… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo MARCO 8,1-10
In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette». Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli. Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò. Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà. Parola del Signore
Mediti…AMO
Siamo, infatti, «in pieno territorio della Decapoli» (7,32), una regione – come dice il toponimo – costellata da dieci centri ellenistici a nord-est del Giordano.
Anzi, questa è la tappa di un tour missionario di Gesù oltre i confini di Israele fino a Tiro e Sidone nell’attuale Libano, che si conclude nell’ignota Dalmanùta (8,10).
Nel percorso in terra Fenicia, Gesù aveva reagito bruscamente a una donna che gli chiedeva di guarire la figlia dicendo «…Non è bene gettare il pane dei figli ai cagnolini», metafora aspra giudaica per indicare i pagani.
Ma la donna aveva replicato «…Anche i cagnolini mangiano le briciole dei figli» (7,27-28).
Così ora si compirebbe proprio questo auspicio ma non con le briciole, bensì con l’ammissione piena a tavola anche dei pagani.
È probabile che, secondo lo stile biblico che ama il ricorso ai simboli, i sette pani e le sette sporte avanzate (nella prima moltiplicazione erano, invece, cinque pani e dodici ceste, come le tribù di Israele e gli apostoli) rimandino alle «sette nazioni della terra di Canaan» (Atti 13,19), cioè agli indigeni pagani della Terra Santa, oppure ai sette diaconi ellenisti dedicati al servizio delle vedove cristiane di lingua greca (Atti 6,1-6).
Il brano parla di quattro mila persone sfamate.
Questo miracolo del pane è preceduto dalla guarigione della figlia di una donna pagana e dalla guarigione di un uomo sordo e incapace di parlare correttamente.
Il che ci porta a dire che solo chi è guarito, chi ascolta e parla (annuncia) può capire la sfida di Gesù che moltiplica il pane perché l’uomo possa distribuirlo.
Uomini e donne, tutti abbiamo bisogno di Cristo, perché tutti siamo ciechi, zoppi e malati di ogni genere.
E quindi abbiamo bisogno di Cristo, della sua tenerezza, del suo perdono, della sua luce, della sua misericordia. In Lui si trova la pienezza umana.
Proprio per questo e perché in noi non v’è pienezza, Gesù, Verbo Incarnato, la seconda persona della Trinità, si è fatto uomo, per condividere e dunque capire dal di dentro noi uomini, capirci fino in fondo.
E per aiutarci ci dona la sua Grazia, affinché, come dice Paolo di Tarso possiamo avere gli stessi sentimenti di Gesù Cristo (Fl.2,5).
Infatti l’Evangelo ci mostra com’è fatto suo cuore e come deve essere “a sua immagine” il nostro «…sento compassione di questa folla» (Mt 15,32).
Gesù non abbandona le persone stanche ed affamate. Cerca l’uomo nella necessità e finge di incontrarlo per caso.
Come sono importanti le persone ai suoi occhi.
Questo Dio che ci ama appassionatamente e che tutto può, è un Dio del quale NON POSSIAMO FARE A MENO «…senza di me non potete nulla» (ci ricorda il Vangelo di Giovanni al capitolo 15,5), è paradossalmente un DIO che ha bisogno di noi: questo è il significato che dobbiamo attribuire ai sette pani e dei pochi pesci che userà per sfamare a una moltitudine di persone.
Vediamo nel particolare, sei versetti:
- 4 Gli risposero i discepoli: «E come si potrebbe sfamarli di pane qui, in un deserto?».
Già erano stati sfamati grazie all’insegnamento. Ora c’era bisogno del pane. Nel deserto, quando il popolo camminava verso la terra promessa, c’era stata la manna; ora c’è il pane per il nuovo popolo che è in cammino con Gesù.
Allora l’iniziativa è stata tutta di Dio, ora è anche nostra. A questa domanda Gesù risponde con un’altra domanda. Allora la manna era il frutto della terra, ora il pane è anche il frutto del lavoro umano.
- 5 E domandò loro: «Quanti pani avete?». Gli dissero: «Sette».
La nostra situazione è questa: dobbiamo scoprire quanti pani abbiamo. “Quanti pani avete?” Interessante la risposta dei discepoli: ne hanno sette.
Ma attenzione! I sette pani non li ha né Pietro, né Andrea, né alcun altro dei discepoli.
FRA TUTTI HANNO TUTTO (sette è il numero della pienezza). SE SIAMO TUTTI INSIEME ALLORA NON MANCA NULLA.
E Gesù ci invita a entrare in noi stessi e a scoprire che insieme agli altri abbiamo la possibilità di rispondere a tutte le attese del mondo d’oggi. Da soli no. NESSUNO HA SETTE PANI. Tutti insieme li abbiamo.
- 7 Avevano anche pochi pesciolini; dopo aver pronunziata la benedizione su di essi, disse di distribuire anche quelli.
Solo se il pane viene spezzato e i pesci distribuiti, numerose persone possono mangiarne. Il riferimento alla morte di Gesù è esplicito (Ricorda che la parola pesce in greco si dice ιχθύς che sono le iniziali di Gesù Cristo Dio Uomo Salvatore)
- 8 Così essi mangiarono e si saziarono; e portarono via sette sporte di pezzi avanzati.
Solo chi mangia si sazia. Questi sette canestri non si svuotano mai.
- 9 Erano circa quattromila. E li congedò.
Quattromila sottolinea ancora i punti cardinali, la universalità della sazietà che possiamo donare e ricevere se ci sostentiamo da fratelli, l’un l’altro.
- 10 Salì poi sulla barca con i suoi discepoli e andò dalle parti di Dalmanùta.
Gesù offre il pane e ci conduce all’altra riva… in territori nuovi, sconosciuti, esattamente come questa ignota città.
Madre Teresa di Calcutta disse “…Quanto meno abbiamo, più diamo. Sembra assurdo, però questa è la logica dell’amore”.
“Quanti pani avete?” è la domanda che Gesù rivolge ad ognuno di noi. Una domanda che entra nelle nostre profondità per fare Luce su ciò che davvero siamo, sulle scelte che vogliamo compiere e su quale tipo di rapporto vogliamo con Gesù e con i fratelli vicini e lontani.
Il Maestro non ci chiede di fare passi più lunghi delle nostre gambe, ma ci chiede solo di collaborare con Lui mettendo a disposizione tutto ciò che abbiamo al fine di aprirci alla vera accoglienza reciproca tra noi e Lui e tra noi e i nostri fratelli.
Gesù cammina sulle nostre acque morte e agitate della nostra vita, semi-annegata nei peccati, per tirarci fuori. Dobbiamo solo riconoscerlo e lasciarlo operare in piena libertà.
E il premio per la nostra collaborazione e la nostra condivisione è IL DONO DEL SUO STESSO SPIRITO, che ci restituisce la bellezza della nostra primigenia “immagine di Dio”.
Avremo così Pane in abbondanza per noi e per i fratelli perché nulla ci manca dove Gesù compie le stesse opere ieri, oggi, domani e sempre, con il nostro necessario impegno vicendevole.
Occorre condividere ciò che abbiamo. Mettere tutto in comune, e lavorare per il regno di Dio. solo così possiamo sperare di percorrere la via che porta alla santità.
Lo sapeva bene il premio Nobel per la Pace DAG HAMMARSKJOLDA, che diceva:
- “Quel che disse e fece Gesù parla efficacemente a chi è libero da sé stesso e vive una tranquilla maturità nell’attenzione ricettiva e acconsenziente al Vangelo. Così nel nostro tempo la via della santità passa necessariamente attraverso l’azione”. (in Tracce di cammino, Bose, pag. 149)
Qualcuno ha anche scritto che, come Cristo è la compassione divina ed eterna del Padre nella sua carne, così ogni discepolo di Gesù, poiché suo vero corpo, DEVE ESSERE LA COMPASSIONE VISIBILE, TANGIBILE, AFFERRABILE DI GESÙ.
IL PADRE E CRISTO UNA SOLA COMPASSIONE. IL GESÙ E IL DISCEPOLO UNA SOLA COMPASSIONE, UN SOLO AMORE.
È in questa unità di compassione Padre, Gesù, discepolo che si compie la vera salvezza dell’uomo.
Curiosità geografico-storiche: DALMANÙTA – Marco 8,10
Questa Dalmanùta è una località che nella Bibbia non viene mai ricordata altrove; né le fonti extrabibliche ne parlano.
Nel Mare di Galilea sono stati trovati i resti di un’antica città, che potrebbe trattarsi di DALMANÙTA, il luogo visitato da Gesù.
La città è stata scoperta nel corso di alcuni scavi effettuati nella VALLE GINOSAR ad Israele, risalente a 2000 anni fa.
I ricercatori ritengono che potrebbe trattarsi del luogo indicato nel brano evangelico odierno, da cui Gesù partì dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Il relitto di una barca risalente allo stesso periodo era stato scoperto vicino al sito nel 1986, ma il significato del ritrovamento non era stato pienamente compreso.
I ricercatori ritengono che la città sarebbe stata molto prospera nei tempi biblici, con un’economia basata sulla pesca. Vi sono stati rinvenuti, infatti, dei vasi in vetro e delle anfore, pesi in pietra e resti degli accessi alle rive del Mare di Galilea. Questi resti architettonici suggeriscono che ebrei e pagani abbiano vissuto fianco a fianco nella comunità locale.
Queste testimonianze architettoniche e ceramiche suggeriscono che i suoi abitanti erano in prevalenza ebrei che convivevano con proseliti di religioni politeiste.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!