7 dicembre 2024 sabato SANT’AMBROGIO, Dottore della Chiesa – Matteo 9,35-10,1.6-8 “…ebbe compassione”
“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16).
Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela»
(Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, affinché la tua Misericordia mi preceda e mi suggerisca, interiormente, al momento giusto, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il Mistero Pasquale, presente nell’umile quotidiano, e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ TORNARE A PASSEGGIARE.”
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Dal Vangelo secondo Matteo 9,35-10,1.6-8 |
+ In quel tempo, Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!». Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. E li inviò ordinando loro: «Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date». Parola del Signore
Mediti…AMO Marco 4,34 “4Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa”. |
Sant’Ambrogio, padre della Chiesa di Milano (Treviri, Germania, c. 340 – Milano, 4 aprile 397), di famiglia romana cristiana, governatore delle province del nord Italia, fu acclamato vescovo di Milano il 7 dicembre 374.
Rappresenta la figura ideale del vescovo, pastore, liturgo e mistagogo.
Chi amministra la vita pubblica ha il potere di creare comunione, così come può alimentare le divisioni.
Ambrogio, scelse la via dell’unione, del superamento dei contrasti.
Per questo fu scelto come vescovo dalla comunità milanese nel 374: tra le diverse fazioni in campo per la scelta del pastore, infatti, egli, che era prefetto della città ma era solo un catecumeno, fece da mediatore.
Nel suo ministero si piegò sulle necessità degli ultimi e scrisse opere esegetiche, morali e spirituali.
Diede forma alla Chiesa milanese e fu autore di celebri testi liturgici, che lo fanno considere il padre della liturgia ambrosiana.
Le sue opere liturgiche, i commentari delle Scritture, i trattati ascetico-morali restano memorabili documenti del magistero e dell’arte di governo.
Guida riconosciuta nella Chiesa occidentale, in cui trasfonde anche la ricchezza della tradizione orientale, estese il suo influsso in tutto il mondo latino.
In epoca di grandi trasformazioni culturali e sociali, la sua figura si impose come simbolo di libertà e di pacificazione.
Diede particolare risalto pastorale ai valori della verginità e del martirio.
La sua figura emanava determinazione nel bene e persuasione nel condurre altri alla carità̀ gratuita verso tutti.
Monito per tutti i pastori a farsi sempre avanti a protezione del bene, costi quel che costi, monito per ognuno di noi a seguire fermamente la via tracciata da Gesù̀.
Guidò la Chiesa di Milano fino alla morte nel 397.
Ma veniamo al testo evangelico odierno, che ci regala un ritratto vivo della persona di Gesù e della sua qualità tipica di “Maestro” di Nazareth.
A differenza dei Rabbi del suo tempo, il Signore è uno che percorre chilometri delle strade polverose di quei tempi.
Non se ne sta rinchiuso attendendo che la gente vada a Lui, ma si sposta attraverso città e villaggi, instancabile ricercatore dell’uomo, desideroso di rispondere alla sua fame e sete profonda che è fame e sete di senso, di amore, di gioia, che è fame e sete di Dio.
Per questo anche il suo insegnamento differisce da quello dei soliti maestri impalcati su discorsi cerebrali che non toccano il cuore, e non entrano nella vita.
Gesù insegna sì, ma annunciando il Vangelo, cioè la lieta notizia del Regno di Dio che è tutto il suo Amore a cui ognuno può accedere.
Purché sia “vero” nella sua ricerca e dunque umile, con occhi spalancati al Mistero.
Per questo il suo è un parlare in parabole, strettamente collegato con la vita.
Per questo Gesù è una cosa sola con quello che dice, è un solo Amore grande che non teme chinarsi su ogni malattia e infermità.
Anzi il soffrire dell’uomo, le sue stanchezze e sfinimenti, destano in Lui compassione, cioè capacità di coinvolgimento emotivo che giunge fino al coinvolgimento totale: quello del dare la vita per coloro che ai suoi occhi sono come pecore senza pastore.
Ma il vangelo ci mostra anche come Gesù dà vita ad una missione che non può e non vuole fare da solo.
In fondo, la sua venuta rappresenta solo l’inizio di una storia che abbraccia tutti i secoli e attraverso di essi, da tutta l’umanità che cammina sulle strade del tempo, che dovrà continuare la sua opera “Chiamati a sé i suoi dodici discepoli”.
Gli apostoli e l’umanità che seguirà, faranno esattamente le stesse cose che il Signore faceva, poiché hanno ricevuto da Lui il potere: “diede loro potere [exousía] sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità”.
È l’incontro con il Cristo che ci rende protagonisti, poiché solo da Lui viene quella carità che seminiamo nei solchi, spesso aridi, della vicenda umana.
Come da Lui otteniamo il coraggio di perseverare nel bene, anche dinanzi alle difficoltà e al male.
Un male che entra nella vita quotidiana attraverso la porta del cuore, e induce l’uomo a fare quello che non è giusto, magari pure con la certezza di fare una cosa buona.
Siamo immersi in storia imperfetta e piena di contraddizioni.
“Liberaci dal male” (Mt 6,13), la preghiera, che Gesù ci ha donato, ci deve ricordare -ogni istante- che non siamo capaci di vincere il male con le nostre forze, ma che per farlo, dobbiamo SEMPRE volgere lo sguardo al Cielo.
Per questo il Signore ci invita a pregare -con insistenza- perché non manchino MAI gli operai del Vangelo, non manchino coloro che, attraverso la Parola e l’Eucaristia, comunicano in ogni tempo quel potere che rende bella e feconda l’esistenza dell’uomo.
E la missione degli apostoli, come la nostra, basata sulla Fede nel Cristo, è l’icona luminosa di una Chiesa che s’impegna a manifestare l’amore di Dio per tutti e per ciascuno, che annuncia la speranza e si china sulle piaghe dell’umanità.
Viviamo in un’epoca in cui tanti sono smarriti dinanzi al male e hanno la tentazione di chiudersi e di cercare un comodo rifugio.
Raoul FOLLEREAU (1903-1977- giornalista, filantropo e poeta francese, ispiratore dell’Associazione italiana amici di Raoul Follereau che dal 1961 aiuta e difende i diritti dei malati di lebbra in tutto il mondo):
- «La vostra felicità è nel bene che farete, nella gioia che diffonderete, nel sorriso che farete fiorire, nelle lacrime che avrete asciugato».
Ragioniamoci sopra…
Pax et Bonum tibi, frater in Christo!
Chiedo al Signore IDDIO ti Benedica…
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!