Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo
Il Vecchio Fariseo… Pietro Saltarelli
Leggi….AMO
Dal Vangelo secondo Marco 16,15-18
In quel tempo, apparendo agli Undici, Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti, e se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno”. Parola del Signore
Mediti…AMO
Infine Gesù appare agli undici discepoli e li riprende perché non hanno creduto alle persone che avevano detto di averlo visto risorto. Di nuovo, Marco si riferisce ai discepoli che non hanno creduto alla testimonianza di uomini e donne, che hanno fatto l’esperienza della risurrezione di Gesù. Lo fa per insegnare che la fede in Gesù passa per la fede nelle persone che ne danno testimonianza e che nessuno deve scoraggiarsi, quando l’incredulità nasce nel cuore. Questo ci insegna la loro incredulità. Perfino i discepoli ebbero dubbi!
Marco è un evangelista che non spreca molte parole.
Gli piace dipingere la situazione con pochi tratti, a volte molto marcati. Quello di oggi è l’ultimo discorso di Gesù risorto ai suoi discepoli, prima di ascendere al cielo.
Si tratta di un mandato, un invio, il conferimento di una missione totalizzante e perentoria. È necessario “proclamare il Vangelo”, cioè la buona notizia dell’amore che vince la morte.
Gesù ha appena rimproverato gli Undici per la «loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto» (16,14); questo però non gli impedisce di affidare a loro l’incarico di evangelizzare il mondo. Per annunciare con efficacia il Vangelo non è assolutamente necessario essere robusti e dotti, ma è richiesto essere umili e fedeli.
Gli Apostoli sono stati provati nella fede perché non mettessero la loro fiducia nelle loro forze, che si erano dimostrate deboli e fragili, ma nel mandato del Signore. Oggi la Chiesa è chiamata ad un “nuova evangelizzazione”.
Non nuova nel contenuto che è il Vangelo di Gesù «lo stesso ieri e oggi e per sempre!» (Eb 13,8), ma nuova «nel suo ardore, nei suoi metodi, nelle sue espressioni» (Giovanni Paolo II, Santo Domingo, 1992).
Quindi da loro il MANDATO MISSIONARIO, di annunciare la Buona Novella a tutte le creature, affinchè CREDANO E POSSANO ESSERE BATTEZZATI.
A coloro che ebbero il coraggio di credere alla Buona Novella e che sono battezzati, lui promette i segni seguenti:
- scacceranno i demoni, ovvero combatteranno il male
- parleranno lingue nuove, ovvero cominceranno a comunicare con gli altri in una lingua nuova, quella dell’AMORE
- prenderanno in mano i serpenti ed il veleno non farà loro danno, ovvero ci sono molti pettegolezzi che distruggono la relazione tra le persone. Chi vive in presenza di Dio ci passa sopra e riesce a non essere molestato da questo terribile veleno
- imporranno le mani ai malati e questi guariranno. Quando c’è una coscienza più chiara e più viva della presenza di Dio, appare anche un’attenzione speciale verso le persone oppresse ed emarginate, soprattutto le persone malate. Ciò che più aiuta alla guarigione, è che la persona si senta accolta ed amata.
Una comunità che volesse essere testimone della Risurrezione deve essere segno di vita, deve lottare contro le forze della morte, in modo che il mondo sia un luogo favorevole alla vita, e deve credere che un altro mondo è possibile.
Annunciare il Vangelo vuol dire guarire gli uomini malati della loro malattia fondamentale e radicale: il peccato. Vuol dire portare conforto e consolazione nei confronti di chi soffre, è solo, è messo da parte, non è considerato da nessuno.
Vuol dire portare il soccorso della verità a chi cerca, è nel dubbio, o si trova a vagare a tentoni nel desiderio di trovare un punto di riferimento.
E il Risorto chiede, anzi comanda, di andare, cioè di mettersi in cammino; e di proclamare la buona notizia a queste persone smarrite, ovunque esse siano. Nessuno deve essere escluso, tutti hanno il diritto di ricevere la Parola che salva.
E così evangelizzare diventa l’avventura più bella e affascinante che esista per un cristiano, che va unita all’umiltà, perché il cristiano sa che «annunciare il Vangelo non è un vanto, ma una necessità che si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1Cor 9,16).
Dobbiamo essere innamorati del nostro Dio e della sua logica paradossale.
Innamorati del fascino di un Dio che ci ama ci spinge a scordarci di noi stessi per gli altri. Qui – e solo qui – sta il segreto della vera felicità.
Perché essa è il senso della vita. Il cristiano è colui riesce a fare un’unica cosa semplice, ma assolutamente strepitosa: stare nella vita da persona felice.
Anche se ogni cosa va male, ma il sole lo abbiamo dentro, anche se fuori piove, per noi farà sempre buon tempo.
Molti hanno la convinzione che la felicità non esista, che al massimo possiamo vivere qualche momento di gioia, ma che un benessere più duraturo non ci è concesso nella nostra natura. Ma Gesù viene a sovvertire questa convinzione, con il Suo Amore.
Se riusciamo a maturare la convinzione che essere amati per quello che siamo è la cosa più importante, che ci fa stare bene, allora comprendiamo che c’è un Dio che ha cura di noi e che non ci chiamati all’esistenza dal nulla.
E finché viviamo immersi in un oceano di amore e attenzioni e fino a che riusciamo ad apprezzarle, avremo sempre un motivo per ringraziare il Signore del Tempo e della Storia e un motivo per sorridere.
Sia Lodato Gesù Cristo!
Diacono Pietro Saltarelli