Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo MARCO 16,15-20
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano. Parola del Signore
Mediti…AMO
In questa giornata la Chiesa celebra con gioia la memoria dell’evangelista Marco.
Il suo Vangelo, il più breve, il primo, probabilmente ha trovato la sua fonte nel suo amico e maestro, l’apostolo Pietro.
Erroneamente interpretato come il riassunto del vangelo di Matteo, che, in effetti, ancora oggi, nei nostri vangeli è messo per primo.
È Giovanni Marco, che a Gerusalemme viene coinvolto nella straordinaria avventura del Nazzareno, che ha inventato il Vangelo, intorno all’anno 70 d.C.
È lui che ha voluto mettere per iscritto quello che la prima predicazione diceva a voce, destinando la sua opera ad una comunità proveniente dal mondo pagano, forse i cristiani di Roma, che si preparavano a ricevere il battesimo.
È un vangelo, diremmo, usando il linguaggio cinematografico, “in presa diretta”, che cerca di far comprendere chi è veramente Gesù di Nazareth.
Il passo marciano appartiene a quello che si chiama “il luogo finale canonico di Marco”, che, come è risaputo, non è autentico, in quanto non appartiene al testo originario, ma che tuttavia non toglie nulla alla sua ispirazione, perché questo passo è stato recepito dalla Tradizione della Chiesa fin dalla più remota antichità.
In origine, questo Vangelo più antico non finiva così.
Si deduce dal fatto che gli antichi commentatori e traduttori si fermano al v. 8 del sedicesimo capitolo, quando l’autore sacro commenta sbigottito come al mattino di Pasqua le donne – pur avendo udito dall’angelo l’annuncio della risurrezione di Gesù – «non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite».
La finale marciana è senza dubbio una compilazione dei racconti della risurrezione tramandati dagli altri tre vangeli, una specie di “catechismo pasquale” (dice JOACHIM GNILKA -1928-2018, teologo e biblista tedesco- nella sua opera commento al Vangelo di “MARCO”), e non aggiunge nulla di quanto noi già sappiamo, ma insiste, come anche Luca, sull’idea che Gesù lasci i suoi per tornare al Padre.
Comunque, aggiunto o no, il suo valore rimane uguale a quello di tutte le altre pagine del Vangelo di Marco.
Esso contiene:
• il racconto delle apparizioni
• l’ordine missionario dato ai Dodici (Mc 16,14) e con loro alla Chiesa intera (Mt 28,18-20).
Il nostro testo comincia con il testamento del Signore.
Le prime parole sono un comandamento ed un invio “…Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura”.
La Chiesa deve predicare, cioè la sua missione evangelizzatrice è un comandamento del Signore risorto.
I destinatari sono tutti gli uomini che esistono al mondo “…ogni creatura”.
Ciò indica che tutti gli uomini hanno il bisogno e il compito di ascoltare il vangelo della salvezza.
Colui che è il Vangelo in persona, lo affida adesso agli Apostoli «…Andate! Proclamate!».
In Marco, il comando pone l’accento sulla predicazione del Vangelo a ogni creatura.
Nessun individuo, “NEI SECOLI DEI SECOLI”, doveva essere lasciato nell’ignoranza di Cristo e della salvezza che è in Lui.
Fino a quando ogni generazione non predica il Vangelo a ogni individuo che vive durante la sua giornata, la Chiesa non ha adempiuto al mandato di Cristo.
Siamo quindi coinvolti tutti noi, perché il cristiano è missionario del Vangelo in radice, nella sua stessa identità di discepolo di Cristo.
San Josemaría Escrivà, nel suo “è Gesù che passa”, ricordava
• «…tocca a noi cristiani del nostro tempo annunciare oggi, a questo mondo al quale apparteniamo e nel quale viviamo, il messaggio antico e nuovo del Vangelo».
E continuava, nell’altra sua opera, “il cammino”, dicendo che la maggioranza di noi cristiani deve
• «portare Cristo in tutti gli ambienti in cui gli uomini agiscono: nelle fabbriche, nei laboratori, nei campi, nelle botteghe degli artigiani, nelle strade delle grandi città e nei sentieri di montagna».
Invitando perciò ad accogliere il mandato missionario in prima persona «“Andate, predicate il Vangelo… Io sono con voi…”. Lo ha detto Gesù… e lo ha detto a te».
Papa Francesco nel “Regina Coeli” del 28.05.2017 (Festa dell’Ascensione) in Piazza San Pietro, ha continuato sul tema dicendo:
• «L’Ascensione ci ricorda questa assistenza di Gesù e del suo Spirito che dà fiducia, dà sicurezza alla nostra testimonianza cristiana nel mondo. Ci svela perché esiste la Chiesa: la Chiesa esiste per annunciare il Vangelo, solo per quello! E anche, la gioia della Chiesa è annunciare il Vangelo. La Chiesa siamo tutti noi battezzati. Oggi siamo invitati a comprendere meglio che Dio ci ha dato la grande dignità e la responsabilità di annunciarlo al mondo, di renderlo accessibile all’umanità. Questa è la nostra dignità, questo è il più grande onore di ognuno di noi, di tutti i battezzati!».
E, dall’opposto versante, ciascun uomo, ovunque sia e a qualsiasi discendenza appartenga, ha il diritto di ascoltare l’annuncio del Vangelo.
Questo “mandato missionario” di Gesù inizia con il verbo «andare».
La stessa messa finisce con questo verbo in levare “…Andate in pace”.
Cristo, attraverso lo scorrere dei secoli, continua anche oggi a chiamarci, a farci fare esperienza di Lui e per far questo usa sempre l’umanità di qualcuno.
È interessante notare un particolare nel testo originale che non appare nella traduzione ufficiale, ma da noi accennato sopra, e che letteralmente suona «… e “usciti” predicarono dappertutto» (v. 20).
L’Essere missionario costituisce l’essenza dell’essere cristiano. Infatti ogni cristiano è contemporaneo a Cristo. Ed è lo Spirito Santo che ci rende Suoi contemporanei.
E in questa ottica, la missione presuppone sempre anche un uscire da sé stessi, dal proprio mondo, dai propri interessi, per avventurarsi in ambienti nuovi, fra gente nuova.
La missione è un uscire, una itineranza.
Ce lo ricorda sempre Papa Francesco con la sua espressione divenuta ormai proverbiale, della “…Chiesa in uscita”, verso “…le periferie del mondo”.
La missione che Gesù risorto ci affida è la sua stessa missione; i segni che accompagnano questo incarico sono gli stessi che Gesù aveva compiuto nella sua vita.
Adesso noi siamo i testimoni suoi ed è nel Suo Nome che annunciamo la salvezza, noi che abbiamo creduto e per Lui siamo stati salvati.
Chi ha ricevuto la salvezza non può rimanere fermo, la Salvezza ci porta al movimento della novità continua che è lo stesso mandato di Cristo.
MA VEDIAMO ANCORA…
“Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio”.
Osserva sant’Agostino che noi dobbiamo congratularci che la natura umana sia stata assunta dal Verbo Unigenito e sia esaltata da assiderasi alla destra del Padre.
Quel corpo mortale che il Verbo aveva assunto per vivere sulla terra al pari di noi, ora l’ha portato in cielo per renderlo immortale, garanzia per la nostra futura gloria.
L’umanità era assunta in cielo, mentre la divinità continuava a rimanere sulla terra “…Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”.
Gesù li lasciava ma non li abbandonava.
MA, AL CONTRARIO, LI RESPONSABILIZZAVA, METTENDO NELLE LORO MANI L’IMMENSO TESORO DELLA VERITÀ DIVINA E DELLA SALVEZZA UMANA.
Spesso mi viene chiesto perché Gesù non abbia scritto nulla a differenza di molti profeti.
Non lo ha fatto, perché ha trasmesso a ‘viva voce’ la Rivelazione, PER DIMOSTRARE UNA SOMMA FIDUCIA NEI SUOI DISCEPOLI, ISTRUITI DA LUI E POI CONFERMATI DALLO SPIRITO SANTO, “CHE LI GUIDERÀ ALLA VERITÀ TUTTA INTERA”.
Marco, alla scuola di Pietro, sarà il primo a fare un’ampia sintesi del “Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio” come un itinerario di fede.
E lo farà raffigurando il Cristo sempre in movimento, per raggiungere ogni uomo, ponendolo sempre in un cammino di vera ricerca della identità divina del Maestro.
Annunzia l’espansione universale della fede, testimonia miracoli, ma sempre in una sorta di raccoglimento che porta OGNI UOMO a pensare, ad interrogarsi.
Infatti sarà un pagano, ai piedi della croce, che cadendo a terra folgorato da ciò che vede, arriverà alla VERITA’, gridando all’uomo che cammina sgomento nei secoli, alla ricerca del suo Signore, “VERAMENTE QUEST’UOMO ERA FIGLIO DI DIO”.
Cosa significa, infine, che Gesù è «alla destra del Padre»?
Tale espressione, oltre ad indicare la dignità e la gloria che gli sono dovute, come Figlio nella sua divinità, lascia intendere che lì, accanto al Padre, il Signore Gesù può presentargli le nostre preghiere, e per noi può intercedere
• “…In cielo Cristo esercita il suo sacerdozio in permanenza, essendo egli sempre vivo per intercedere a favore di quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio (Eb 7,25). Come sommo sacerdote dei beni futuri (Eb 9,11) egli è il centro e l’attore principale della Liturgia che onora il Padre nei cieli” (CCC 662).
• «Gesù Cristo, essendo entrato una volta per tutte nel santuario del cielo, intercede incessantemente per noi come il mediatore che ci assicura la perenne effusione dello Spirito Santo» (CCC 667).
Un’ultima osservazione.
L’immagine finale che chiude questa pagina è assai suggestiva:
• Gesù ha terminato il suo cammino e si siede «alla destra di Dio»;
• i discepoli, invece, incominciano il loro cammino nel mondo.
IL CAMMINO DI GESÙ SI PERPETUA NEL CAMMINO DEI DISCEPOLI.
La sua assenza però non è una vera assenza: è un altro modo di farsi presente tramite la sua caratteristica sinergia (il verbo usato nel testo originale), CIOÈ UN MODO DI OPERARE CON I DISCEPOLI CHE È TUTTO DEL SIGNORE, ma anche tutto del discepolo.
E chiudiamo questa meditazione ricordando ciò che dice la liturgia:
• “Alleluia, alleluia. Noi annunciamo Cristo crocifisso: potenza di Dio e sapienza di Dio. Alleluia, alleluia”.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!