma noi possiamo renderla ancora più luminosa, possiamo moltiplicare i gesti di carità, asciugare le lacrime di chi soffre, impegnarci a costruire comunione, seminare gioia e speranza. Siamo tutti chiamati ad essere operai del Regno, scrivendo pagine che portano nella storia IL PROFUMO DI DIO.
E dobbiamo farlo con la certezza che ogni piccola opera, anche quella più nascosta, è un mattone di quella storia che porta l’impronta di Dio e che si manifesterà in pienezza solo nell’ultimo giorno.
Ma … c’è una condizione, una premessa difficile da digerire e che rappresenta per molti un muro insormontabile: “prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione”.
Non possiamo partecipare all’opera di Dio senza pagare un prezzo, senza mettere a disposizione la nostra vita, senza accettare l’inevitabile sofferenza che nasce dalla fedeltà alla Parola.
DIO SALVA LA STORIA ATTRAVERSO LA CROCE.
Ha detto un presbitero italiano, ucciso dalla mafia, il beato Pino Puglisi (1937-1993)
- “Quando il cuore di una persona si arrende a Dio, quando gli dice di sì, allora viene il Regno, allora Dio regna.”
Ragioniamoci sopra…
Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!