di Giordano Nicola in Bernardo di Chiaravalle. Lodi alla Vergine Madre, a cura di Domenico Turco, Vivere in, Roma 1991, pp. 5-18
All’ora terza della Liturgia delle Ore, ogni giorno, i «figli di San Bernardo» salutano Maria con il canto dell’antifona: «Rubum quem viderat Moises incorruptum conservatam agnovimus tuam laudabilem virginitatem. Dei Genetrix, intercede pro nobis» che si rifà al brano dell’Esodo (3,2), riferito alla Vergine Madre di Dio da Bernardo, il santo abate di Chiaravalle. Tutta la giornata laboriosa e raccolta dei monaci viene vissuta sotto lo sguardo e la protezione della «prima Badessa»: a lei vengono affidate le chiavi del Monastero, a lei vengono consacrate tutte le Chiese, il vero cuore di ogni abbazia. Così, quando i monaci più volte al giorno, ed anche durante la notte, si levano per andare a pregare, chi guida la laus, che si fa oblazione, è sempre lei, la Genetrix Virgo, la Mater Dei.
Bernardo nacque nel 1090 a Fontaines-lès-Dijon, villaggio a due chilometri da Digione. Il 1112 si ritirò a Citeaux e dopo tre anni fu eletto abate di una nuova fondazione, nella vallata denominata Clara Vallis, ove rimase come abate per 38 anni. La personalità di Bernardo fu tale che viene ritenuto il grande riformatore del sec. XII. Grande scrittore, grande mistico, grande uomo di azione. Dello scrittore ricordiamo i grandi trattati La grazia e il libero arbitrio, I gradi dell’umiltà, Dell’amore a Dio. Scrisse anche numerosi Sermoni raccolti nei Sermoni del tempo, Sermoni dei santi, Sermoni vari, Sermoni sul Cantico dei Cantici. Non sono molti i Sermoni dedicati alla Vergine Madre di Dio ma sono tali che bastano a giustificare l’appellativo di Doctor Marianus che gli viene riconosciuto. Fra i Sermoni mariani si distinguono i quattro Sermoni che vanno sotto il nome di Homiliae in laudibus Virginis Matris, (che per ragioni di uniformità chiameremo di seguito Sermoni) più noti col titolo di Sermoni Super missus, e il Sermone In nativitate Beatae Mariae, meglio conosciuto col titolo di De aquaeductu. La lettura dei Sermoni di Bernardo richiede che ci si rapporti all’epoca in cui egli visse e che ci si compenetri dei suoi stessi intenti. Ci potrebbero essere, infatti, molte cose che ad un lettore moderno potrebbero riuscire inaccettabili. […] Va detto che la prima fonte di studio o, meglio di riferimento, degli scritti di S. Bernardo, anche dei Sermoni, non è la sua ragione ma il suo trasporto verso il mistero divino al quale egli si accosta attraverso la assidua lettura della Sacra Scrittura e dei Padri della Chiesa. Tra i libri della Sacra Scrittura si può notare la sua predilezione verso il Cantico dei Cantici al quale dedica una parte cospicua dei suoi Sermoni. Il Cantico dei Cantici offre a Bernardo spunti di altissima contemplazione mistica tanto che potremmo parlare di «assonanza di natura» in un uomo proteso alla profonda esperienza mistica di Dio. Dai Padri della Chiesa, dei quali egli si sentiva o proclamava figlio, aveva assimilato l’entusiasmo per la contemplazione del grande mistero. Fra i Padri, particolare predilezione dimostra per Origene, Ambrogio, Agostino, Gregorio Magno, Benedetto di Norcia.
Quanto alla mariologia di San Bernardo, va ricordato che, nonostante il limitato numero dei suoi Sermoni sulla Vergine Madre, il «Dottore mariano» ci dà una sintesi abbastanza esauriente della dottrina mariologica dei secoli che lo precedettero. Per Bernardo Maria è la seconda Eva e come tale è la predestinata ad essere Madre di Dio, Corredentrice del genere umano, Dispensatrice di tutte le grazie. Maria di Nazareth è, per Bernardo, la eccelsa Madre del Figlio di Dio; la Vergine prudente, umile e casta; la Regina; la Stella del Mare; la donna «degna di singolare ammirazione, venerabile al di sopra di ogni donna, riparatrice dei progenitori, salvatrice dei posteri» (Sermone II, 3). […] Frutto di lunga meditazione, di tanta preghiera e devozione, come lo stesso Santo scrive nella Prefazione, i Sermoni, oggi, possono essere validissimo testo e di studio e di contemplazione. I Sermoni pertanto vanno letti con un criterio interpretativo che tenga presente la devozione del Santo. È necessario lasciarsi guidare da quella «pulsazione» dell’animo, che è ammirazione e contemplazione entusiasta del grande mistero di Dio in Maria. Quando Bernardo di Chiaravalle rivolge a Dio la preghiera di supplica, implorando luce sulle Sacre Scritture, lo fa perché vuole comprendere il mistero di Dio e la sublimità di Maria nello stesso mistero. Così prega: «Che il Signore mandi la sua parola e che spanda per noi il suo profumo; che il suo Spirito ci invada e che ci riescano comprensibili le parole del Vangelo; che diventino più desiderabili dell’oro e delle pietre preziose e più dolci di un favo di miele» (Sermone I, 1). Il Papa Pio XII, nella Lettera Enciclica Doctor mellifluus, del 24 maggio 1953, in ricorrenza dell’ottavo centenario della morte di San Bernardo, così scriveva. «Quasi tutta la sua dottrina deriva dalla Sacra Scrittura e dai santi Padri che, giorno e notte, meditava attentamente, non dalla sottigliezza dei dialettici e dei filosofi, che molte volte sembra disprezzare». Lo stesso Pontefice fa notare, che Bernardo non è contrario alla filosofia nel suo significato e nel suo valore più alto ma «a quella filosofia che utilizza la vuota verbosità e i capziosi cavilli e si innalza insolente verso le cose divine e scruta tutti gli arcani divini; in tal modo, come era frequente in quel tempo, viola la integrità della fede e cade in una deplorevole eresia». Citando un brano del Sermone 19 sul Cantico dei Cantici, Pio XII scrive: «In queste parole si dimostra chiaramente che San Bernardo cerca una sola cosa nella sua investigazione e meditazione: indirizzare, sotto la guida e il sostegno più dell’amore che delle sottigliezze delle umane opinioni, tutti i raggi di verità che egli incontrava verso la somma Verità, impetrando da questa luce per la mente, fuoco di amore per le anime e norme precise per orientare i costumi. Questa è la vera Sapienza che trascende tutte le cose umane e che tutto indirizza verso la sua fonte, cioè Dio, per condurre a lui i peccatori. Il Dottore Mellifuo non avanza con passo maldestro, confidando nella sottigliezza del suo ingegno, attraverso i sentieri incerti e insicuri del raziocinio, non si appoggia sui sillogismi ricercati e oscuri dei quali abusavano frequentemente molti dialettici del suo tempo ma, come aquila che si sforza di contemplare con i suoi occhi il sole, si dirige con volo rapido verso il culmine della verità».
Prendiamo in considerazione 5 sermoni che si presentano collegati da una tematica organica: la contemplazione del ruolo di Maria nel piano della redenzione e della salvezza universale. Alcuni titoli riferiti alla Vergine potrebbero diventare altrettante chiavi di lettura:
1. Il primo Sermone potremmo chiamarlo il Sermone della Virgo venerabilis. In esso vengono cantate le lodi soprattutto della humilitas di Maria, motivo, ragione e fondamento della virginitas e della compiacenza di Dio. «Se Maria non fosse stata umile, non sarebbe disceso in lei lo Spirito Santo. E se non fosse disceso in lei lo Spirito Santo, neppure avrebbe concepito per opera di lui» (Sermone I, 5).
2. Il secondo Sermone parla della Virgo Regia il cui nome specifico è Stella maris. Bernardo la identifica con la «nobile stella di Giacobbe» (Numeri 24,17), «il cui raggio illumina tutto il mondo e il cui splendore risplende fin su nel cielo e penetra negli abissi e, perlustrando tutta la terra e riscaldando più le menti dei corpi, favorisce la virtù e brucia i vizi» (Sermone II,17). Maria è la stella che sul mare grande e spazioso della vita umana «risplende con i suoi meriti, si distingue radiosa per i suoi esempi».
3. Il terzo Sermone parla della prudentissima Virgo di fronte alla quale Bernardo avverte il disagio particolare del suo spurcissimum os (Sermone III,1), egli che si definirà anche miserum homuncionem (Sermone IV,2). Parlando di se stesso, pregherà: «Vieni, Signore Gesù, togli via gli scandali dal tuo regno, che è l’anima mia, perché tu regni in essa, come è tuo diritto. Viene infatti l’avarizia, e pretende per se un trono in me; la iattanza desidera dominarmi; la superbia vuole essere mio re. La lussuria dice: “Regnerò io”; l’ambizione, la critica, I’invidia, l’ira gareggiano in me stesso e su di me ed io sembro loro succube» (Sermone IV, 2). Maria è nel terzo Sermone, la prudentissima Virgo che, al contrario di quanto si legge in Marco 4,12 «udì e vide, udì e credette, vide e comprese, inclinò il suo orecchio all’obbedienza, il suo cuore alla disciplina» (Sermone III, 3). La prudentissima Virgo verso la quale il Re si diresse: «La vergine amata, la vergine scelta, la vergine della cui bellezza si era invaghito» (Sermone III,2). È il commento al Salmo 44, 11.12.
4. Il quarto Sermone si distingue per una liricità tutta nuova. È il Sermone della Domina che deve dare il suo assenso al Verbo. Così il Santo in uno dei passaggi più significativi: «Rispondi presto all’Angelo, anzi al Signore per mezzo dell’Angelo. Rispondi una parola e accogli la Parola: proferisci la tua parola e concepisci la parola divina; pronunzia la parola che passa e abbraccia la parola eterna. Perché ti attardi? Perché trepidi? Credi, acconsenti e accogli. L’umiltà si faccia audace, la verecondia fiduciosa. Non conviene per niente che la semplicità verginale dimentichi la prudenza. In questa unica circostanza non temere la presunzione, Vergine prudente, perché anche se è gradita la verecondia nel silenzio, ora è più necessaria la pietà che ti spinga a parlare. Apri, o Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra alla confessione, le viscere al Creatore. Ecco il desiderato da tutte le genti sta fuori e bussa alla porta. Oh, se dovesse passare oltre mentre tu indugi e tu di nuovo dovessi ricominciare a cercare l’amato dell’anima tua! Sorgi, corri, apri! Sorgi con la fede, corri con la devozione, apri con il consenso» (Sermone IV,8). Anche in questo brano Bernardo offre una particolare esegesi di alcuni versetti del Cantico dei Cantici (3,1-4) riferendoli a Maria, la Vergine amata dal Re e Sposo, che non deve indugiare ad aprire quando egli chiama o bussa.
5. Il quinto Sermone, In Nativitate Beatae Mariae, si svolge per completare la dimensione e il ruolo eccelso di Maria nel piano della salvezza. Maria viene denominata aquaeductum qui plenitudinem fontis ipsius de corde Patris excipiens, nobis edidit illum, et si non prout est, sed prout capere poteramus (In Nativitate,4). Il Dio incomprensibile, inaccessibile, invisibile, ineffabile volle essere compreso, visto, pensato (In Nativitate,11) per mezzo di Maria che diventa canale di grazia (In Nativitate, 8).
Dello stile di San Bernardo parla bellamente Pio XII e dice: «Il suo stile fiorito, vivace, scorrevole e brillante di sentenze luminose, è ripieno di tale soavità e dolcezza da conquistare le menti dei lettori, allietarle e spronarle verso il cielo; uno stile che suscita la pietà, la alimenta, la perfeziona e, finalmente, spinge l’anima a cercare il bene, non quello caduco e passeggero, ma quello che dura per sempre». C’è in ogni sua espressione singolare pregnanza di significato al punto che il brano scarno di Luca 1, 26-2 7, su cui si fondano essenzialmente tutti i Sermoni, diventa per Bernardo testo di un copiosissimo e abbondantissimo nutrimento spirituale. Il teologo dell’incarnazione del Verbo, come fra l’altro è stato definito il nostro Santo, trova il modo per farci avvicinare con fiducia estrema a tutto il mistero della «riparazione» e della «riconciliazione» (Sermone II,13). Dal grande mistero di Dio, l’Uno e il Tutto, nel quale il tutto prende vita, converge e si ritrova nell’unità; dal singolare mistero di Maria, la Umile-Vergine Madre, riceve luce particolare anche il mistero dell’uomo che deve lasciarsi permeare, travolgere dal mistero di Maria per rallegrarsi, correre, imitare la Vergine, umile, devota e casta. E Bernardo riesce a scuotere i pigri e ad infervorare i tiepidi. Riesce, soprattutto, a ridimensionare i superbi. Frasi lapidarie, particolarmente incisive, diventano vere massime di vita cristiana. «Ma di quanta venerazione pensi sia degna colei nella quale l’umiltà è esaltata dalla fecondità e la maternità consacra la verginità? La senti proclamare vergine, la senti umile; se non puoi imitare la verginità dell’umile, imita l’umiltà della vergine» (Sermone I, 5). O ancora, mentre parla della verginità: «Converrebbe piuttosto non essere vergine che insolentire a causa della tua verginità» (Sermone I,6).
Il discorso dell’imitazione di Maria si fa molto elevato quando il santo abate di Chiaravalle invita a maggiore contemplazione: «Disce, homo, oboedire; disce, terra, subdi; disce, pulvis, obtemperare» (Sermone I,8). Risonanza cosmica ha il currite col quale Bernardo invita tutti a correre incontro alla Madre eccelsa. «Adorna di queste virtù come di gemme, e splendente di bellezza nel corpo e nello spirito, questa Vergine regale, ammirata dai celesti comprensori per la sua bellezza e la sua grazia, ha attirato su di se gli sguardi dei cittadini del cielo, sicché fu preso d’amore per lei il cuore del re, che le mandò il celeste messaggero… Correte, madri, correte figlie, correte tutte voi che dopo di Eva e per colpa di Eva siete partorite e partorite nella tristezza. Avvicinatevi al talamo verginale, entrate, se potete, nella camera avvolta di pudore della vostra sorella. Ecco, Dio manda un messaggio alla Vergine, ecco, l’Angelo parla a Maria» (Sermone II,2). Molto efficace è anche l’incalzare delle esortazioni che chiudono il secondo Sermone. San Bernardo invita a seguire la via della piccolezza conforme alla dimensione dell’incarnazione del Verbo di Dio. «Sforziamoci di diventare come questo pargolo; impariamo da lui che è mite e umile di cuore, affinché non sia senza ragione che il grande Dio si è fatto piccolo uomo, perché non sia morto invano, invano sia stato crocifisso. Impariamo la sua umiltà, imitiamo la sua mansuetudine, abbracciamo la sua dilezione, partecipiamo ai suoi dolori, laviamoci nel suo sangue. Offriamolo come propiziazione per i nostri peccati, perché per questo egli è nato ed è stato a noi dato. Offriamolo agli occhi del Padre, offriamolo anche agli occhi suoi, perché da una parte il Padre non risparmiò il proprio Figlio, ma per noi tutti lo ha sacrificato, e dall’altra il Figlio stesso annientò se stesso, prendendo la forma di servo» (Sermone III,14). Esempio meraviglioso, fra l’altro, di professione di fede cristologica in Bernardo!
La devozione a Maria fa assumere al Santo toni di particolare intimità nel dialogo con la devota, casta, umile, venerabile Madre. Ecco un brano tanto efficace: «Aperi, Virgo, sinum, expande gremium, praepara uterum, quia ecce facturus est tibi magna qui potens est…. Nec suspectam haheas, prudens Virgo, fecunditatem, quia non auferet integritatem. Concipies, sed sine peccato. Gravida eris, sed non gravata. Paries, sed non cum tristitia. Nescies virum, et gignes filium. Qualem filium ? Illius eris water, cuius Deus est pater. Filius paternae claritatis erit corona tuae caritatis...» (Sermone III,8). Un altro brano carico di profonda umanità si legge nel Sermone quarto. «Statim liberahimur, si consentis… Hoc supplicat a te, o pia Virgo, flebilis Adam… hoc Abraham, hoc David, hoc ceteri flagitant sancii Patres… hoc totus mundus… nec immerito, quando ex ore tuo pendet consolatio miserorum, redemptio captivorum, liberatio damnatorum, salus denique universorum filiorum Adam, totius generis tui» (Sermone IV,8). Fra le tante considerazioni che i testi riportati meritano, in primo piano si pone il ruolo di Maria alle cui mani è affidata la salvezza del genere umano, dal primo istante della creazione fino alla fine del mondo. Tutto passa dalle sue mani, da lei, mirabile aquaeductu.
L’ammirazione di San Bernardo per la Vergine prudente, venerabile, umile e casta si impernia su tre motivazioni centrali. Alla base c’è la humilitas. San Bernardo vede, infatti, nell’umiltà di Maria la excellentissimam dignitatem Matris (Sermone I,7). Ed è per questo che a lungo si sofferma a tessere le lodi di questa virtù. Ma dapprima egli la coglie nel Dio fattosi uomo. «Dio, dico, al quale stanno sottomessi gli Angeli, al quale obbediscono i Principati e le Potestà, era sottomesso a Maria; e non solo a Maria, ma per Maria, anche a Giuseppe» (Sermone I,7). Va dato giusto rilievo al particolare che il Figlio di Dio «per Maria» era sottomesso anche a Giuseppe. È sempre attraverso Maria che passa la Grazia. Secondo motivo di ammirazione è la sublimitas in prole. «Ricevette dunque Maria il dono della verginità perché fosse santa di corpo, lei che avrebbe concepito e partorito il Santo dei Santi; ricevette il dono dell’umiltà per essere santa anche nella mente» (Sermone II,2). «Vergine, insomma, quale la descrive l’Apostolo, santa nel corpo e nello spirito; e non la prima venuta o trovata per caso, ma scelta da secoli, predestinata dall’Altissimo e da lui preparata per sé, custodita dagli Angeli, predetta dai Padri, promessa dai Profeti» (Sermone II,4). La integritas di Maria viene spiegata nel quarto Sermone: «Chi, infatti, tranne forse colei che sola meritò di farne la felicissima esperienza, sarebbe in grado di comprendere e discernere con la sua ragione in quale maniera quello splendore inaccessibile si sia infuso nelle viscere della Vergine, e come, perché essa fosse in grado di sopportare che colui che è inaccessibile entrasse in lei, dalla particella animata di quel corpo a cui si unì, egli facesse ombra al resto del corpo?» (IV, 4). I1 tema della fecunditas trova eccellente elogio nel Sermone De aquaeductu: «Fecunditas itaque Virginis supereminens gloria est, tantoque excellentior angelis facta munere singulari, quanto differentius prae ministris nomen Matris accepit. Hanc invenit gratiam piena iam gratia, ut caritate fervida, virginitate integra, humilitate devota, fieret nihilominus sine virili cognitione gravida, sine muliehri dolore puerpera» (12). Sullo stesso tema della fecondità di Maria Bernardo scrive: «Ma c’è ancora una cosa da ammirare in Maria, la verginità unita alla fecondità. Non si è mai sentito dire che una donna fosse insieme Madre e Vergine. Oh, se riflettessi anche di chi è Madre, fin dove salirebbe la tua ammirazione per la sua grandezza? Non ne concluderesti che la tua ammirazione non potrà mai essere adeguata?» (Sermone I,7).
Per meglio contemplare la grandezza di Maria il Santo abate di Chiaravalle ci porta a meditare sulla magnificenza delle opere compiute da Dio in lei. Nel Sermone In Nativitate beatae Mariae, partendo dalla interpretazione del libro dei Giudici (6,38-40) ove si parla del vello di Gedeone, scrive: «Osserva, o uomo, il disegno di Dio, il disegno della Sapienza, il disegno della pietà. Prima di irrorare l’aia, la celeste rugiada scese tutta sul vello: stando per redimere il genere umano, ne depose tutto il prezzo in Maria! Per quale ragione fece questo? Forse perché Eva venisse scusata per mezzo della figlia e il lamento dell’uomo contro la donna non avesse più ragione di essere» (6). E continua nello stesso brano: «Guardando più a fondo voi scorgerete con quanto affetto e devozione abbia voluto che noi onorassimo Maria colui che ha posto in lei la pienezza di ogni bene, sicché se in noi c’è qualche speranza, qualche grazia, qualche speranza di salvezza, sappiamo che tutto ci viene da lei che sale ricolma di delizie. Vero giardino di delizie, sul quale non solo soffia, ma che investe sopravvenendo dall’alto quel divino austro, perché si diffondano in abbondanza i suoi aromi, vale a dire i carismi delle grazie. Togli questo sole che illumina il mondo, dove sarà giorno? Togli Maria, questa stella del mare, un mare grande e spazioso: che cosa ne resta se non un mondo tutto avvolto nella caligine e nell’ombra di morte e in tenebre densissime?» (ibid.). La grandezza di Maria si deduce anche dalle allegorie ricercate e descritte da Bernardo. Segno di amore, senza dubbio, e riconoscimento della dimensione biblica di Maria. Nel secondo Sermone parla del roveto e della verga di Aronne. Scrive: «Che cosa infine significava quel roveto veduto da Mosè, dal quale uscivano fiamme, ma che non si consumava se non Maria che partorisce senza provarne dolore? Che cosa figurava la verga di Aronne che fiorì senza essere innaffiata, se non Maria che concepì, non conoscendo uomo?» (Sermone II, 5). Parla del vello di Gedeone rapportandolo a Maria. «Che cosa significa quel vello di Gedeone, che, tosato dalla carne, ma senza ferire la carne viene posto sull’aia e ora è la lana, ora è l’aia ad essere bagnata dalla rugiada, se non la carne assunta (dal Verbo) dalla carne della vergine senza offesa della sua verginità? In essa come rugiada discesa al cielo, si infuse tutta la pienezza della divinità di modo che da tale pienezza tutti noi ricevessimo, non essendo veramente senza di essa che terra arida. Con questo fatto di Gedeone concorda molto bene quel detto profetico del Salmo: Scenderà come pioggia sul vello, e come acqua che irrora la terra (Salmo 71,6)» (Sermone II,7). Si conosce bene la tipica esegesi di Bernardo sulla scia dell’esegesi dei Padri della Chiesa. Dominante è in alcuni brani la sua lettura in chiave mariologica. Così ad esempio, ad avvalorare la sua interpretazione sulla verga di Aronne cita il brano di Isaia 11,1 (Sermone II, 5). Ma non è l’unico brano dello stesso profeta che il nostro Santo richiama. Particolarmente espressiva è la interpretazione di Geremia 31,22: «Poiché il Signore crea una cosa nuova sulla terra: la donn cingerà l’uomo». San Bernardo si chiede chi è la donna e chi è l’uomo. Si chiede cosa significhi essere cinto da una donna e aggiunge: «Noi per uomini intendiamo coloro che, passata l’infanzia, la puerizia, l’adolescenza e la gioventù, sono arrivati vicino alla vecchiaia. Chi dunque ha raggiunto una tale maturità, come può essere cinto da una donna? Se avesse detto: “Una donna cingerà un bambino”, ovvero “la donna cingerà il fanciullo”, non sarebbe sembrato neppure una novità, né avrebbe fatto meraviglia. Ma disse invece: l’uomo; e perciò noi cerchiamo di comprendere quale sia questa novità che Dio ha operato sulla terra, che cioè la donna cingesse l’uomo e questi riuscisse ad adattare le sue membra al piccolo seno della Vergine… Ma io considero il concepimento e il parto verginale… Qui ci è dato di scorgere la lunghezza che si fa breve, la larghezza che si fa stretta, l’altezza che si abbassa, la profondità che diventa piana… si può vedere… il Verbo che si fa infante… Dio divenuto lattante… Dio che vagisce… Non è forse facile tra queste cose riconoscere la donna che circonda l’uomo quando si vede Maria che avvolge nel suo seno Gesù, l’uomo riconosciuto da Dio?» (Sermone II,8-9). Accanto alla grandezza di Maria Bernardo pone quella di Giuseppe, ponendolo nella giusta dimensione della sua singolare santità: anche Giuseppe viene presentato come il contemplatore del mistero di Dio. Ci basti citare un solo brano, quello del confronto con il Giuseppe figlio di Giacobbe venduto dai fratelli e divenuto viceré d’Egitto. San Bernardo tesse vari punti di confronto tra i due. Parlando dello Sposo di Maria, significativa è la pagina in cui San Bernardo spiega il motivo per cui Giuseppe voleva dimettere Maria; fra l’altro dice: «A quel modo infatti che l’antico Giuseppe, venduto e condotto in Egitto per l’invidia dei fratelli, prefigurò la vendita di Cristo, questo, fuggendo l’invidia di Erode, portò Cristo in Egitto. Quello, restando fedele al padrone non volle peccare con la moglie di lui; questi, riconoscendo vergine la sua padrona, Madre del suo Signore, la custodì fedelmente mantenendosi vergine anche lui. A quello fu data l’intelligenza di sogni misteriosi, a questo fu dato di conoscere e di essere partecipe dei misteri celesti. L’antico Giuseppe mise in serbo il frumento, non per sé, ma per tutto il popolo; il nostro ricevette dal cielo il pane vivo, da conservare sia per sé che per tutto il mondo. Non v’è dubbio che sia stato un uomo buono e fedele questo Giuseppe al quale andò sposa la Madre del Salvatore» (Sermone II,16).
La verità che richiama particolare attenzione, in San Bernardo, è la fede nell’incarnazione del Figlio di Dio. Ci basterà accennare soltanto ad alcuni attributi che il santo riferisce alla Madre Regina collegata al Figlio suo. Scrive: «Venerate dunque, o coniugi, l’integrità in una carne corruttibile; ammirate anche voi, sacre vergini, la fecondità nella vergine; imitate, uomini tutti, l’umiltà della Madre di Dio. Onorate, angeli santi, la Madre del vostro Re, voi che adorate la prole della nostra vergine che è nostro e vostro re, riparatore del nostro genere umano, restauratore della vostra città. A lui, così sublime tra di voi, fattosi così umile tra noi, salga da voi e da noi la riverenza dovuta alla sua dignità e l’onore e la gloria dovuti dalla sua degnazione nei secoli dei secoli. Amen» (Sermone I,9). Il Cristo è per San Bernardo: il Christus Dei virtus (Sermone I,2), il Dei virtus et Dei Sapientia (Sermone IV,4), il bonus fructus (Sermone I,4), l’Auctor, l’Agnus (Sermone I,8), il Factor hominum (Sermone II,1). Anche nella visione cristologica il santo abate di Chiaravalle trova interpretazioni suggestive, come è suo solito, innamorato com’è del grande mistero di Dio! Scrive: «Tu, o uomo, quando cresci, non lo fai né quando, né quanto vuoi ma la tua crescita è regolata e la tua vita ordinata, anche se tu non te ne accorgi. Il Bambino Gesù, invece, che dispone la tua, disponeva egli stesso la sua e quando voleva e a chi voleva appariva sapiente, quando e a chi voleva appariva più sapiente, quando e a chi voleva si mostrava sapientissimo, sebbene in se fosse sempre sapientissimo» (Sermone II,10). Maria opera in perfetta unità redentiva col Figlio suo. È il significato e lo sviluppo dell’attributo mariano aquaeductu. Così, per esempio nel Sermone In Nativitate: «Quella vena celeste (cioè il Verbo) è discesa attraverso l’acquedotto, non portando l’abbondanza della fonte, ma cadendo come una pioggia di grazia sui nostri cuori riarsi, a chi più a chi meno. L’acquedotto è pieno, in modo che gli altri possano attingere dalla sua pienezza ma non riceverne la pienezza stessa… O ci meravigliamo che si sia potuto trovare una creatura capace di divenire un tale e così grande acquedotto, simile a quello visto dal patriarca Giacobbe la cui sommità toccasse i cieli, anzi, oltrepassasse i cieli e arrivasse a quel vividissimo fonte delle acque che sono sopra i cieli?» (In Nativitate 3-4). È di qui che scaturisce la necessità della devozione a Maria: «Guardando più a fondo voi scorgerete con quanto affetto e dedizione abbia voluto che noi onorassimo Maria colui che ha posto in lei la pienezza di ogni bene, sicché se in noi c’è qualche speranza, qualche grazia, qualche speranza di salvezza sappiamo che tutto ciò ci viene da lei che sale ricolma di delizie» (In Nativitate 6).
Verso Maria Bernardo propone un triplice culto di venerazione, di invocazione e di imitazione. Egli dice che è nostro dovere invocare Maria con grande affetto perché ciò è conforme alla divina volontà: «Questa è la volontà sua, ma per il nostro bene» (De acquaeductu 7). Quanto alla invocazione, Bernardo suggerisce di invocare Maria soprattutto nelle tentazioni e nei pericoli. La imitazione, infine, è come conseguenza della venerazione e della invocazione. E Bernardo propone l’imitazione a tutti: «Venerate, o coniugi, l’integrità in una carne corruttibile; ammirate anche voi, sacre vergini, la fecondità della vergine; imitate, uomini tutti, l’umiltà della Madre di Dio. Onorate, Angeli santi, la Madre del vostro Re, voi che adorate la prole della nostra Vergine, che è nostro e vostro Re, riparatore del nostro genere umano, restauratore della vostra città» (Sermone I,9).
Alla fine della sommaria, breve analisi di alcuni aspetti della spiritualità mariana descrittaci dal Santo, è opportuno leggere alcune esortazioni rivolte da Bernardo a tutti i suoi figli. Monito, esortazione, invito, suggerimento per tutti i lettori di ogni tempo: «O tu che, nell’ondeggiare delle vicende di questo mondo, più che camminare per terra, hai l’impressione di essere sballottato tra i marosi e le tempeste, non distogliere gli occhi dal fulgore di questa stella se non vuoi essere inghiottito dalle onde. Se soffiano i venti delle tentazioni, se ti incagli negli scogli della tribolazione, guarda la stella, invoca Maria. Se sei sbattuto dai cavalloni della superbia, dell’ambizione, della detrazione, della gelosia, guarda la stella, invoca Maria…» (Sermone II,17). E la stella del mare, la Stella di Giacobbe, la Madre di Dio appare fulgida sulla vita e sul cammino di ognuno: siamo stati salvati grazie al suo «sì»; «correndo» incontro a lei, con certezza, entriamo nel regno di Cristo Signore.
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