… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo LUCA 9,7-9
In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo. Parola del Signore
Mediti…AMO
Il breve testo evangelico che ci offre la liturgia odierna introduce la figura di Erode, il tetrarca della Galilea.
L’evangelista ci aveva già informati della sua esistenza nei primi capitoli del suo Evangelo (Lc 3,1).
Ora lo ritroviamo alle prese con il Messia annunciato da Giovanni. Egli ne sente parlare e si domanda “Chi è costui?”
“Il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare” (9,7).
La traduzione letterale suona così “…Ascoltava tutti gli avvenimenti” [ekousen ta ginómena pánta].
Anche se in questo caso l’ascolto non fa riferimento alla parola ma agli avvenimenti che riguardano un certo Gesù di Nazareth.
Erode ascolta ma non comprende, non sa leggere, è come un analfabeta che non sa decifrare gli eventi.
La parola che Dio fa risuonare attraverso la persona di Gesù e gli avvenimenti che ruotano attorno a Lui, è per lui oscura, enigmatica, tanto che egli “…non sapeva che cosa pensare”.
Ma anche il suo entourage, ovvero i suoi immediati collaboratori e consiglieri appaiono incapaci di rispondere alla domanda: “Chi è questo Gesù?”.
La domanda sull’identità di Gesù, posta da Erode, quindi, non è nuova.
Proprio Giovanni il Battista aveva già mandato a chiedere a Gesù se fosse proprio lui il Messia atteso (Lc 7,19).
La domanda di Erode dunque, IN SÉ, È LEGITTIMA, MA LA SUA RICERCA RIMANE STERILE E CI APPARE PER LO MENO AMBIGUA.
Ma la Parola odierna, che per l’uomo, è PAROLA ETERNA DI DIO, ci spinge a confrontarci anche con questo percorso: e allora cerchiamo di capire cosa ci vuole insegnare.
Possiamo cacciar via tutti coloro che ci parlano di Dio e cacciar via tutti i profeti dalla nostra anima, e decapitarli.
Possiamo cancellare dalla nostra coscienza l’impronta di Dio nascondendola sotto milioni di peccati e di stravizi.
Siamo persino, dal nostro, a volte scellerato, libero arbìtrio, autorizzati a irridere a tutto ciò che ci richiama alla santità e alla verità intorbidendone le acque, nascondendoci dietro la libertà intesa come anarchia delle emozioni.
Possiamo girare pagina, trovando mille motivazioni per sentirci molto all’avanguardia sputando contro la Chiesa e i cristiani.
E possiamo anche fare come Erode, archiviando la scomoda pratica di Giovanni il Battista.
Ma ci accadrà, come è successo al piccolo sovrano, di essere nuovamente travolti dalla Parola infuocata del profeta che ci raggiunge in altro modo.
Perché ora è Gesù che parla come lui, ora è il Nazareno a disturbare i sonni inquieti del dittatore, È LA PAROLA DI DIO VIVENTE CHE LO RAGGIUNGE E LO AGITA NEL SUO CUORE.
Non si stanca MAI l’occhio DI DIO di guardare L’UOMO. Così cita il libro del Qohelèt ed è verissimo. Scruta DIO, guarda, fissa L’UOMO ogni istante, perché LO AMA DI UN AMORE INEFFABILE.
E, sollecitata da questo sguardo divino, la coscienza rode, l’anima si scuote, a volte invano, purtroppo, ma c’è e lavora. Ucciso un profeta eccone un altro, peggiore del primo.
È IL PIANO DI AMORE DI DIO CHE MAI CESSA DI INTERPRETARE IL CUORE DELL’UOMO, ANCHE QUANDO È PERDUTO.
Fratelli e Sorelle, la profezia non può essere spenta. Possiamo uccidere i profeti, ridicolizzarli, ignorarli ma la profezia non finirà mai.
E, finché esiste qualcuno che ci indica in Dio, la verità dell’essere, che non tira diritto sulle nostre mancanze, che ci ama, perciò ci pungola e ci inquieta senza giudicarci, abbiamo ANCORA qualche speranza di conversione…
E dobbiamo convertirci seriamente e non fare come Erode.
Non è curioso? Nessuno di noi saprebbe chi è Erode il grande o Erode Antipas o Erode Agrippa, o Hannah e Caiàfa, o Ponzio Pilato, se non fosse perché il loro nome è finito, quasi casualmente, nel racconto delle vicende di un oscuro falegname di Nazareth.
Ecco allora ancora una volta, davanti ai nostri occhi la logica devastante di Dio: i potenti di questo mondo vengono oscurati dal più insignificante dei poveri in un paese occupato dalla più grande potenza mondiale DI TURNO.
Così è, così vuole Dio, che si diverte a rovesciare i potenti dai troni e ad innalzare gli umili, a saziare gli affamati e a rimandare a mani vuote i ricchi.
E noi, Fratelli e Sorelle, da che parte ci schieriamo?
DALLA PARTE DI DIO o della logica di questo mondo, sempre preoccupati di conoscere le persone giuste, ansiosi nel ben apparire davanti agli uomini o maturi e liberi nella nostra profezia?
Non dobbiamo mai dimenticare che nei secoli, Gesù viene sempre accostato ad alcuni grandi personaggi della storia antica e recente. Ma la sua vera identità rimane quasi sempre, o rifiutata, o disconosciuta, o avvolta nell’ombra.
Tanti, come Erode, provano a dire qualcosa, ma rimangono ancorati alla storia, cercano di leggere la figura di Gesù sullo sfondo del passato, cioè a partire da ciò che sanno.
Una via ragionevole, certamente, ma per sua natura incapace di comprendere la novità di Dio.
Invece Gesù rappresenta qualcosa di radicalmente nuovo rispetto alla storia.
Ma Erode da parte sua rimane aggrappato a quei fatti per lui concreti “…Giovanni l’ho fatto decapitare io” (9,9). Di conseguenza la resurrezione gli appare come un’ipotesi del tutto fantasiosa.
Con grande tristezza però leggo nelle sue parole quel pragmatismo così diffuso, nei secoli, ma anche nella cultura contemporanea, CHE FA DELL’ESPERIENZA VERIFICABILE l’unica fonte di verità “…Chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?” (9,9). Erode si pone la domanda sull’identità di Gesù e nello stesso tempo si dà la risposta, perché in realtà non attende nessuna risposta.
La domanda di Erode purtroppo riverbera attraverso il buio e la luce dei secoli. Nessuno può sottrarsi da essa.
Se infatti non scopriamo l’identità di Gesù, e se non lo accogliamo come “la luce del mondo, nel buio del cuore umano”, non possiamo dare risposta agli interrogativi essenziali dell’umana esistenza, non possiamo spiegare il significato della nascita e della morte, della gioia e della sofferenza, dell’amore e del dolore.
Erode Antipas (4-39 d.C.), uomo superstizioso e senza scrupoli, dichiara e ammette di essere lui l’assassino di Giovanni Battista.
Ora vuole vedere Gesù. In questo modo Luca suggerisce che le minacce incominciano a spuntare sull’orizzonte della predicazione di Gesù.
Erode non ha avuto paura di uccidere Giovanni. Non avrà paura di uccidere Gesù.
D’altro canto, Gesù, non ha paura di Erode. Quando gli dissero che Erode cercava di prenderlo per ucciderlo, gli mandò a dire: “Andate a dire a quella volpe: ecco io scaccio i demoni e compio guarigioni oggi e domani; ed il terzo giorno avrò finito” (Lc 13,32). Erode non ha potere su Gesù.
Quando nell’ora della passione, Pilato manda Gesù ad essere giudicato da Erode, Gesù non risponde nulla (Lc 23,9). E questo perché Erode Antipas, come tutti e tre gli Erode, non merita risposta.
Non c’è in Erode una ricerca autentica della verità.
E lo stesso contrasto con l’atteggiamento di una ricerca autentica del volto di Gesù è di nuovo evidente se posto a confronto con quello dei discepoli. Anch’essi si chiedono chi sia Gesù, quell’uomo capace di far tacere il mare.
Ma la differenza sta nel fatto che la loro è una domanda aperta, DISPONIBILE ALL’ACCOGLIENZA DELLA VERITÀ, PERCHÉ VISSUTA NEL DIALOGO CON LUI E IN UN CAMMINO DI CONOSCENZA E DI VITA COMUNE.
Erode incontrerà effettivamente Gesù, al momento del processo, ma Gesù – come ho già scritto – alle domande del tetrarca «non rispose nulla» (Lc 23,9).
Anzi, la domanda ai discepoli, viene posta da Gesù stesso, che cerca la risposta nella loro fede «Ma voi chi dite che io sia?»
E i discepoli sono capaci di rispondere con la loro fede a Gesù: «Pietro prendendo la parola rispose: Il Cristo di Dio» (Lc 9,20-21).
Erode dunque non vive una ricerca autentica: vuole vedere Gesù, ma non è disposto ad ascoltare la parola con cuore “buono e bello”, e così ascolta ma non vede e non intende, perché in fondo, non vuole nel suo animo nero.
I due verbi dell’esperienza di fede, ascoltare Gesù per vedere Gesù, compaiono ma restano incompiuti e Luca non ci lascia ignota la fine a cui conduce questo percorso, narrando crudamente la sua morte (At 12,21-23).
Non basta ascoltare e vedere Gesù: è necessario aprire il cuore, uscire dalla chiusura in sé stessi, dall’attaccamento alle proprie convinzioni per lasciarsi interrogare da Gesù e trovare nella fede in lui la risposta alla ricerca di senso e di verità.
Questo brano evangelico apre un’interessante riflessione sulla necessità di imparare a leggere la realtà che accade sotto i nostri occhi nel tentativo di capire ciò che Dio ci vuol dire.
Pochi sanno leggere perché mancano della luce necessaria. Per leggere i fatti dobbiamo usare tre diversi registri complementari: LA RAGIONE, IL CUORE E LA FEDE:
- la ragione ci aiuta a comprendere il valore e il senso nascosto delle cose.
- Il cuore permette di non restare alla superficie, gli affetti e i sentimenti non sono marginali nella vita di una persona, possono diventare una gabbia o una porta, possono chiuderci in una passione che acceca lo sguardo oppure donare intuizioni che allargano l’orizzonte delle conoscenze. Tutto questo non basta.
- Abbiamo bisogno anche e soprattutto della fede che dona la grazia di leggere la realtà nella luce di Dio, come annuncia l’apostolo: “Ora voi avete ricevuto l’unzione dal Santo, e tutti avete la conoscenza” (1Gv 2,20). È questa la fede che oggi chiediamo.
Ragioniamoci sopra…
Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!