… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo LUCA 11,1-13
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: “Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione”». Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!». Parola del Signore
Mediti…AMO
Gesù si sta dirigendo verso Gerusalemme, il luogo in cui avverrà la sua consegna ai capi degli Israeliti, e quindi la sua passione, morte e risurrezione.
Dopo l’episodio di Marta e Maria, in cui ci ha ricordato l’importanza dell’ascolto della Parola di Gesù, Luca inizia un nuovo capitolo in cui dà alcuni insegnamenti di tipo diverso. Il primo blocco riguarda la preghiera e ci viene proposto dalla liturgia di questa domenica.
Si tratta infatti di tre blocchi consecutivi ognuno dei quali ci dà un insegnamento particolare sulla preghiera:
- la preghiera di Gesù (vv. 1-4),
- la parabola dell’amico insistente (vv. 5-8)
- e infine la sua applicazione (vv. 9-13).
Luca ci da tante informazioni sugli atteggiamenti di Gesù durante il viaggio verso Gerusalemme (Lc 9,51).
Nel suo camminare, Gesù si fermava, sostava e pregava: i discepoli lo vedevano impegnato in questa azione fatta certamente in un modo che li colpiva e li interrogava.
E colpisce anche me, per cui prenderemo in esame il primo tema: la PREGHIERA.
Che non è quella misera cosa cui spesso viene ridotta, quando ci limitiamo a presentare un elenco di richieste, seguito dalla delusione di non vederle accolte. Pregare è ben altro.
Anzitutto, la preghiera dovrebbe scaturire dalla consapevolezza di quanto già abbiamo ricevuto, senza neppure chiederlo.
Ce lo ricorda Paolo di Tarso quando scrive ai Colossesi, al capitolo 2,12-14:
- “Sepolti con Cristo nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede… Con lui, Dio ha dato la vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe”.
Consapevoli di questo e degli altri doni ricevuti, viene spontaneo ringraziare, come suggerisce il Salmo 137:
- “Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore… Rendo grazie al tuo Nome, per il tuo amore e la tua fedeltà… Signore, il tuo amore è per sempre!”
Non è facile, tanto meno scontato definire la preghiera, proprio per il suo essere e divenire, espressione della profondità dell’animo nelle diverse situazioni della vita e della storia.
La preghiera rivela la percezione e l’immagine che noi abbiamo di Dio: se piuttosto strumentale e utilitaristica o nell’ambito di una relazione, con tutti gli aspetti, anche problematici che questo comporta.
Si dice anche che è inutile pregare; certo non basta pregare e nello stesso tempo sembra non solo importante ma fondamentale, quando la preghiera è nutrimento della profondità dell’essere e delle motivazioni, dei fini e della verifica del fare.
I Salmi della Bibbia sono ADATTI PERFETTAMENTE per pregare, perché raccolgono intenzioni di lode caratterizzata dalla gratitudine, d’invocazione, di affidamento e di protesta e a volte sono dolorosi interrogativi da rivolgere a Dio.
Certamente le preghiere non dovrebbero essere formule già confezionate e ripetitive, ma dovrebbero sgorgare dal cuore, dalla profondità dell’essere, sgorgando dal silenzio interiore, che pone le basi dell’autenticità della preghiera.
Gesù di Nazareth prega, educato nell’esperienza del suo popolo e della sua famiglia. I Vangeli infatti lo ritraggono in ritiro e solitudine, nella ricerca dell’incontro intimo e silenzioso con suo Padre, il mattino presto, come nella tarda sera e nella notte.
La sua preghiera avvolge anche le sue parole e i suoi gesti con le persone: bambini, donne, ammalati, altri che quotidianamente incontra.
Lui stesso dice che non bisogna moltiplicare e ripetere le formule, ma presentarsi al Padre come figli che si affidano.
E CI FA CONOSCERE, NELLA SUA VITA, OGNI TIPO DI PREGHIERA:
- QUELLA DELLA GRATITUDINE,
- QUELLA DELL’INVOCAZIONE
- E QUELLA DRAMMATICA DEL GETSEMANI E DEL GOLGOTA.
Tornando all’evangelo, abbiamo visto che Gesù passa la notte a pregare il Padre, a parlare con Lui ed i discepoli gli chiedono di essere istruiti.
Per tutta risposta, Gesù consegna una preghiera breve, essenziale che Luca e Matteo (Mt 6,9-13) ci hanno trasmesso in due versioni.
Quella di Luca è più breve, costituita innanzitutto da due domande che hanno un parallelo nella preghiera giudaica del Qaddish: la santificazione del Nome e la venuta del Regno.
Seguono poi tre richieste riguardo a ciò che è veramente necessario al discepolo:
- il dono del pane di cui si ha bisogno ogni giorno,
- la remissione dei peccati
- e la liberazione dalla tentazione.
È una preghiera semplice, senza troppe parole, ma piena di fiducia in Dio – invocato come Padre – nel suo Nome santo, nel suo Regno che viene.
Ogni uomo che si riconosce Figlio di Dio, dovrà rivolgersi a Lui chiamandolo semplicemente “Padre“, essendo noi tutti figli suoi. Ragion per cui il Padre è “nostro“. Infatti Gesù dirà:
- «Quando pregate, dite: “Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci oggi il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione”».
Gesù è modello, ma anche Maestro di preghiera:
- “Quando pregate, dite: Padre”.
Gesù non intende dare ai discepoli una formula fissa, ma un esempio di preghiera. Vuole insegnare come pregare e spiegare loro che cosa domandare, in opposizione al modo di pregare dei pagani.
Si può cogliere, così, la novità e l’originalità della preghiera cristiana.
La paternità di Dio su Israele era già un dato assodato nella tradizione biblica e giudaica.
Almeno dalla fine del I sec. a.C., Dio viene invocato con il titolo «Padre nostro» nella preghiera delle Diciotto Benedizioni, recitata quotidianamente dal giudeo.
Nella cultura palestinese, il sostantivo «padre» include non solo una nota di intimità ma anche di sovranità, giacché Dio è Padre in quanto Creatore, Signore del popolo che egli ha scelto.
E proprio come Padre, JHWH, dimostra il suo amore misericordioso verso Israele, si dichiara pronto a perdonare le sue infedeltà.
Ecco allora che autorità e bontà sono i tratti dominanti della paternità divina.
Gesù ci insegna ad andare a Dio facendoci piccoli, come figli che si rivolgono al loro papà per qualsiasi cosa.
Ogni domenica – per chi ancora partecipa all’Eucaristia domenicale – si ripete uno dei momenti più intensi del memoriale:
- prima di scambiarci il segno della pace, un abbraccio o una stretta di mano, che è un impegno formale e quotidiano,
- di sederci a tavola per una convivialità gioiosa, perché è il Cristo stesso che spezza il pane per noi,
- ci rivolgiamo al Padre con le parole stesse suggerite da Gesù: «Padre nostro…».
La versione di Luca è più breve di quella di Matteo.
In Luca infatti manca l’aggettivo possessivo accanto al termine “Padre”.
Molte volte abbiamo sottolineato la preziosità di quel “nostro”, così esigente per sottolineare che siamo tutti un’unica famiglia di figli di Dio.
Il testo di Luca ci porge un altro regalo ugualmente prezioso, ed è quello di poter dire semplicemente “Padre– Abbà”, come appunto Lui dice nella sua preghiera!
IN TAL MODO È PROPRIO LA PREGHIERA DI GESÙ CHE DIVENTA LA NOSTRA PREGHIERA!
Abbà=Papà. Ecco la prima parola che il credente pronuncia quando si mette in colloquio con Dio.
Con questa espressione tenerissima sperimenta la sorpresa, la gioia di trovarsi in un rapporto immediato di vicinanza e di intimità con Dio.
Il Creatore, infinitamente potente, è qui accanto a me, mi avvolge con tutta la sua attenzione paterna.
Mi ama, però, non semplicemente come un figlio che gli sta immensamente a cuore, ma come il Figlio Gesù.
Con un medesimo amore abbraccia Gesù e noi, che a Gesù apparteniamo e con Lui siamo uniti.
Perciò in quel “Padre=Abbà“, che diciamo a Dio, siamo invitati a trasfondere tutta la passione d’amore, tutta la confidenza, tutta la gratitudine che brucia il cuore di Gesù per il proprio Papà.
Chi dice “Padre” è una persona che si sente in braccio a Dio insieme con Gesù; è una persona felice, entusiasta, come Gesù, di avere un Padre così. Felice perché non si sente orfana.
Ecco quale atteggiamento interiore Gesù vuole educarci ad avere nel dialogo con Dio.
Inoltre, “Padre nostro che sei nei cieli” ci si rivolge a un PADRE che è vicino, con confidenza e affidamento, non a un Dio lontano e inaccessibile, impassibile e giudice implacabile.
È il Padre di tutti, senza discriminazione ed esclusione di alcuno; non è proprietà di un popolo, né di una religione; nessuno può esibirlo per contrastare e respingere gli altri.
Sta nei cieli: cioè è vicino e insieme altro, diverso, non vincolato al tempio di Gerusalemme, né ad alcun altro luogo sacro.
E vorrei chiudere questa lunga meditazione, riflettendo su alcune storture, caratteristiche del nostro modo di pregare.
La preghiera non è:
- magia, non è un “affaticare gli dèi”, come scriveva il filosofo pagano Lucrezio (La natura delle cose IV,1239),
- uno stordire Dio a forza di parole moltiplicate, dice altrove Gesù (Mt 6,7-8).
Dio non è a nostra disposizione per esaudire i nostri desideri, spesso egoisti: perché di fatto noi non sappiamo ciò che vogliamo.
Ecco perché –precisa Luca– “le cose buone” sono in realtà “lo Spirito santo”.
Sempre Dio ci dona lo Spirito santo, quando glielo chiediamo nella preghiera, e lo Spirito che scende nella nostra mente e nel nostro cuore, si unisce al nostro spirito (Rm 8,16), È QUESTA LA RISPOSTA DI DIO.
Questo è l’esaudimento vero e autentico, questo è ciò di cui abbiamo veramente bisogno.
ll Pater è “il compendio, la sintesi di tutto il Vangelo”, scriveva Tertulliano.
Ciò significa che quanto più assimilo e vivo il messaggio di Gesù, tanto meglio saprò capire e recitare questa preghiera.
Nello stesso tempo nella misura in cui comprendo e vivo il Pater, capirò e vivrò il vangelo di Gesù.
La preghiera del Pater ci apre orizzonti sconfinati e ci consente di abbracciare il mondo intero. Chiedendo appunto che il Padre “santifichi il suo nome e introduca il suo Regno“, gli esprimiamo il desiderio che tutti gli uomini siano felici grazie all’intervento divino.
Tale preghiera ci impegna anche a tradurla nella nostra vita. Non c’è nulla, infatti, di ciò che domandiamo a Dio che ci dispensi dal metterci totalmente in gioco.
In ogni domanda, mentre preghiamo il Padre “che faccia”, sentiamo che Lui ci chiede “non solo di lasciarlo fare”, ma allo stesso tempo ci chiede di impegnarci “a fare” insieme con Lui.
Quindi abbiamo ormai compreso che la preghiera non è una formula, ma lo stile da avere per stare con il Padre.
Essa non è concentrazione su noi stessi, ma la nostra apertura verso il Padre.
Il centro della preghiera cristiana è l’opera del Padre per della salvezza di tutti gli uomini.
L’apertura della preghiera verso l’umanità ci viene insegnata prima da Abramo che ascoltiamo nel testo della Genesi e poi da Gesù, il solo giusto nell’umanità che è nostra unica speranza salvezza.
L’audacia di Abramo è la sua mediazione INSEGNANO ALLA PREGHIERA CRISTIANA A FARSI VOCE PRESSO IL PADRE PERCHÉ IL SOLO GIUSTO PRESENTE IN MEZZO A NOI -IL CRISTO- SIA DONO DI TUTTI.
La preghiera ci rende viventi in Dio e radicati nella storia.
TUTTO CIÒ CHE CIRCONDA L’UOMO, DALLA CREAZIONE AGLI EVENTI STORICI SONO PREGHIERA E QUESTA PREGHIERA CI FA RESPIRARE L’AMORE DI DIO CHE NON ABBANDONA ALLA SOLITUDINE, MA DISSIPA LE OMBRE DELLA MORTE E DELLA PAURA.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!