… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo MATTEO 13,10-17
In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!». Parola del Signore
Mediti…AMO
L’uomo è cieco e da cieco cammina nella storia. Non riesce neanche a vedere i grandi segni della potenza e onnipotenza di Dio, come possiamo sperare di pensare che possa vedere Dio in un uomo?
La Scrittura antica chiama quest’uomo cieco “stolto per natura”, cioè persona corrotta.
Ha perso infatti l’uso degli occhi, della lingua, dell’udito, della stessa mente. Gli manca la scienza dell’argomentazione e della deduzione.
Egli non sa più che esiste un linguaggio naturale e che c’è un linguaggio spirituale, i quali non sono tra di loro paragonabili.
L’essere spirituale, che normalmente usa un linguaggio spirituale, se vuole conversare e farsi capire dall’uomo naturale, DEVE PER FORZA USARE UN LINGUAGGIO CHE COLLEGHI LE DUE FORME DI ESPRESSIONE SOPRA MENZIONATE.
Questo linguaggio si chiama “linguaggio delle corrispondenze”.
Ai tempi di Mosè e dei profeti PERFINO LA GENTE COMUNE E MOLTO SEMPLICE POSSEDEVA LA CONOSCENZA DELLE CORRISPONDENZE; e LA SCRITTURA DELLA GENTE CONSISTEVA IN IMMAGINI.
ED ANCHE LA SUA LINGUA SI REGOLAVA PURE SECONDO IMMAGINI BEN CONOSCIUTE DAL POPOLO.
Quando però, più tardi, il popolo diventò più benestante e più stimato, sentì anche la necessità di moltissimi beni terreni.
DUNQUE, PER SODDISFARE QUESTE INNUMEREVOLI NECESSITÀ, AD ESSE ATTRIBUIRONO DEI NOMI CONSISTENTI IN PAROLE MOLTO SEMPLICI, DIETRO ALLE QUALI PERO’, NON SI CELAVANO PIÙ DELLE IMMAGINI CORRISPONDENTI.
Questi semplici nomi dati dagli uomini, solo più tardi, per definire le molte necessità ed i mezzi per soddisfarle, BEN PRESTO SOPPIANTARONO LA SCRITTURA PER IMMAGINI ED IL SUO SIGNIFICATO INTERIORE, COSICCHÉ ESSA NON VIENE PIÙ COMPRESE DAGLI EBREI AL TEMPO DI GESÙ.
Se noi avessimo parlato ai tempi di Mosè come parliamo ora, allora né Mosè, né alcun altro profeta ci avrebbero compreso.
LA VECCHIA LINGUA “SIMBOLICA”, ANDO’ COSI’ COMPLETAMENTE PERDUTA. ED È IN QUESTA PERDITA CHE DOBBIAMO CERCARE LA CAUSA PER CUI ORA NON SAPPIAMO PIU’ COMPRENDERE LE PARABOLE DI GESÙ.
Quindi esistono delle corrispondenze di tutto ciò che la Terra ci offre da vedere, da udire, da odorare, da gustare e da sentire.
Però non è certo che la nostra mente e neppure la nostra anima, possano darci le chiavi necessarie alla comprensione della Parola di Dio.
Ecco perché siamo chiamati a lavorare alacremente per procurarci la rinascita dello spirito nella nostra anima.
Solo così tutta la Creazione, con tutte le sue innumerevoli manifestazioni, sarà per noi come un grande libro aperto, nel quale potremo scorgere molto bene ed afferrare chiaramente il fondamento dell’Amore, della Sapienza e della Potenza di Dio.
Oggi come allora, comunque, il nostro cuore è pieno di cose inutili, le nostre orecchie odono male, i nostri occhi non vedono, e i nostri orecchi non comprendono, e così non possiamo convertirci e farci aiutare dal Signore.
Siamo tutti ciechi e sordi e la parabola che ben si adatta a noi è quella del cieco muto che è stato guarito. E, come questi era infermo nel corpo, così noi lo siamo nell’anima.
Ma beati gli occhi di coloro che vedono, e le orecchie che riescono a comprendere tutto ciò!
Molti profeti e giusti hanno desiderato vedere le cose che noi oggi possiamo vedere, e non le hanno viste, e hanno desiderato udire le cose che noi abbiamo udito, e non le hanno udite, perché la via non era ancora stata aperta.
A colui che ha cercato l’Amore di Dio, e che lo ha necessariamente trovato, ne verrà dato altro affinché sia nell’abbondanza, ma a colui che questo amore non l’ha cercato, rimarrà nell’amore mondano in cui è vissuto e gli sarà tolto anche quel poco merito che avrà accumulato.
Inoltre dobbiamo tener presente che la proposta di Dio è sempre discreta, nascosta nelle pieghe della quotidianità e le parabole usate da Gesù per spiegare i misteri del Regno assecondano e realizzano questa logica: partendo da immagini e situazioni ben conosciute dall’uditorio, attraverso le quali Gesù ci invita a identificarci nei personaggi.
Siamo liberi di capire, liberi di aprire il cuore, liberi di assecondare o di rifiutare l’invito di Dio.
Noi, oggi, siamo qui a meditare la Parola perché, in un modo o nell’altro, abbiamo ascoltato, abbiamo accolto.
E capiamo bene cosa intende il Maestro: quante persone ascoltano distrattamente, quanti leggono il vangelo come noi senza lasciarsi minimamente scalfire dalla Parola che ascoltano.
Lodiamo e ringraziamo il Signore per lo splendido dono dell’ascolto perché lo Spirito, misteriosamente, è riuscito a far breccia nella durezza dei nostri cuori per aprirci alla visione di un mondo diverso, di un modo diverso di leggere la nostra storia.
Dio rispetta la nostra libertà, il nostro percorso, il nostro cammino, ci tratta da adulti. A noi di accogliere la sua chiamata alla vita dell’Altissimo.
Ma noi non riusciamo a vedere Dio nella carne del Verbo di Dio, perché siamo ciechi. Non lo sentiamo perché siamo sordi. Non lo percepiamo perché siamo senza tatto. Non ne sentiamo l’odore di santità perché abbiamo perso ogni tatto. Non parliamo di Lui perché ignoriamo la sua stessa esistenza. Questa è la nostra condizione spirituale.
E dimentichiamo, soprattutto, che a noi è data la rivelazione dei misteri del regno di Dio e che ancora oggi, noi possiamo fare cose grandi.
Gesù afferma che ci è stato dato molto e saremo nell’abbondanza di beni e ricchezze spirituali, riferite ai misteri del suo regno. È stato dato a noi, che crediamo nell’autorevolezza della Parola di Dio. e siamo noi che abbiamo il dovere di divulgare la verità, di portare la conoscenza a chi non ha speranza.
Fratelli e Sorelle, ecco allora che siamo chiamati ad annunciare con franchezza la salvezza dell’evangelo, AGLI SMARRITI CHE NON VEDONO LA VIA GIUSTA, perché sono nel buio.
Esattamente come un tempo anche noi eravamo avvolti dalle tenebre del peccato e non sapevamo dove andare, finché un giorno abbiamo visto una grande luce:
- “Il popolo che giaceva nelle tenebre ha visto una grande luce, e su coloro che giacevano nella regione e nell’ombra della morte, si è levata la luce” (Mt. 4,16; Is.9).
Noi siamo la luce, noi siamo i chiamati, dice Paolo di Tarso in Rm.1.7:
- “A quanti sono in Roma diletti da Dio e santi per vocazione, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.”
E il Cristo, non solo ci ha chiamati, ma ci ha ricolmati di abbondanza, donandoci lo Spirito Santo che è in noi.
Abbiamo ricevuto quello Spirito che ci solleverà e conforterà dalle afflizioni, ci sosterrà nella lotta contro il nemico e nell’avversità della vita.
Egli è il nostro consigliere, e mai nessuno potrà sentirsi solo, oppure essere povero.
Tutti siamo ricchi per lo Spirito Santo che dimora in noi per insegnarci ogni cosa.
IMPARIAMO E LASCIAMOCI GUIDARE DA LUI, ED EGLI, CON AMORE, CI SVELERÀ I MISTERI DEL REGNO DI DIO.
Per concludere, una precisazione “tecnica”.
Dopo il Discorso della Montagna, i miracoli di guarigione e l’invio in missione dei discepoli, Matteo ci dà conto del rifiuto che Gesù e la predicazione della prossimità del Regno dei Cieli stanno incontrando.
E lo fa mostrando, come all’interno del popolo emergano differenze a fronte della stessa Parola, comunque annunciata a tutti indistintamente: il rimprovero alla sua generazione giudicata capricciosa e dura di cuore, la scossa data ai villaggi attorno al lago, i contrasti con scribi e farisei vedono da parte di Gesù l’ostinato insegnamento del Vangelo del Regno, insieme alla dichiarazione che l’accesso alla sua comprensione è solo dono del Padre e che solo coloro che sono piccoli possono fruirne.
Gesù, ora, non insegna ma «parla in parabole». E il motivo è esattamente questa situazione di molteplicità di reazioni dentro al popolo.
L’uso delle parabole –per le quali è necessaria, come ho detto innanzi, una decodifica simbolica– è la dichiarazione plastica dell’incapacità di comprendere e, insieme, della necessità di mettersi in gioco per capire.
Va osservato infatti che le parabole non sono in grado -da sole- di rimuovere la durezza di comprensione che è nel popolo, ma richiedono la necessità del contributo della libertà personale.
In questo modo, esse segnano il confine tra chi capisce e chi no, tra chi si decide e chi no.
La parabola dei terreni che precede immediatamente le parabole del Regno, va compresa dentro questo contesto di contrasto tra l’accoglienza che i discepoli riservano alla parola di Gesù e la resistenza del popolo.
A questi ultimi viene ricordato di non dare per scontata la loro capacità di ascolto con una sorta di «parabola sulle parabole», cioè sul modo in cui accogliere la predicazione di Gesù, qual è la il racconto dei terreni.
Il riferimento ai frutti, costante in quella parabola, ci lascia intendere che non si tratta di un’intelligenza esclusivamente razionale, bensì di carattere pratico: ascoltare, capire, fare sono una cosa sola.
Ricordiamoci, allora, Fratelli e Sorelle, che entra nel Regno solo chi unisce la comprensione all’ubbidienza e alla prassi.
Esattamente ciò che non fa il popolo.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!