11 AGOSTO 2024 domenica 19 P.A. B – GIOVANNI 6,41-51 “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).

Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.

E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero pasquale presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”

 

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 6,41-51

+ In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Parola del Signore

Mediti…AMO

Il Vangelo proclamato oggi è tratto dal capitolo 6 del Vangelo di Giovanni.

Il capitolo si compone di due parti: dal versetto 22 al 66 Gesù parla con la folla nella sinagoga di Cafarnao e si propone come Figlio di Dio, pane di vita, redentore dell’umanità.

Nei versetti seguenti dal 67 al 70, si trova il dialogo con i discepoli e la professione di fede di Pietro (” Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna, noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”).

Attratti da Dio Padre, assumiamo con fede il mistero dell’ incarnazione

Siamo noi a cercare Dio o e lui a cercare noi?

Ancora prima che noi cominciamo a cercarlo consapevolmente, egli ci attira a sé, come un innamorato, tramite Cristo.

La reazione giusta da parte nostra è di essere pienamente disposti ad ascoltare e ad imparare “Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me”.

Ciò significa seguire Cristo, poiché “solo colui che viene da Dio ha visto il Padre” e quindi solo lui può conoscere perfettamente la volontà del Padre e rivelarla.

La vita eterna che noi tutti desideriamo dipende dalla fede in Cristo, da una fiducia e da un impegno costanti, che faranno cominciare la vita-risurrezione qui ed ora, garantendo la risurrezione dei corpi alla vita immortale.

In attesa, i fedeli si nutrono del suo Corpo e del suo Sangue nella santa Eucaristia, costituendo a poco a poco in loro stessi una “riserva” di vita immortale.

Se Elia o gli Ebrei dell’Esodo mangiarono del pane prezioso, noi mangiamo qualcosa di molto più prezioso “Il pane che io darò è la mia carne”.

Ma il nostro MORMORIO uccide la nostra Fede e la nostra possibilità di salvezza.

Allo stesso modo il mormorio dei giudei espresse incredulità di fronte a qualcuno che dice di essere “pane disceso dal Cielo”.

Non riescono a cogliere nella umanità di Gesù LA RIVELAZIONE DI DIO.

Non riescono a credere che Dio possa aver fatto questa scelta nella sua somma libertà.

Non riescono a credere che questa scelta si sia realizzata nella carne dell’uomo Gesù, il figlio di Giuseppe.

Se non si è aperti ad accettare questo scandalo che ci salva, non si potrà mai comprendere un Dio che afferma di volere essere pane per l’uomo.

Si continuerà solo a pensare di conoscere chi ancora non si conosce, come quei giudei.

Ma per chi si apre ogni giorno all’amore di Dio, Gesù si rivelerà sempre in quel pane che la Chiesa ogni giorno consacra e che solo può saziare la fame e la sete più profonda dell’uomo.

Alla lunga, non si può stare a rimandare all’infinito la questione che comporta una decisione: o si accetta e si impara ad amare Gesù per quello che dice di essere, oppure si vivrà la propria esistenza solo per garantirsi qui in terra la vita materiale, come fosse l’unica vita possibile.

Con il rischio però di perdere il suo senso più vero che solamente Gesù può donare “io sono il pane vivo disceso dal Cielo.

Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno (Gv 6,51).

Se c’è una vita eterna, la si può imbroccare solo in questo movimento di amore che unisce il Cielo alla terra.

Relativamente all’Eucarestia ed al mistero “del Pane disceso dal cielo”, ognuno di noi ha, senz’altro, riflettuto individualmente (magari anche mediante il catechismo o il confronto con altre persone sulla fede…): chi crede nel PANE EUCARISTICO, RICONOSCE LA PRESENZA DEL SUO SIGNORE NELL’OSTIA CONSACRATA.

Fratelli e Sorelle, l’Eucarestia per noi NON È UN SIMBOLO, MA LA PRESENZA REALE DI GESÙ.

Vorrei condividere con voi alcune riflessioni di carattere personale su questo tema.

Papa Benedetto XVI, nel 2006, per il “Corpus Domini”, ha detto:

  • “(….) noi guardiamo l’Ostia consacrata, il tipo più semplice di pane e di nutrimento, fatto soltanto di un po’ di farina e acqua. Così esso appare come il cibo dei poveri, ai quali in primo luogo il Signore ha destinato la sua vicinanza. La preghiera con la quale la Chiesa durante la liturgia della Messa consegna questo pane al Signore, lo qualifica come frutto della terra e del lavoro dell’uomo. In esso è racchiusa la fatica umana, il lavoro quotidiano di chi coltiva la terra, semina e raccoglie e finalmente prepara il pane. Tuttavia il pane non è semplicemente e soltanto il prodotto nostro, una cosa fatta da noi; è frutto della terra e quindi anche dono. Perché il fatto che la terra porti frutto, non è un merito nostro; solo il Creatore poteva conferirle la fertilità. E ora possiamo anche allargare ancora un po’ questa preghiera della Chiesa, dicendo: il pane è frutto della terra e insieme del cielo. Presuppone la sinergia delle forze della terra e dei doni dall’alto, cioè del sole e della pioggia. E anche l’acqua, di cui abbiamo bisogno per preparare il pane, non possiamo produrla da noi. In un periodo, in cui si parla della desertificazione e sentiamo sempre di nuovo denunciare il pericolo che uomini e bestie muoiano di sete in queste regioni senz’acqua – in un tale periodo ci rendiamo nuovamente conto della grandezza del dono anche dell’acqua e quanto siamo incapaci di procurarcelo da soli. Allora, guardando più da vicino, questo piccolo pezzo di Ostia bianca, questo pane dei poveri, ci appare come una sintesi della creazione. Cielo e terra come anche attività e spirito dell’uomo concorrono. La sinergia delle forze che rende possibile sul nostro povero pianeta il mistero della vita e l’esistenza dell’uomo, ci viene incontro in tutta la sua meravigliosa grandezza. Così cominciamo a capire perché il Signore sceglie questo pezzo di pane come suo segno. La creazione con tutti i suoi doni aspira al di là di se stessa ad un qualcosa di ancora più grande. Al di là della sintesi delle proprie forze, al di là della sintesi anche di natura e di spirito che in qualche modo avvertiamo nel pezzo di pane, la creazione è protesa verso la divinizzazione, verso le sante nozze, verso l’unificazione con il Creatore stesso”.

Ragioniamoci sopra

Pax et Bonum tibi, frater in Christo!

Il Signore IDDIO ti Benedica

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!