… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo LUCA 9,43-45
In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento. Parola del Signore
Mediti…AMO
Gli apostoli hanno appena riconosciuto in Gesù il Messia, anche se il Nazareno non assomiglia neanche lontanamente al Messia guerriero e battagliero che tutti si aspettavano.
Ora che il passo è stato fatto, ora che la folla lo applaude e lo segue, ora che le cose sembrano andare per il verso giusto, ecco che il Signore li intristisce parlando per enigmi.
Infatti Egli è dominato dal pensiero di ciò che lo attende: la sua passione e la sua morte.
Ecco allora che Gesù svela ai suoi discepoli la verità sulla missione che lo attende.
Vi è un futuro che si dovrà realizzare per Lui., che non è di trionfo, di gloria terrena, di vittoria contro i nemici, di umiliazione dei popoli e delle nazioni, ma è caratterizzato dalla consegna nelle mani degli uomini.
Dal suo stesso popolo Lui sarà consegnato nelle mani dei pagani.
E questa è una consegna alla morte, non certo alla vita.
Dinanzi a Gesù, confessato da Pietro come il Cristo di Dio, si spalancano le porte del tradimento e del rinnegamento da parte del suo popolo.
Questo il suo futuro, questa la sua verità che dovrà vivere per intero.
È il capovolgimento di pensieri, idee, immaginazioni, ogni raffigurazione finora fatta sul Messia del Signore.
Lui da tutti veniva pensato grande, vittorioso, trionfatore, liberatore dalla schiavitù nella quale erano costretti a vivere.
E, come registrano altre volte gli evangelisti, persino i suoi Discepoli non lo capiscono; perfino hanno paura di affrontare l’argomento, di chiedere spiegazioni.
È il dramma dell’uomo-Dio che ha segnato a fondo la sua avventura terrena. Ed è anche ciò che più ha da dire a noi.
Nel senso che, senza atteggiarci a vittime, possiamo ben mettere in conto nella nostra vita una certa dose di incomprensione che è data dalla nostra fatica di essere uomini: ovvero gente che ha in cuore aneliti d’infinito e che è bloccata però da strutture fisiche e psichiche (proprie ed altrui!) limitanti.
Ma Gesù ha vissuto lo stesso suo andare a farsi uccidere in tanta solitudine interiore, proprio per riscattare e dar senso redentore anche a queste nostre situazioni.
Cosa significa che egli sarà consegnato nelle mani degli uomini?
Significa che, davanti alla reazione di chi non ammette l’ingerenza di quel falegname diventato profeta, davanti alla rinata classe sacerdotale, al movimento dei farisei, ai conservatori sadducei, le cose prenderanno un’altra piega: MOLTO BRUTTA, perché TUTTI SAPPIAMO BENE CHE IL MALE ACCOMPAGNA, INESORABILMENTE, IL CAMMINO DELL’UMANITÀ.
Non è Gesù che fabbrica la croce, sono gli uomini che la costruiscono e la innalzano verso il cielo, rifiutando la verità di Dio.
La croce è l’icona del peccato, segno visibile di un potere che cerca di soffocare la luce.
Ma la croce è anche icona di un amore che non fugge dinanzi al male e non si nasconde nei fragili compromessi.
Un amore che abbraccia tutti, anche coloro che crocifiggono.
La vicenda di Gesù si ripete lungo i secoli con drammatica evidenza.
Edith Stein (1891-1942), ha sperimentato sulla sua pelle la forza del male.
Con profetica chiarezza aveva scelto di chiamarsi Benedetta della Croce.
Dal Carmelo di Colonia, quando il nazismo aveva ormai scoperto le carte, lei scrive “…Oggi capisco …che cosa voglia dire essere sposa del Signore nel segno della croce, benché per intero non lo si comprenderà mai, giacché è un mistero… Più si fa buio intorno a noi e più dobbiamo aprire il cuore alla luce che viene dall’alto” (La scelta di Dio, Roma 1973).
Abbiamo sempre parlato dell’attesa di questo Messia guerriero che avrebbe restaurato la grandezza di Israele.
Vediamo questa idea dove affonda le sue radici nell’Israele biblico e soprattutto vediamo cosa fa Gesù.
Il Figlio dell’Uomo, capovolge l’idea messianica dei suoi discepoli.
Questi aspettavano un re glorioso, immortale, invincibile, dominatore dei popoli, portatore sulla terra della pace di Dio.
Come potevano anche solo immaginare che Dio sceglieva la parte degli sconfitti?
Che rinunciava alla sua potenza per stare con l’uomo peccatore, in maniera definitiva?
Come potevano anche solo immaginare un tale abisso di amore. Un amore disposto ad abbandonare la propria divinità e il proprio ruolo per condividere, senza barare, per annichilirsi?
In più conoscevano, diversamente da noi, la profezia di Michea sul Messia del Signore. Anche se la leggevano però separata dalle altre profezie e in modo letterale. Ed essa, in tal modo, autorizzava questa loro attesa e speranza.
“E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando partorirà colei che deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele. Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. Egli stesso sarà la pace!
Se Assur entrerà nella nostra terra e metterà il piede nei nostri palazzi, noi schiereremo contro di lui sette pastori e otto capi di uomini, che governeranno la terra di Assur con la spada, la terra di Nimrod con il suo stesso pugnale. Egli ci libererà da Assur, se entrerà nella nostra terra e metterà piede entro i nostri confini. Il resto di Giacobbe sarà, in mezzo a molti popoli, come rugiada mandata dal Signore e come pioggia che cade sull’erba, che non attende nulla dall’uomo e nulla spera dai figli dell’uomo.
Allora il resto di Giacobbe sarà in mezzo a numerose nazioni come un leone tra le belve della foresta, come un leoncello tra greggi di pecore, il quale, se entra, calpesta e sbrana e non c’è scampo. La tua mano si alzerà contro tutti i tuoi nemici, e tutti i tuoi avversari saranno sterminati. «In quel giorno – oracolo del Signore – distruggerò i tuoi cavalli in mezzo a te e manderò in rovina i tuoi carri; distruggerò le città della tua terra e demolirò tutte le tue fortezze.
Ti strapperò di mano i sortilegi e non avrai più indovini. Distruggerò in mezzo a te i tuoi idoli e le tue stele, né più ti prostrerai davanti a un’opera delle tue mani. Estirperò da te i tuoi pali sacri, distruggerò le tue città. Con ira e furore, farò vendetta delle nazioni che non hanno voluto obbedire» (Mi 5,1-14).
GESÙ INVECE VOLEVA CHE I SUOI DISCEPOLI DI OGNI TEMPO LEGGESSERO LA SUA VERITÀ MESSIANICA NON PER PROFEZIE SEPARATE, OGNUNA DELLE QUALI VIENE FATTA INDOSSARE AD UN PERSONAGGIO PARTICOLARE, BENSÌ PER PROFEZIE UNIFICATE, CONGIUNTE, MESSE IN COMUNIONE LE UNE CON LE ALTRE, FATTE PERÒ VESTIRE AD UN’UNICA PERSONA.
Il Servo del Signore, il Messia di Dio, il Figlio dell’uomo, Colui che hanno trafitto, l’Agnello della Pasqua, il Nuovo Tempio dal cui lato destro scorga l’acqua della salvezza, la Roccia, la Manna, il Profeta che deve venire, appartengono tutte al Principe della pace, al Virgulto che dovrà spuntare dalla radice di Iesse.
Il Figlio dell’uomo è nella visione di Daniele colui che riceve dall’Antico dei giorni potere e gloria sopra ogni popolo, regno, nazione. Ora invece Gesù dice che esso sarà consegnato ai popoli, ai regni, alle nazioni di questo mondo. Il mistero si infittisce. Come potrà mai il più glorioso tra gli uomini essere il più umiliato, il crocifisso, il reietto, l’abbandonato?
Di certo queste parole suonano misteriose per gli Apostoli.
Quanti seguivano Gesù avevano una cultura religiosa assai modesta. Non erano studiosi delle sacre pagine e quanti lo erano anche loro studiavano le profezie in modo separato e disgiunto. Neanche loro riuscivano a unificare le due verità in Gesù: Signore di Davide, Figlio di Davide.
Solo con il compimento di tutte queste profezie nell’unica persona del Figlio Eterno del Padre, ogni parola di Dio sul suo Cristo riceve luce piena, perfetta.
E, come Gesù, anche il cristiano deve essere l’unificatore nella sua vita di tutte le profezie e di tutte le parole del Vangelo.
Il male incurabile è proprio questo: procedere per verità disgiunte, separate, in contrapposizione.
Ha scritto uno scrittore e giornalista contemporaneo, Romano Battaglia (1933-2012), nel suo “Sulla riva dei nostri pensieri”, 2000:
- «La croce deve apparirci in tutta la sua verità. Essa congiunge la terra al cielo, tende le braccia in tutte le direzioni, è il segno misterioso dell’umanità universale, il telaio sul quale viene tessuta la nostra vita».
Ragioniamoci sopra…
Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!